PROSPETTIVE

POESIA

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino.
Copiosa la sua produzione letteraria (tra le raccolte di poesia: “La vita nascosta”, “Vita trasversale e altri versi”, “La vita immaginata”); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in nuove lingue.
Intensa anche la sua attività redazionale.
Sue pubblicazioni sono presenti oggi su Academia.edu e ad Alessandria.
Per maggiori informazioni qui:
ALI_Felice Serino

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*



FELICE SERINO
POESIE

© Tutti i diritti riservati
.
FUOCO DIPINTO
(2002)

1

CIELO INDACO

confondersi del sangue con l'indaco
cielo della memoria dove l'altro-
di-te preesiste – sogno
infinito di un atto d'amore

2

DENTRO UNA SOSPENSIONE

forme-pensiero dilatò
il mandala e una rosa di immagini
gli si aprì a ventaglio dietro
la fronte –
col terzo occhio (in un
capriolare all'indietro di dolce
vertigine) fu risucchiato in stanze
della memoria archetipa e
da luce noetica immerso
in una pace amniotica
-appena un grumo
in sintonia col pulsare di miriadi
di cellule ora si fondeva
col respiro dell'immenso corpo cosmico

3

AZZURRE PROFONDITA'

la testa affondata nel cielo (azzurre
profondità rivelano ombre
essere i corpi ) -il foglio la mano un
vuoto-
mi levo dal sogno bagnato
di luce

4

SONO UN MISTERO A ME STESSO

da me una distanza mi separa
attraversando un incendio
la carne
per farla d'aria – vitreo
sperdimento

mistero a me stesso

e il mondo
fuoco dipinto

5

DOPPIO CELESTE

entrare nello specchio esserne
l'altra faccia:
uscire dal sogno di te stesso
apparenza tornata pneuma:

ri-unificarti col tuo doppio
celeste il-già-esistente di là
dal vetro : tua sostanza e pienezza

6

TRA ONIRICI LAMPI

tra onirici lampi
ride la tua immagine d'aria
intagliata nell'ombra del cuore

7

I FUOCHI DELLA LUNA
Giro di luna

giro di luna bivaccante nel sangue
baluginare d'albe e notti
che s'inseguono
dentro il mio perduto nome
per le ancestrali stanze un aleggiare
di creatura celeste
che a lato mi vive nella luce
pugnalata

8

PAESAGGIO INTERIORE

segreti cosmici ha il sangue: sperimentamenti
il ​​mondo immaginativo nuotando
nel sangue come un pesce –
abitando le stanze dei nervi – leggendo
la geografia delle vene:

ti sintonizzi con la danza
delle molecole: sei nella danza: la danza

la circolazione
sfocia nei sensi: emerge un mondo
ispirato – da musica delle sfere –

9

FUNZIONE DEL CORPO

polvere stellare
corpo-immagine specchiato
narciso
corpo-mito
venere da spuma
desiderio / vita che non demorde
corpo piagato
primavera del corpo

10

LA DIFFICILE LUCE

esistere nel mondo: l'Essere
decentrato estraneo a sé
(lobotomia della propria
Immagine interiore –
da dispersioni di Energia
cristallizzati aneliti in un cielo
strappato voci
spezzate sul nascere)

rimangono in essere
incapsulati in una vita ch'è copia
sfocata dell'Originale:
Congedato vita
a metà

pura:
zampillo d'acqua viva
dall'Io subliminale

la difficile luce

11

GRIDO IL MIO NOME

smarrimento dell'essere a
mimare la morte
io anelito sulla
bocca di Dio
perduto grido il mio nome
nei crinali del vento
discendo
nel mio specchio
attendo
una nuova nascita

12

TIRO ALLA FUNE

luce/ombra le mie due metà
tendo all'Uno all'androgino
l'io la linea che mi
divide
in grovigli di vene
sussistono tutti i contrari
un tiro alla fune
finché
non si frantuma il mio corpo
di vetro

13

IO

da acque amniotiche
gettato dentro il mare-mondo
l'io: tanti io diversi

io sospeso spasimo
fatto vertigine e sogno
io-onda io moltiplicato
e puro a sé ignoto
io mancanza vuoto
d'arto amputato

14

AZZURRO

passaggio dal
nero al bianco
l'ascendere alla luce
azzurro quello delirante
di mallarmé la vocale
o di rimbaud
la rosa azzurra
azzurro: tutto il cielo
negli occhi
azzurro manto
di Maria

15

VIA LATTEA

cammino luminoso scala che unisce
il mondo dei morti a quello dei viventi:
a una estremità la costellazione
del Lupo – Antares – sorveglia
l'entrata nel regno dei morti – all'altra
quella del Cane – Sirio – apre
la salita del cielo e guida
i naviganti: è la stella
Maris – la stella del mare e la stella
di Maria

16

VITA

lascia che m'incenerisca
per nuovo sorgere
adamantino
nell'aria secca del fuoco
lascia
ch'io mi bagni fino al cuore
della luce della tua saliva
voglio sentire il mio essere
avvolto nel risucchio
del tuo imbuto cosmico
del tuo vuoto affamato

17

LSD

nella magnetica notte allucinata
a vivere la tua morte urlata
anima infeconda strappata alla
pseudoincarnazione di un sogno:
parvenza d'amore immagine
accartocciata mortale

18

MAGNETICI OCCHI HA LA NOTTE

(a Hemingway)

come una morte tenuta in vita
questa vita
compagna la bottiglia
che almeno stanotte allenti
quel suo morso
a ricucire lo strappo infinito
domani un colpo e
ti adagerai nell'ombra
occhi in liquido cielo
capovolto

19

LA VITA NELLE MANI DEL VENTO

palpebre d'aria
chiuse sulla disfatta del giorno
(depistate tracce
rotte smarrite
a insanguinare il vento:
ruotare del tempo
nella sua vuota occhiaia)
anse d'ombre
annegano il grido
dell'anima giocata testa e croce

20

COME SOSPESI

è perdersi nelle stanze
arimaniche
questo disconoscerti
poesia della vita
è come stare sospesi
nello sporgersi
da delirante vetta interiore
l'aprirsi
di crepaccio
la sua bocca ad urlo

21

PAROLA

(una stella di sangue è il sole
della pagina)

parola – tua preda o forse
tu
sua preda

amore
zenitale

le nozze del fuoco

22

SOGNO

(a Dino Campana)

si librava lo spirito nello
splendore di quel sorgere:
si chinava
il Sole a baciare la
sua storia: a
rischiararla tutta – in un istante

l'anima del
poema mai concepito
s'imbeveva di alfabeti
ineffabili –
galleggiava in quella luce
bianca

23

IQBAL

[in memoria di Iqbal Masih, tessitore di tappeti,
portavoce dei diritti dei bambini lavoratori,
ucciso a 12 anni, il 16 aprile 1995 .]

come un bosco devastato
intristirono la tua infanzia
di pochi sogni

tra trame di tappeti e catene
ancora grida il tuo sangue nei piccoli
fratelli

quel mattino che nascesti in cielo – dimmi –
chi fu a cogliere il tuo dolore adulto
per appenderlo ad una stella?

24

NEI TUOI OCCHI DI VENTO

[A Davide, morto a 17 anni
il 16.4.1995, la domenica di Pasqua]

ti videro rimbalzare come un fantoccio
contro il parabrise

eri la loro preda di turno: sul collo
il fiato di quella banda di cani
armati di mazze

(arancia meccanica
una domenica pomeriggio
quando le ore si dilatano e
la città è una giungla)

sui tuoi sogni si era chiusa la Notte

ti ho rivisto all'obitorio: sentiva
palpitare un intero
universo
nei tuoi occhi di vento: Davide
non più diviso tra terra
e cielo

25

NELL'INDICIBILE

tu dici è scandalo la morte ma può
esserlo la bellezza perduta del fiore o
della farfalla che vive la luce di un giorno?
dietro il velo dell'esteriore il fiore
il verde la foglia – parte del cosmico
sé di cui è specchio il di qua – vivono ab aeterno
l'indicibile essenza di fiore/verde/foglia

26

A RISALIRE VORTICI

a specchio di cielo
cuore
a risalire vortici
di vita dispersa
(d'ore
ubriache)

vorresti tuffarti
nell'azzurro fonderti
con la luce

27

ESSERE

bava di ragno a tessere
unità del tempo
(gusci d'entità
masticati da morte)

essere
come momento
il Sé
universale

perdersi in chiarità
di cielo
farsi libro aperto

(dove albeggiano
azzurrità
di strade alte)

28

DA QUESTO MURO

da questo muro
trasudo le morti di tanti
sono l'urlo di ginsberg
il grido di munch di guernica
queste parole sono pallottole
dirette al cuore
voce di chi non ha voce verità di Cristo
di certo m'imbavaglieranno

non sopportano di guardarmi negli occhi

29

ANCHE PER VOI

salgo sulla croce anche per voi disse con gli occhi
rivolto a quelli che lo inchioderanno
anche per voi che ancora nei secoli
mi schiaffeggiate sputate
negando la vita buttandola tra i rifiuti
aizzando popolo contro popolo
sotto tutte le latitudini
salgo sulla croce anche per voi
che mi sprecate nelle icone
per voi nuovi erodi/eredi della svastica
che insanguinate la luce delle stelle
oscurando la Notte della mia nascita
anche per voi potenti della terra
razza di serpenti
che non sopportate di sentirmi nominare
dal mio costato squarciato fiumi di sangue
tracciano il cammino della storia
la mia Passione è un solo grande urlo muto
di milioni di bocche implorante
dinanzi al vostro immenso Spreco
con cui avete eretto babeli
di lussuria come cultura di morte

30

LA FORZA DELLA PAROLA
a Dalton, Heraud, Urondo

-tre poeti assassinati – mi diceva
(occhi persi nel vuoto
a inseguire chissà quale visione) – tre
in posti diversi – (ne rammentava solo
vagamente i nomi ei luoghi)

-vedi: – puntualizzava – il potere è nemico della luce:
non sopportando la forza
della parola
si mimetizza viscida serpe
tra sterpi e inietta il suo veleno –

31

LA FORZA OSCURA

ingoio tenerezze davanti
alla poesia di un tramonto ma so
d'essere anche di quelli che non sanno
guardare la bellezza negli occhi
senza assassinarla

… e allora cos'è
questa forza
oscura che mi strappa
gli angeli dai sogni? chi
il nemico di dentro che affiora
a violentare
il fragile azzurro?

32

UN DIO CIBERNETICO?

vita asettica: grado
zero del divino Onniforme
(ma la notte del sangue
conserva memoria di volo)

vita
sovrapposta alla sfera
celeste regno d'immagini
epifaniche / emozioni
elettroniche
eclissi dell'occhio-pensiero

33

RISALIRE ALL'IMMAGINE INFRANTA

(A Danilo Dolci)

risalire all'immagine infranta
dove è voce del sangue
la ferita aperta del cielo – limare
le parti non combattenti
con la figura del divino: è questo
il tuo credo e
la chiami città
terrestre la tua voglia
di rivoluzione: tu innamorato
dell'uomo nuovo – del suo
costruirsi incessante –

34

AION

1.
chi ti ha fatto sapere ch'eri nudo?
l'entrare della morte nel morso
della mela
(si erano creduti il ​​Sole
scordando di essere riflessi)

1.a
il serpente mi diede dell'albero e…
eva la porta
di sangue
per dove passa la storia

2.
nell'incrocio dei legni
la conciliazione degli
opposti (lo scheletro del mondo)

2.a
è il Figlio che pende
dai chiodi
la risposta a giobbe

3.
ancora l'assordare dei martelli ancora
un giuda che fa il cappio abbraccia un albero di morte

sulle labbra il fuoco del bacio

35

LA VIDA ES SUENO

A Calderon De La Barca

col poeta dici la vida
es sueno mentre ti dibatti
in un non-tempo onirico:
ma
se nel saperti
forma vuota volessi
uscire dalla vita
non c'è
grido o sussulto che tenga

36

TRASFIGURATI ANELITI

(a Emanuel Swedenborg)

(quest'abito sta stretto – è
peso di terra

un fuoco passa per la carne)

ali ha lo spirito per
vastità ineffabili

per volare fra le braccia della
luce

profonde azzurrità
l'attrarre – sua origine e
sorgente

trasfigurati aneliti hanno
occhi di cherubini

di là – benevoli

37

NEL PAESE INTERIORE

nel paese interiore eiaculo i miei sogni –
fuoco e sole dell'anima – vivo
una stagione rubata al tempo (mimesi
icariana sul vetro del cielo)

nel paese interiore brucia il mio daimon
di febbre e di luce

38

NEL ROVESCIAMENTO

non vedi al di là del
tuo naso scientifico:
come leggessi sull'acqua
lettere storte: poiché noi siamo
nel rovesciamento e
negazione
ci appare la grazia

39

QUALE AMORE

nell'amore sai non c'è ricetta
che tenga: è buona regola giocare di
rimessa / vuoi

possedere l'oggetto d'amore e
resistere all'amore Quello-che-si-
dona

tu cuore diviso tra cielo e
terra carne/amore non più che sparso
seme

40

CANTO PER NKOSI

(E violentaci dunque)

(In memoriam: a Nkosi Johnson, morto a 12 anni, il 1° giugno 2001, a
Johannesburg. Nato sieropositivo, fu scelto come testimonial contro il
morbo dell' AIDS)

(Non posso pensare dolente
da che morte odora di resurrezione.
Eugenio Montale)

colei che ti diede vita
la sai madre di cielo
bambino che hai corteggiato la morte –
tu messo in un angolo come vergogna
presto non più
che mucchietto d'ossa – Nkosi
sei la nostra Coscienza:
e violentaci dunque nel profondo
-tu bambino già adulto-
con la purezza del tuo giorno breve

mentre questa morte – vedi –
già s'ingemma di sole

41

UROBOROS

calato
in un io che non sai dire
chi sia se non presenza
passeggera:
sospeso esistere
nel seme dell'amore:
attesa di pienezza nel pleroma

42

CONIUCTIO
(a CG Jung)

quando si unificheranno gli opposti e il Sé
riaffermerà la propria natura ermafrodita
e dallo squarcio del velo di maya
si manifesterà l'Altro – la nostra
controparte
(sconosciuta e prismatica) che
ci visita in sogno – l'occhio
interiore: allora còlta la totalità
si sarà dissolto insieme allo schermo
di apparenze nomi e forme
insieme alla rappresentazione della storia
e ai fiumi di sangue e di parole

anche il sale delle nostre lacrime

43

CHI SIAMO

caduta la carne
svelati a noi stessi
(resteranno graffi
nel cielo a presenza
d'un vissuto stuprato):

non più un vedere attraverso
uno specchio in enigma
dove l'essere si aprirà
in fiore

44

ATTIMO-FUTURO

1.

nell'addentare il frutto proibito
si ritrovò affamato d'amore

1.a

(fu il creare gioco o sogno di Dio / coito mentale)

1.b

(si mordeva la coda il serpente uroboro
racchiudeva in sé l'uovo del mondo)

1.c

in quell'attimo infinitesimo la
storia dell'uomo era già scritta: passato e
futuro un tutt'uno simultaneo

2.

non lui va verso il futuro: esso
gli viene incontro ed è già presente
focalizzandosi in fotogrammi: ciò che avviene
esiste prima di lui: forse in un'altra
dimensione egli l'ha già vissuto (presente
a sé come il sé nel sogno) (abitante il riconoscibile istante
dentro una sospensione)

3 3.a come in una sequenza di specchi gioca con l'alter ego nell'eterno presente punto da cui si vede il Tutto versante luminoso del Sé: l'aleph 45

. PLATONE essere notte dell'anima il cammino il tempo è la caverna lancinante attendere ti trapassi amore sole cosmico 46 LETTERA DA UN AMICO -non serve voltarsi indietro- mi scrivi -: se metti in conto i limiti le morti contratte le paure





























passate e avvenire se porti in cuore
sventrate lune albe-capestro
se non ti esponi per
puro calcolo non fai
che raccogliere i frutti d'una vita
spesa male: presto
essa ti presenta il conto – deve questa vita
restarci nelle mani: dare tutto
se stesso a perdere arricchisce:
amare non è forse una scommessa?
dici (e la parola è bisturi): percorri
lo stretto marciapiede a lato
del cuore: nel profondo di te nel buio
di stelle calpestate ascolta il grido
verticale
che da caduta può farsi preghiera

47

DEUS ABSCONDITUS

(sempre a metà strada noi: sempre
nella terra di nessuno: il
fratello oscuro che s'agita nel sangue
(lato notturno dell'anima) che mima
il dolore del cosmo

(attraversando la valle della morte
penetrati da tutto il freddo del mondo: immersi
fino all'ultima fibra dell'essere
in un dramma da consumarsi fino in fondo)

il Dio che sta dietro le apparenze: il Dio
sconfitto nella storia Dio-del-paradosso
che vince con la debolezza – il Totalmente
Altro: l'increato (ab aeterno ) che si
autolimita

per recuperare la sua potenza alla
fine dei tempi – grumo di vortice d'astri –

48

LUCE AL TUO PASSO

(dal crogiuolo del dolore guardare
oltre il visibile oltre
l'io – schermo di carne)
ma più in là non vuoi vedere – solo
cattiva stella che graffia
l'azzurro del tuo cielo
(ed è gioco perverso pensarla
nel tuo codice iscritta):

non esiste solo nelle favole
il tuo angelo: egli da dietro il velo
del tempo è luce al tuo passo
perché vivibile sia questa vita: perché batta
nel sangue un tempo tuo – rotondo
(non sai che della polvere dei sogni
son fatte le sue ali?)

attiva il terzo occhio – sii come
la clorofilla che si nutre di luce

49

CIELO INTERIORE
(a Gustavo Rol)

cosmonauta di spazi
sovramentali
trasfiguravi il tempo
velandolo d'irreale:

quiddità di un cielo
interiore
aperto su mondi paralleli

50

IL LAGO DEL MIO SPIRITO

al di fuori di me –
io stesso luogo-non-luogo –
mi espando

di cerchi concentrici è il lago
del mio spirito: sasso gettato
dal capriccio della musa

fremito d'acque e stelle

51

JUNGHIANA

legato a un vago giro di pensiero
alla tua libido caro freud antepongo
la vita che guarda se stessa guardarsi:
il centro del mandala dove la luce
pensa – le nozze alchemiche – alla
mancanza di sacralità il Pesce *
(Unus mundus) –
all'analità l 'Anima l'Animus
l'Ombra – il corpo che si apre nel suo doppio – la
nostalgia di un cielo prima della caduta

Simbolo del Cristo

52

NELLA VALIGIA (NOTE DI VIAGGIO)

(il chi-siamo-dove-andiamo:
dove la mente
inlabirinta)
l'io
vestito di nebbia
promesso alla morte –

(nella valigia pronta la perdita
originaria la vita a
metà)

destinazione: il Sé

53

AGAPE / EROS / PHILIA

imago dèi: noi chiamati
ad amare (senza essere nostri)
noi abbracciati dalla
Luce: dai tre aspetti dell'amore:
Dio madre / amante / amico
(agape / eros / philia)

l'Uno dai molti nomi:
sole – oceano – fortezza


LA DIFFICILE LUCE
(2005)

54

LA TUA POESIA

capriolare nel mare prenatale
ripercorrere a ritroso
la vita
azzerando l'Io spaziotempo –
leggere la vera sola poesia
aprendo
gli occhi sul Sogno infinito:

Poesia cavalcherà
in un' albazzurra i marosi
del sangue
fiorirà negli occhi di un' eterna
giovinezza

55

ANGELO DELLA POESIA

librarsi della tua ala azzurra nel mio sangue

io-non-io: in me ti trascendi e sei

d'ineffabili alfabeti s'imbeve il nascere delle mie aurore

56

TECNICHE DELLA MORTE

atomi di solitudine
abbandoni / distacchi / fini
assaggi di morte
le morti figurate i
suicidi/omicidi camuffati
la notte blu dell'anima
morte presente dalla nascita
morire porta sul nascere
emigrare di forma in forma
o Dieu purifiez nos coeurs
ora e nell'ora della nostra morte

57

LA VITA INESAURIBILE

la mente in stand-by
ti culla un canto
d'alberi e di cielo
assapori per poco ancora
il tepore delle lenzuola: ora
senti la vita che ti scorre
dentro come un fiume (batte
rotondo nel sangue il tuo tempo –
ti senti in comunione col sole):
adesso che afferri
vita – più vita – allontani
per paradosso la tua
dissoluzione

58

ANGELI CADUTI

fuori dal cielo
bevvero l'acqua del Lete

ora non sanno più chi sono

presi nella ruota del tempo
mendicano avanzi di luce – curano
le ali spezzate

per risalire nell'azzurro

59

VENTO DI MEMORIE

è salamandra
sorpresa immobile
che finge la morte
due braccia schiuse a croce
vento di memorie
la vita
-ora sospesa
carne e cielo

60

LA FORZA GENTILE

Dio è paziente: ha sogni
per l'uomo infiniti – frutti
immarcescibili
(centro del cosmo: non è
il suo un giocare a dadi)
egli visita le nostre
piaghe – manda angeli
a spazzare gli angoli del cuore
(suo disegno è
la Bellezza)
la sua forza è gentile

61

I LATI DEL VOLTO

tra reale e apparente l'ovale
del volto che ti guarda dal fondo
dello specchio – il non poterti
vedere come gli altri
ti vedono – la parte di te
l'inespressa forma
spiandoti
di sbieco è perverso
gioco: incontro con l'Ombra

62

IN FONDO AGLI SPECCHI

(a JL Borges)

in un moltiplicarsi di specchi
imprigionata è la luce
dei tuoi déjà vu –
s'odono se ascolti i sordi
tamburi del sangue
in fondo agli specchi dove si
legge l'eterno ritorno
-lì è il centro il mondo
rovesciato

63

ONNIAMORE

accettare di farsi
trasparenza (libro aperto)
lasciarsi attraversare
dalla vita – da morte-vita (rosa
e croce) –
da Colui-che-è: l'Onni
amorevole

di fronte all'Assoluto

…immersi
nell'Assoluto –

quando il R aggio
assorbirà le ombre

64

SOSPENSIONE

tempo elastico
gli orologi molli di dalì
tempo-sospensione l'aprirsi del fiore
tempo di blake
sospeso nel balzo
lucente della tigre
tempo diluito non-tempo onirico
tempo dilatato che
scandisce deliri di luce
in una tela di van gogh
tempo sospeso
immobile indolore
felicità animale

65

NEL SEME DELL'AMORE
a Tagore

ascolta
…non senti urgente vita più vita
nel seme dell'amore che
aspetta di esplodere in un abbraccio cosmico?

66

VITA IN NUCE

sangue del pendolo
tempo-maya dagli occhi
di giada
capovolti

nell'oltre è cuore
del sole abisso
di cielo – antimondo

67

A

1.
vocale
in sospensione come urlo
muto – il bianco
dell'urlo
il nero
di rimbaud

2.
ritrarsi del
fuocosacro a un
vaneggiare di gole
spiegate /
scimmiottanti maiacoschi

68

COGLI IL MIO MORIRE

cogli il mio morire tra una
radice di sangue strappata e un'altra
appena nata dal suo grido

69

GANDHI

miracolo il sorriso
interiore
mentre il mondo ti ringhia addosso

ti offre s'apre una rosa
di sangue

nel Cielo un canto d'alleluja

70

VERSI ALL'AMORE

irradia un sole il cuore
che vuole incenerirsi
nelle tue braccia
ove la Bellezza delira

il tuo sguardo s'instella
dove comincia il cielo
anima bella
farfalla imprevedibile del volo

71

PARUSIA
(nell'ultimo giorno: scaduto il tempo osceno)

sporgersi sull'oltretempo ai bordi
della luce
presenze
evanescenti in chiarità
di cielo: farsi
corpi di luce

72

INFANZIA

[Eravamo nell'età illusa
Eugenio Montale]

la tenerezza dei giorni verdi
sparpagliati
nell'oro del sole appesi
alla luna

il papà dalle spalle
larghe come la volta
del cielo

quel sentire dèi – quasi
alati senza peso – e
non sapere la vita

Innocenza nostalgia del paradiso

73

ADOLESCENZA ASPRI SAPORI

adolescenza aspri sapori
occhi belli fieno nei capelli
alle spalle della notte
fuggire nello schiaffo del vento

74

NEL PERDURARE LA LUCE

le ore arroventate: erano
estati lunghe a morire

le corse pazze le ginocchia
sbucciate nel perdurare la luce:

ancora un mordere
la sanguigna polpa del giorno – ricordi? –

75

IL NULLA LUCENTE

in ka* nulla è casuale
credi morire non è farsi
pietra e silenzio: è grido
liberato pietà che vede –
ruotare
su cardini rovescio
del guanto – essere
sogno? luogo-non-luogo ubiquità
espansione : lacerante
biancore il nulla lucente **

ka: il "doppio" incorporeo dell'io
** PPPasolini, da Poesia in forma di rosa

76

GRAVIDE DI LAMPI

la luna piegata sui miei fogli
compone queste lettere
gravide di lampi
tagliate nella luce
assetate
nel supplizio dell'inchiostro
vibranti
su pentagrammi di sogni

77

SEI LUCE SEI FUOCO

presente a te
chiamami amore
la bocca colma di luce
sei fuoco
antimondo
chiamami a un silenzio
galattico
presente a te
fuoco-luce chiamami
da un mondo di vetro

78

POESIA ONIRICA

il sogno sfoglia
spirali di memoria
al lume di luna
disegna
il sonno delle cose

79

LA LUCE GRIDA

la luce grida aprendosi
uno spazio nel cuore

80

UN VERSO SALVAVITA

un verso salvavita ti bagna di luce
nell'orfanezza del Sogno

81

FIGURA

indiafanata da un vento di luce
sei immagine di sogno che svapora
in un cielo di cobalto

82

POESIA

scavare nascere nel bianco – parola
intagliata nel cielo del sogno –
è come estrarre sangue dalle pietre

(ecco forbici di luce
sfrondarti):
la pagina è tuo lenzuolo
mentre in amplessi
cerebrali muori-rinasci

(da un luogo puro giunge questo sole
sulla pagina)

83

ZEN

( non
studiare il taglio
di luce come l'artista)

non scegliere:

lascia
che sia fa il vuoto
fino
a essere e non essere

84

SONO DEL CIELO

sono del cielo
circumnavigo
psiche
abito la morte
di me stesso
insieme a tanta vita

85

CADUCITA'

il tempo è uscito dal calendario
in un balenìo
di stagioni e amori
svolando
obliquo
nel sole con ali d'icaro

86

A META' DEL SUO CORSO LA NOTTE

a metà del suo corso la notte
inghiotte l'ultima luce
rende
i suoi ostaggi i corpi

su un mondo immateriale
-più nostro-
il sogno apre il sipario

87
CREATURA DI SABBIA

io non io esisto
di qua di là dello specchio-una
distanza mi separa: vivo mi
avviluppo in un sogno
lucido

Sogno sono di me

io creatura
di sabbia

88

VOLI A SOLCARE L'INDACO

(voli a solcare l'indaco
staccandosi dal tramonto)

ti sveni come questa luce –
dai muri diroccati
dalle feritoie a spiarti
gli anni spogliati nel cuore:
l'infanzia che rimonta
dentro te come un sole (il sangue
sparpagliato nella luce):
l'esplodere dei sogni che aprivano
i mattini – l'innocenza
negli occhi di pianto
di quel fanciullo col suo aquilone –
sparito nel profondo azzurro…

89

IN UN PUNTO DELL'ETERNO

(momento)

spiove luce di stelle
la stanza si riempie di cielo
come quando
in un punto
dell'eterno palpitò la mia essenza
biancore irreale
carne-e-cielo
l'Io
nell'oceanosogno si guarda cadere
a imbuto
fuori del tempo
fino all'attimo prenatale
alla luce del sangue

90

M'INONDO' IL SOGNO

fuggii negli specchi
sprofondai nei cieli anteriori
cavalcando eoni-spaziotempo
vidi nella memoria cosmica
il centro di me
dove ardeva il mio sangue
in simbiosi col palpitare degli astri

il mio sangue confuso col cielo
della memoria
precipitato nella vita


IL SENTIRE CELESTE
(2006)

91

ARCHETIPI O LETTERE CELESTI

sulla pura pergamena
della sostanza primordiale
tutti i pensieri lo Spirito scrive
con l'inchiostro luminoso
della divina emanazione: nel Libro
dei libri sotto forma di archetipi
o lettere celesti si trova tutto
quel che fu è e sarà

92

POESIA COSMICA

io-non-io:
lasciare che mi superi
la luce

sentirmi espandere
nell'amore
infinito sparso per il cielo

83

ROL

Fantasia

nel giro d'una
luna
ti sognerò levarti
da orizzonti di fuoco
su cavalli
d'aria
dipingere arcobaleni
coi colori dell'amore

94

MIO SANGUE ALATO

tu come un'esplosione
all'aprirsi del fiore –

vita: mio sangue alato

ah sentirmi avvolgere
nel risucchio del vuoto
tuo affamato

95

SPRAZZI DI PACE

spiove dal cielo una luce
di stelle gonfie di vento – quasi
provenisse dall'oltre

nel cuore un aprirsi
di sprazzi di pace: vedermi
in tutto con il mio sognare –

il vissuto la vita
sognata

96

L'OMBRA

negativa di me mio vuoto
in proiezione mi copia con inediti
profili tagliati nella luce – se dal
di fuori la spiassi mi direi sono
io quello?

pulviscolare ha i contorni
del sogno ei suoi fòsfeni
si spezzetta se riflessa inafferrabile
fantoccio mi diventa
puro mio vuoto mia metà

che estinta con l'ultima sua luce
rientrerà nel corpo-contenitore
unificato con la terra – senza un grido
tutt'uno con la morte –
senza perché – solo ombra

97

IL PECULIO DI LUCE

(a Simone Weil)

(occhi come laghi
abbracciano da eco
a eco
fremiti di vita)

ha mani che sfondano muri
di solitudine

amore

germoglia grido di luce
da nuovo dolore

98

SIESTA
(Entrando in un sogno lucido
con la visione dilatata di gatta che si stiracchia)

le fauci spalanca la natura animale in enorme sbadiglio
della tigre di blake a ricordare la geometria felina
dinanzi agli avanti della sua preda sanguinolenta
nella solitudine lucente tinta dalla cenere rossa del tramonto
pancia all'aria nella conca del sole occhi socchiusi impastati
dell'ultima luce in un tempo sospeso un silenzio
che disegno l'atavica forma aperta del grido

99

NEI MIEI SOGNI

nei miei sogni ricorrenti il ​​mare
ne attraverso lunghi tratti io che appena
sto a galla – altre volte mi trovo
in viaggio (nave/treno) o mi vedo nella
casa giù al paese a tavola
coi parenti che mi ricolmano fino
agli occhi e mi accorgo che sono in ritardo per
il lavoro ora nemmeno più ricordo dove
ho parcheggiato scendo di corsa salgo
scalinate eccoli i miei morti i parenti
sorridermi mai che mi dessero
numeri

(ora non sogno più a colori
vividi né di librarmi come
falena contro il soffitto

100

CREATURA

mi godo la luce
come farfalla
sul palmo della tua mano

Signore non posso
che offrire il mio niente –

fragile creatura
una morte ti devo

101

PARVENZA D'AMORE

pietre ancora calde di sole
con la luce declinante
una virgola di amore ti è rimasta
negli occhi
-un sangue rappreso

come un olio è passata la luce
sopra il dolore –
pseudoincarnazione di
un sogno –

102

HA MEMORIA IL MARE

grovigli di rami
disegnano
la forma del vento
voli
di gabbiani ubriachi di luce
a pelo d'acqua decifrano tra
auree increspature le vene del mare

interroghi sortilegi nella
vastità di te solo
ti aspetti giungano da un dove
messaggi in bottiglia un nome un grido
ha memoria il mare
scatole nere sepolte nel cuore
dove la storia
ha un sangue e una voce

103

SPAESANO LE ORE DEL CUORE

i primi turbamenti i morsi
dell'amore – luce
d'infanzia come sogno scorona
dove l'orizzonte taglia il cielo

spaesano le ore del cuore
nel giorno alto

104

ANANKE

più a morire che a nascere a
volte – un colpo e via è preferibile
dici ma anche la pianta si
ammala e soffre in natura si sa
tutto soggiace a legge:
la
supernova che collassando si fa
buco nero e noi
mortali…

105

GIOCO DI SPECCHI

l'ambiguità è forse nel sogno
mentre vivi e ti cammina a lato
un altro te – insospettato

allora è sogno la vita? o
riflesso copia sbiadita o
gioco di specchi in cui
ti chiami e ti perdi…

106

ROSA D'AMORE

letificato d'amore angelicato fiore

si schiude la rosa
fra cristalli dell'inverno

107

A RISALIRE LE ORE

non resteranno tracce
dei giorni informi
solo parole
scritte sull'acqua

a risalire le ore
del sangue il vortice
del vuoto: solo
parlerà l'amore
che si è donato

108

ANCHE A META' UN SORRISO

(anche a metà un sorriso
è terapeutico:
sprecato è il giorno senza
la sua luce)

fare anima aprirsi
al nuovo come cercare
un tesoro con occhi tornati
innocenti

coltivare la
meraviglia il bambino che
è in noi unico
filo rosso

109

STANZE

[ispirata leggendo Il corponauta –
appunti di viaggio di uno spirito libero,
di Flavio Emer]

io pensiero dilatato
a spolverare le stanze dell'oblio
sulle pareti la memoria
ancestrale
metteva in luce emozioni dipinte
su volti che furono me

rifluiva dai bui corridoi
degli anni il vissuto
a imbuto
mi perdevo come in sogno
nell'abbraccio di quelle figure che
accendevano il mio sangue

110

PER SPECULUM IN AENIGMATE

chi sei: quale il tuo nome nel registro
della Luce quale la tua figura
inespressa

questo non averversi
come morire sognarsi
in seno a cieli di cui non è memoria

…caduto
il velo il tuo Sé faccia a faccia

un ri-trovarsi:
moltiplicato

111

LA SUA LUCE DI MILLE SOLI

ci accecherebbe la sua luce
di mille e mille soli
se solo potessimo
vederlo con occhi di carne

Lui l'absconditus –
Colui
che indossò una carne (e
la sua carne
vestì una croce): che
per sollevarci
si fece bambino e ultimo

112

LE TUE POESIE

sono astruse dici parlano per lo più
di cieli e affini mai di quaggiù – lo
ammetto ma ti pare siamo solo di terra e
non fatti d'infinito e di mistero o
materia dei sogni come il cuore sente?
farsi d'aria e parlare col cielo non
insegna forse a vivere in terra?
a riscattarsi da debole carne?

113

ACQUE

1.
acque uterine dove sognammo di nascere
oceano circolare mare
di nostra madre

2.
lavàti
con acqua e sangue – fonte
battesimale seconda nascita

3.
acqua è porta
acqua è Vita
venite a me
Io vi disseterò

…camminava sulle acque
coniugava le forme dell 'acqua

"oceano circolare mare / di nostra madre": versi adottati
da Jean Debruynne, L'acqua battesimale

114

IO-UN ALTRO

questo sentirmi diviso: e
non riconoscermi come
il fuori del mio dentro:
convivere con gli umori
di un corpo di morte

115

IL MONDO LE COSE DEL MONDO
a padre Pio

il mondo le cose del mondo
ci devono scivolare addosso
come acqua – dicevi
mentre era un sorriso
interiore a illuminarti –

guaglio':
la casa del Padre è in fondo al tuo cuore
ma è il cuore
un campo di battaglia: a ogni giorno basta
la sua pena –

116

FRAGILE FOGLIA

e nel momento del distacco
l'io si farà fragile foglia
appoggiata ad una spalliera di vento

117

NELL'ABBRACCIO DEL MISTERO

terebrante luce: intima
ferita celeste

(la sfiorano
le balsamiche dita
di Amore)

nell'abbraccio del mistero
farsi trasparenza
espansa
percezione di sensi

——————————————–

DENTRO UNA SOSPENSIONE
(2006)

118

SE QUESTO MONDO

se questo mondo ti ha forse
deluso è perché ho lasciato
che ti perdessi e dal tuo
vuoto mi tendessi le mani

su me che sono altro
scommetti pure la tua vita
di me non vergognarti:
ho offerto il mio Essere
carne e dio
al supplizio del legno
mia rivincita d'amore

sono il mattino che ti coglie
cuore di madre

119

LETTERA
(frammento)

non angustiarti se non sai pregare

se preghi con la testa tra le nuvole

lo fai e bene se spandi
su foglio metafisica luce

e il soffitto ti si fa cielo

120

E' IN TE NELL'ARIA

è in te nell'aria
sottile la senti
la mancanza di vita piena
ma è regale regalo
questo rapido frullo
d'ali
atto d'amore
non affidarlo nelle mani del vento

sii àncora
gettata nel cielo

121

E' VELO CHE CADRA'

è velo che cadrà
la carne

renderà fruttuosa la morte
perdendo la vita

(rovescio
dell'io tra nome e senza nome)

ma è l'amore che mi sceglie

(nudo
alla luce)

ho sognato d'essere trasparente

122

VISIONE

imbevuto del sangue della passione un cielo
di angeli folgora l'attesa vertiginosa
nella cattedrale del Sole dove ruotano
i mondi
è palpito bianco la colomba sacrificale

123

QUEL SORRISO

oltre lei forse fra le stelle
dura quel sorriso che nell'aria
ti appare ora sospeso come fumo

lucido incanto il tuo
sperdutamente altrove –
l'ha disperso il vento

124

VERTIGINE DEL VUOTO

[leggendo EM Cioran]

sognandosi al di sopra dei precipizi
le vene cariche di notti
carpire qualche vertigine all'Abisso

125

ELEGIA DELL'ULTIMO GIORNO

ormai è passata come tutte
le cose dell'aldiqua prendila come
un sogno anche se sogno non è
questo nell'ultimo giorno avrò da dirti
fratello a me nella carne e nello spirito
marchiato a fuoco
ma tutto doveva accadere ti dico
perché "si compissero le" scritture"

ora m'incolpi del mio silenzio e
Tu dov'eri mi chiedi quando a migliaia
venivano spinti sotto le docce a gas
Io ero ognuno di quei poveracci in verità
ti dico Io sono la Vittima l'agnello la preda
del carnefice quando fa scempio
di un bambino innocente
Io sono quel bambino ricorda
"quando avete fatto queste cose ad uno
di questi piccoli l'avete fatto a me"

anch'io in sorte ho avuto una croce la Croce
la più abietta la benedetta
anch'io ho urlato a un cielo muto e distante
Padre perché

perché solo mi lasci in quest'ora di cenere e pianto

126

DAL DI FUORI

precipitati da un primo
mondo di luce indivisa –
essere qui e insieme
altrove

dal di fuori il pulsare
dell'universo
impregnato di dolore e di canto

questo dolore questo
canto: ne siamo
l'essenza

siamo volti che galleggiano
sulla superficie di un sogno

127

RISVEGLIO

tra le pieghe della storia
c'è sempre il maligno
che strappa
le più belle pagine di poesia

un giorno i morti
risvegliati
da pioggia d'uccelli
le ricomporranno
in musica celeste

128

SOSPENSIONE

un camminare nella morte dicevi
come su vetri non conti le ferite
aspettare di nascere uscire
da una vita-a-rovescio

riconoscersi enigma dicevi
di un Eterno nel suo pensarsi

129

SCONNESSIONE

pensavi guadagnare la chiarezza?
la vita imita sempre più il sogno
nelle sconnessioni avanti con gli anni

ti coniughi ad un presente che s'infrange
dove l'orizzonte incontra il cielo:
e ti sorprendi a chiederti chi sei
oggi da specchi rifranto
e moltiplicato
mentre il tempo a te ti sottrae

130

SPERDIMENTO

silenzio-ombelico di luce –
affondo
in vertigini di cielo

… indimenticabili…
le uve dei suoi occhi
ad addolcire il sangue

(sperdimento il tempo
che si sfoglia e squama
questo cuore di paglia)

131

ALZHEIMER

dello stupore della vita
egli non ha memoria
né dell'infanzia
né di un amore
ora intagliato
in una finestra
consuma giorni in attesa
che gli si sveli
il paese della meraviglia –
dove la mente
come un sole si espande

132
SOTTO UN MUTEVOLE CIELO

[ leggendo Sandro Penna: una cheta follia, di Elio Pecora]

sotto un mutevole cielo chiuso
nel tuo grido di diverso

cresce la luce a cui vòlti
le spalle: voglia di sparire
dentro un sogno o restare
nell'ora dolce dei vivi

133

LASCIATE CHE SOGNI

lasciate che sogni il paese
delle più dimenticate musiche
dove vibra la segreta stella del mio sangue
il paese del Tutto dove nel tutto esisto
senza limiti
in una infinita danza dove sono la danza

134

LA NOTTE LATERALE

le unghie crescono nella morte
il gravitare dell'ombra che
ti segue a lato – questo
sentirti enigma vederti
nel sogno moltiplicato
da una vertigine di specchi a
scalare la notte

135

MORIRE A RITROSO

amiamo ciò che passa
legati eppur distanti
a corpi di carne mentre
il tempo scava lento
per noi e per la morte che
buca la notte
è un morire a ritroso finché
si esce da questa
vita da questa
morte

136

PREGHIERA

spogliami Signore da questa morte che mi veste
Lasciami rifugiare come un uccello bagnato
nel tuo dolcissimo abbraccio di madre
che racchiude il respiro degli oceani il poema del vento
ch' è onda di suoni e soavissimo amore
fa' che nello specchio del cielo
mi pervada l'angelica ebbrezza
del girotondo planetario non prima che quest'anima
indegna si lavi nel sangue di tuo Figlio

137

L'ESSENZIALE

arrivare all'essenziale: via
il superfluo (lo sa bene il poeta – un
sansebastiano trafitto
sul bianco della pagina)

così il corpo: si giunge
col vento azzurro della morte
al nocciolo: all'Essenza: non altro
della vita
che avanza in pasto al suo vuoto
famelico

quando nella curva
del silenzio
essa avrà ingoiato la sua ombra

138

NON POSSIAMO CONCEPIRE

non possiamo concepire come
chi ci ha lasciati
in un fresco mattino di settembre
ci appaia più grande si espanda
corteggiando le stelle
questo è parte del mistero
non dover essere ma essere-di-più
in pienezza
e perché poi ti sconcerti che l'io
deve disintegrarsi con la sua
tronfia ruota-da- pavone
quest'io a cui credi appartenere?

139

NEL BUCO NERO DEL GRIDO

nel buco nero del grido
s'attorciglia
la spiralante
vertigine di munch

140

LA PARTE CELESTE

vera rivoluzione sarà
l'oltre: mi sveglierà
nel sole in un paese
innocente *- il cuore
s'irradierà di gioia
piena nella vertigine
della luce – ricongiunto
alla parte celeste
puro tornare alle
origini – perso e
ritrovato –

al seme della meraviglia

*da un verso di Ungaretti

141

d.C. ALTEZZE SEGRETE
(volontariato)

sperimentare l'Indicibile

spendersi
in un percorso di amore
il cuore aperto
ad altezze segrete

sperimentare l'Altro da sé
nel diversamente abile – pasta da
modellare: ci affondi
le mani e ci rivolti
la vita –
lui ti ricambia con l 'oro
di un sorriso

142

RAMMENDI AZZURRI
(per il 25° anniversario di matrimonio)

in braccio al vento
questo giorno dai rammendi azzurri

——————————————-

LA BELLEZZA DELL'ESSERE
2007

143

LA BELLEZZA DELL'ESSERE

la bellezza dell'essere
è di una certa età
dipende
dal modo in cui la percepisci
quando ti commuovi per un nonnulla
scambiando un sogno per una visione
ti senti tornato bambino
lo sguardo perso ad inseguire un volo
non temi l' ignoto
quando in vita ti sei ben speso

144

SULLE RIVE DEL MISTERO

ciò che non appare mistero
neppure è bello *

fragile come i sogni
spaesa il cuore
di là del mare

tutta
una vita –
… finché lo spaesare
non si adagia
sulle rive del mistero

*frase presa in prestito dal mio amico
pittore-poeta-critico Andrea Crostelli

145

MAYA

il di qua dice l'asceta
non è che proiezione
nel prisma azzurro del giorno

sentenza
che perfezione
è la carne che si fa spirito

non si terrà conto
del corpo che si nutre
che è già della terra

si è dunque
del cielo o anelito
d'infinito ancor prima
del primo respiro?

-certa è la fiamma che dentro
ci arde – sottile –

146

IN SOGNO RITORNANO

[ispirata nella notte del 25.3.07]

in sogno sovente ritornano
amari i momenti del vissuto
che non vorresti mai fossero stati
si affaccia nel tuo sogno sudato
quel senso di perdizione
incarnato nel figlio
prodigo che fosti
emergono dai fondali
dell'inconscio dove naviga il sangue
e tu non puoi disfartene

147

INSOSTANZIALE LA LUCE

insostanziale la Luce
nella carne si oscura
(energia fatta densa)

luce verde della memoria
scuote la morte:

il nocciolo del tempo
nel buio delle vene è universo
presto deperibile

148

UNA VITA
(a Jung)

perdutamente
dei sangui
l'aprirsi d'echi
su cieli
anteriori
lo spazio
d'un grido

149

PREVITA

cosa saremo ora non sappiamo
bene ci conosce il Demiurgo già
in mente Dèi eravamo prima
della creazione pur senza saperlo
ingabbiati come siamo in questa vita

puro anelito di spiccare il volo

150

EVOCATIVO

come in una bolla d'aria

si ha vita
dentro il fiato
di sogni sgretolati

151

RICORDA

[ispirandomi a David Maria Turoldo]

sei granello di clessidra
grumo di sogni
peccato che cammina

ma sei amato

immergiti
nella luminosa scia di chi
ti usa misericordia

ritorna a volare:
ti attende la madre al suo nido

ricorda: sei parte
dell'Indicibile – sua
infinita Essenza

nato
per la terra
da uno sputo nella polvere

152

LACERA TRASPARENZA

insaziata parte
di cielo
vertigine della prima
immagine
e somiglianza
vita
lacera trasparenza

sostanza di luce e silenzio

sapore dell'origine

fuoco e sangue del nascere

153

ALLA FINE DEI TEMPI

"Per risplendere devi bruciare" – John Giorno

deve il maligno consumare
il suo fuoco – stravolgere
la faccia del mondo
fin quando uscirà di scena

la vita: "la vita può andarsene domani" *

-cerchio breve che si chiude

la consolazione per chi resta?
aspettarsi alla fine dei tempi
un radioso trapasso:"ch'io
non resti confuso…"

*verso di Paolo Bertolani

154

QUALCUNO MI CONOSCE

somigliano i sogni
a queste nuvole a stracci

mai come ora
ho bisogno d'un gancio
per appendermi al cielo

155

LONGEVI

brindano al mistero della vita
forzano le porte
della sera – vedono oltre
dove altri non vedono: per loro
il sognare non ha più fine:
hanno occhi
lavati con acqua celeste

156

UN SOLO RESPIRO

la porta stretta –
dove macera amore

(nell'oltretempo risiede
il Verbo e
il suo cuore-battito
d'universo)

a un solo
respiro si tende –
oltre un tempo
di transizione

157

IL PARADISO SE AMIAMO
(sentenza facile con versi facili )

(il grido dell'afflitto
anima sparse stelle)

terra è dolore il cielo amore?
l'inferno ce lo facciamo noi

terra è pianto?
il cielo canto?

il paradiso se amiamo
è già qui

158

NELLA DANZA

quando ti adagerai nella tua ombra
e avrai già l'inverno nelle ossa
esulta perché sarà l'ora
d'essere trasfigurato
pervaderai con una particella
di te ogni cosa
l'anima si confonderà con le stelle
allora entrerai nella danza
nel Signore della danza

159

ENTRARE NELLA LUCE

[ispirata nel dormiveglia il 2.10.07]

leggere sull'acqua
lettere storte
camminare nel mistero a volte
con passi non tuoi

nella parusia entrare nella luce
goccia
che si frange nel sole

-che contiene un mondo

160

IL SOGNO E' UN'OASI

un grande desiderio di azzurro
urge nel sangue
senza più odio e dolore
solo amore –
un arcobaleno di amore

nella notte dell'anima
acceca il bagliore della lama
dello sparo – "caino dov'è
tuo fratello" –
ancora e ancora
l'assordare
dei martelli che inchiodano al legno

è il sogno un'oasi di pace
nel cuore devastato

…non si tende alla bellezza?

161

SECI PENSI

capisci quanto provvisoria
è questa casa di pietra e di sangue
dove tra i marosi il tempo
trama il tuo destino di piccolo uomo?

se ci pensi:
quale enigma ti sovrasta
mentre la vita non è che un batter d'ali

-e tu immagine
passeggera
dentro gioco di specchi
copia sbiadita riflesso del riflesso –

ci sei ma non ti appartieni
sebbene all'esistere
ti attacchi
come ostrica allo scoglio

mentre ti ripugna
il disfacelo lo scandalo
della morte
il salto nel vuoto

162

MONDO

freddo incanaglito la tua iniquità
è specchio che deforma
la bellezza del creato

tu esperienza della ferita
per l'amore che lasci morire
ci lascerai incastrati
tra questa e un'altra dimensione?

dell'uomo incompiuto vòlto al cielo
tu mondo piaga e grido

163

MOMENTO

ad Angela

torpore:
velo di tenebra sugli occhi
mano che ti muore nella mano

ed è bellezza anche questa:
minimo ritaglio dell'eterno

164

A SPECCHIO DI CIELO

a specchio di cielo
il tuo coniugarti
corpo-amore
albero che veste
primavere
grido
di terra
benedetto –
fonte di luce-vita
corpo-amore

165

ANELITO

rinascere dal cuore

come una fortezza
il peculio di pena ha elevato
il silenzio al rango della luce

166

SU UN VERSO DI PESSOA

(In un volo)

di felicità effimera
brucia il tramonto in un volo
che si perde dietro l'ala
di vetrocemento
fin che giunge lo sguardo…

(apparizione o forse
déjà vu)

....

IN UNA GOCCIA DI LUCE
2008

167

IMMERSI NELL'ASSOLUTO

come in una bolla d'aria o goccia
di luce

si ha vita
nel fiato del sogno infinito

168

SPIOVE LUCE

spiove luce
di stelle gonfie di vento
col tuo peso
greve di limiti
ti pare quasi vita sognata
il vissuto già divenuto memoria

siamo frecce
scagliate nel futuro
o il tempo che ci è dato è maya
e si è immersi in un eterno presente?

169

AVVOLTI NELLA LUCE

se nascere nella morte
è questa vita
breve sarà il vagare
nella tenebra della conoscenza
per noi apprendisti
dell'Indicibile
legati da una promessa di sangue
a Chi ci tende nei secoli
le braccia aperte in forma di croce

170

SIC TRANSIT

confidare
nelle cose che passano
è appendere la vita
al chiodo che non regge

è diminuire la vera ricchezza
-arrivare all'essenza

lo scheletro la trasparenza

171

DISTACCO

giungere dove ogni linea s'annulla

un brivido bianco… e sei altro

fiume che perde nel mare il suo nome *

*da un verso di Billy Collins

172

IN UNA GOCCIA DI LUCE

s'arresterà questo giro del mio sangue
lo sguardo trasparente riflesso
in un'acqua di luna
sarò pietra atomo stella
mi volgerò indietro sorridendo
delle ansie che scavano la polpa dei giorni
delle gioie a mimare maree
nullificate di fronte all'Immenso
allora non sarò più
quell'Io vestito di materia
navigherò il periplo dei mondi
corpo solo d'amore
in una goccia di luce

173

LIBRO SACRO

perché la fede non sia acqua
Colui che te la dona
fallo uscire dal libro sacro
le righe nere diventino il tuo sangue
fa' che sia pane
non polvere nel vento la Parola

174

SCAVANDO NEL PROFONDO
a Giuseppe Soffiantini

rimuovere i macigni
di odio e vendetta
che tengono in ostaggio per la vita:
questo rispecchia

il tuo animo regale
tu che umanizzasti il ​​tuo carnefice

tu che sai il dolore
della luce – sentinella dell'aurora

175

NEL SEGRETO DEL CUORE

tenere in serbo scomparti
colore del vento che oblìa
ricordi: rossi
come il sangue della passione
verdi come le prime primavere
azzurri come il manto di madonne

custodirvi gocce di poesia
cavalli di nuvole ed arco
baleni –
le coordinate dei sogni – e
l'insaziato stupirsi della vita
da respirare su mari aperti

- che tenga lontano la morte

176

L'ESISTERE SPECCHIATO

con lo stillicidio
del tempo a subito
questa piaga dalle nove porte *

ma a te presente un altro
te – il Sé celeste – l'esistere
specchiato: vita che si guarda
vivere –

un mondo in un altro

*il corpo secondo la Bhagavadgita

177

BARLUME

qui non altro
che un barlume di vero
dove cielo decaduto
è il cuore in tumulto
che spera anela a una riva
di pace

per acquietarsi

178

RI-CREARE LA BELLEZZA

A Lolek (Karol Wojtyla)

la pietra scartata è la prima
della Bellezza – che trasuda
il sangue della luce

-posata sulla stoltezza
del mondo

179

PENTECOSTE

aleggiare dello Spirito sulla
creazione

l'Avvento: respiro
dell'Altissimo
(virgola-di-fuoco) in
fragilissimo cuore
– un angolo
di cielo

180

TURBINE VORTICA

turbine vortica intorno al chi sono

non altro sapere che la tua
inconsistenza

-ma a un tempo
di contenere un mondo –

181

IN LIVIDA LUCE DI CREPUSCOLO

sulle braccia
della Croce
ci amasti da morire

in livida luce
di crepuscolo
per compassione Tu
ti spezzasti *

… e
fioristi

amen

*verso di Ungaretti

182

L'INVITO

Il poeta: un vuoto
G. Seferis

e tu di nuovo ostaggio della notte
l'invito
l'abbraccio del vuoto

parola neo-nata
la chiami nel buio
l'innervi in ​​parole

la plasmi a scalpelli di luce

183

UNGARETTIANA

su un refolo di vento
adagio
la vita
trasognata

184

A CARLO ACUTIS

(Ti so dolce presenza)

A Carlo Acutis, morto a 15 anni di leucemia l'11.10.06
(del quale è stato avviato l'iter per l'apertura della Causa di Beatificazione)

ti so dolce presenza
-tu che visitavi i giardini
del cielo-
ti so dentro di me come
un amico o un figlio
nell'apparirmi in sogno mi dicevi
sono uscito dalla vita vivo più che mai

-qui è il prima da dove siamo
venuti
si sta di un bene è un'infinita
fonte di stupore
noi voluti dal Cielo siamo stelle
per corona alla Madre Celeste

185

STEP

pensieri distesi nell'ora
canicolare
… una lama di luce
obliqua sul letto e
nella mente
in sopore -in simbiosi
con lo sciabordio del mare-
il perdurare
il dondolio del corpo
fatto d'aria

186

QUESTO PANE

perché lo permette ti chiedi
permette tutto questo
ti senti dire: è una prova che ti dà
"dal male trae un bene" anche se
non puoi capirlo – allora
giustificato dal Suo sangue
spezzato insieme agli altri questo pane
bagnalo di tutte le lacrime
del mondo
non una briciola si sprechi di questo
dolore

187

DELL'INDICIBILE ESSENZA

dell'indicibile essenza -l'altra
faccia del giorno-
noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo
di cielo: in questa vastità soli
non siamo: miriadi
di mondi-entità ognuno
in una goccia
di luce

188

DA UN'ONDA DI SOSPIRI

da un'onda di sospiri
risalire in sogno
la morte

fiorita
dal grido
di albe di cenere e
fermenti di voli
nel turbinio del vento

189

NEL GIORNO ACCESO

nel giorno acceso
-avvolto nel mantello
del vento-
sporgersi da una rupe di passione
in un amen il ripercorrersi
di stagioni di là del mare
cogliere il fiore-essenza del tempo
sognare d'essere quasi
una finzione

-la morte un paradosso

190

ARMONIA COSMICA

espansione a irradiare
poesia a labbra
di luce

indicibile fiore
del sangue

191

NEGLI OCCHI FORTI DELLA LUCE

negli occhi forti della luce
vive il paese innocente

-dove approdare l'anima
esausta
di vita dispersa-
(una
gomena di avemarie
porge l' angelo a riva)

192

VASTITA' DI TE SOLO

[su un verso di Ungaretti]

vastità di te solo
penetrata nei sensi:

nella tua fragilità
lo stupore
di sentirti
una "fibra dell'universo"

———————————————

CASA DI MARE APERTO
2009-2011

LACERE TRASPARENZE
2009

1

E TU A DIRMI

lanciarmi anima-e-corpo
contro fastelli di luce
specchiarmi
nella sua "follia"

e tu a dirmi: Lui
l'irrivelato
nasconde il suo azzurro – è
lamento amoroso

(2009 )

2

L' ANGELO

noi lacere trasparenze
-sostanza di luce e di sangue-
a superare d'un passo la morte

solleva l'angelo un lembo di cielo
svela l'altra faccia del giorno

(2009)

3

IL LATO OSCURO

e se fossi stato
dell'altro sesso in una
vita precedente
e ne avessi perso
memoria?

(ipotesi remota dici – di certo
campata in aria)-

junghiane profondità
tralasciando
scoprire come in un test
il lato oscuro del Sé
totale la parte
inconfessata (semplicemente
naturale) – la tua percentuale –

4

PER METAFORE

a mimare un amore
anteriore a noi si vola
nel vortice della luce

(farfalla
di fumo)

foglio bianco
schizzato grido

(2009)

5

DOVE PIOVE MUSICA

[a David Maria Turoldo]

ai confini del cuore
zona rischio lebbra

dov'è l' essenza
luogo non luogo dove
piove musica

rendimi bianco
come neve delle vette

Signore

(2009)

6

A RITROSO

(Hikikomori)

un vivere a ritroso
le spalle all'oriente
dove
cresce la luce
vuota delle braccia
vite
separate
tra l'ombra e l'anima

(2009)

Nota:
hikikomori: in Giappone sono oltre un milione.
E' il fenomeno di ragazzi che vivono di "rapporti" virtuali
chiusi nella loro stanza fuori dal mondo.

7

DI QUA DEL VELO

onirica visione dell'eden
dove profumata Signore
di abele il tuo giorno

un cielo bianco di silenzi
di qua del velo vascello
fantasma

(2009)

8

L' INDICIBILE PARTE DI CIELO

indicibile la parte di cielo
ch'è in te e ignori – dice steiner
l'uomo in sé cela un altro
uomo: testimone che ti osserva e
sperimentamenti ogni ora:

basta che solo
un verso o poche note ti richiamino
a una strana forza interiore:

e cessi
di sentirti mortale

(2009)

9

RIESSERCI

in noi con noi come un
riesserci

spessore davamo alle
emozioni

cercavamo lo stupore

e lo stupore era Dio *

*da un'epigrafe

10

NON RICORDO

-e gli esecrabili
delitti e la vita
tradita?
e il sangue innocente?

-non ricordo: in verità ti dico
l'Albero di sangue
virgulto di mio Figlio
il Giusto
si è ingemmato

ed espande nei secoli
le sue radici
in un abbraccio totale

(2009)

11

RIEMPIRE I VUOTI

riempire i tuoi vuoti di cielo
e un angelo che ti corre nelle vene
come sangue e il bianco grido
del vento che sfiora
i contorni del cuore a smussarne
gli angoli vivi il dono
di una parola (cara
e rara non di circostanza)
corredata dalla luce di un
sorriso ad hoc

12

AUNG SAN SUU KYI

non violentate la primavera
del suo giovane sangue
non pugnalate la colomba
del suo cuore aperto
alla compassione

non schernite la disarmante
verità che proclama
aizzandole contro
i mastini della notte

dal suo sangue si leva alto
il grido di purezza
a confondere intrighi di potenti

(maggio 2009)

13

DI ALTROVE

[La gente non è cattiva: ha solo paura di essere buona.
Eduardo nel film Campane a martello.]

di altrove
è lettura capovolta il mondo

chi ti dà
occhi buoni per il cielo
se non sai vedere

così la cieca
sopraffazione
la gioia cattiva del sangue

(2009)

14

CASA DI VETRO

carne fatta velo d'aria
dalla consistenza del sogno
ectoplasma o luce
-ombra che si ricrea
questa e non altro la fragile
casa del corpo di vetro

15

CUORE TRASPARENTE

1.
non la doppiezza non l'apparire:
chi sei veramente è più forte di te

2.
fra cristalli dell'inverno è schiusa la rosa:
l'amore sai impollina la morte

16

QUEL SENSO DI

aspettando sempre qualcosa
qualcuno:
in attesa giungano da un dove
riconoscibili
un nome una voce –
quel senso
di sperdimento quando la vita
è a chiederti
dove sei tu

quel senso di…

aspettandoti –
aspettando di nascere

(2009)

17

LIBRO

mastica piano la morte
il libro del corpo – orecchio
del cuore – : fatuo
risillabare palpiti di soli
fino all'ultimo
rigo-respiro

-congelato di bianca luce

(2009 )

18

EFFETA

di Dio il dito
la saliva il fiato

ri-fiorisce vita
in cuore
disabitato

19

NASCOSTO STARO' NELLA ROSA

finché non avrà inghiottito
il tempo osceno il suo grido
nascosto starò nella rosa
azzurra

perché non intacchino
i veleni del mondo
la bellezza del cuore

(2009)

20

VITA IN SALITA

vedersi su un piano
inclinato esistere –
sperdimento in
lunato albeggiare
su deriva dei sogni
-lama nella mente-

incrinata azzurrità
il vetro del cuore

21

LA LINEA SOTTILE

non crederlo un viaggio
interspaziale o come andare
sulla luna ora più "vicina":
è varcare quella linea che
divide l'essere dal Sogno
infinito: l'oltretempo ai bordi
della luce ove fanno corona
frange angeliche ad accoglierti
veramente vivo

22

WILLIAM BLAKE

cielo riflette l'occhio
interiore che veste
luce

specchio
d'azzurro dimora di
cherubini a te
benevoli

23

A COME AMORE

a come Amore
a-mors non morte –
prima del tempo
non c'era che amore: quello-che-muove-
il-mondo: danza nel cielo

della Luce-pensiero: della notte
a scalzare le tenebre

24

VERSI PER UN TRAMONTO SUL LAGO

[fine anno 2009]

(perle d'acqua ed ali)

oro trasfigurato in sorriso
di sangue /
cenere / silenzio
d'ombre

———————————————-

.

COSPIRAZIONI DI ALTROVE

2010

25

A STEPHANE MALLARME'

tenue rosa d'albore

nel cuore fiorite di cielo

26

DENTRO SILENZI D'ACQUE

sul lago s'è alzata la luna
dentro silenzi d'acque
è dolce la luce
nel respiro
delle foglie una smania che dilania
abbraccia i contorni della notte

(2010)

27

HO SOGNATO DI ESSERE TRASPARENTE

vortico in un vento
di luce

da fenditure di un sogno
spio il mondo

(2010)

28

CONSAPEVOLEZZA DELL'ESSERE

tanto piccolo sei e disperso
come pulce sul dorso di un mulo *

ma il cuore che non può morire
infiniti universi racchiude

*da una frase di Erri De Luca
intervistato dopo il terremoto di Haiti

29

EMANUEL SWEDENBORG

lasciami entrare nel tuo sogno
adesso che col soffio di Dio
ne scrivi pagine ineffabili
pensieri pettinati di luce
eccelsa danza dell'aria
dalle labbra della notte stanotte
mi pare udire da un-dove-che-non-so
una sinfonia da musica delle sfere

lascia emanuel che voci
nel tuo Sogno

30

NELL'URLO

nel giro delle braccia
le acque del mutamento – le mani
a impugnare il limite

penetrare in sé
nel profondo – eredità
di cicatrici – dove si tende
una strada nel cielo

rigenerarsi nell'urlo
della croce

(2010)

31

UNA LUCE

non sarai tu a scagliarla la pietra
che negli anni sfasati
più d'una volta tornasti contrito
a casa anche se non t'accolsero
braccia festose
che ti specchiasti nel fondo più nero
del nero puro se non s'udì
canto di gallo quando
tradisti la vita spinto ad un atto
anticonservativo
che infine piegato
dalla croce una luce
a forma di un angelo fu
a strapparti dall'oscenità
del tuo tempo facendoti espandere
in un'emorragia di versi e di
energia positiva
che nella viola del tramonto
fosti padre e ora nel tempo
declinante sarà forse tua figlia
che ti farà da madre

32

GIORNI ORFANI

piange il mio spirito
nell'usura dei giorni
orfani di poesia

la morte della Bellezza

33

ALBERI CHE CAMMINANO

[ispirata a un intervento di Erri De Luca per Emergency]

a Madre Teresa
e altri 'grandi' fino a Gino Strada

il cieco della parabola vide
quel giorno
allucinate figure
uomini a forma d'alberi
che camminano

oggi dallo scrittoio del cuore
vorrei dirti gino
che insieme a te si alzano
dalla radice del bene

alberi che camminano
anche se
quasi nessuno li "vede": santi
di questo tempo

(2010)

34

VOLTI AL CIELO

(ai martiri della cristianità)

(testimoni –
non maestri coi loro
fiumi di parole)

vòlto al cielo colui
che grida nel deserto – l'uomo
pneumatico – *

in visione celeste rapiti e
fulminati
sull'altare le mani
a benedire – rosso fiore
sul petto –

*per San Paolo è l'uomo spirituale

35

NIENTE DA PERDERE

appollaiata sulla tua spalla dalla culla
se la pensi ogni giorno quando
ti radi o vai a letto è per
esorcizzarla o scacciare la paura
dell'ignoto
fartela amica

la morte

-essa
non dissimile dalla vita: seme
che trama nel buio
cospirazioni del nascere-

e dunque: niente da perdere
col disfacimento se oltre il fragile
apparire sarai tutt'uno
con l'immenso corpo cosmico
nell'eterno girotondo dei
pianeti
nel sorriso di Dio

36

DAI CIELI DEL SOGNO

precipitare dai cieli del sogno
fino all'età adulta
richiami di sapori
di voci l'odore
del mare inalare il vento
salato sibilante sotto
le porte –
gibigiane echi
liturgie
di memorie
l'iniziazione del sesso
i segreti

cieli dell'adolescenza
passati come in sogno

(2010)

37

IL RAGGIO VERDE

[ad Agnes (Madre Teresa)]

filtra raggio verde
dalla porta
della conoscenza

vi accede l'anima
assetata in estasi

sanguinando amore

(2010)

38

ABITO CELESTE

(parusia)

"tutta la creazione geme…"

1.
da sogni di vetro e
da pioggia d'uccelli sarai
risvegliato

e
di luce
rivestito

(staccato il pungiglione
alla morte)

2.
e la tua lucy? e il tuo rex?
questi un'animula non sai se
ce l'hanno

di certo gli manca il senso
del trascendente
essi non si sporgono
sulla loro morte
a cogliere
il proprio profilo finito

39

GRAFFIO

[leggendo "Lume del tuo mistero"
di Giovanni Giudici]

graffio di demone mi brucia
seguitando sua scia di miele

40

SOGNO BAGNATO

[dalla parte dei traditi ed uccisi]

vedere l'angelo
della morte
entrare nel mio sogno

ed io riverso
sul selciato
lo stupore del sangue
le viscere nelle mani

"tu quoque brute"
… per mano di chi
si credeva amico

(2010)

41

NEL GIRO DI POCHE LUNE

questo corrermi nel sangue
del transeunte l'istante
mai vissuto appieno

questo accadermi

42

COSA RESTERA'

siamo mistero a noi stessi
cosa resterà quando dopo
di noi sarà a sopravvivere
finanche l'albero
vetusto del giardino di fronte
e le suppellettili ei cari libri

la tua la mia storia
scritta sull'acqua

(2010)

43

PREGHIERA

dinanzi all'Assoluto
misericordia mi vesta
di un abito di luce

amen

44

VERTICALITA' (AL NEGATIVO)

carpe diem epoca
di trapasso
il linguaggio i riti
stravolti (e la
famiglia? – e
la sacralità
della vita?)
"civiltà" del ludibrio
verticalità
saccente di chi
si crede dio
l'autentico violentato dal
mediatico
narciso edipo in
annuvolati cieli
ingombranti la
psiche
l'aprirsi
in essa di
crepaccio
-la sua
bocca ad urlo

45

IL SOGNO

(insensatezza della storia)

il sogno di riavvolgere
il film della vita

utopia – sebbene
affrancato è il cuore

dall'essere eterno
e mortale

46

ERA IL PROFUMO

nel mezzo della notte un ululato
alla luna (o mi è sembrato?)
ho fatto che voltarmi
dall'altra parte
come in un sogno lucido mi vedevo
librare oltre le nubi in levità
l'altro lato mi appariva il versante
luminoso di ancestrale armonia
esso non era che il vissuto
compreso in una bolla d'aria
un frammento d'eterno
mi espandevo su quel versante lucente
linea sottile del sonno dove
poesia era il profumo
del mare
mare aperto

47

SEI DEL CIELO

chiedere a Dio quella protezione
che il mondo non può dare

rifugio a quel nido dove
Egli attende come una madre
il suo piccolo nuda

allo scoperto
sei creatura nata per la terra
-ma del cielo-

dove sempiterna dimora
Compassione

(2010)

48

INVERNI

quanti ancora ne restano
nel conto apparente degli anni
incorniciati nella finestra i rami
imperlati di gelo e la coltre
candida che copre
anche il silenzio dei morti

immacolato manto
come una immensa pagina bianca
la immagini graffiata da
due righe di addio
il sangue delle parole già
rappreso mentre
è lo spirito a spiare da un
lembo del cielo

(2010)

CASA DI MARE APERTO

2011

49

IN QUESTO RIFLESSO DELL'ETERNO

credimi vorrei dirti che quanto
avviene anche là avviene
oltre le galassie oltre
lo specchio dei tuoi occhi amore
anzi certamente è presente
da sempre in mente dèi
imbrigliati noi siamo in un giorno
rallentato
noi spugne del tempo
assediati da passioni sanguigne
credi mia cara che
avviene quanto semplicemente
lo rappresentiamo
sulla scacchiera del mondo
noi essenze incarnate
in questo riflesso dell'eterno
dove l'anima si specchia
mentre ci appare infinito
mistero la vita – miracolo
tutta questa luce che
ci attraversa

50

DELL'OLTRE IL DOLCE SENTIRE

dell'Oltre il dolce sentire
apre sogni e lune

mi è specchio il cielo

51

L'ALTROVE

questa casa di vetro
eretta sulle nuvole
concepita forse in sogno
sai cara
si sta di un bene qui
l'erba folta alle caviglie
uscendo nel sole
vieni

52

ULISSIDE

noetica luce
a trapassare aneliti

su aperti mari dei sensi

53

DA UNA PARABOLA

"non puoi servire due padroni"

scrivere con la luce
la vita la morte
vestire
di primavera i gigli

non così l'uomo
dal suo apparire

preso nel vortice
delle cose
egli scrive su sabbia l'avere

-nel cuore la paura
del bambino

( 2011)

54

NOSTOS

Siamo… fatti di orizzonte
Andrea Zanzotto

in lampi di visioni
vita sognata
con occhi di cielo

il sangue ad ascoltare
la verde età
fuggitiva

(2011)

55

COME UNA MADRE

irradiata
benevolenza
da madre cosmica:

fragili creature
a suggere luce
da poppe del cielo

56

DEJA' VU

e ci sorprendiamo
a un viverci addosso
noi gli occhi riempiti di luna
smaniosi di un certo
non-so-che
quando tornano le stagioni
delle promesse di luce e voli
i luoghi onnipresenti
fra lampi di memoria
un cancello uno sguardo
rubato oh l'emozione
di quei momenti impressioni nel
sempregiovane cuore
gonfio di vissuto
ora sorpreso da una lacrima
mentre fluttua lieve in uno stadio
di sogno che sa di eterno

(2011)

57

L' INVITATO

ho sognato che l'ultimo giorno
era anche il primo della mia
nascita in cielo come stella
-o se atomo o fiore non so dire
ma ero più che mai vivo-
che annullato ogni affanno
mi vestivano da festa angeli belli
giacché quel giorno ero io
l'Invitato – anche senza
esserne degno –

58

NEL CERCHIO DI DOLORE

nel cerchio di dolore
lo tiri in ballo – ed è sì umano
quel "Padre perché m'abbandoni"
occhi rovesciati e veste
di sangue –

tu cerchi
una via d'uscita
eviti la porta stretta

59

FOSFENI

a Maurice Maeterlinck, drammaturgo

è finestra sul cielo
il cuore invaghito a carpire
fòsfeni lampi

tu custode
dei sogni – dal cuore puro –
ti libravi come
i tuoi uccellini azzurri
che "si nutrono di raggi di luna"

e
si espandono
nell'Inconoscibile
tra svolìo di ali…

(2011)

60

"DAI TETTI"

chi a invadere il campo
"uomo"
se non Colui che a te
in libertà si concede
(nessuno "incapace"
del suo amore immenso)

vedi: la vita non tarda a guardare
che in un senso: "dai tetti
in su"

61

VENNE A TROVARTI LA POESIA

giunse come un vento lieve
a frugarti le pieghe
dell'anima
e guidandoti verso stanze
inconsce
mondi paralleli ti apriva

ora sperimenti
il ​​tuo daimon
-a divorarti
per sempre

(2011)

62

SI DICE DI AGOSTINO

[Al Dottore della Chiesa
il quale dava da "masticare" il Verbo]

si dice di Agostino – era forse
un sogno? –
gli fosse apparso un angelo-bambino
che voleva raccogliere
con una conchiglia
tutto il mare in una buca

la morale tra le righe: nulla è
impossibile a Dio

(2011)

(prima che passasse nell'aria e fosse aureolato
da giovane Agostino era un dissoluto )

63

FRAGILE PALPITO

in una selva di gridi
come lepre braccata
dal tuo incondizionato amore:

Tu che governi i cieli
"bisogno" hai di me?

perché pungoli questo
fragile palpito

fino al sonno della morte?

(2011)

64

OLTRE IL VELO

nulla si disperde

la banca del cielo
a custodire i fondi –
bagaglio di vita
dolore-amore

nulla va
perduto – chiusa
l'ultima tua pagina
di vita

bagnata di Dio
sarai
al suo appello

presente

65

L'OFFICINA

[ ispirata dalla definizione di sé
di Quasimodo: "operaio di sogni"]

sgusciante come anguilla
l'ispirazione
puoi lasciare ti visite
quando non te l'aspetti
si levi allora
questo sole interiore
in sogno o ancora nel dolce
dormiveglia prima che sia giorno
come un bianco palpito

… ti alzi la mattina ed è quasi
un miracolo
il silenzio dell'officina

66

DI UN DOVE

di un dove
d'un altrove

striscia
di luce verde la mente

l'interrogarsi serpeggia
si morde la coda

(2011)

67

MARE DENTRO

riverberi maja di luce

rosso schermo dietro
gli occhi (te supino) in
barbagli a lenti
tratti

le vene del mare coniughi
con geometrie
di gabbiani sul filo arcuato
d'orizzonte

questa vastità
di cielo e mare
dentro – le
anime del mare –

… come perdersi

[Pola, 6 agosto 2011]

(2011)

68

COME UN IRRADIARSI DI CIELI

Amore è una parola a rischio
Nelo Risi

Amore è

come un irradiarsi di cieli
anteriori

esaltazione al calore bianco

o
pane impastato con lacrime

un lungo lungo gemito più
che sospiro di vento e foglie

casa del sole e delle ombre

dove disarmato
è il cuore

(2011)

69

CONGETTURE

si vive
per approssimazione

si sta come
d'autunno…
di ungarettiana memoria

o
dall'origine
scollàti dal cielo
a vestire la morte

fino
al fiume di luce che
ci prenderà e saremo
un'altra cosa…

congetture

ma lasciatemi sognare
un sogno che non pesa

(2011)

70

ALEPH

nell'oltre non c'è ombra
-lo sai- ombra che ti possa
nascondere allo sguardo

è una chiarità che t'attraversa
non come qui che guardi
per speculum in aenigmate

lì non si consultano dizionari
né atlanti: sei tu la biblioteca
il motore di ricerca

-alfabeto voce conoscenza- :
nel Tutto tu sei e tutto
è te – (l'aleph del poeta cieco)*

è dove ti si svela ogni
contrario – la vita non è prima
della morte

*Jorge Luis Borges

(2011)

71

AVEVO PERSO LE CHIAVI DI CASA

(conversione del non più ragazzo e non ancora uomo)

nuvole a stracci
che promettono pioggia

… dai recessi una voce
catartica
a sovrastarmi a farmi
piccolo

la faccia contro il cielo
mi ritrovo
assetato

72

LADRO DI PAROLE

[l'ispirazione della poesia]

la farfalla immagine-pensiero
sotto la volta del bicchiere
-della cattura l'ebbrezza ma d'un solo
attimo e poi il volo…-
la destrezza nel carpirne la luce
frangente nei colori –
l'inavvertito suono

(2011)

73

NOI ANGELI

sospesi nel tempo
a frange del cielo

noi angeli
caduti

mendìchi d'amore

74

DEI ME STESSI

l'esistere
l'evanescente:
un volgere altrove

la vita
vista come
sogno di me

dei me stessi

75

MI SPECCHIO NELLA MIA TRASFORMAZIONE

quando il mondo continuerà
dopo di me

a chi vi dirà lui non c'è più
fategli uno sberleffo

76

ANAMORFOSI

[ispirata da un sogno
la notte del 20.11.11]

come amante
mordicchiare
lo spazio-carne

… e i denti frantumati

… e non riconoscersi allo specchio
(bambino e vecchio)

(2011)

77

L'ALBA CHE SA DI NUOVO

Per fortuna ciò che sta per nascere è il giorno.
(Fernando Pessoa "Il libro dell'inquietudine")

la si vive nel sangue la nottata

ha uno spazio aperto
l'alba che sa di nuovo
al rango della luce

78

D' UN PRESENTITO CHIARO D' ARMONIE

d' un presentito chiaro d' armonie

d' un trasognato dove

vivi e scrivi

-tuo credo-

tua casa di mare aperto

---

D'UN PRESENTITO CHIARO D'ARMONIE

–POESIE DELL'IMPERMANENZA–

1

DISTACCO

farsi fragile foglia
appoggiata ad una spalliera di vento

(2011)

2

EVANESCENZA

in trasognato sfarti figura
-quasi rito-
t'invetri
incielata diafana

3

COS'E' IL MARE

non puoi spiegarlo
alla bimba dagli occhi di luna
se non l'ha mai visto prima

se non è rimasta rapita
dal ricrearsi sull'acqua
di riflessi dorati
-ed è poesia…

lei può solo sognarlo – il mare –
come una carezza di vento
salato e spazi
aperti e voli

vederlo nel proprio cielo
alla stregua in cui s'immagina
un altrove
chiamato paradiso

(2011)

4

NASCITA

come appena
emerso

da naufragio di sangue
a luce
ferita

rosa
del tuo fiato – madre –

(2011)

5

IL CAMBIAMENTO

(sfogliando la fine anni '60)

una luce pensante
di sorpresa
visita il cuore
che si è negato all'altro
da Sé
al suo versante celeste
-per giorni spavaldi
da cucire sulla pelle

(ora è un coniugarsi all'opposto
il restarvi connesso
è l'attesa
-in traslucere d'anima arresa-
che Colui che t'invita ti dica
"amico vieni più avanti"
-cfr Lc 14,10)

6

NEGAZIONE DELLA MORTE

inargenta sul mare la fine del giorno

sapere che Qualcuno
da sempre mi conosce

notte d'ossidiana ora m'avvolge
mi sogna nelle vene del buio
io
non posso morire

morire alla vita…

(2011)

7

VORTICE DI FOGLIE

distrazione
del Supremo – dici – la nostra parte
mancante? ovvero caduta
d'angelo nel mare-mondo?

non siamo
che un vortice di foglie

ma se il precipitare
in se stessi è in vista di risalita
(alla notte
segue il giorno)

allora non esiste
-sai- chi potrà recidere
questo cordone ombelicale col cielo

(2011)

8

ESTASI

avvitato nel rosso
tuo palpito

m'incielo

9

L'ENERGIA S'ADDENSA

l'energia s'addensa in un tempo
rallentato

-noi qui nel divenire

-palpiti d'anima e cielo

(un
trascendersi)

(2011)

10

AMORE E'

Amore è una parola a rischio

un irradiarsi di cieli…

esaltazione
al calor bianco

o
un lungo gemere come di vento
che squassa
-sottile
"privilegiato" dolore

dimora di sole e d'ombra
-dove disarmato
è il cuore

*Il primo è un verso di Nelo Risi

(2011)

11

RADICI

potrebbe accadere che a volte
ti domandi
se ti trovi in un sogno o
un déjà vu

un sentirti perso – fuori
dal tuo centro – quasi senza
un io reale

… e in quel frangente
aggrapparti con l'anima
a radici del cielo

-come ad una madre

12

NON E' CHE UN PERPETUO TRAMARE

la vita ha in tasca la morte
-siamo noi
divino seme:

non è che un perpetuo
tramare
"cospirazioni" del nascere

miracolo d'amore

(2011)

13

COLUI CHE INTINGE

non si estingue questo fuoco
che passa per la carne del cielo
-il mio abbracciare dalla croce il mondo
-il tuo trafiggere nei secoli
questo Cuore senza più sangue

di giuda è piena la storia – tu
guardati intanto da chi
credi un amico:
è quello che con te condivide
il pane la luce l'obliquo raggio
degli occhi

(2011)

14

IL ROVESCIO

capovolte
le apparenze

… se era questa la vita – ti chiedi –
figura d'un sogno che
se stesso sognava…

15

VERTIGINE DEL CERCHIO

vertigine e chiusura
del cerchio

compasso che gira sulla punta
per mano dell'angelo personale

… l'uscita dal cerchio

-nella luce

16

LA BELLEZZA DELLA ROSA

[ispirata da una omelia]

le tue scelte abbiano
profumo di Paradiso
-anche se
verità attira
l'odio del mondo

la bellezza della rosa brilla
del sangue sulle spine

(2012)

17

L'EGO

ovattata vita
di chi l'altro non "sente"
-muro eretto
con impasto dell'ego

inutile imbiancarle
le pareti pregne di dolore
-sale silenzioso l'urlo
fino al cielo

(2012)

18

SOGNO UN MARE D'ERBA

(a Walt Whitman)

amo le tue odi dolce vecchio
Whitman –
un lampo ed ora ti vedo
tra nubi giocare coi capelli
di Dio Padre (tu ritornato
bambino) – ed ecco
ti si ricongiunge l'ex
"allievo" – il profeta *
barba-di-luce – fluttuante
nel mare d'erba del cielo

*Allen Ginsberg, che s'ispirò a Whitman,
morto il 5.4.97

(2012)

[poesia del 2000, ripresa nel 2012]

19

IO ERO LA'

(nella ricorrenza dell'11 settembre)

quasi un assentarmi da me (stato
catatonico davanti allo schermo)
(auto-
difesa inconscia per non viverlo
quel momento?)

-ma io "ero" là
tra vite spaginate nell'aria:

io presente-assente
stagliato contro un cielo stravolto

…e in me

cadevo

(2012)

20

IL RIMEDIO

non lo trovi in nessuna
enciclopedia: malessere e
rabbia si contrastano
con meditazione e preghiera rubando
spazio alla bile – ripudiando la
pratica di chi
si disistima
con alcool e pasticche a effetto
placebo (col pensiero
-inconscio- di sparire)

21

AD ANTONIA POZZI

Poesia – azzurra
eco del cuore –
sei musica che piove
pulviscolo dorato nelle stanze
della Bellezza

-eterna armonia

(2012)

22

MILLE E PIU' PAGINE *
(ah la poesia!)

sulla spalla mi pesa la merini
tornando dal mare un cambio
spalla versi da ruminare
in un vago giro di pensiero
nell'aperto cielo
istriano
in questa canicola agostana

[Porec (Parenzo), ferragosto 2012]

*Alda Merini, Il suono dell' ombra, Mondatori 2010

23

AD UNGARETTI

nel carnato della terra
d'alessandria -zolla
palpitante nel sole

nascita di un dio minore
a battesimo d'inchiostro

(2012)

24

COME IN SOGNO

[a chi è affetto da attacco di panico]

come nel sogno quando
a quattro zampe ti trovi
-impotente-
a graffiare la terra in salita

… poi la libertà del risveglio
mentre ad allentare
la morsa è quella
impressione di morire

25

ALLA MENSA DEI POVERI

[ispirata da una intervista in tv
il 21.10.12]

-nella vita chi non si dà muore
mangia se stesso- la saggia
ultraottantenne (cuore fanciullo)
sentenzia servendo
ai tavoli con fievole voce quasi
d'un fiato

luogo ospitale dove tutti
-alla buona- ci si dà una mano: sono
per un piatto caldo ma non
vogliono pietà –

(incorniciati nella finestra dai vetri
appannati sagome d'alberi
senza chioma nell'autunno
inoltrato – al caldo
la nuvola di vapore dalla cucina offre
un che di magico di familiare)

26

NELL'AZZURRO RIFLESSO

(ad un corrispondente immaginario)

un altrove in me ride sereno
-ti scrivo oggi col cuore

come vorrei -in quest'ora benigna-
che la sprezzante tua penna
s'intingesse
nell'azzurro riflesso
dove sputi

27

GLORIFICARE LA LUCE

(a un martire della cristianità)

complice il buio: a perdersi fra
le cose i gesti – nessuno
ad ascoltare il Grido – Dio
dov'era…

nessun canto d'angelo
-il suo cadavere trafitto
sulla punta delle stelle

(2012)

28

UN SENSO

vorrei con le parole aprirti
questa vita come una mano
Franca Mancinelli
da "Mala Kruna", Manni 2007
.

se sei in ritardo sulla vita
sulla sua "tabella di marcia"

… alza gli occhi al cielo
datti un senso

la vita una

pensaci

aggiusta il tiro

-

–D'UN PRESENTITO CHIARO D'ARMONIE–

29

QUESTO SOGNO

nel momento che
questo sogno di carne
si trasfigura
in cristalli di luce

una nuvola di uccelli
uscirà dal suo arioso
cranio

a glorificare il Signore

(2012)

30

LUCE CATARTICA

uscire dalla notte
con passi nuovi
con occhi nuovi

bagnato di Dio

31

NEL SANGUE DELLA PAROLA

[scritta a Capodanno 2013, a 26 mesi
dalla morte di Alda Merini]

nel sangue della parola il canto
tuo del tuo amore
per la vita
segregata incompresa crocifissa

nel sangue della parola
l'azzurro
canto della "follia" che sale
dalle sbarre di carne dei manicomi

nel sangue della parola il grido
dell'innocenza violata e dei
diseredati che tu amavi
tanto

32

DEDICA

credimi alda: a te io canto
con un'ala spezzata

(prendere il volo
vorrei – oh sì vorrei…)

sul sangue della bellezza io canto
d'un presentito chiaro d'armonie

33

AVE MARIA

il nuovo giorno si china
sull'azzurro tuo manto

bagnato mi so della tua
grazia – Gospodine *

*in croato è la Madonna

[Pola, agosto 2011 / Torino, febbraio 2013]

34

Il SE' L'ENIGMA

limitato il senso del
chi siamo

"per speculum in aenigmate"

sarà il prismatico Sé
-dentro- a sognarci?

35

VITA A ROVESCIO

sarebbe vita a rovescio questa
perché
gli ultimi saranno i primi?

considerare tutto
vanagloria?

capovolte anche le
apparenze

non abita qui la trasparenza

36

L'IMMAGINE SPECCHIATA

l'uomo "affamato" grida
la propria fame di senso

finché nella luce
inaccessibile
-che smemora il finito-
non combacerà col Sé
l'immagine specchiata

(2012)

37

FORGETFUL

ti supera la luce – non
ti appartieni che in parte cerchi

nel sangue l'immemore
tuo nome

38

L'IRRIVELATO

Lui l'Irrivelato
si fa trovare
se provi a squarciare la
maschera che indossi
… così
sarà come trovarti
in una selva di gridi
lepre braccata
dal suo amore esclusivo

39

KRONOS

fratto il Tempo

non più riflette
lo specchio – esser vivo
quasi una finzione

Sogno congelato
dove si piega
il cuore

-senza remissione-

(2012)

40

COMA

(esperienza di pre-morte)

sta per sfociare la vita
nel mare di luce – un rapido
sguardo di là in un tempo sospeso:
come un batter di ciglia: non era
quello il Disegno

41

LA VISIONE

ancora sono sogno e inizio
di pensieri e sento
un angelo con l'ali
vellutate coprirmi

nel bianco silenzio
allagato di luna
mi do d'amore mia "fuga"
nell'intima mia essenza
sorda al mondo

(2012)

42

CANZONE

[ispirata a una poesia del 2006]

spiove luce
di stelle e in cuore
echi di pace-
vedermi in tutto
col mio sognare
il vissuto
vita sognata

… spiove luce
di stelle stasera
guardare gli anni
in cuore spogliati

43

VERTICALITA'

dolore non solo quello
da carne-urlo animale
ma sublimato
negli assi della croce
guardando in divenire
là dove conduce
Passione per la porta stretta

(2012)

44

AL NOSTRO CENTRO

come in sogno ci desteremo
in un'altra maniera * –
giungeremo
al nostro centro dove
in eterno si brinderà col sangue
della passione al desco
dei martiri e dei santi
-amen-

*"dimensione" espressa in un verso di Pessoa

45

DIVAGAZIONE SULLA MORTE

è il morire ciò
che affratella –
ma davanti al mistero chi non resta
confuso: nessuno a farci
un fischio dall'aldilà e
il dubbio è che sia come
un impalpabile sogno o risibile
sorte

esoterismo karma re-
incarnazione: per nessuno
c'è il nulla e la morte
definitiva

(2012)

46

PER LUNGA ARIDITA'

(drastica soluzione
disincagliarsi dalla vita
prenderla "per il collo")

per lunga aridità
creativa c'è chi
si autoelimina

47

L'ESCOGITARE

(leggendo Montale)

l'escogitare non è sapere

nulla sappiamo
altrimenti sarebbe dissoluzione

(si sta come in sogno
in una sala d'attesa)

48

SENZA CARTA E PENNA

(semiseria)

a tratti l'anima
ora esulta ora si perde
nei bui corridoi di parole dove
una quartina balenante e poi indistinta
vuol farsi luce ma quasi per sfida
inafferrabile si fa
gioca a nascondino con lui preso
di sorpresa nei suoi vortici… ahi!
sprovveduto poeta che non sa
raccogliere in tempo un sangue vivo

(2012)

49

LA POTATURA

(a Pablo Neruda)

(in terra d'araucaria
è luce che tarda a congedarsi
il tuo poema mai finito)

non rami tagli ma versi
a carpire luce a quel sole
d'un generoso Iddio
e maturare frutti sanguigni
dolcissimi come
gli abbracci dei ritorni…

(2012)

50

DISQUISIZIONE SULLA MENTE

grossolano errore – mi spiegavi
col sorriso di chi sa –
scambiare la mente
col cervello: questi è del corpo-
contenitore mentre
la prima coi suoi azzurri
echi è parte della Mente
Universale che governa
la terra e questo essere
formica che la percorre…

la mente è cielo e l'una
contiene l'altro

51

DICE IL SAGGIO

sei del cielo
… ma avanti
negli anni ancora
non ti conosci

52

NEL GIORNO ACCESO

nel giorno acceso (avvolto
nel mantello del vento)
sporgersi da una rupe
di passione
in un amen
il ripercorrersi
di stagioni di là del mare
cogliere il fiore-essenza
del tempo
sognare d'essere quasi
una finzione
-la morte un paradosso

(2012)

53

UN DEJA' VU

del luogo sente quasi il profumo
salire dalla terra
lo spirito che si piega
a contemplare

gli sembra di esserci già stato
o forse l' ha sognato
… e quell'albero vetusto
sopravvissuto
a suo padre a fargli ombra
a occultargli
in parte l'ampia veduta
del mare quello stesso mare
che vide i suoi verdi anni

e il vissuto
(come in sogno) divenuto
lontana memoria

(2012)

54

STEP

pensieri distesi nell'ora
canicolare
… una lama di luce
obliqua sul letto e
nella mente
in sopore -in simbiosi
con lo sciabordio del mare-
il perdurare
il dondolio del corpo
fatto d'aria

(2012)

55

TURBINE VORTICA

turbine vortica intorno al chi sono

non altro sapere che la tua
inconsistenza

-ma a un tempo
di contenere un mondo

———————————————–

UN LEMBO DI CIELO

2014

1

D'AZZURRO

delirio di luce
d'azzurro

dell'anima
cerchiata di spine

2

IL QUADRO

lo vedi meglio a freddo da fuori
se non preso nel vortice della
sindrome di stendhal
meglio
che non lo stesso
autore immerso e perso
nella sua creazione
il sangue sparpagliato nei colori

(2013)

3

MOMENTO DI ESTASI

la felicità
è in braccio al vento

brucia questo tramonto in un volo…

4

L'ANGELO PORGE UNA GOMENA

l'angelo porge una gomena
di avemarie
all'anima che approda
-vela stracciata-
sulla riva del cielo
-dove ogni linea s'annulla

5

UN APPIGLIO

[Studiando una poesia (in questo caso propria) può venirne un'altra e forse un'altra…]

giorni sui precipizi
vivendo
in braccio a capricci del vento

un appiglio sarebbe il cielo
a rinascere
in echi d'inchiostro?

6

MARINA

sull'onda bianca della pagina
inavvertita la musa
come un'ala si posa e
si china discreta
a ricreare di palpiti un vago
sentire di mare

(2013=

7

VORTICE

sospeso in un limbo
gelatinoso o
risucchiato nel vortice
di porte girevoli…

affidarti a una
mano di luce per
uscirne…

8

NELL'ULTIMO

a Madre Teresa

di Cristo mi graffia
la bellezza

tocco
nell'ultimo la sua
dolorante carne

9

IL VERSANTE CELESTE

una luce pensante
di sorpresa
visita il cuore
sul suo versante celeste
da sempre in attesa
-in traslucere
d'anima arresa

10

MISTERO IN ME

mistero in me
io nel mistero
la vita come un'ostia
di luce
levata ad affermare
il suo ri-crearsi
la forza segreta
di stupire
il suo amare lasciarsi
scoprire

11

IL MIO POSTO

a David Maria Turoldo

nella tua costruzione
Signore dove
metti il mio tassello

quale
il mio posto:

sia pure
l'ultimo – ma
come Tu disponi:

indelebile
profumerà
per Te il fiore
del mio sangue

(2013)

12

IL VERSANTE LUCENTE

espandermi
su quel versante lucente
perduta armonia
dove poesia era il profumo
del mare
mare aperto

13

ALTA ENGADINA

diario [mentre "mi" scrivo spiando
il mondo da qui tra terra e cielo]

è il caso di dire
un bianco
da ferire gli occhi
la parete del
ghiacciaio
riflettente una luce
quasi
ultraterrena

a bucare la notte
-mentre qui
mi scrivo

(2013)

14

CONDIZIONALE

vivi al condizionale
i segnacci rossi che
portavi a casa
scambiandolo col congiuntivo
privilegi il fantasticare
al condizionale
dando forma al sogno
così potrebbe
il fiume
risalire la corrente
camminare
sulle acque
si potrebbe…

15

CHI SIAMO

caduta la carne
svelati a noi stessi
(resteranno graffi
nel cielo a presenza
d'un vissuto stuprato):

non più un vedere attraverso
uno specchio in enigma
dove l'essere si aprirà
in fiore

(2014)

16

GIRO DI LUNA

giro di luna bivaccante nel sangue
baluginare d'albe e notti
che s'inseguono
dentro il mio perduto nome
per le ancestrali stanze un aleggiare
di creatura celeste
che a lato mi vive nella luce
pugnalata

(2014)

17

IL NESSUN LUOGO
(leggendo "Predario", di Giorgio Luzzi)

cominciare da qui per un
mondo più prossimo alle
origini –

il nessunluogo
eletto

18

ALTRA VESTE

vedermi lontano
io che indosso parole
di carne
e alfabeti di sangue

… altra veste mi attende

19

LA RICERCA

uscire
dal porto -il cuore in mano-
issare la vela della
passione
dietro lo stridulo
urlo dei gabbiani
tra le vene bluastre del cielo
foriero di tempesta
squarciare
nel giorno stretto
il grande ventre del mare
che geloso nasconde
negli abissi
i suoi figli

(2014)

20

IL CAPO RECLINO

i cadaveri dei giorni di festa

-la spada
di damocle
dell'impermanenza
che a volte ti spiazza
a strozzare la gioia –

immaginarsi fuori
dall' "impasse"
attraverso il sogno della morte
il capo reclino
sul foglio
graffiato da versi
"congelati"

21

NESSUNA STRADA MUORE

(Condivisione)

sentire
i fiori bisbigliare
col vento
all'unisono
un intonarsi
di voci sole
un respiro
solo –
svolìo di farfalle
sui colori
a inseguire
il fiato del giorno

22

GONFIE LE VELE

gonfie le vele
a soffio di preghiera
per l'ultimo porto

23

COME SE

vivere come se
non ci fossi

non riconoscerti come
il fuori del tuo dentro

-il corpo ad
accompagnarti

24

LA TENTAZIONE

(a Padre Pio)

estenuante lotta sanguinosa
poi alla luce ubriaca
del nuovo giorno ecco librarsi
sull'umano
azzurra ala la parte angelica

(2014)

25

L'OFFERTA

vagheranno le nostre ombre
la sera sulla terra
quando non saremo più
inavvertite
si chineranno sul fratello
come offerta
di perdono ad un'offesa
legata al sangue o alla lama
della parola
-balsamo sul cuore
inconsolato
sarà l'angelica
ala

(2014)

26

LA CONDANNA

(a tutti i carcerati e alla loro metà)

bianco urlo dell'altra metà del cielo

(tempo scandito
a elaborare:
due prigioni – di qua di là
delle sbarre
-patteggiare dell'essere
con lo stillicidio che squaderna le ore)

dal fondo del mondo
luce ferita dove è terra
di nessuno

dove il cappio
oscilla

(2014)

27

SCAMPOLI DI VITA

tra le pagine del cuore
sfogliate dalle dita del vento
passano bluffando con la morte
scampoli di vita

non può dimenticarci
la bellezza

(2013)

28

ALI

riscattare le ali
contro l'ingiuria del tempo
risalire
luce dopo luce
a un'alba rossa di vene esplose

(2014)

29

BRANDELLI D'AMORE

dammi Signore
un collante di passione

-atto di fede
che snudi il giorno-

per fissare nel blucielo
brandelli d'amore

pezzetti
di me

(2014=

30

D'UN SOGNO

casa sul mare dove vidi
la luce
sulla porta un ritaglio di cielo
a visitarmi i miei morti
venuti sembra
dal mare
sorridermi mentre
mi vedono
con naturalezza librarmi
falena contro il soffitto

(2014)

————————————————–

FRAMMENTI DI LUCE INDIVISA

2014

31

DOCILE ALLE TUE MANI

docile pasta alle Tue mani
plasmami secondo il Tuo volere

sgabello di gratitudine ai Tuoi piedi

farfalla lucente di Tue piaghe

32

SONO ANCHE ALTROVE

d'albore un tenue rosa
anelito d'espandermi
in fiorite di cielo

33

PARTICELLA

noi siamo tra l'angelo e
la bestia mi dici sciorinando tesi
astruse ma dove lo metti il
​​bosone di Dio così bene immerso
nella materia: l'infinitesima/infinita
particella che ti trascende è il
tuo Tempio e brilla di luce
propria

34

ALLO SCOPERTO

(a Francesco d'Assisi futuro Santo)

uscire nudo allo scoperto
un morire al mondo
spoglio
di alibi-corazze
il cuore che risale
in luce
sue macerie
la vertigine del tempo vuoto

35

ALZHEIMER

i suoi giorni
come un vortice di foglie
a dilatare deliri
gioca
con le ombre sui muri
vuole afferrare
la biancaluna
incorniciata nella finestra

alle prime luci riaffiora
un barlume
di quell'io bifronte
che ha perso la strada di casa

36

L'ESISTENTE

è dall'origine
della foglia la foglia-madre
così della parola
il cuore la luce
Verbo che muove
i mondi
il dio in noi
la bellezza dell'oltre

37

ANELITO

(a Sant'Agostino)

uscire dalla gabbia
di carne e fendere l'azzurro
con revisionate ali
lasciarsi invadere
dalla luce del Tuo volto
fulgente più di mille soli

38

AL PARCO

(fuori da un periodo depressivo)

vade retro male di vivere
nuova luce
di orizzonti leggo nello sguardo
dell'anziano sottobraccio nella
macchia di sole a farci isola
ora che nuovi
m'appaiono i semplici gesti
un sorridi una parola
forse questo
il senso mi dico
Lui ben sa
"utilizzarmi" al meglio
va-de re-tro mal du vivre
ti riconosco dal tuo odore
acre ti ricaccio nel buio
fondo

39

LA LUCE BUONA

riempire vuoti
di cielo
cogliere la luce degli occhi
una mano tesa
nel bianco grido
del vento

40

A LATO DEL CUORE

non voltarti
indietro – mi dico –
percorri lo stretto
marciapiede a lato del cuore:
nel profondo di te nel buio
di stelle calpestate
ascolta il grido
verticale
che da caduta si fa preghiera

40b

PRIMA DEL TEMPO

prima del tempo
non c' era che amore
quello-che-muove-
il-mondo
danza nel cielo
della Luce-pensiero
della notte
a scalzare le tenebre

41

UNA SPALLA DI LUCE

non ricusare mi dice
questa spalla di luce
e se ho lasciato
che ti perdessi è perché
dal tuo fondo mi tendessi le mani

non sia tu di quelli
"che non si voltano" e hanno
fumosa aureola
appoggiati alla
spalla di luce che
è l'Io sono

42

CERCHI SULL'ACQUA

sospensione lucente

petali vellutati fanno
cerchi sull'acqua

si staccano voli
dal tramonto

43

MIO SANGUE ALATO

tu come un'esplosione
all'aprirsi del fiore

vita: mio sangue alato

ah sentirmi avvolgere
nel risucchio del vuoto
tuo affamato

44

NELL'ARIA VEGETALE

si aprì il mattino azzurro
nell'aria vegetale
come un mare nel seno del cielo
e da una costola
per lui Egli la plasmò
dalle sinuose forme
a far tondi gli occhi vogliosi
d'un amore tendente alle
stelle

45

PIU' D'UNA VITA

l 'insistente
mostro della mente
e l'embolo d'ombre
e quanta
morte in questa vita
più d'una
a far nascere
ali
dove sanguina
la trasparenza

46

IL PREESISTERE

[ripresa da una poesia datata]

e tu a chiederti il ​​perché
dell'effimera bellezza del fiore o
della breve luce che vive la
farfalla

e del preesistere
d'ogni singola specie non dici
che si sa nominata
e trasfigurata è oltre
quell'orizzonte dove
continuano
il mare i gabbiani nel fondo degli occhi

47

ULISSIDI

[ripresa da una poesia del 2011]

veleggiare verso lidi
dell'Origine
impastati di luce
alchemica
in fondo agli occhi
aperti mari
dei sensi

48

FAR POSTO ALL'ANGELO

dev'esserci forse un angelo
alla mia sinistra
e sì che per natura
non sopporto nessuno da quel lato
camminando per strada
che non sia una benefica presenza

chi mi accompagna nella luce
declinante degli anni
non sa di dover fare
posto all' angelo

che provvido
mi aiuti a scalzare
ogni giorno la morte

49

QUEI VERSI PERSI

[nel percorso col bus verso Brescello]

poi di ritorno a sera
carta e penna o se vuoi tastiera
il bianco che ti fissa
e ti ci perdi
un muro
la mente un muro
provi con un verso
impreciso poi un altro
ma no non era così
che l'avevi pensata
eppure ce l'avevi tutta lì
come una cantilena tra veglia e
sonno negli occhi la confusa
striscia bianca sulla destra
ed eri in uno stato di
tortura-goduria
trattenendoli ancora quei versi
ma ora niente
un muro la mente
risucchiati da un buco nero

50

BORDERLINE

[ispirata a un'altra mia poesia a tema sociale]

la tua carne dolorante
tu crocifisso alla
sopravvivenza
non un tetto un letto d'amore
i figli
sconosciuti
cieli caduti nel fondo degli occhi
ti perdi
tra i rifiuti dove
sembri cercare brandelli
di quella vita che ti ha tradito

51

CIELI BIANCHI

cadute virgole
dalle pagine dei giorni
come un assordare di cristalli

poi brividio
di luna nel cerchio delle sere
cieli bianchi di silenzi

a propiziare un appiglio
per reinventarsi
la vita

52

NUVOLE VAGHE

le nuvole vaghe a guisa di pegaso
o capra e in pacato risvegliando
il sangue del tuo ieri connesso
alla vista del bimbo nel levarsi
dei piccioni in volo davanti
ai gridolini acuti e
più a lato
della piazza il vecchio
in carrozzina
tornato bambino a ricordarti
l'esistere parabola
di carne
nel pulsare dell'universo
e il conto degli anni
i voli pindarici del
sognare

53

CIELI INDIVISI

i voli pindarici e
come in sogno il passato
divenuto memoria di voci
impalpabili essenze
residenti in un altrove
di cieli indivisi

54

VITA DI MARE

essere circoscritto
nel tuo spazio ti sta stretto
assumere come l'acqua
la forma
del suo recipiente ti deprime
aneli come la sorgente
alla sua foce
amalgamarti coi fondali marini
conoscere
l'alfabeto dei pesci
gli anfratti i fatti
del giorno dispute e amori
coordinate d'una
vita di mare in divenire
le tempeste che tengano
l'anima tesa sul grido
come achab

55

LA TUA STAGIONE
(a Rimbaud)

in echi d'inchiostro
verde virgulto tu
esploderai

vergini pensieri
incolli nel tuo cielo
ispirati a scandire
la tua stagione
età dell'oro e
"maledetta"

56

NON MANDATE A CHIAMARE

[rifacimento di una poesia del 2012]

quando il mondo continuerà
dopo di me

non mandate a chiamare prefiche
che versino lacrime sul
contenitore del corpo-contenitore

ea chi vi dirà lui non c'è più
fategli pure uno sberleffo
com'è giusto che sia

57

IL TUO DETRATTORE

vieni a dire quello
del "tu pensa per te"
l'alterego che
va col lupo seguendo
la pista del sangue
lo stesso che ti seduce e
lo sguardo svia dagli occhi
forti della luce

58

IL TUO DETRATTORE 2

quello che
in un buffo di vento
fa orfano di stelle
il tuo cielo

dimora dell'angelo
compassionevole

59

LUCE ANNODA

luce annoda le voci
nell'aria liquida
fuoco delle attese
dove
anime si cercano

-un fiume d'echi

60

SIMILE ALLA VITA

simile alla vita il morire
mi dici
naturale ma strano se ci pensi
vi si entra con uno schiaffo e
se ne esce con una
manata di terra

con un io ridimensionato
m'immagino di sparire
come chi in sogno segua
una successione di stanze
allora uccelli vedrei uscirmi
dalla testa
nel becco i versi d'una vita

---

TRASFIGURATI ANELITI

(2014)

61

E' DA GIORNI

è da giorni che
persiste una visione
come di creatura uno scricciolo che
voglia nidificarmi nella testa
decido di adattarla
sul bianco della pagina-lenzuolo
con la delicatezza d'una nutrice
quasi ne tremo ed è
un tripudio del sangue
come chi trovi un tesoro

62
NUOVA POESIA

non dirmi
che questa in grafia minuta
è "inconsistente" come
la mia "collezione di farfalle"

cielo grigio si riflette
negli occhi

- indimenticabile

piove l'immagine
di te attraverso il vetro
mentre

il marciapiede si allontana

ho da dare i miei occhi a quel che passa

63
RINVERDIRE

aria screziata
d'umori anonimi
in un rigurgito
rinverdire dell'anima
dissolta quasi nel bailamme
biancore di cieli
dove annegare
il grido

64
ELDORADO

aneliti annodi al tuo giorno
novello ulisside
voci di conchiglia echi
si fondono
col sangue in luce
nel sogno di eldorado
rammendi la tua vela stracciata

65
DIVAGAZIONI SULLA FISICA

[Poi come una macchia anche questa vita
sparisce senza traccia.
Durs Grumbein]

ti convinci che l'io sia
un riflesso condizionato
-e il mondo? il mondo dell'occhio

l'Io-sono è l'Orologio cosmico
e non è più un mistero la particella
detta il bosone di Dio

una danza di cellule e -incredibile-
una montagna di materia contenuta
in un cucchiaino!

66
CRITICI
(semiseria)

ti mettono a nudo sulla pagina-lenzuolo
ravvivano il grido di luce
della parola sofferta
concepita nelle viscere
ove hanno asilo le lettere del sogno
vanno con la lente fino
all'intimo pertugio
ti spellano rivoltano
risalendo al lampo
della musa
dove regna la parola annunciata
hanno l'aureola da edotti
sotto i soli bianchi delle lampade

67

NELL'INDACO CIELO DEL SOGNO

a Walt Whitman

nell'indaco cielo del sogno
odo l'aedo
cantare le tue odi
con sottofondo di musica celeste
mentre
fluttuante nel mare d'erba del cielo
tornato fanciullo ti vedo
giocare coi capelli di Dio

68
IN DIVENIRE

appoggiato alla spalliera
d'aria del divenire
tu –
arcoteso
futuro anteriore o
tempo che ti mastica
sangue del pendolo

69
VITA CONTROMANO

(a James Dean)

teso sul grido
d'una vita contromano
animo di ragazzo bruciato
a perderti in un oceano di
spleen
brami ti visiti in sogno
nel risalire dagli anni
la dolce madre
-profondità celestiale-
le dita affusolate
nei capelli

70
NELL'ARCO DEGLI OCCHI

andare come su cocci
la pelle dell'anima
tesa come tenda
oltre le stanze viola della mente
vedere
infine quel male oscuro
uscire dal tuo specchio e
il fiore della grazia
aprirsi a ventaglio
nell'arco degli occhi

71
SULLE LABBRA

(ad un interlocutore immaginario)

come dire ferire di penna
tu a dileggiare il vero
intingendo nell'azzurro
eludendo l'angelo

poi svanirai nella luce
anche tu
qualcuno al tuo capezzale
forse potrà leggere il verso
più bello
sulle labbra morenti
mentre invochi la madre

72
ALTRA VESTE
(rifacimento di una poesia inizio 2014)

un vedermi lontano
io che vesto parole
di carne
alfabeti di sangue
da me lontanissimo
ché ad altra
sembianza anelo
per voli su mondi
ultraterreni

73
LA NOTTE LATERALE

[rifacimento di una poesia del 2006]

è il gravitare dell'ombra
che ti segue a lato
o l'orbitare dell'unghiuta morte
questo saperti
enigma
vederti come
in una vertigine di specchi
a scalare la notte

74
I RICORDI DEL CUORE

quel po' di stordimento
dopo un bicchiere di troppo
è la vita che scorre al contrario
la brezza marina la mente a vagare
resuscitando fantasmi
ti risalgono dal profondo abbozzando
la smorfia del pianto
il loro grido a confondersi
con quello dei gabbiani
bianche creature danzanti
sulle onde crestate
che a beccate ti sembrano
straziare
i ricordi del cuore

74b
KRONOS

fratto il Tempo
non più riflette lo specchio
–esser vivo
quasi una finzione
sogno congelato
dove si piega il cuore
senza remissione

75
MAGNETICI OCCHI HA LA NOTTE
(a Hemingway)

come una morte tenuta in vita
questa vita
compagna la bottiglia
che almeno stanotte allenti
quel suo morso
a ricucire lo strappo infinito
domani un colpo e
ti adagerai nell'ombra
occhi in liquido cielo
capovolto

76
FORSE UN ANGELO

a trascendersi in me
è forse un angelo
nel punto dove l'anima vibra
come diapason
e in un mutevole cielo d'occhi
mi asseconda
a snudare la bellezza
da frammenti di parole e suoni

qui nel mio sangue
ecco si leva il fiore
che non so dire

77
ANCHE TU A PRECEDERMI

(all'amico Flavio)

anche tu a precedermi
sulla via dell'Inconoscibile

piena la valigia
avevi di falci di luna
e di balenii di vergini aneliti

te ne disfacesti insieme al corpo
per "vestire" una verità nuda

oggi dallo scrittoio del cuore
a te mi volgo
ei tuoi versi mi suonano
come una profezia

78
OASI DI VERDE

sul lato opposto un po' d'ombra
il solito giro poi
la panchina il libro
oasi di verde da respirare
vaghezza di nuvole a riflettere
sulla pagina
ei gridi
dalla vicina scuola
di chi anela alla libertà degli uccelli
e la ragazza a fare footing
tempo quattro minuti tondi
ed ecco da dietro l'isolato laggiù
ti rispunta la maglietta rossa

79
COME IN SOSPENSIONE

aria dolce della sera
unghia di luna
sovrastante
la linea cielomare
questo sentirsi
come in sospensione
un sognarsi altro da sé
a dilatarsi in uno
spazio ignoto
mentre la vita impone
i suoi ritmi

80
ALI DI FARFALLE

sono emersi da profondità oniriche
come da abissi senza scafandro
lì ho incontrato i miei morti

la luna si bagnava nei loro sguardi
dai sorrisi spiccavano voli
improponibili farfalle
ali enormi mi avvolgevano
in un senso di ritmo
mentre mi perdevo
nei loro vertiginosi colori
come in un quadro di kandinskij

81
NEL CHIUSO DELLA STANZA

le mosche assassine della mente
nel cantare il Tuo nome
nel chiuso della stanza

ah più breve sia l'arco
che da Te mi separa
e da questo naufragio di sangue
la tua mano mi tragga

82
SAREBBE FORSE UN CADERE

sarebbe forse un cadere in demenza
meno devastante
che questo abbuiarsi del sangue
mostro della mente che
come un gioco m'intrappola
in un giro vizioso ed io
a mordere il giorno
come sfuggirgli dove nascondermi
uscire da me stesso
annullarmi
ah trafiggetemi stelle mare avvolgimi
nel tuo fresco lenzuolo
oggi è un penare che non sostengo più

83
UN LEVARSI D'ALI

stato celeste antimaterico
in sogno un levarsi d'ali
fiammante fiore
di sangue
disincarnato

84
FIORE DI SANGUE

vuoi bastare a te stesso
il tuo "assoluto" è polvere
che abita nella bocca dei morti
pazzia fare a meno di Lui
quattr'ossa in croce
altro non sei nella vastità di cieli
ma a un tempo quel fiore
di sangue del divino
in te profumato e canta
-urla la radice se la strappi

85
LE RADICI DEL CUORE

[Spunto tratto da una poesia del 2005]

cogliere una piccola morte
nello strappo di radice
dove altra ne nasce
dal suo grido

cogliere l'inesprimibile
di questo morire
che s'ingemma d'eterno

86
DELIRI

in buona compagnia
dei saltabeccanti piccioni
raccoglieva torsoli di mela
tra i rifiuti e
biascicava versi improbabili
parto dei suoi deliri

nel nosocomio
conobbe una sua pari
portava con sé dei versi
di campana e una foto sgualcita

lampi di visioni
a mordere giorni di macerie
poi un mattino li trovarono
abbracciati le vene recise
che già sorvolavano cieli
sconosciuti ai mortali

87
IL GIORNO A SCHIARIRE

il giorno a schiarire
risalendo
con gl'occhi della memoria
ad arcobaleni e
transiti propiziatori
riscoprendo quel vento che
nel suo azzurro vortice
risucchi lo sprofondo d'apatia e
rigonfi le vele per
l'avventura

88
LA VITA A RACCONTARSI

volti
galleggianti sul mare del sogno
nella composizione
della luce
aprirsi di corolle
palpitanti anemoni
la vita
a raccontarsi
con la bocca dei morti
col sangue delle pietre

89
SALE LA LUCE

(a Dario Bellezza)

alba d'un bianco cadmio
che annega i sogni d'una notte
famelica di corpi
alle spalle
di quest'ombra che ti pesa sugli occhi
sale la luce che ti tiene
avvinto
all'arida ora dei vivi

90
QUEL CHE SONO

(ispirandomi a Nicodemo)

sono quelle immagini
che in me parlano
a consegnarmi a un io
vissuto come in sogno

nell'avvicendarsi degli anni
m'inerpico sulle spalle
di quell'io di ieri
per vedere il mondo dall'alto

91
LA SALITA DEL CIELO

(a San Pio)

ti sogno muta presenza
china sull'ora esangue

apre
in me la salita del cielo
una strada inondata
di noetica luce
sanguata della passione
di tue piaghe

92
FIUME D'ECHI

fuoco delle attese dove
anime si cercano e
nell'aria liquida
voci annoda il fiume
di luce e ricama
sospiri

93
IL LAMPO

livida luce a torino
questo cielo che non promette
la testa sul libro e dei versi
che vengono a torturarmi
alla mia destra in panchina
il fumo di un tizio s'inanella
grazieadio sottovento
in soccorso il lampo verrà
della musa a posarsi
colomba sulla mente aperta?

94
QUEL NUGOLO

più quel nugolo
di mosche assale il mio "desco"
più il mio cuore Lo cerca
allo stremo d'una impari lotta

sparire vorrei le volte
che nei sogni mi vedo
un giuda
il cappio a oscillarmi davanti

può la pianta ripudiare
la radice?
e la corolla che s'apre nella luce
odiare la luce?

95
CIELI DI COBALTO

segmenti
di luce schizzati dalla tela
a colpire i sensi
in forma di danza
ad accendere i sogni:
all'orizzonte
lungo le rive degli occhi
cieli di cobalto
venati
in prismatico chiarore
dal grido giallo di kandinskij

96
IL GUARDIANO

il mostro è guardiano
del labirinto interiore

oh quale dispendio
della mente in sudari di calce
anelante alla riva
primigenia del sangue

l'angelo è di cenere
dove grida
la carne
le ustioni della luce

97
SPAZI APERTI

(a Danilo Dolci)

palestra di vita
per formare allievi
aperto seme
l'anima che s'infinita
nei colori del cielo

sognavi la "città terrestre"
di là delle notti
che si spaccano alla volta
del cuore

al rango della luce
spazi aperti
sognavi
per un'alba che sa di nuovo

98
LA MASCHERA STRAPPATA

ti scoprirai alla fine
vulnerabile
offrendo il costato alla lancia
dell'amore

dallo squarcio il sangue redento
non ti darà adito
di scaricare
la tua croce addosso al vicino

la tua maschera
la strapperà per sempre
l'amore che ti av-vince

99
NON ERA QUESTA LA VITA

non era questa
la vita che volevi
bambole in panno lenci un amorino
più avanti negli anni poi
il male che covava nascosto

sedicianni:
vita breve ma abbastanza per dirci
se davvero hai amato e quanto

da angeli ora sei accolta
lì nella casa del cielo
non bambole o un amorino
per il tuo non-tempo
nel mistero di luce corteggi
le stelle

99b

RADICI

potrebbe accadere che a volte
ti domandi
se ti trovi in ​​un sogno o
un déjà vu

un sentirti perso: senza
un appiglio o un io
reale

e vorresti in quell'attimo
aggrapparti con l'anima a radici
del cielo

-come ad una madre

100
LUCE ED OMBRA

luce ed ombra rebus in cui siamo
impronte di noi oltre la memoria
forse resteranno o
risucchiati saremo
ombre esangui nell'imbuto
degli anni

guardi all'indietro ai tanti
io disincarnati
attimi confitti nel respiro
a comporre infinite morti

100b

LA MIGLIORE POESIA

quella
che devo ancora scrivere
-si dice così e sarà vero

è un brusio indistinto
a volte
come un moto del cuore

a ispirarmi: forse un angelo
la cui ala si libra
nel mio sangue

ma lettere storte
restano scritte sull'acqua

fermentano
in me alfabeti
che attendere sempre
di nascere

101
LA SEPARAZIONE

alla fine del tempo
è come ti separassi da te stesso
in un secondo ineluttabile strappo
simile alla nascita
quando
ti tirarono fuori dal mare
amniotico
luogo primordiale del Sogno
stato che
è casa del cielo

102
QUESTO IMPROBABILE AZZURRO

(risposta da un corrispondente immaginario)

che ne so di questo
improbabile azzurro
rarefatto e mutevole
scandaglio il mio tempo-clessidra
di sangue emotivo
attendo
giungano da un dove un'eco
un nome
guardo in fondo
al pozzo degli anni
l'ombra dei miei io perduti
o semmai vi tremi
sospeso
l'angelo che dici

103
CONOSCO LE VOCI

conosco le voci che muoiono
agli angoli delle sere

conosco le braccia appoggiate
sui tavoli nel risucchio
delle ore piccole
l'aria densa e le luci
che lacrimano fumo

e lo sferragliare dell'ultimo tram
la nebbia che mura le strade

conosco
i lampi intermittenti della mente
i singulti che accompagnano
quel salire pesante le scale
la morsa che afferra e non sai
risponderti se la vita ti scava

e il freddo letto poi fuori
dal tunnel
un altro mattino

104
NOMADE D'AMORE

la Tua luce
abita la mia ferita
che trova
un lieto solco
nel suo risplendere

Tu
a farti bambino ed ultimo

per accogliere
il nomade d'amore
dalle aperte piaghe

105
UNO DI QUEI SOGNI

quando sai
essere un sogno e ne esci

o vorresti trattenertici

trovandoti davanti a un mare
sconfinato
fasciato di luce
vivissima

dai colori caldi
da far vibrare
l'anima ei sensi

quasi un flash

frammento di sogno
vigile

come fosse solo dipinto

---

LA COMPOSIZIONE DELLA LUCE
(2015)

106
L'INDEFINITO

è nello spazio delle attese
nel bianco del foglio
nel buco nero del grido di munch

l'indefinito
è nell'aprirsi del fiore
nel fischio del treno in un lancinante addio
nell'intaglio
dello scalpello su un marmo abbozzato

l'indefinito è in noi
sin dallo strappo
di sangue della nascita

107
ANCORA A SORPRENDERCI

dici non siamo che ombre
al sole della morte
indossiamo l'inverno
di un corpo caduco

ma dai muri il verde grida
in folti ciuffi e gli alberi
si cambiano d'abito e
al guaiolare dei gatti s'affaccia
pettegola la luna

ancora a sorprenderci
in fermento la vita

e tu che vai
filosofando

108
SEI ALTRO

forse meglio l'attesa
a dipanare e sdipanare le ore
che l'appagamento
senza più desideri: il libro
di poesie fresco di stampa
fra le mani e ti ritrovi
ora in una sorta
di vortice
le parole vive strappate
all'anima vagano leggere
non più
tue ma del mondo
mentre tu sei altro

109
VELE

acqua mutata in vino
perché continua la festa

così al banchetto del cielo
con l'Agnello sacrificato
acqua e sangue dal Suo costato
dal sacro cuore vele
le vele rosse della Passione
nella rotta del Sole
per gli erranti della terra

110
NELLA FRAGILITA' DEI GIORNI

un sé
perduto
nella fragilità dei giorni
e questa
insaziabilità dell'anima
da vivere come
una croce

laghi d'occhi vaganti
in cieli di spleen
sull'eco d'un io
espanso

e in sé disperso

111
MAREMONDO

gettato dentro il maremondo
a masticarmi kronos

avevo smesso di capriolare
in quel naturale mare materno

tornerò ad essere un grumo appena

come quando
impastato di una luce di mistero
mi fondevo
col respiro del cosmo

112
SOGNO TRAVESTITO

dove generi
giorni dissipati
dove non ti travolgano
le acque del dolore
la realtà è sogno travestito
da clown dal perenne riso
-dietro la maschera
una tristezza che
invade

113
QUI CI STA BENE UNO SPAZIO

ecco vedi
la poesia deve respirare
nascendo dal bianco
innalzarsi come
cresta d'onda per poi
immergersi fino allo spasimo
in profondità d'echi e ancora su
con lo slancio felice d'un
enjambement

vedi
la poesia è una tipa
selettiva
sfoglia scandaglia spoglia
immagini le riveste a sua
somiglianza

porta
sogni e nuvole al guinzaglio

114
LA POESIA

in luce di sogno
ti seduce la vita altra

nella dimora del sangue
veleggiano
navi di nuvole

un ventaglio di palpiti
apre la casa della mente

115
NELL'INFINITO DI NOI

(visione)

abbracci senza
mani
di corpi immateriali

i nostri
volti unificati

noi fatti d'aria

tu ed io

una sola persona

116
IL POSTO RISERVATO

chi mai ti toglierà quel posto
da Lui riservato
secondo i tuoi meriti
altro è la poltrona
accaparrata a
sgomitate
trespolo che pur traballa
come in un mare mosso
finché uno tsunami
non la rovescia la vita

117
LE VENE CARICHE DI NOTTI

(stato depressivo)

le vene
cariche di notti
a carpire vertigini all'abisso

laddove
è a confondersi col sogno la vita

il tuo imbuto a
risucchiarti

118
ECHI D'INFANZIA

bacia il sole
immenso distese a
maggese

così anche il cuore in
fioritura

con l'eco dei gridi
di ragazzini a frotte
tra sciabolate di luce

vedermi uscire
dal ricordo
nell'agitarsi in quella corsa
dei grembiuli come ali
in voli bianchi verso
casa

119
NELL'INQUIETO MIO CIELO

[ispirandomi alla figura di Giobbe]

nell'inquieto mio cielo
ferite gridano
il Tuo nome

disseminato altrove
fiorirà
il mio spirito

sì fiorirà

come nel cuore della pietra
la Bellezza
di angelica veste

120
AL CROCEVIA DEI VENTI

(la fatica dello scrivere)

magari ti soccorra
una voce fatta carne
scavata nel sogno
complice la luna

una quasi presenza
al crocevia dei venti

121
GOCCE DI SOGNO

navigare di nuvole pigre
nel cielo della mente
da queste aspettarti quasi
sprizzino gocce di sogno
come da mammelle

come nasce una poesia ti chiedi
e inatteso ti si offre
un appiglio in quel
dondolarsi del bambino al parco

ti lasci condurre come
un cieco e non sai mai
dove ti porta poesia

122
L'ALTALENA

è poesia
quel dondolarsi del corpicino quasi
fatto d'aria e
avvertire l'alone di mistero
nella figura del nonno dietro
il giornale
-il confondersi
delle lettere all'occhio attento

nel suo sangue un tripudio d'azzurro
nell'affacciarsi l'emozione
di giovani voli

123
DA MONDI DI VETRO
(visione)

da mondi di vetro
mi giungeva il respiro
di cieli anteriori
dov'ero sollevato
su ali d'aquila
dimora del mio centro
luce del sangue
lì custodita
in comunione col palpito
degli astri

124
LA CASA DELLE NUVOLE

cieli d'acqua e cavalli
d'aria

lì custodisco ore
sfilacciate e segrete pene
-oh giovinezza di deliri e
notti illuni

lì dove il turbinio
degli anni
è rappreso in un palpito
che nell'aria trema

125
LA PENNA NELLA LUCE

(ad un agnostico)

e tu a ripetere
non credo nei miracoli
tutte balle
ma se sei in vita è già un miracolo
sai
che si perpetua nell'oltre

glissando sul tuo intercalare io
t'intingo la penna nella luce
scrivo per Dio e la sua gloria

tu segui pure le tue ombre
fantasmi che ti succhiano la vita

126
LUNA PARK

ride la piccola Margot
alle smorfie del papà che si rade
"suvvia ti porto alle giostre" e
lei s'illumina di gioia e
poi a cavalcioni sulle larghe spalle
nella fantasmagoria delle luci

un po' ci si attarda
nell'aria ancora calda di fine settembre
riverbera una miriade di
stelle negli occhi innocenti
mentre le nasconde
il resto del viso una montagna
di zucchero filato

127
L'ORA CHE DALL'ALTO

l'ora che dall'alto
giungerà come un ladro
ti troverà a mani vuote e
cosa dunque Gli offrirai
se non lune lacerate
dai cani della notte
e capestri
di nebbie
nel delirio dei giorni
e vomiti
esiziali
di una vita in perdita

128
AGLI OCCHI DEL CIELO

agli occhi del cielo
padrone dei tuoi beni
sarà la ruggine

quando avranno rovesciato
i tuoi forzieri gli angeli
della morte

e tu non avrai più nome

allora la tua casa vuota
sarà preda della gramigna e
diavvoltoi affamati

mentre a essere ascensore
sarà il plebeo
che condivideva il pasto coi cani

129

LETTERE AMO INDORARE

finché loro ci sono
e hanno le mani nel sangue
quasi presenze

percezioni inconsce a ravvivarle
come in padella a fuoco vivo
galleggianti in olio bollente
dagli scoppiettanti schizzi

insieme a parentesi a guisa
di unghie-di-luna appena
scottate

ecco che il cuore
madido di luce
ci si nutre

invaghito di lettere appena
pescate
dall'inferno dell'olio

130
ALLUCINATE VISIONI

la sensazione di cadere
in un vuoto vertiginoso

ma si era soltanto assopito

le voci confuse
della tivù si fondevano
con le sue allucinate visioni
di fosfeni

più netta la linea
di demarcazione

ora
che la sua testa emergeva
come da alti muri d'acqua

131
MUNCH

nel buconero
del Grido
spiralante la vertigine

la raccolgo dentro
un foglio

vedi

pesco sogni di ragno
rimasti
nell'intreccio della tela

132
RICORDO UN ANGELO

da piccolo
ricordo un angelo
raffigurato al soffitto

con lui mi confidavo quando
la febbre mi teneva a letto

nell'azzurra volta
trovavo altre nuove figure
lassù nascoste
mute testimonianze
di mie visioni così

passavo le ore
pomeridiane
mentre una lama di luce
cadeva obliqua
dalle socchiuse persiane l' avvicendarsi degli anni a cogliere il nero fiore della morte i figli emigrati in cerca di eldorado e l'anima che ha perso pezzi del suo cielo trasudano presenza della tua metà le fredde pareti e
le lettere d'amore ingiallite
nel fondo del baule

134
L'INESPRIMIBILE

questo rebus
che sei
intreccio d'anima e istinto
sul bordo del tempo
vago sogno in te
specchiato
l'indefinito
di te

un sé
dilatato in cieli
ancestrali
dove l'esistere è il suo
pensarsi

135
LUCE AL TUO PASSO

(ad un figlio)

reinventati la vita

non t'accorgi d'essere
vivo per apparire

dai una mano di bianco
alla la tua anima d'autunno

migliora la tua aura

fermati estatico
davanti ad un volo o l'esplodere
gemmante di un fiore

ringrazia il Signore

fai pace
con la vita che mordi e ti morde

è luce
al tuo passo l'angelo che
sulle tue orme cammina

136
IL TUO SANGUE CHE VOLA ALTO

(a Madre Teresa)

non ombra che occulti
la tua anima di piccola donna
immensa
come il mare
specchio alla bellezza

la verità è il tuo sangue
che vola alto
planando
su celestiali lidi

oltre

le sere che chiudono le palpebre
sul cerchio opaco del maschio

non v'è ombra a coprire
il grido di luce in te
gemmante

137
SGUARDI E IL TRACIMARE

sguardi e il tracimare
di palpiti
alle rive del cuore

aria dolce come
di labbra
incanutire di fronde
nella liquida luce

138
FLEBILI ECHI DI CONCHIGLIA

fai che voltarti
alle spalle ampie aperture
d'un livido cielo
dove gorghi
hanno succhiato linfa
ai molteplici io

ancora flebili echi
di conchiglia
dal mare aperto dei ricordi
che il sogno criptato
fa suoi

139
FINESTRE D'ARIA

fa strano guardarlo
mentre il bacio deponi
come su freddo marmo

dici sembra
dormire

se immagini di aprirgli
la spaziosa fronte
vedresti attraverso
finestre d'aria

come uccelli aleggiare
alfabeti felici
che dicono l'inesprimibile

140
FINE ANNO

semmai un aggancio
la mano del vicino
ora
che un senso di sperdimento
è la vita rivoltata
ma le volte che vi hai sputato

girovagare tra
luminarie e vetrine
ti richiamano all'incanto del bambino
mentre ti lacera dentro
la morte del clochard
sotto i portici nel gelo

141
SOGNO DI CARTA

alti muri
di carta
lacera strati e strati
senza via d'uscita
labirinti mentali
ove galleggiano improbabili
parole e voci
bagaglio d'un viaggio kafkiano

142
MI PIACE IL TUO GARBO

(a mia moglie Angela)

ora dici mi piace
ancora il tuo garbo
e un pizzicotto mi chiedi
per vedere se non è un sogno
nel letto abbracciati
nel dolce tepore
l'attesa
che salga la luce e c'inondi
grati al cielo d'essere
insieme sembra anniluce
o primavere scandite che
han visto le nostre tenerezze i silenzi

143
POESIA SI FA

è che poesia si fa da sé
nel seme del suo autocrearsi

è nella danza del calabrone sul fiore
nel gioco
della luce con l'ombra attaccata ai piedi
nelle parole bagnate in un lancinante addio

casa della poesia è dove nasce l'onda
la radice del vento il volo aquilonare
è vedo non vedo in una grazia velata

poesia è la bellezza
che tiene in scacco la morte

144
CASA DI RIPOSO

sono io oggi
ad imboccarti
al pomeriggio poi il solito
giro nel viale
lo scricchiolio delle ruote sul selciato
gli alberi vedi han perso la bella chioma
ed è ancora clemente il tempo
tu adagiata in una smarrita indolenza
riflesso
nei tuoi occhi il cielo
t'asciugo con garbo un filo
di bava lucente
ora che non hai più voce
mi giunge eco di madre
mangia se stesso chi
non si dà

145
FUNAMBOLI

metti noi due
guardali
in bilico sulla corda
tesa dell'esistere
a contare gli anni come grani
nelle curve dei silenzi
gli abbagli nel vuoto del cielo
lo sporgersi sul tempo che viene

e le cicatrici di luna nelle
primavere risalendo in luce
da inverni amari di
catarro e croci

146
SE GRATTI L'ARGENTO

[ispirata leggendo "Finzioni", di JL Borges]

paradosso
temere di sparire se
gratti l'argento dello specchio

quasi
non t'appartenessi

realtà sfumata nel mistero

non sei che parvenza
sognata da un dio

nell'insondabile
suo cielo d'esagoni e sfere

147
LUCE D'AMORE

carne che presto
si dissolverà nell'aria
occhi
che rideranno al cospetto
dell'Assoluto

il tempo è breve
delle ombre allungate sul cuore

invaderà tutto l'essere
quella Luce che addenti

148
POESIA TI LIBRI

dal sangue un nascere d'ali
poesia ecco ti libri
in verde cielo d'alfabeti
dove l'anima si ascolta e
la vita si guarda vivere

149
ROSA D'AMORE

vita che ti attraversa
in un vento di luce

angelicato fiore
rosa che si schiude
fra cristalli dell'inverno

150
AUSCHWITZ

impigliato
il cuore al filo spinato
sui prati di sangue

decorati dal fiore dell'urlo
mai dissolto nell'aria tremante
-grido
che cammina
nella memoria della storia

coperto dal velo
di pietà

---

PALPITI DI CIELO
(2015)

151

SPLEEN

lei dagli occhi blucielo
inquadrata in un ritaglio del
tuo sogno lucido

ed è un morire dentro
percorrere
l'acciottolato d'un bianco accecante
che conduce al mare

e quel sorriso
a durare nel cuore
perdutamente altrove

ti fa il verso il gabbiano
planato
sulla tua isola di milza

152

IL GRIDO

ad un cielo
sordo ad ogni voce ed eco
appeso il grido
testa e croce ti giocasti l'anima
nel bailamme
d'un'allucinata notte
a simulare la morte

153

L'ATTESA

ti tiene in vita come a fine inverno
la primavera canterina

(non già l'appagamento
senza più desideri)

ti tiene in vita quel non so
che riempia i vuoti

(come il trepidare per l'uscita
delle prime poesie o
per il primo appuntamento)

ecco risuona l'attesa
come un'eco di mare

sei la vela che si gonfia di vento

154

IL LEBBROSO

alle sue spalle
un cielo bianco cadmio

e la figura
ieratica
a fendere la folla
avvicinare le distanze

luminose
Farfalla "vede" posarsi
sulle dolenti piaghe

155

L'INDICABILE

dove deflagrano
nude parole al di là
della scrittura
ho cercato nel calamaio del cuore
l'inesprimibile

ciò
che non può essere detto

ho cercato stanze
inesplorate
negli anfratti del mare

le voci
trattenute
nella gola del vento

l'indicibile
nella luce della bellezza

156

ANCORA IN VOLO

perduto in me
l'aquilone ancora in volo
dal tempo che
più che reale m'era sogno
la vita

ora forse nascosto
dietro le nuvole o
a giocare col vento

in cadenza di vortici
imprevedibili

come l'esistere

157

NEI FONDALI

per nulla mi separerei
da questa pena
nel macerarmi chino sulle parole
tra respiri di solitudine

-v'è un accendersi
di segni e strade
mentre attraverso l'inconoscibile
che in sogno spio

non altro anelo che questo
inabissarmi
nei fondali di fonemi

finché la morte
mi sorprenda
in un'emorragia d'inchiostro

158

CHIEDILO ALLA LUCE

scrivere la luce
inginocchiato nella luce

ispirando bellezza
ch'emana
come da un tempo altro

pure
ami la luce
ferita:

chiedile
delle infinite crocifissioni

fattene guanciale
in notti di pianto

159

DIVERGENZE

la luna
china sulle mie notti disfatte
di poeta in erba
a carpire versi da "urlo"
beat ante litteram
coi sogni di gloria nel cassetto
in cerca della parola
luminoso che "spacca"

e tu rivolto alla mia
"crisalide"
che andavi blaterando nel
citare la preistoria
carducci et similia

160

UN CIELO CI NASCE

dal peso mortale
un cielo ci nasce

penetra luce
nella ferita più fonda

siamo respiro cosmico
legati a una stella
di sangue
originaria armonia
che nel vivere si frange

161

SENZA TITOLO

ora
il mio sangue si eleva
al battesimo della luce

vedi
sono fiorito

e la morte non il ricordo più

sono uscito da lei come da un fiume
di tenebra

162

LUCE DI LUNA

(l'ispirazione)

ti dai d'amore e in veste
notturna t'ammanti
all'occhio del cielo

in silente vaghezza
il tuo porgerti china
sul sangue che ridèsti

nell'essere mio: m'irradia
d'epifanie luce
di luna

163

A DARTI L'ABBRIVIO

a darti l'abbrivio
sarà forse l'urlo
del fiore che s'apre

creare
è del funambolo senza rete o
è come andare su vetri

una parola un taglio

164

RESURREZIONE

rinfranca
il Tuo proposto in croce
chicco che germoglia
in esplosione di vita

ma il silenzio del cuore
si fa abisso:
duemilanni e la pietra
sepolcrale come non fosse
rimossa:

al primo canto
a rinnegarti

165

TI CADEVANO GLI OCCHI

capre e cavalli di nuvolette pigre
in un cielo dilatato nel respiro
ecco da dietro l'angolo apparire
la ragazza dalla maglietta rossa
a fare footing nella luce
lattiginosa del mattino

poi t'accorgi d'aver solo sognato
-desiderio fatto pensiero allucinato-
e nel ritrarsi quel cielo
la ragazza s'è come sovrapposta
a quella vista la prima volta
al parco o sono trentanni

quando
dovunque guardavi
ti cadevano gli occhi su quella figura
esile nell'alone
di luce lunare

ma tant'è che stasera
ti "cadono" gli occhi davanti
al teleschermo

166

CONTROLLARE IL SOGNO

è diventata la sua arte
ne sa uscire
e rientrare quando vuole
e secondo l'umore persino
programmarlo

mentre prende sonno
basta che si concentri
e in vividi colori le ospiti
pesci uccelli fiori
vasta varietà di flora e fauna
finestra su cui s'affaccia
un mondo altro

nel suo luogo di degenza
un bell'evadere dal grigiore è vivere
questo exo-esistere
parallelo

lei divenuta oggetto di scherno
un libro aperto
lei amica-madre dei gatti
col loro gnaolìo alla luna

167

SPLEEN 2

ali e croci dell'esistere
sono il veliero che attende il buonvento
sotto i mille occhi di un cielo allucinato
a farmi il verso un gabbiano
in volo da una colomba non so dire

168

BLASFEMIA

ricusi l'abisso capovolto
intriso
del Suo sangue

dall'orlo della luce
ti distanzi
in vaghezza dell'effimero

vanagloria leva al cielo
un pugno d'aria

169

PASQUA

del Suo olocausto
ha ribaltato il fondo
rovesciato la pietra
che teneva in scacco la Vita

-escono lucenti raggi
da acqua e sangue del costato

al canto d'osanna
l 'angelo
si china sul giorno umano

170

NELL'ANIMA BAMBINA

come non ricordare il rifugio
del passerotto intirizzito
le mani a coppa e il caldo fiato

o il micino di pochi giorni
lucido di saliva
portato in bocca da mammagatta

come non riconoscere
le tracce lasciate
sul sentiero teatro di giochi
e l'acuto
richiamo della madre
la tavola apparecchiata
inondata da sciabole di sole

immagini vive custodite
nell'anima bambina

che ancora ti chiamano dal buio
fondo degli anni

171

L'ESTRO

dicono che abbia avuto
da piccolo
"familiarità" con le feci

-oddio! strillava la madre
e le comari:
-niente paura è roba sua

e già l'estro emergeva
ché ci scribacchiava per terra
tra losanghe di luce

172

I CIELI DEL JAZZ

capricci di note
facce ondivaghe in acque del sogno
la nausea lungo
i corridoi di latrine
il gemito del sax le gonfie gote
tempo
rallentato avvitato
nel marasma di umori

poi il mattino li raccoglie
spugne
e l'anima della musica che attraversa
muri di separazione

173

SENZA TITOLO 2

ho sognato d'essere
un bosco devastato

e in me cadevo

cadevo

con schianti d'alberi

174

QUESTO GIOVANE CUORE

(alla figlia)

capriolare nell'ante-nascita
tu rosa vestita per la vita

tuffarti nell'azzurro e
respirare la poesia pura
d'incontaminati cieli vorresti

ah non doverno i veleni del mondo
-mio e tuo anelito-
intaccare questo giovane cuore

175

SCHEGGE DI STELLE

a mitigare il gelo delle parole
che il tuo volto a volte
veste

non riesco ma a notte
quando
il tuo corpo s'apre a una luna complice
schegge di stelle mi
sorridono

176

COME IN PRIMAVERA

impoverito mi sento
quando
sfuggono a volte le note
di quell'aria struggente che alberga
nell'anima e
-breve appagamento
di fioriture e voli-
nelle ore vuote m'accompagna
a sprazzi

pure ritorna
rivivendo in letizia
come in primavera la chioma di verde
a ornare quell'albero triste
-superato il morso del gelo

177

A VOLO D'ANGELO

il nero asfalto il lenzuolo
i nasi all'insù l'attico
al ventesimo
depressione dicono

autopsia perché:
se non s'è
tirato un colpo
si è "solo" spaccato

178

IN UN ANGOLO REMOTO

la vita d'un uomo
nella luce degli occhi

i paesi esotici i mari
che ha varcato

a barattare per nuove
esperienze
la vecchia pelle
di coriaceo ulisside

ma si passa una vita
intera
senz'ancora conoscersi:

in un angolo remoto
l'ombra da tenere
al guinzaglio

179

LA MUSA

dove inginocchiata è la luce
lo spirito contempla

come un incantesimo
la novità di lei la tua corda
sfiora

accordando
il tuo vagheggiare

s'anima il tuo cielo
in volo d'angeli

e febbre
è la parola

180

E' BELLO SOGNARE

come tirare su
un secchio di ricordi
custoditi in fondo al tuo cuore

come riesumare
i tuoi morti
aspettarti da loro fausti presagi

o l'apparire
di vagoni di nuvole e lunghi
corridoi di porte chiuse

dove ti sembra essere stato

181

VITA SOLLEVACI

vita sollevaci
dall'ignavia dei giorni
-serpe mimetica

fa che non sprofondiamo
in questo buio di stelle calpestate

le addomesticate coscienze
fanne bottiglie
a navigare mari di speranza

e
come un fuoco
vivo a forma di croce

giunga
il messaggio
della tua sacralità

182

LA PAROLA ESSENZIALE

non altra che quella
l'unica
annunziata
che la mente arrovella

fanne cuore e centro
il raggio renda armonico il disegno
senza
ne urlerebbe la trama

il sangue fatto
acqua

183

IN QUEST'ARIA STAGNANTE

pensando a te vedo
il vuoto di una porta
e dietro la porta ricordi
a intrecciare sequenze indistinte
sogni e pensieri asciugati
mentre un sole
di sangue s'immerge nel mare

in quest'aria stagnante
come un olio passa
la luce
sopra il dolore

184

ANTINOMIA LA MORTE

ritenere antinomia
la morte – la tua

come un abbaglio o un
trapassare di veli

e nel distacco
quando
il mondo senza più te sarà
impregnato della tua essenza

"leggerai" il tuo
necrologio
pagato un tanto a riga

185

VANAGLORIA

vita che mi mastichi
mia vita
dagli equilibri spezzati
e anse d'ombre
dove annegare il grido

difendimi
dal mio profondo

uccidi in me quel capriccio
aureolato
solo
da esibire

186

VOLARE BASSO

volare basso
per dare tanto con poco

lei a volte si cela
nello specchio o nel buio del divano

luce affebbrata
la parola che ti tiene avvinto

celeste fuoco

187

DAL GIARDINO DEI SOGNI

forse quando
il tuo orizzonte è a chiudersi
sullo scenario del mondo
e tutto è consegnato all'evidenza
della fine

dal giardino dei sogni
ti strizzerà l'occhio
ancora qualche verso

lo vergherai in fretta
su un tovagliolo al bar
prima che si disintegri nell'aria

come i tuoi io
dagli anni risucchiati

188

LA NUDITA' DEL SANGUE

pindarici voli
leggevo nel tuo cielo
ei tumulti del sangue
in cadenza di note
sul pentagramma di sogni
rubati e franti

oltre quel fatuo fuoco
è ora un discendere
nel tuo specchio
incrociare la nudità del sangue

dal profondo ti vedo
riavere il cielo
veleggiando sicuro

ed è la corazza che indossi
a darti la forza del perdono

laddove
ti appare debolezza

189

IN LINFA D'ALFABETI

manca poco possono piovere
lettere
nel tuo sogno controllato
e tu
ti vedi
riflesso in pozzanghere
a cogliere parentesi unghie-di-luna
e il grido
delle a le sospensioni delle e

poco manca
sia la musa un donarsi in linfa
d'alfabeti
di cui s'imbeve il tuo sogno
lucido

190

SPLEEN

lo scoglio
e tu
come un tutt'uno
quasi sul ciglio
del mondo avvolto
in una strana luce

labbra di cielo
questo
contatto di sole

vedi nell'aria
marina
un gabbiano planare
su una solitudine
che ti lacera
all'infinito

191

UN DOVE

trafitto
da ustioni di luce
quasi a difesa avvolto
in un mantello di vento

vano
interrogare un dove

in bianchi cieli
l'angelo è di pietra

l'anima un buco
nell'immenso

192

QUELL'UOMO CHE

quell'uomo che
"incurante"
della tempesta dormiva

che ha diviso il mare
che è uscito dalla morte
squarciando i cieli

quell'uomo che
se il granello
di senape non muore

uomo-dio fattosi
bambino ed ultimo
Dio incarnato

trascinato dal cielo
dal peccato

193

ASIMMETRICI VOLI

parole
colte e frante
nella febbre d'un grido

aperte ali dei sensi
contro
pareti di cristallo

scrivere sul sangue
di un sogno kafkiano

194

KANDINSKJI

sfilacciano sogni
di ragno
graffi di luce

a destarti un'alba
bagnata di colore

quel giallo
spalmato
nel canto della tela

195

DALL'OBLO'

la poesia quella di lungo
respiro dà vertigine

è come
prendere il mare e non vedere
che l'orizzonte e mai la terra

le immagini vedi dall'oblò
del cuore sovrapporsi
fare ressa e

infine sbarchi
boccheggiando
col mar di terra

---

NELL'INFINITO DI NOI
(2015-2016)

.

LO SGUARDO VELATO

196

LO SGUARDO VELATO

dò i miei "occhi" a quel che passa
in questo scorcio di tempo che mi resta
d'intenerimento

la stessa
luce la losanga sul letto
la goccia pendente
dal ciglio lo sguardo velato

ora come allora

quando
"morte ti colse fior
di giovinezza" scrivevo
ventenne o giù di lì

-ah ridicolaggini

197

COME SBUFFO DI FUMO

riconoscilo
l'hai tirata per i piedi
non un'immagine
viva che susciti
un tuffo al cuore
né metafore o
enjambements

se spazi nel tuo mondo trovi

-anche un
batter d'ali a ispirarti

invece
buttata lì

lei dal fondo
del bianco grida
la immeritata
striminzita vita

198

VAGHEZZA D'IMMAGINI

non un appiglio neppure
l'aggancio da un sogno

vaghezza d'immagini
preavvertite quasi
a scivolare di sguincio
nell'immensità dei silenzi
senza il tempo di rubargli
l'ultimo fiato

-complice una quasi
misterica luce

boccheggia l'anima
nell'eco d'un grido
come di un frantumarsi di cristalli

199

COLUI CHE INTINGE CON ME

Gesù aveva i suoi "followers"
ma per nessuno vorrebbe la sua fine
(in)gloriosa

quale fuoco ti attraversa la carne
giuda-di-turno

nel laccio dell'inganno il mondo

la croce è la porta stretta che
ha chiavi d'aria

200

QUANTE PICCOLE VITE

(a Iqbal)

tra trame
di tappeti e catene lasciò
a terra la sua ombra e
s'involtò

quante piccole vite
su di sé per farne
una

-indivisa-

la sua
firma di sangue su
un Sogno immenso

201

SPLEEN 2

brusio di voci

galleggiare di volti
su indefiniti fiati

si sta come
staccati
da sé

golfi di mestizia
mappe segnate
dietro gli occhi

vi si piega
il cuore
nella sanguigna luce

202

TROMP-L'OEIL

(l'ispirazione)

nella mezzaluce
t'invita l'occhieggiare
del trompe-l'oeil

la visione centrata
nell'intime corde
ti sale
da un remoto
di ancestrali lidi

IL TUO SPLENDERE

su un remoto
di assonnate rive
-spiumata
di luce l'anima-
torna

a far breccia il Tuo splendere

settanta volte sette
ho conficcato i chiodi
altrettante non
basteranno
lacrime da versare

sulle Tue luminose piaghe

204

IL PENSIERO VOLA

il pensiero vola

quindi
volo

anche se zavorra
giù mi trattiene

le invidio tuttavia
per quegli ossicini cavi
le creature del cielo

noi
-peso di terra-
ossa come vetro
a sbriciolarsi con gli anni

205

NUDITA'

(di un sogno ricorrente)

labirintici corridoi

ti vedi venire contro
traversandoti una
moltitudine

ti fa strano che
non fan caso che giri nudo

poi come un ladro ti trovi a spiare
dentro stanze ottocentesche
aspettandoti semmai
un incontro piccante

206

CHIMERA

vaghezza di nuvole a stracci

tu
nella mezza luce mi chiami
poesia chimera

mi conforta la tua ala
vellutata d'angelo

quando come in sogno
visite
le stanze vuote
di quest'anima vagante

207

I PASSI ALL'INDIETRO

nell'ora dolente
Ti consegno i passi all'indietro
le volte
che ho svoltato l'angolo
davanti all'ingiustizia

al cuore sperso
dona corazza
di verità senz'alibi

rivestimi Signore
con veste di fuoco

208

AUSCHWITZ

il velo della memoria
in luce di sangue si ravviva

è fiore che s'apre
nell'urlo

209

FAMMI LUCE

ti prego fammi luce
in questo pauroso dedalo dell'io
assalito dai mostri della mente
avvolto
nella camicia di nesso degl'istinti

sono cieco fiume senza foce
da me diviso arreso

fammi luce

e sarà giorno quando
ti saprò riconoscere
staccato dalla mia ombra mortale

210

CUL-DE-SAC

dritto ti c'infili
se pensi che
la fine è sempre in atto
e il mondo
è un addio dopo l'altro
è maschera invece per chi
finge di non accorgersi

negli occhi ti restano
saltabeccanti
sui resti di una festa
colombi a frotte

211

E SARAI RAGGIO

sei disceso angelo per vivere
in carne la morte

non sguardo dal ponte: vieppiù ti lega
trama di dolore e rara gioia

le spoglie deporrai e sarai raggio
di quel Sole che non puoi vedere

212

OCCHI SECCHI

clessidre di sangue emotivo
a sovrastarti
stillicidio nella mezzaluce

a chi chiedere di questo
ginepraio di pena e
l'oro del mattino fatto piombo

occhi secchi
a perdere
pezzi di cielo

nel sangue degli echi

213

CIELO AMORE

manto d'azzurro palpito
capovolto abisso

misericorde
ben conosci il fondo delle pene

di noi mendichi d'infinito
specchio sei

dove invertigina il cuore
nell'abbraccio delle stelle

214

VELE STANCHE

leggi scavi ché nasca
-ne va del creare affossato -
linfa nuova a diradare
quella nebbia della mente

dal grembo della notte esca
la tua barca

vi spiri augurante
il buon vento a gonfiare
le tue vele stanche
per nuova ventura nel mare
blu d'inchiostro

dove è bello
finanche morire

215

DOPPIO CELESTE

rigenerarsi in linfa a disperdere
grumi

dove si china
l'anima a contemplare

nel profondo di te ecco
il cielo farsi d'un "azzurro"
misterico e
tu da un suo lembo
a spiare

un te senza morte
-specchiato

216

DA UN DOVE

i repentini voltafaccia del tempo
alle soglie dell'autunno
le foglie già morenti

invita due corpi il tepore
delle lenzuola
nella bocca dell'alba

sai
il momento migliore
per il dono dell'ispirazione è quando
ti giungono ovattati i rumori
e tu in un tuo mondo
col sonno di un eterno respiro

più tardi poi sul lungomare
sulla pelle la fresca brezza
forse un gabbiano
avrà per te
nel becco un verso prezioso

217

LA PAROLA

la parola è nostra
madre

che genera la
danza e la gioia nuda

la parola
dice di sé
del tempo del primo stupore

t'apre
il terzo occhio

parla all'orecchio del cuore

218

NAVIDI NUVOLE

(visione)

raggio verde balena
nel tramonto

su navi di nuvole
vedere apparire angeli
udirne i celesti canti

rassicuranti presenze
ondeggianti lievi
tra i pensieri
orfanezze d'amore a consolare

messaggeri
di luce
ondeggianti nel sogno
ad ascendere dove s'inalba
il cuore

219

SOTTO PORTICATI

sotto porticati
cartoni e
cappotti lisi hanno respiri

a un passo
vetrine ridono in abbagli di sole

più in là privati
​​paradisi

un rombo testarossa è strappo
d'anima a dividere
la terra tra i "morti" ei vivi

il mondo ha denti aguzzi

220

ALTERIGIA

[Ispirandomi al verso di Vincenzo Cardarelli: "vorrei coprirti di fiori e d'insulti"]

m'appiglio alla tua fredda
grazia come ad un
corrimano: sto su inclinato
piano mentre t'offri
a una vertigine di distanze

ancor più ora ti fai
preziosa

221

UNA CERTA LUCE A FLETTERSI

di buon'ora bisticci con la lampada
t'insegue tiranno il tempo

una certa luce a flettersi nel cuore
fa strada a un dove che non trovi

perdurasse quel lampo che viene va
prima che lo fermi su carta ma

se non torna non ha "dignità"

raduni pezzi di un puzzle scombinato
nello sperdimento d'una stagione andata

222

IL CARRO DELL'ORO

sotto cielo aperto
una ad una
caduta le teste

a calcificarsi sorrisi ebeti
sul trasfigurato carro
dell'oro

223

L'OLTRAGGIO

perso nelle forme strane
delle nuvole mi sento
lontano da un mondo estraneo

assisto all'oltraggio
della rosa che si
perpetua

sono esposto alla vita

224

NEL VASTO MARE DEL SOGNO

nel vasto mare del sogno
galleggia l'immagine
di te esile scricciolo
a sussurrare all'orecchio
del cuore edulcorate parole

ritrovarci
nel nostro giardino d'infanzia
mano nella mano
impastati di sole a rincorrere
saltabeccanti piccioni
riandare alle incoscienti
acrobazie per i soli tuoi occhi

interrotte
dall'acuto richiamo
di tua madre per la merenda

smosse le acque del sogno
ora a svanire
da un oltre ti sento

225

COME ASSESSUATO ANGELO

sospesa nel vuoto m'appari
asassuato angelo
mentre in dormiveglia mi rigiro

giungerà mi dici squarciando
le nubi lui l'Atteso
ci sorprenderà come un ladro
a strapparci alla morte
carne della sua carne

e ruggine allora sarà l'oro

226

IL LIMITE

( ad un materialista)

devi ammetterlo
come nave incagliata ti senti
bravo al più
nel leggere fondi di caffè

non certo alla tua portata
della poesia il rinnovato sangue
i frammenti di stelle la lucente
coda di cometa a cui s'attaccano
in sogno i bimbi

non certo quei misteri insondabili
che impregnano i muri di casa
con le anime dei morti
che abitano il tuo vuoto

non alla tua portata
quella profondità
del gran mare del sogno che
è vita che si lascia vivere

227

NELL'ORA SOSPESA

quel giorno ti sbarberanno
t'infileranno il vestito buono
ma
non serve prodigarsi più di tanto
non restano che spoglie l'anima è già via

nell'ora sospesa
fisseranno compunti quel viso di marmo
mentre il il tuo presente ha chiuso la porta

il pugno o la palata di terra
con la benedizione dell'officiante poi
a tavola com'è uso per dire la vita
continua

qualcuno forse già alticcio
leggerà con deferenza
alcuni tuoi versi trovati in tasca

restano in rete briciole di te

228
GIA' GRANDE TI VEDO

dai che ti porto alle giostre
finiti i compiti
promettimi
che prima di dormire
stasera dirai una preghierina
per quei bambini saltati in aria

-la larga macchia rossa sull'asfalto
nella liquida luce degli occhi
penetrare
in quell'abbaglio
fino al sogno-incubo

su
da bravo che ti porto alle giostre
ci perderemo nella
fantasmagoria di luci

ecco: già grande ti vedo

a risvegliarti domani
convitato di pietra
il Tempo

229
ANELITI D'INFINITO

è la vela rossa della Passione
a prendere vita nel tuo sangue spanto
nella luce

ti dai d'amore in aneliti
d'infinito
anima persa per rive sfiorite
negli occhi

230
SFIORITE RIVE

sfiorite rive
in cadenza d'anni l'azzurra
vastità di te solo

si svenano
in caducità di foglie i giorni
accartocciati
sul viale della dimenticanza

231
VICOLO

dolore antico
di donne in nero a segnarsi
se dal profondo si levano i morti
a dare infausti presagi

vicolo
inghiottito da un grappolo di case
appese a strapiombo

ricettacolo
d'umori ancestrali
in un tempo cristallizzato sospeso

232
DAMMI L'ABBRIVIO

dammi l'abbrivio musa
nel dormiveglia o
nel profondo fa che s'accenda
la mia casa di nuvole in verdi
cieli e alfabeti

sostieni quella
neo-nata struttura
arco di parole e suoni
che si parte
dal cuore a navigare
il più bello dei mari

[ultimo verso: da Hikmet]

233
A BOCCA PIENA

trucidata vita
dai lenzuoli di sangue nei telegiornali
un dire assuefatto freddo
che ti sorprende non più di tanto a bocca piena
che non arriva al cuore

-per quei bambini occhi rovesciati
a galleggiare
su un mare di speranza
la cui patria è ora il cielo

violata la sacralità
vita che non è più vita
vilipesa resa
quale fiore a uno strappo feroce
di vento

234
IN UNA PIEGA DEL VENTO

luce obliqua sui tuoi anni andati
sui tuoi fogli nell'aria sparsi

quali dati incideranno
sulla tua lapide un giorno
non ti è dato sapere

ma sono degli uomini
le convenzioni
e scomodare kronos è eresia

rinascere in una piega del vento
senza guerre né odi
per la rotta del cielo

pindarici voli
che ti lasciano
le ali spezzate

235
NAUFRAGI

il viso un libro
le pagine
gli io indefiniti
maschere che indosso
se non mi trovo

poi s'apre
il corpo -occhi
lapidati- nell'emergere
dai tanti me

236
FANTASIA 2

dipingono il mio sonno i morti
veleggiando al chiaro d'una luna
complice sul filo
d'orizzonte
ricreando gl'incantesimi del
bambino in me mai perduto

veleggiano
discreti sul filo del respiro
Entrandomi su dalle narici
con la barca di cristallo
dei sogni
le vele al vento per l'ignoto

237
FANTASIA 3

la barca trasparente del sogno
dove ti porto?
palpiti
seguono la scia
uscendo dalla
camera della mente

immagini icastiche
gli argini rompono
del trasognato sguardo

238
ULISSIDI

ulissidi e la vela della
passione su perigliosi flutti

intrisi di mistica luce
a sbraitare di gioia
il cuore
sull'orizzonte la terra
promessa

239
UN OCCHIO DI RIGUARDO

un occhio di riguardo
per quei tralci che non
secchino anzitempo

-noi protendimento
dell'Albero che nei secoli affonda
le sue radici

un occhio di riguardo
ché a prezzo di sangue
fu il riscatto

240
ANAMORFOSI

del sognato
ricordi a brani
mentre l'io è anamorfosi
nella "valvola" del sogno

ti svegli e ti ritrovi davanti
a un te dagli enigmi irrisolti
un circolo vizioso
il tuo uroboro

ti appare anamorfosi
a volte
anche questa vita che imita
sempre più il sogno
nell'avvicendarsi degli anni
i treni persi
alle stazioni

-

NELL'INFINITO DI NOI

(2016)

241
DOVE L'ANGELO

falesie di pensieri
nella fragilità del giorno
quando alta
s'eleva la parola – dove
il senso di sé t'innamora

dove l'angelo
perde una piuma

242
VAGHEZZE DI LUNA

vola nel sangue della parola
l'anima gemmante

un'alba cadmio
accoglie
in vaghezze di luna
l'erratico cuore

243
CUL-DE-SAC 2

tu che deambuli come
su inclinati piani
dimmi che vedi in questa
bolla d'alcool e droga
se mondi immaginifici o
sorta d'inferni

ti scagli sulla madre per la
dose giornaliera
tu potenziale omicida
su strade d'asfalto allucinate

ahi che non vede mai giorno
il tuo cul-de-sac
è rovi e croci
sangue pestato nei tuoi vaneggiamenti

244
VERTIGINE DI SPECCHI

un'incognita ti resta la vita
nebulosa sogno o cos'altro
che ti avviluppa in una bolla

o forse solo velo da strappare
col beneplacito del tuo angelo

vedi
alle parti i frammenti di te
in una vertigine di specchi
aggrapparsi al vuoto
ricacciati
indietro
dall'unghiuta morte

245
DI LUCE L'ABBAGLIO

(testimonianza)

colma la bocca
di luce l'abbaglio
della veste

sentito nelle ossa un fuoco

come lazzaro
mi sono levato
e andavo leggero come nell'aria

246
DI FOSFENI E NUBI

a labbra di luce poesia mi desti
da assonnate rive

vaghezza
vi transita di fosfeni e nubi
ove intoccabili sogni
dimorano

247
VIVERE IN VOLO

fantasia questo vivere
in volo
nella liquida luce

notti acrobate
a fare incetta di sogni
per un'alba d'inchiostro

248
BLU MARINO

sciami di pensieri
sparpagliati
in riflessi di luna fantasma
ore dilatate un'alba fitta
d'inchiostro blu marino

altri me a sciorinare
-tenerezze in sorrisi di fiori-
della vita anteriore

249
LA TENTAZIONE

è innegabile
aver avuto debolezze i santi
prima d'involarsi

risalendo in strenua lotta
luce dopo luce
alla parte angelica

250
IL FILO DEI RICORDI

aprire a ventaglio la mente
su pindarici voli e lucidi
sogni

vi ci trovi tra vaghe
nuvole un nugolo
di uccelli a farti corona
riportandoti
nel becco il filo dei ricordi
ei versi
amati e persi

251
COME MONNALISA

dove trovarti nudità
di poesia tu assisa nell'olimpo
degli aedi
abiti forse nel puro
sguardo del neonato o nel bagliore
della lama
uscito da una novella di borges

imprendibile sei e sdegnosa
mi segui come lo sguardo
di monnalisa
esci dal quadro e
sguinzagli i malcelati sogni

252
UNA CERTA LUCE A FLETTERSI 2

una certa luce a flettersi
nella dimora della mente:
quel tuo ostinato cercare
tra i naufragati ricordi
il volto amato
reciso dalle forbici del tempo

nell'assedio degli anni
oggi ti sorprendi
a dar corpo alle ombre

di fantasmi inanelli il tuo presente

253
COSI' LA VITA

sprovveduto senza guardia
andavi giù al primo colpo
quello non previsto
neanche dall'oroscopo

groggy ammaccato
ti avvitava l'umana giostra
come rivederti bambino
tra la folla la volta che
t'eri perso

così
a portarti in giro
su piani inclinati
la vita

254
DAI VETRI

il per due ed un sorriso
ricambiando lo sguardo
sopra il bordo della tazza

dai vetri il fermento
con gli ultimi guizzi di luce
e un altr 'anno alle spalle

altro non t'aspetti
non la bottiglia dall'oceano
tutto già accaduto

pure
tenti glissare
sui sussulti del sangue

255
NELL'ARMADIO

a volte m'invita a visitarlo
lo spolvero lo lucido e
grato mi si apre in un sorriso
tutto denti
m'improvvisa una danza

indossa una maschera per
l'occasione

si sente solo
quando
le volte non lo considero
lo sento frugami nelle viscere
nutrirsi del mio sangue

fortuna ch'è un tipo da
acqua in bocca

256
LE TUE CASE DI VETRO

(ad Antonia Pozzi)

vi specchiavi la verde età
fuggitiva
dipoi a trapassare i vent'anni
la freccia di cupido

ti abbeveravi nei cieli
di Poesia
dove ora svolazzano
senza tempo
bianche colombe le pagine
di vita

vergate fitte
al rango di passioni accese

[Luoghi dove ha soggiornato o abitato: Misurina, Pasturo, Milano.]

257
L'ESSENZIALE

molto dire con poco
degli elementi solo
un accenno come una
pennellata
lasciare immaginare
-l 'acqua che canta alla fonte
lo specchio del ghiacciaio che acceca

non è detto forse rinvenire
come in sogno lucido
tra il soffice manto
il messaggio
di quel saggio abitatore delle nevi

"per una vita proba
l'essenziale"

258
DAL PRINCIPIO QUALCUNO MI SOGNAVA

la mia essenza
si specchia
nel bianco di cieli anteriori

dove
a iniziare voli
in un battito d'ali fuggono
piccole morti

e ad abbracciare il sereno
quel ricucire strappi
nell'azzurro

io sto da sempre
nella scia d'infinito nascere

259
GUERRIERA DI LUCE

(a Santa Madre Teresa)

toccato dalle tue scarne mani
il derelitto
come angelo passava nell'aria

guerriera di luce tu
ultima tra gli ultimi
volti tuoi
del reietto la dolorante carne

il tuo annullarti
consegnato alla sacralità del giorno

260
ALLUNATE DERIVE

visioni aprire varchi
nel cuore ove fanno eco
i ricordi e allunate
derivano trattengono
vibratile fiammella

resta indefinito
sogno o piuma di nulla
misteriosa fanciulla che si piega
nello specchio

261
SINERGIE

sognare
immerso nell'azzurra luce
il sogno sono io disincarnato
che prove di volo inizio
falena contro il soffitto
col sembiante del fanciullo luminoso

ah quel senso d'onnipotenza
nel guidare
me stesso entro la via regia *
vedermi ospitale
dare udienza ai miei morti
che risalgono pare
dal mare
per "incarnare" il sogno

*definizione di Freud del sogno

262
VITA CONTROMANO

(a James Dean)

il gesto del cogliere
la rosa sul filo del burrone
dove palpebra la luce
lo strappo
nella rete la smorfia che tradisce
quel mordere intestino

l'apparirti anamorfosi il mondo
che ravviva
non sai se deliri o sogni:

del tuo essere "bipolare"
ottenebrato splendere

263
IN UN LEVARSI DI VOLI

scuce tempo Penelope sdegnosa
così noi a sfogliare le ore morte

fuori dal tempo uroborico
in un levarsi di voli sarà voce
del sangue a dirci che forse
non sarà stato che un sogno la vita

264
COMPLICE LA LUNA

entrare
nel labirintico specchio del sogno
dove inconfessate brame
si librano sul filo
di acrobate notti
complice una pettegola luna

265
DIVAGAZIONI

non vai da nessuna parte
quando dici
non siamo che manichini
in mano al destino -ce lo facciamo
in parte noi stessi

dovresti sapere che la vita
ha in tasca la morte e l'occhio
lungo oltre l'umano
orizzonte

in cospirazioni del nascere

come il puzzle di parole
neo-nate
a cui hai sospeso il respiro

custodite
in segreto
in luminosa nube

266
LA MISURA DEL SOGNO

avevi l'occhio lungo tu
nel dire che la vita ricalca
le orme dei passi

altro sangue i destini
che ci unirono

sai:
nelle acque della memoria
oggi di te non cerco
che la misura del sogno

nell'ondivaga luce degli occhi
trasparenze

267
UNA GIORNATA DI

suvvia eccedi
a chi pensi
dare la colpa
come si dice è stata una giornata
così

esageri se pare
ti si spalanchi
d'instabilità un baratro
viola in fondo agli occhi

268
RADICI DI CIELO

ondivago in te l'oscuro
l'alterego che insaziato nutri
albero capovolto che geme
con radici intricate di cielo

ma è un esplodere di vita
l'aprirsi
del fiore

269
IL FIGLIO

non più carrube Signore
torno a casa

non più miraggi
d'eldoradi

sì torno a casa
all'amore totale

indegno
sia io sgabello
ai Tuoi piedi

270
NELL'INFINITO DI NOI

il tuo volteggiare Nina
nelle stanze viola della memoria
-dicevi il reale non è fatuo
apparire o entrare nello specchio
dell'essenza evocando
palpiti di luce
di un tempo senza tempo

noi dal celeste palpito
diceviqui siamo
affratellati nel sangue
con la terra e la morte

271
LE VELE DEL SOGNO

me ne andrei quasi di soppiatto
alle prime luci
mentre si fredda la tazzina
mai portata alle labbra

entrerebbe il vasto orizzonte
nei miei occhi azzurrocielo
il mare aperto
nell'abbraccio
delle vele del sogno

272
BRICIOLE DI POESIA

anima
casa di mare
dove a frotte s'annidano
gli uccellini azzurri di Maeterlinck
a ispirarmi l'abc del sogno
a beccare briciole di poesia

ferve nel tuo cielo
un volteggiare
di fòsfeni ed ali

Maurice Maeterlinck, poeta e drammaturgo – 1862-1949
[Nella fiaba teatrale L'Oisseau Bleu (1909), ciò che rappresenta l'Uccello Azzurro è il segreto delle cose e della felicità.]

273
ROSA DI PARADISO

Tu fiore del mio sangue
dal profumo rosa di paradiso
perdonami se non c'ero quando
m'imploravi "Eli Eli"
ma si doveva sostenere
la lingua della Parola

e Tu
occhi rovesciati
chino sulle miserie
abbracciassi dalla Tua croce il mondo

274
ELEGIA

ora m'incolpi del mio silenzio?
e Tu dov'eri mi chiedi
quando a migliaia
venivano spinti sotto le docce a gas
Io ero ognuno di quei povericci
in verità
ti dico
Io sono la Vittima l'agnello la preda
del carnefice quando fa scempio
di un bambino innocente
Io sono quel bambino ricorda

anch'io in sorte ho avuto una croce
la Croce
la più abietta la benedetta
ho urlato a un cielo distante Padre perché

perché solo mi lasci in quest'ora di cenere e pianto

275
FARSI ULISSIDI

ancora sorpresi dalla vita
ci trovi la morte

vivi
delle prime nuove
come nell'età
impastata di sole e illusione

o farsi ulissidi
nel ricucire vele
per respirare il salso
di aperti mari

276
L'OMBRA 2

meridiana a perpendicolo
poi eccola s'allunga
l'ombra oscuro specchio
che mi ripete
si spezza allorché riflessa
tra pigre nuvole nel lago

277
LA VITA NASCOSTA

(Pasqua di Resurrezione)

in seno a cieli di cui non è memoria
dove nessun griglia resta
inascoltato
è la vita nascosta

percepisco
il sangue mio elevato in fioritura
da acqua e luce primaria
benedetto

278
NEL GIARDINO D'INFANZIA

risalgono dal cuore giorni analfabeti
a dire l'urlo della rosa
l'insaziato stupore

ei me stessi
a spiare
dalle crepe dei muri o
a giocare tra losanghe di luce

in un tempo che lento rimonta

279
ANGELI DI CARTA

gli occhi un po' stanchi
vedo nel mio cielo volare
gli angeli di carta di Rafael
mi pare udirne
il profumo i celesti canti

oh mi venire in sogno
queste creature fiammanti
le fraterne ali
a coprire
le miserie degli umani

Rafael Alberti, poeta spagnolo – 1902-1999

280
LEVANTE

levante del cuore dove
rinasci

la mente in espansione
la tua
empatia
tutto un mondo che trasloca
nel lasciare la casa del corpo

la penna tuo viatico
vita a fiorire
in un mare d'amore-endorfina

281
COME LO STELO

(Giovedì Santo)

primavera ha le mani
piene di fiori
ma come lo stelo
il cuore mio si flette
in arida aria

282
LE VELE

le vele le vele
decantate dal visionario di Marradi
sui verdi mari del sogno
dove prende l'anima il largo

bianca schiuma ti spruzza
chiarore selenico
dipinge di poesia il cielo

Dino Campana, poeta, di Marradi – 1885-1932

283
SE SEGUI LA PISTA

raggio nella carne
l'altro che di te
preesiste

è avvolgerti d'ombra
il suo ritrarsi
se segui
col lupo
la pista del sangue

284
SENZA TITOLO

fine del giorno
inargentata sul mare
-negli ultimi guizzi
di luce palpita
il cuore delle barche

e la vita? si perpetua
-la vita non può morire

impregnata fin nel verde
dei frondosi rami
casa degli uccelli

la casa è il secondo corpo
-così
strato su strato
i malli dell'anima

questo mondo
l'altro
-da cui beve energia

---

LO SGUARDO VELATO

2016

.

–LA VITA NASCOSTA–

285
L'ESISTERE SPECCHIATO

con lo stillicidio
del tempo a subito
questa piaga dalle nove porte

ma a te presente
il Sé -il celeste- l'esistere
specchiato: vita che si guarda
vivere

un mondo in un altro

Le nove porte : gli orifizi del corpo secondo la Bhagavadgita

286
UN DIO CIBERNETICO?

vita asettica: grado
zero del divino Onniforme
-ma la notte del sangue
conserva memoria di volo

vita
sovrapposta alla sfera celeste
regno d'immagini
epifaniche

emozioni
elettroniche

eclissi dell'occhio-pensiero

287
NEL PAESE INTERIORE

nel paese interiore
eiaculo i miei sogni –
vivo una stagione
rubata al tempo -mimesi
icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore
brucia il mio daimon
di febbre e di luce

288
DELL'INDICIBILE ESSENZA

dell' indicibile essenza
noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo
di cielo:

in questa vastità soli
non siamo: miriadi
di mondi-entità ognuno
in una goccia
di luce

289
ANGELI CADUTI

fuori dal cielo
bevvero l'acqua del Lete

ora
non sanno più chi sono

presi nella ruota
del tempo
mendicano avanzi di luce –
curano
le ali spezzate

per risalire nell'azzurro

290
PRESENTIRE

finirà qui tutto
il visibile
-col panorama dei sensi

a sopravviverci voce
di sangue in un non-tempo
inconoscibile

l'astronave-di-luce
tra cirri e nembi e corpi
celesti

291
L'ALBERO

di Te
il dito
la saliva il fiato:

ri-fiorire vita
in cuore disabitato

e gli esecrandi
crimini? non
ricordi

dal sacrificio estremo
l'Albero di sangue
si è ingemmato

sopra uno
sconquasso di secoli

292
EPIFANIE

vita che si guarda
vivere e ci guarda
vita che si pensa ed è

-riflessa vita che
apre la fronte del mattino

ed è esistere
nel suo ricrearsi

epifanie

293
FARSI INFINITO

in apparente spaziotempo
un infinito sospeso

-sogno fatto
carne

la vita è alfabeto del tempo
da sillabare
vuoto di forme – ombre

nel bianco respiro
dalle labbra quest'anima s'invola

294
L'ABBRACCIO

(in dormiveglia)

si concentra ed espande
l'amore in quel vivere-morire
delle prensili braccia
sospensione apparente carne e cielo

295
IL SOGNO DI TE

in una sospensione lucente
ride la tua immagine d'aria

nella fodera del cuore
ho intagliato
il sogno di te

sulle ali del vento le parole
che ti dedico

296
LA CASA DELLE NUVOLE

ha bisogno di manutenzione -sai
per produrre versi come miele
-vanno oliati gl'ingranaggi
verificata la tenuta
perfetta dell'ossatura
l'efficienza della struttura

tenerla in ordine come
un condominio

ma tu la ritieni come fosse
di proprietà esclusiva:

contenitore di sogni
è risorsa a cui chiunque
può accedere -ti basta?

297
DI QUA DEL VELO

(non qui né altrove:
semplicemente essere
nel Tutto
-porta della conoscenza)

di qua del velo di maya
trottola del tempo
consuma il suo perno

nella palpebra del sole
un embolo d'ombra
che insanguina il vento

298
MOMENTI

di cos'è fatta la vita-energia
se non di momenti
rallentati
-per cui è un girare in tondo
su te stesso

o forse
di virgole di sangue
e amore
rapprese in un grido
sul vetro del cielo

299
NELL'UNO

dal Tutto
ritrovarsi nell' uno
a vivere il sogno della carne

il sangue che cavalca il vento dove
crescono i passi

lacerato dalle lancette
d'un orologio interiore
un Lazzaro a sollevarsi da cento morti

300
IL SOGNO DI DIO

in seno a cieli
di cui non è memoria
assai prima del corpo
quando già da sempre era la Parola

il sogno di Dio

il Suo soffio

poi la fatidica
domanda "dove sei
Adamo"

e furono
i cieli
capovolti

301
BRANDELLI D'AMORE

falesie di pensieri
tesse ragno di luce

vertigine: come
sarà senza il corpo
-serbata la vita
nella Pietà del sangue

solo espanso
pensiero saremo?

ci consoli certezza
di portare in salvo brandelli
d'amore

302

GL'INTOCCABILI

sì onorarli
i morti che
ci perdonano con un velo di pietà

quelli che sognarono
il loro eldorado
ragazzi degli anta presto
dipartiti

ora di qualcuno
d'essi verrà detto
era un pezzo di pane
-anche se di certo avrà
portato con sé i suoi scheletri

o si saranno nell'altra
dimensione dissolti

303
INFINITUDINE

parabole di carne

siamo archi tesi
nella mano
dell'eterno presente

noi
nel divenire appoggiati ad una
spalliera d'aria

304
DISTACCO

giungere dove ogni
linea s'annulla
un brivido bianco
e sei altro

fiume
che perde nel mare
il suo nome

………………………………………… ..

–TRANSITI E SOSPENSIONI–

305
INANELLATI ALEGGIANO PENSIERI

(la fatica dello scrivere)

inanellati aleggiano pensieri
si frantumano ri-comporre
tu aureolato di fumo
a lasciarti corteggiare
dal misterico chiarore d'una
complice luna

rima sì rima no baciata o
interna e che suona

un corpo-a-corpo con la parola

intanto

di Selene un dardo
il foglio trapassa
dove ristagna esangue
poesia

306
DALL'IMMAGINE INFRANTA

(a Danilo Dolci)

risalire dall'immagine infranta
-quella dopo
la caduta-
dove è voce
del sangue la ferita del cielo

limare le parti
non combacianti
con la figura del divino

innamorato
dell'uomo nuovo
tu guardi al bambino

che tende
le prime radici nell'aria

307
FIORE DI POESIA

'lo gnaolio dei gatti
in amore tra gugliate di luce'

belli sti versi
che leggo sorseggiando
un drink ma dove
vai a parare me lo dici?

timore della pagina bianca?

scandagliare devi
macerarti
immergere le mani nel sangue
a far nascere nuovo fiore
di poesia

musica
che arrivi al cuore

308
CREATURA DI SABBIA

io non io esisto
di qua di là dello specchio -una
distanza mi separa: vivo mi
avviluppo in un sogno
lucido

Sogno sono di me

io creatura
di sabbia

309
QUELLA SOSPENSIONE

non già l'appagata
sorpresa ma in vita
tenere l'attesa
cullare
il desiderio
-avrebbe forse
sentenziato il saggio
de 'I Ching'

sentire nelle vene
serpeggiare
il prolungarsi d'un'attesa
lancinante ma dolce

trattenere quella
sospensione lucente
simile a stillicidio
che scavi la pietra

I Ching – Il Libro dei Mutamenti

310
LIBRO DI POESIE

aspettare per farne
-forse- un "mattone"? o subito
licenziarlo
libero smilzo?

alle spalle
l'assedio degli anni: mi spingono nella
strettoia -o foce-
dell'ignoto

gioco
col tempo che resta
a sfidare la morte

visti non visti
i giorni
sciabolate di luce

a sfogliare mesi anni

311
MIMESI

icaro e le ore
acrobate
dove spegnere
inconfessati ardori

il "grido"
espanso
che nell'aria trema

l'angelo
è di cenere

312
FAME

tutto relativo
non Dio
non la fame

ho visto un'ombra
aggirarsi tra i rifiuti
non era un cane randagio
era
un uomo

pro(re)gresso?

la giustizia
artiglia urla
fame di Dio

313
NERO DELLA NOTTE

(a un dissoluto)

punto di non ritorno?

quale
sprofondo ad accoglierti

non sai più
chi sei
dentro giorni perduti

ah ti trapassi una spada di luce
ti canti nel sangue
un angelo
che ti aiuti a grattare il nero
della notte

a sollevarti
dal tuo sudario
di morte

314
VERTIGINE

'donnez moi
dammi una scala per il paradiso'
dicevo
in dormiveglia e ancora
quali nonsense
aborti di parole frasi
sconnesse

strascichi
bave

era uno scivolare
in me senz'appiglio

come
affetto da demenza
senile o
scoprire in me il bimbo
accoccolato nella mente

315
MIGRANTE

il ragazzo lasciato bocconi
sull'arenile
sembra dormire
avvolto dal manto della notte
gli lava dalla salsedine
la parte del viso
un cane randagio

ora non sentirà più i morsi
della fame

è sazio di cielo

sul corpo un fremito di stelle

316
DEL SOGNO

linea di divisione
-luna del sangue
a ricreare ancestrale
luogo-non luogo

ectoplasmi

-cerchio del sogno

asimmetrico volo

317
ASSOCIAZIONI

i nasi all'insù contro la luce
livida d'un cielo che non promette
un rondone rimasto impigliato
chissà come sbatte furioso le ali

strana associazione
d'idee se va la mente
al 'falco alto levato' di Montale

[Le parole virgolettate nell 'ultimo verso sono tratte da Ossi di seppia, 1920-1927.]

318
CONOSCO LE VOCI

(a tutte le vittime per la giustizia)

conosco voci che aprono strade
di libertà e amore
conosco i nemici della luce
che aizzano i cani neri della notte
lacerando i sogni di nuovi mattini

conosco i nomi
dei poeti assassinati
che dal sangue han levato la voce
-i loro j'accuse
come lingue di fuoco

conosco la "fame" dei senzavoce
il profondo dove si apre il grido

319
L'ALBERO DI GIUDA

tagliando per la pianura
non trovavi più il cuore

sulle punte delle stelle ti volevi
trafitto
e il sangue quasi ricamasse
una scritta ingloriosa

ma il tuo albero
ecco venirti incontro

e già il cappio
vederlo
-sinistro

320
PRIMA DEL GESTO

(altra visione di Giuda)

ti saresti ubriacato col prezzo del sangue
soffocando nel vino
quella lacerazione infinita

ma avresti solo ritardato la fine

prima del gesto estremo
scacciasti via da te quella luce
a guisa d'angelo

non potevi saperlo
eri scritto nel Libro per un ruolo
ingrato
-sulle labbra ancora il fuoco
del bacio

[Giuda Iscariota, secondo Giuseppe Berto, nel romanzo "La Gloria", aveva una missione da compiere e non è morto dannato.]

321
LUCE E OMBRA

se posso
mi cerco un posto all'ombra
- non m'ispira il tipo lucertolati
guardo attraverso gli occhiali
scuri mentre leggi per ore
distesa su uno scoglio

ha un che d'incantesimo
questa sospensione palpabile nell'aria

linea d'ombra e luce
a separarci
ma metti i tuoi ridicoli puntigli

322
STANZE

le notti inzuppate di sogni
quando
nonsense veleggiano
sulle ondivaghe acque dell'inconscio

o ti vedi seguire
una successione di stanze
e ti perdi e ti ritrovi
in ​​un'altra realtà-sogno o dimensione

323
ISOLE

concatenarsi di sequenza evanescenti
sognare di te tu di me ma mai
questi mondi paralleli s'incontreranno
li inghiottiranno onirici buchineri
così le nostre vite
trasversali un fondersi di corpi
ma isole
gli universi dell'anima mondi
di celeste fuoco che si sfiorano e
mai
combaciano

324
UN CIELO BIANCO DI SILENZI

(L'ortografia)

punto sul vivo
da strafalcioni
anche il foglio sembra aggricciarsi
attraversato da una fuga d' immagini

in un bailamme di fonemi -dalle acque
del sogno a risalire strambe
parole nell'aria di cristallo-

illividisce
un cielo bianco di silenzi

325
LO SPAZIO D'UN SOFFIO

schegge di voci
di abbandono

il pallore di luna riflette
nel bicchiere luce ubriaca

occupa
lo spazio d'un soffio

in fine consegnerai
il nome

326
POESIA-FINESTRA

dici poesia intendi finestra

affaccio dell'anima
bagnata da alfabeti di lune

è finestra su un mare aperto
poesia

per l'orecchio del cuore-conchiglia

327
IL TUO VOLARE ALTO

l'anima spando sulla terra
a ricambiarmi una solitudine
ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta
e ancor più poesia ti canto
-del mio sangue azzurra ala

ai confini della sera in quel
farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto
come preghiera

328
IL SALUTO SPEZZATO

[11 settembre: a 15 anni dalla strage]

tutti ricordano dove si trovavano
in quei fatali attimi
quando il cielo si oscurava
ingoiando cenere e odio

tutti
ricordano -i superstiti- l'ultimo gesto
-uno per tutti la mano levata
quel saluto spezzato

come il battito dell'ora in cima
alla torre

come il pulsare del cuore
straziato

329
ULISSIDE

(l'ispirazione)

prende forma la vela
dalle profondità inconsce
la governa ulisside
o forse si lascia guidare

sull'infinito mare del sogno

speculari all'acqua
emergere vede parole

il fonema del canto
su curvatura di luce

330
NEI MIEI SOGNI

c'è un donnone nei miei sogni
mi perdo fra le sue grandi mammelle
piccolo piccolo mi faccio e
come scricciolo
mi c'infilo
nel suo caldo grembo

al riparo degli tsunami del mondo

331
UN SECCHIO DI STELLE

un secchio di stelle
acqua e pensieri
ondivaghi e le stimmate
di te
nella memoria come sangue
rappreso

nel fondo a ravvivarsi
ali
e venti aquilonari
l'ingoio di soli su orizzonti
di fuoco

332
L'ACCUMULO

Tu non persegui
chi usa bilance false
lasci gli si ritorca
l'ingiustizia e l'oro
diventi capestro o ruggine

ahi l'accumulo
cui spezza il cerchio
la morte

333
NOMADE D'AMORE

gli occhi luccicanti
delle finestre
contro la lavagna della notte
che disegna arabeschi
di mistero

dove ti porta il filo
dell'immaginario o del
sognare

dove
questa strana ma feconda
inquietudine
serpeggiante nel sangue
tutti i libri letti i mari
solcati -odisseo tu
nello spirito- dove
questo cuore nomade
d'amore
ti porta

334
LA TUA VAGA ESSENZA

tocco in sogno la fiorita
riva delle tue braccia:
è una dolce pena questo lieve
sfiorare la tua vaga essenza
a un lunare complice chiarore

335
IL GRIDO

non altro che
raccogliere su foglio
il Grido l'amaro
sangue -morte per acqua-

parole a segnare
vergogne

dall'alto spettrale
silenzio su vite
lacerate

336
CASA DI RIPOSO 2

-nella vita chi non si dà muore
mangia se stesso- sentenzia
il "saggio" in degenza

la nuvola
di vapore dalla cucina offre
un che di magico un familiare
tepore

là fuori un mondo che vive
la recrudescenza dell'inverno – gli alberi
orfani di foglie e canti
.————————————————-

ASIMMETRICI VOLI
(2016-2017)

337
HITCHCOCK

mi ha squarciato la carotide
un solitario uccello nero
sparito poi alla vista
nel cielo di cobalto

distratti mi oltrepassavano i passanti
mentre mi dissanguavo

sul marciapiede
il sangue disegnava arabeschi
del sogno
-degni
del genio di dalì

338
QUEL SUSSULTO DEL SANGUE

come
non trattenere il muto grido che sale
fin dal midollo delle ossa
per te Nina ora come stella
del cielo
come quel sussulto
del sangue a non espandersi
in vasti echi
contro muri di cristallo
in questa solitudine che artiglia

morta in me l'attesa
e il giorno azzurro
e il vento e l'odore di te
oggi
che del sangue sei grumo raccolto
negli occhi

339
L'ANGELO

(conversione di San Paolo )

l'angelo sognai
sulla via di Damasco
aprirmi l'altra faccia del giorno
caddi bocconi in estasi
vedevo gli alberi camminare
tutto il mare
in una brocca

340
IN SOGNO

si amalgama il sangue
con alfabeti d'acqua
se inattesi
risalgono
dal mare i miei morti
nell'alone di luna

341
CHISSA' FORSE UNA NOTA

un rebus di parole
frammenti
di sciocchezze emersi
dal sogno non del tutto svaniti
tentare di farne una
poesia?

ma è come volere
estrarre sangue dalle pietre

quel gabbiano che ora vedi danzare
sulla spuma dell'onda
-non certo uscito
dal tuo sogno-
chissà non ti porti nel becco
una felice nota

342
COME OSTIA DI LUCE

[Ai martiri della cristianità, che hanno combattuto la buona battaglia.]

irta di rovi
la "parete" inclinata del cielo

vi lasciaste brandelli
d'anima e pelle
ora
il sangue a fiorire
come ostia di luce

343
ULISSIDE

ordito del tempo-maya
isso la vela
per terre
in sogno intraviste
risillabando
palpiti di soli
miraggi d'eldoradi
-la prua che fende
le onde
esce dalla coda dell'occhio

344
LA GRANDE AVVENTURA LA VITA

impastato di sole tu
senza paese
di terra e cielo sei
ricorda ti veste dignità

ancor giovane hai braccia
forti
per capovolgerla la vita
esci dall'inedia solleva
sulle larghe spalle i tuoi figli
fagli scoprire
gli orizzonti
dove grida la luce

345
DELL'EDEN

proiezione sei e lamento
come d'animale disperso

a trapassarti una spada di luce

riflesso di Vita vera
se dell'eden
ti abita solo
quella vaghezza come in sogno

346
LA SVOLTA

impalpabile
mistero è a volte la vita
come il sogno
coi suoi criptati messaggi
da decifrare

ti senti pedina
sulla scacchiera
in un magico sincronismo

ed è la svolta
che poi
ti rivolta la vita

347
QUI DA DOVE GUARDI

gratifichi la stima
di te con un éclair
insieme le ingoi
quelle morti per acqua
tutto già visto già ingerito

pure
cos'è che d'irreale aleggia
nell'aria vitrea qui
da dove guardi
giro piatto d'orizzonte

348
NELLA PIENEZZA

assessuato angelo
dall'immarcescibile aureola
so chi sei ti riconosco
venendomi in sogno
angelo mio specchio
io di te riflesso
nient'altro anelo
che riunificarmi
a te nella pienezza

349
LEVANTE

[leggendo David Maria Turoldo]

quanta pena
-Cristo- per togliere
il pungiglione alla morte

quando
si apriranno i cieli

e l'alba
per noi sarà luce
frontale?

350
NULLA SI PERDE

se
di sé
fu a innamorarti
una melodia ora smarrita
nel tempo

vedrai tornerà –
sì tornerà all'orecchio del cuore
viva come allora
valicando gli anni alle spalle

pure
ogni essenza potrai ritrovare
che ti appartiene
varcato che avrai il muro del tempo

come l'odore della salsedine
del legno bagnato

o -sublimati-
quello della pelle
dell'amore

351
L'ESSENZA

inadeguati noi
gettati nel mare-mondo
legati ad una stella di sangue

noi siamo l'alfabeto del corpo
che grida
il suo esserci

noi essenza degli elementi

appendici della terra

labbra del cielo

352
NON DOMANDIAMO

non svegliamo le lune di vetro
assopite
nella valigia dei nostri spostamenti

da dietro il velario
esse non sanno
dirci se siamo assoluti

non domandiamo

tantomeno alle stelle
a sbiadire nella prim' alba

e noi
nomadi d'amore
non si sa dove poggiare il capo

353
SPALLIERA D'ARIA

s'adagia ad una spalliera d'aria
l'anima monca

negli occhi di verdecielo
una luce analfabeta

invertigina l'essere in questo
slontanare

ma il nome è da sempre
nel seno di Dio

354
CHI PUO' DIRE

[a un ragazzo degli anni 60]

non certo beata
gioventù
-chi può dire
cosa s'agita in un profondo fitto
di grovigli freudiani

volevi uscire da te
ti attrasse il salto nel vuoto

"non entrambi i polsi legati
un'intera nottata a fissare il soffitto
no non faccio del male ora
neanche a me stesso"

poi il fiotto di luce
a investirti
e le venti candeline -simboliche- da spegnere
non era l'ora che partissi dal mondo
quel mondo che ancora ti chiamava
nel suo grembo di cenere e oro

355
DELTA

dove è grido rappreso
la voce del deserto

si dirama l'essere
aprendo
di solitudine le braccia rotte

356
A SPECCHIO DI CIELO

fraternizzo con Campana
se anelo al silenzio
in un gran porto chiuso ai mali
del mondo

dove a specchio
di cielo sia riflessa
unicamente la bellezza

[Dino Campana, "Canti orfici".]

357
I SOGNI ALLA DERIVA

insieme a questo corpo
vedrò staccarsi i sogni -quelli mondani
su vascelli di nuvole-
andare alla deriva
sopra un mare che più non m'appartiene

358
UN'ALA D'ANGELO

propedeutico è l'abbraccio
bellezza nell'umano
che schiude mondi ignoti

un'ala d'angelo vibra
sulle schiuse labbra
a sigillare nuova vita

359
ESTASI

[gli ultimi giorni di Paolo (Saulo) di Tarso]

ovunque mi seguivano i tuoi occhi buoni

l'anima
affacciata sul Tuo sangue lucente
ha danzato per il tempo che restava

360
DIETRO IL VIOLA

non hai un appiglio
mentre
a superarti è una luce blanda
Anneghi in un mare vasto
di ossimori
come un film sfocato
questa vita in controsenso
quasi una
finzione o solo
apparenza
dietro la viola della memoria
affondano nel nulla i tanti io

361
L'IMPRONTA

ricominciare da qui: dove l'occhio
del cuore
segue la curva della luce

dove si schiude la rosa
tra cristalli di gelo -mentre
lasci l'impronta del "fare"
anima

ti fondi nell'azzurro
rapito dal canto di Silesius

[Angelus Silesius – 1624-1677 -; poeta e mistico tedesco.]

362
LA SLAVINA

perla nel cuore del Gran Sasso
il "quattro stelle" non esiste più
ghermito dalla mostruosa
mano di ghiaccio

meglio la sorte dei sopravvissuti
ti dici
e ancora sperare
sotto la neve una voce udire
pensi ai familiari perduti
deglutendo caffelatte e lacrime

[tragedia del 18 gennaio 2017]

363
SILLABE

(visione)

mettere ordine
nei cassetti della mente
non trovare una pagina volata chissà
vedi rotolano giù
dall'emisfero destro parole ubriache mentre
sul bordo
delle orbite
piccioni piluccano sillabe s-cadute i primi smarrimenti : quando ti sembrava dovesse cascare il mondo

-disegnavi angosce o voli
pindarici nell'aria

da una feritoia ti guardava
un pezzo di cielo
-tu ragazzino -ricordi-
rifugiato in una baracca
a smaltire l' "onta" di una derisione
non sapendola costellata di provare
la tua stella

intanto
cavalli di nuvole
a sequenza
dicevano la vita leggera

365
NEL SANGUE DELLA PAROLA

ti fai strada nel sangue della parola
al primo chiaro con la luna
che spiove sui tuoi fogli

d'indicibili fonemi s'imbeve
ora la nuova fragile
tua creatura

366
IN MAGICO DEFLUIRE

peschi un verso dal fondo del tempo
tuo non più tuo
come una matrioska altri ne nascono
in magico defluire

non sai mai dove
ti porta poesia

altri ne scaturiscono che
da dentro premono
spingendo contro il costato
grembo dove sosta un dio minore

e devi gestirne
l'impeto di sangue e luce

367
PALPITI

la parola graffiante
ferita viva lascia nel bianco

l'anima in luce
di sangue
si china sulla bellezza
mentre
rossi palpiti annoda
un navigar di vele
sull'aperto mare del sogno

368
DA UN ALTROVE

a volte la tua vita la pensi
come fosse
in mano a un vento che t'avvolga
in un mantello di luce

tu che in azzurro volte
ti perdi: dimmi cosa
senti da un altrove?

forse
lontananza che richiama
un altro Sé?

369
DOVE NASCE UNA POESIA

non puoi sapere come e dove nasce
una poesia – arco
teso dell'essere che

sulle ali del vento
corteggia il sogno e
pentagrammi disegna

mentre la Musa
come una Venere
esce da un bagno di liquida luce

370
SCRIVI SUL VENTO

non vedi di là del tuo naso
se ridimensioni la trave nell'occhio
dove l'ego veleggia
per terre di conquista

corri sul filo di abissi
di vanagloria

il tuo sogno
cattedrali di nulla

girasoli accesi ed arcobaleni
pare t'invitino
stolto che te depredi
del bello

metti in tavola
pane e rancore

disamore scrivi sul vento

371
VERITA'

non scritte sull'acqua
le mie parole

pure mi nascondo
come l'inchiostro simpatico
mi paleso a chi mi sa
leggere tra le righe

sarebbe
dare perle ai porci
uno sbandierarmi ai quattro venti
per chi è sordo
alla stregua dei potenti

372
L'ACCUMULO

ti preoccupi per il vestito? e
per l'oro nei
forzieri dove urlerà
la ruggine?

la so quella certa
malattia contagiosa
serpeggiarti nel sangue

guarda i gigli
del campo – Lui dice

e
ti senti come chiuso
all'angolo

Lui: ti fidi?

mai hai visto un sì benigno Cielo
accoglierti

373
PER VOLARE

pensa: sono appena passato "di là"
eppure
non me ne sono accorto

vi si sta d'un bene ed è come
in un sogno
tanto ma tanto più vivido

ora
aspetto soltanto di vestire
un corpo fatto d'aria

per poter
volare

374
PAROLE

parole sulla bocca
dell'alba
in dormiveglia mentre
inizi l'interiore viaggio

cavare sangue
da neo-nate parole
in seno a un dio
non visto

dove sale la luce

375
VELE DI NUVOLE

escono fonemi
dal ventre della notte
quasi ectoplasmi
nell'alone di

lunabeccanti passeri
sbocconcellano
interpunzioni vaganti
con vele di nuvole

376
VELARIO

amare è fatica

caduta delle braccia

ma dal peso
mortale un cielo ci nasce

strappa dunque
il velario volgi lo sguardo
sul monte
al Cristo trasfigurato

agli ultimi
della terra

377
DISTACCO

ti fai fragile foglia
appoggiata ad una spalliera di brezza

378
FANTASIA

entravano nella cruna del sogno
salendo su per il naso
vele e gabbiani danzanti sulle creste
nei mari di Melville

era voce d'acque a lenire giorni
feriti
nell'anima a perdere

379
ARCO D'AMORE

noi siamo proiezione di Dio
e come angeli incarnati
del nostro Sé
similmente di noi
i nostri figli

-frecce scoccate oltre
il corpo
dall'arco teso dell'amore

380
ACQUA E MEMORIA

in cadenza di respiro
acqua e memoria
siamo
scafi a solcare oceani
del periglioso esistere

su un vento salato
s'invola
la sacralità della parola

381
DIETRO IL VELO

splende rosacea luce
sulla bocca dell'alba

miriadi
di stelle nascoste alla vista

come la vita
dietro il velo della morte
-a cogliere
aneliti d 'infinito

382
LE VOCI REMOTE

un'accoppiata
di parole o una frase
sentita o letta risuonano e
sono una fitta
nella mente che inizia a elaborare

il letto del fiume
è un sudario
che raccoglie le voci remote
delle anime in sogno fermatesi lì
sotto la luna menomante
di Seferis

Ghiorgos Seferis, poeta greco – 1900-1971

383
LIQUIDA

è striscia di luce verde
la mente
mentre la forma
assumi
dell'involucro-status quo

alchimie del sangue
nel vestire la vita

il chi-sei
serpeggia
si morde la coda

384
PRIMAVERA

si posano le uve dei suoi occhi
su silenzi sospesi
teneri corpi come giunchi
dondolano nella luce
sognando la vita altra

—————————————–

VITA TRASVERSALE

–LE VOCI REMOTE–

2017

1
LE VOCI REMOTE

un'accoppiata
di parole o una frase
sentita o letta risuonano e
sono una fitta
nella mente che inizia a elaborare

il letto del fiume
è un sudario
che raccoglie le voci remote
delle anime in sogno fermatesi lì
sotto la luna menomante

2
ONDIVAGHE MACERI PAROLE

quando ti rigiri tra le lenzuola
-ondivaghe maceri parole
dove latita il cuore-
somigli al gabbiano ferito
che solo in sogno ritrova
il suo mare – la vita altra

3
SOGNO DI CUPIDO

aleggiavo "per l'aere"
-io figlio di Venere- o
era il mio doppio incorporeo che
con molte frecce al suo arco
germinava amore

vedevo
nel tempo di Veneralia
in un cielo quasi dipinto
splendere carnale fiamma

[Veneralia: festività romana celebrata il I° aprile, dedicata a Venere Verticordia ("che apre i cuori").]

4
FUOCO AZZURRO

lascia che sia
più che naturale
da una forzatura un pastrocchio ne verrebbe
come l'idea di ritagliare lettere
per "confezionare" una poesia

fa' che sia lei
a visitarti col suo azzurro fuoco
ti salga fin dalle viscere
ti cali nell'humus della parola

5
LA GRANDE AVVENTURA LA VITA

"marinaio col mal di terra"
se mai ne perdessi il gusto -della vita

dal cuore della zolla il verde grida
sempre vita rinasce
all'infinito

lei è mamma-chioccia
-travalica la morte col suo tepore-amore

6
GENERAZIONI

eccoti un ectoplasma ovvero
un antenato
a sentenziare da un aldilà
-non sapete nemmeno vestirvi

-bella forza: voi con i vostri
doppiopetti
vi credevate dio in terra o guappi
noi
casual-cibernetici
della libertà siamo bandiera
il rosso
del nostro sangue nelle piazze

per le ginocchia aria di primavera

7
ELUCUBRAZIONI

dicono esce dalla testa
il corpo astrale parto della mente

è sempiterna la mente
come il reale che in sogno appare

liquida luce – oltre
la mente solo ombra o niente

8
PRIMAVERA CANTERINA

di verde in chiome folte
natura si riveste

a specchio di sole -sangue
di primavera-
becchetta
l'immagine nell'acqua
il chiurlo e ti fa il verso
se abbozzi un motivetto

9
L'ESTRO

rischiava la galera chi
procurava cibo
ai fantasmi era l'editto
del castello

pure
l'intrepido ragazzino
Arthur R. giocava il tutto
per tutto pur d'avere in cambio
versi "divini"

o più probabile fosse
solo un sogno e lui stesso sogno
nel sogno ei versi
parto del suo estro

10
MONDO DI LUCE

m'invitano i miei morti
a una uscita fuori porta
amano
farmi partecipe del loro mondo
m'avvedo
dagli occhi lucenti ei sorrisi complici
ch'è molto molto gradita
indispensabile quasi la mia presenza
ché senza orfani sarebbero
e tristi forse
pur essendo estraneo al loro mondo
di luce

11
IO SONO IL MARE

danzi su creste d'onde
gabbiano Jonathan
io sono il mare l'immenso
desco su cui ti posi
-ti guizza nel becco preda lucente-
io sono il mare tua madre
se in burrasca
vieppiù in simbiosi siamo
ti abbraccia il mio cuore trasparente
di salsedine

poi per l'azzurra volta
ti vedo svettare – verso
profondità di cieli

verso quella
libertà che aneli

12
L'INNOCENTE

già l'immagino i titoli
"classe 41 – stecchito da una raffica"

ho a volte il pallino
-farneticare dell'età-
che d'improvviso qualcuno mi spari
da un'auto che rallenta e poi via
-come in una scena da gangsters
-è fantasioso ma
freddamente reale

dove -si sa- a pagare
è chi non c'entra un bel niente

13
FUMATORI D'OPPIO

figure inconsistenti
come carta bruciata
sbriciolata d'un soffio

e
alberi che camminano
capovolti e navi
di nuvole

visioni aleggianti nelle
stanze del tuo sangue

Jonas
preso nella rete dei
fumatori d'oppio

14
SE QUALCUNO E' A SPIARTI

lasciartele scivolare addosso -dici-
distaccarti sempre più dalle cose
finanche da questo

corpo: vederti presente
a te
come nel sogno – quasi
evanescente

sogni
e sei sognato –
mondi speculari

vedi: se
qualcuno è a spiarti

non sei che tu
da un altrove

15
SOGNARMI

sull'otto orizzontale
librarmi etereo

piume d'angelo a coperta
di cielo

16
SE LASCI CHE LA VITA

il moscerino che taglia nella luce
del monitor
l'ultima tua poesia riveduta

sembra imbeversi
del sangue delle sillabe

in questo minuscolo essere
smarritosi
nella sua realtà-sogno

vedi te stesso se lasci che la vita
ti conduca lungo
i labirinti viola della mente

17
TRASMIGRA IL TUO GIORNO

compiacerti dei tuoi beni?
ma dimmi cosa ti porti
di là?

lasci pure questa veste
oggi affidata nelle mani
dei "restauratori"

-la vecchiezza un obbrobrio!

ecco vedi trasmigrare
il tuo giorno
in sudari di calce

18

ED E' SANGUE IN LUCE

esilio di carne
anse d'ombre

ed è sangue in luce
l'ancestrale fiorir
d'appigli

a schiudere il giorno

19
SIMBIOSI

di notte sto bene con me e l 'altro

sono io l'altro che -c'hai mai
pensato?- non proiezioni ombra
ombra di me è il sogno

come un bambino
avvolto dal regno delle ombre
affido tutto me stesso alla notte

20

COMPLICE L'OMBRA

non un posto al sole
non m'ispira il tipo lucertola

ora dove sosto
un venticello spira
che mi pettina i pensieri
aggrovigliati
nel cielo della mente

dove un abbozzo
di poesia inizia
a mettere ali

21
IL LA' PROPIZIO

quando sperimenti il ​​fantastico e
non focalizzata l'immagine salta
sul video della mente

quando magari
è Borges a darti l'abbrivio
il là propizio
dal suo cielo d'esagoni e sfere

[ultimo verso: ispirandomi a "Finzioni", di Jorge Luis Borges]

22
DOVE PALPITA IL SOGNO

da una dimensione parallela
il Sé in me rispecchia
la sua primaria origine
punto dell'eterno
dove palpita il mio sogno
di carne e cielo

23
TESTIMONI

di sole indorate
distese a maggese
ricamate di fiori di sangue
per mano assassina
tramante nell'ombra

vòlto al cielo: testimone
non "profeta" di
panegirici
fulminato a due passi
dal luogo di culto
le mani ancora nell'atto
di benedire

-come in un tempo sospeso
l'oscillare di grani
di rosario

24
LA CARA MUSA

ti ci arrovelli ma non trovi soluzione
ti ha lasciato a metà la cara musa

sei come quell'albero reciso
la cui ferita bianca
non si vede sanguinare

25
SIC TRANSIT

confidare
nelle cose che passano
è appendere la vita
al chiodo che non regge

è diminuire la vera ricchezza
-arrivare all'essenza

lo scheletro la trasparenza

26
RICORDA

[ispirandomi a David Maria Turoldo]

sei granello di clessidra
grumo di sogni
peccato che cammina

ma sei amato

immergiti
nella luminosa scia di chi
ti usa misericordia

ritorna a volare:
ti attende la madre al suo
nido

ricorda : sei parte
dell'Indicibile – sua
infinita Essenza

pure
nato per la terra
da uno sputo nella polvere

27
AD ALTEZZE SEGRETE

(volontariato)

spendersi
in un percorso di amore
il cuore aperto ad altezze
segrete

sperimentare l'Altro da sé
nel diversamente abile – pasta da
modellare: ci affondi
le mani e ci rivolti
la vita

lui ti ricambia con l'oro
di un sorriso

28
CLOWN

la tua magia è fumo
che vola sul tempo
fra palpebre d'aria

l'ora si fà elettrica
nel cielo
di un capriolare d'umori

29
ESPANSIONE

il sogno è proiezione? o
sei tu in veste onirica
uscito dal corpo?

sognare è un po'
essere già morti

come
nell'oltrevita
e l'essere si espande
si sogna moltiplicato
in fiore atomo stella

appendice? o
espansione è il sogno?

30
NUDO ALLA LUCE

è velo che cadrà la carne

rendere fruttuosa la morte
"perdendo" la vita

rovescio
dell'io tra nome e senza nome

ma è l'amore che mi sceglie

-nudo
alla luce

ho sognato d'essere trasparente

31
QUELL'ETA '

siamo quelli
di un'età ahimé biasimevole
se la moglie impreca
per la camicia ricamata di sugo

"l'altra faccia"
-a firma di arabeschi
di sangue sulle strade-
quell'età da sballo

32
ALLUCINOGENI

corrono brividi nel sangue psichico

dentro l'occhio di Selene ondeggia
distorto volto d'angelo

bruciarla la vita sul filo
della notte liquida

33

SANTO CHE SOFFRI

Amore inchiodato alla croce
Sole che apri spiragli
nei cuori di carne
Luce che accechi i potenti

t'incontriamo nel povero
ma non ti conosciamo
come Pietro al canto del gallo
cosa mai saremmo senza di te
che hai sepolto per sempre
la morte
chi mai saremmo se
di te facessimo a meno

l'ultimo giorno verrà
e noi perduti
perduti per sempre senza di te

Santo che soffri
che ci ami fino alla morte

[Il titolo è preso da Ungaretti]

34
TUTTO E' PREGHIERA

una farfalla è una farfalla ma
tutto un mondo nella sua essenza

la natura
riflesso del cielo è preghiera
ogni respiro ogni sangue
vòlto verso l'alto è lode

l'anima nel suo profondo
in segreto s'inginocchia e piange

35

SPRAZZI DI LUCE

non riesco a saziarmi di Te

penetri nella
mia vitrea solitudine
con sprazzi di luce come
attraverso una smagliatura

36
LA CARA MUSA 2

giungerà con quest'aria incendiata
tra un ghiacciolo e un bagno la cara
musa latitante da giorni

intanto afose notti
inzuppate di sogni
hanno complice una luna menomante

37
DIETRO UN'ALBA CADMIO

ha dipinto nel tempo il suo
"capolavoro" di nulla?
-spuntato
da duemilanni il suo pungiglione

dietro un'alba cadmio il nero dove
ogni volta la ricacciamo
-nell'oceano di energia
miseramente essa si spegne

l'humus si nutre
di vermi e foglie: non si rinnova
la vita mangiando se stessa?

in un palpebrare di luce
del sangue l'aprirsi in fiore

38
SU ASSONNATE RIVE

su assonnate rive uno scorcio
si frange di tuo vissuto: i tanti
io disincarnati i tanti
ingoiati – non hanno più
ombra che nel sogno
nell'onda del sangue

39

VIVE UNA LUCE

vive nell'akasha una luce che
custodisce quel mosaico che dici
destino

tu sei l'ombra
del Sé: l'alterego o se vuoi
l'angelo che
ti vive a lato nei
paradossi della vita

40
FRATTO IL TEMPO

fratto il tempo dove
è ritrarsi di vita
come da risacca l'onda

il mostro a tratti
ghermisce la memoria
che vuole eradere ricordi

l'angelo è cenere
dove gridano ustioni
di luce

41

INVETTIVE

[a Padre Pio, tacciato di impostura]

una parola un fendente

minimizzi

l'orgoglio un ordigno
inesploso

carità
ti accompagnerà nella polvere

42
TENTO VERSARE VERSI

tento versare versi
sulla chiara facciata del foglio

"navigare di nuvole pigre" -questo
l'incipit
ma ahi cara musa
son già qui arenato

potrei imbastire una rima
tipo fiore-amore o
scrivere il verso più bello
dettatomi in sogno

pure
fibrilla nel sangue un qualcosa
che non saprò dire

43

NELL'OLTRE

imprigionamo paure
in mantelli marchio privacy
ci genuflettiamo
a ipocriti sorrisi

nell'oltre
non ci son porte e chiavi
è tutto -in trasparenza-
un fondersi di sguardi

44
COL TUO CORPO D'ARIA

[A Mirta Rem Picci, 44 anni, suicida il 17.7.17.]

ti attirò lo strapiombo del vuoto
mentre mani cercavano afferrarti

un buco nel cuore hai lasciato Mirta
al tuo amorevole amico

ora
danzi il flamenco che amavi
col tuo corpo d'aria

e da un altrove "detti" poesie
quelle
che non hai avuto il tempo di scrivere

45

CASA DI NUVOLE

a volte non è ancora poesia
ma la sua forma possibile

lasci che fluttuino parole
che essa prenda sangue e voce

ti lasci condurre e non sai
dove ti porti
-dimorerà
la poesia
forse in una casa di nuvole

TRASMIGRA IL GIORNO

46
TRASMIGRA IL GIORNO

compiacerti dei tuoi beni?
ma dimmi cosa ti porti
di là?

lasci pure questa veste
oggi affidata nelle mani
dei "restauratori"

-la vecchiezza un obbrobrio!

ecco vedi trasmigrare
il tuo giorno
in sudari di calce

47
IL GRIDO

non lasciare ch'emerga
il mostro come da abissi
marini fa' che affoghi
nel suo sangue

rabbuia nelle vene il giorno:
grido che tende
levarsi nell'aria rossa

48
INFINITE VITE

infinite vite possibili
ha forse l'anima
quel che è detto da taluno
l'essere moltiplicato

mai si chiudendo il cerchio?

è come attraversare innumerevoli
porte nei meandri dei sogni
o abbandonarsi a visioni
di déjà vu

non si chiuderà il cerchio se
come si sa
è del Demiurgo un continuo creare
infiniti
mondi-entità col solo sognarsi

49

QUEL SORRISO

senti la vita quasi fosse
apparenza in vaghezza di sogno

l'anima è disperata dove fitta
trama d'ambiguo s'incaglia

ah le uve dei suoi occhi: uno spasmo
di luce – una spina nel sangue

e quel sorriso -oggi
che ti sorprendi a inseguire ombre
in cerca del suo profilo-
ti si trasfigura in un graffio
difficile da decifrare

50
SEGUENDO L'OMBRA

i tavoli tra ombra e sole dove
sedeva chi più non c'è

la mente è in fermento
nel lento giro del sangue
in questo scorcio di cielo

mi sposto seguendo l'ombra
seduto a leggere Brodskij
mentre
lo sciabordio dell'onda mi culla i pensieri
che vagano
sul filo di versi in fieri

mi distoglie
il ronzio di una mosca: salto un rigo
nero della pagina

il libro si chiusura di scatto
sul giorno azzurro

51

MEMENTO

la luce si spalma
dentro la parola
che di sé vive:

a ricordarci la bellezza

lasciarci impregnare
di fascino
nell'orfanezza del sogno

52
SANTIAGO

traversare il ponte sull 'Atlantico
t'ispira qualcosa
che appunti in un angolo sicuro
della mente

dopo
per davvero
guardi in un modo diverso le cose

è quello stupirti
amando l'Amore

il cammino di Santiago
finisce nell'Oceano

[percorso Fatima – Santiago di Compostela]

53

L'ASCETA

è nell'invisibile dice
l'architettura dell'essere –
perfezione la carne che si
trasfigura

il resto è apparire o maya: mondo
i cui regimi e regni andranno
capitolando – insieme a chi
li rappresenta

54
SUL CANCELLO

drappo viola dalla finestra affisso
sul cancello di fronte: un altro vicino
agli ottanta è andato a miglior vita –
non ritirerà più
il giornale al mattino
il passo pesante il fiato corto

unificatosi col suo doppio
ha lasciato qui la zavorra

55

EROS E THANATOS

far l'amore e la morte sono in stretta
connessione:
l'appagamento è un dolce morire

attimi che sembrano infiniti
perché amore e morte si abbraccino

come la terra nel suo grembo accoglie
le foglie cadute

56
CRONACA

"in luce di sangue vita ti diedi
e tu l'hai gettata nel cassonetto"

ahi quel cielo di carta stampata
che s'indigna sotto gelida penna!

57

SCORCI DI SETTEMBRE

scorci di settembre è l'ombra
a dominare i posti prima assolati
che trovavi nelle tue uscite

familiare ti è l'ombra ed è
dissonanza se ti sorprende
il pensiero di quel bambino che
dopo il crepuscolo ha paura del buio
e se non mangia arriva il mammone
con tre tocchi -sotto il tavolo

[mammone: in gergo è l'orco]

58
IN TE LA LUCE

s'inginocchia in te la luce

ti dividi
nelle due dimensioni:
dreamtime e corporea insieme

a sorvegliarti è l'Occhio
interiore –
il tuo doppio di perfezione celeste

[dreamtime: il tempo della creazione]

59

ANGELO DELLA LUCE

adagiati creatura del sogno
sulla curva del nostro abbandono

la lontananza è ferita insanabile
un cielo d' astri divelti

e tu balsamo sei
-tu orifiamma tu altezza
sognato stargate-
dove voce insanguinata c'inchioda

dalla caduta

60
LUCE ALTA

luce alta – paiono
incendiarsi le finestre degli hotel

un altro caffè
spezza la mattina –
strilli
di bambini in pineta lampi di
sole tra il fogliame

"Dio c'è" è la scritta sul
muretto che delimita la spiaggia

dichiararlo a cuore aperto:
ché un miracolo
è la vita

61
QUALCUNO TI CONOSCE

-non credi in un dopo? e
in un prima? e il mondo
pensi s'è fatto da solo?- ti chiedo
e tu t'aggrappi agli specchi

ma nulla va perduto
sai:
Qualcuno ha contati
tutti i tuoi capelli

davanti
a un pericolo mortale

un'invocazione ti salirà alle labbra?

62

IN VAGHEZZA DI SOGNO

ti rigiri e vedi -in vaghezza di sogno-
un te estraneo vagare
per strade buie e vuote
come un sansebastiano a trafiggerti
gli strali della notte - senti
recalcitrare
in te l'uomo vecchio -ah convivere
con gli umori di un corpo-zavorra-
ti avvedi d'aver perso le chiavi
di casa mentre un gallo
canta
in lontananza ed è l'alba

63
PIU' D'UNA VITA

convivere con gli umori
di un corpo di morte

dall'animalità all'angelo: questa
l'impervia salita

più d'una vita se dal sangue
fioritura sia d'ali levate:

ogni passo ne perdi una piuma

64

ULISSIDI

andare per procellosi mari in cerca
del proprio nome l'origine
la loro Itaca

coglierne forse la voce nella
cavità del cielo
insufflate le narici da un vento salino

quel battito del sangue
di cui si parlerà a un nuovo approdo

ei morti? quelli che sono
parte del loro cuore alla ventura?

entrati nel mito
essi custodiscono
quel mai perduto nome

65
FORSE UNA NUBE

(a Pierluigi Cappello)

mi accoglierà un non-luogo
non più inalerò resina di abeti
alle finestre degli occhi colombe
bianche si poseranno
mi abbraccerà vaghezza
forse una nube vorrà dire casa

66

DI STAGIONI DI SOLE

ho sognato mio padre -non è giunto
il tuo momento- mi ha detto

di nuovo agli alberi cresce
la folta chioma
è tempo dei gatti in amore
-il ciclo si ripete della vita

quante ancora ne restano
di stagioni di sole -mi domando- di quel
sole che si spande come liquido oro
sul tavolo a cena

67
FIUME D'ECHI

rotte voci e forme
impermanenti
sotto luna menomante

anime siamo
che si cercano

fiume d'echi
la cui scia
porta con sé il lamento
di nomadi d'amore

68

VANAGLORIA

la forma assumi dell'involucro-
status quo
mentre a preesistere
in te specchiato
è quel pizzico di vanagloria
ingannevole capriccio
che rimonta a un giro di vento

69
IL GRIDO 2

resilienza questo vivere
morigerato e anse d'ombre
dappresso dove annega il grido

sudate notti e sogni
scollati da grigie albe

e chiederti
se non sia impari lotta
aggrapparti a rupi erose dai venti

70

LE MANI AFFONDI

in emorragie di non-senso
ricacci al fondo il Sé
superiore
uniformandoti al mondo
le mani affondi
nel sangue delle convenzioni
mentre
all'angelo lucente del sogno
tarpi le ali
facendolo all'alba svanire

71
FONEMA

insufflato dal dio
passa come un vento di mare
il ricercato fonèma

che nel sogno dispiega le ali
di scintillante bellezza

72

CUORE DI PAGLIA

è dell'umano il tempo
non certo dell'anima e ti pare
d'esser sempre giovane anche se
vicino agli ottanta il fisico non rende

se cavalchi
un'emozione ecco spunta una lacrima
e senti capriolare
questo cuore di paglia

come un imberbe a prima cotta

73
RICAMBIO D'ALI

va controtempo in un ricambio d'ali
l'angelo insozzato di mondo

nel sonno del giusto
abbevera le radici
del sangue della luce

74

QUEL SENTIRTI

può piacere quel po' d'intontimento
in banchetti interminabili
col capotavola
che devi urlare per farti sentire
due parole per darti un contegno
col tuo dirimpettaio
non toccando temi impegnativi s'intende
controllando i freni inibitori
una comunione di anime allegre
ma tutti i commensali alla fine
si resta perfetti estranei

poi fuori il freddo pungente
a sollevarti il ​​bavero e
quel sentirti un cane di nebbia che vaga
che ha perso la strada

75

ETERNO PRESENTE

kronos esce dal mare
prenatale

il domani è un imbuto
dove fluiscono gli oggi
coi sordi tamburi del sangue

dove in fondo
agli specchi annegherà la
realtà
relativa: lì il mondo che

si vede
rovesciato

76

SULL'ACQUA

sul grande mare del sogno
veleggiano i miei morti
gli occhi forti di luce
con un cenno m'invitano
al loro banchetto sull'acqua
d'argento striata

m'accorgo di non avere
l'abito adatto
cambiarmi rivoltarmi
devo
vestire l'altro da sé

77
INQUIETI FUOCHI

nuvole a stracci nell'azzurro
curva ariose di voli

vastità di te solo: figura
inespressa lacera ombra

ti aspetti una eco un suono
in questa sospensione

inquieti fuochi son gli occhi dell'anima
mentre guardi
un gabbiano staccarsi dal tramonto

78

LA REGIONE DEL SOGNO

la via regia puoi dirla
vita trasversale
nell'ondeggiare di curva di luce

del pensiero allucinato
vedi prendere vita
le figure surreali di dalì

e ancora da questa

infinita vastità del sogno
emergere gli angeli di rafael
o le eccelse visioni
di blake su uno sfondo viola

[Via regia: definizione di Freud del sogno; Rafael Alberti, poeta spagnolo]

79

E IL VENTO S'IMPIGLIA

(soliloquio)

in meditazione ti trovo
assiso sui gradini del tempo

chi interroghi
sotto una luna menomante?

vedi

e se fosse soltanto un apparire
questa vita

protendimento di un luogo della mente

dove passano navi di nuvole
in sogno e figure
evanescenti e il vento

che s'impiglia in grovigli di foglie

80

L'INVERNO DEL CUORE

[mancanza dello stato di grazia, ovvero aridità d'ispirazione]

sentirsi disabitato

simile a quell'albero nudo
da cui son fuggiti i canti

vivere
di stelle spente

81

FEDELE ALLA VITA

mia vita
senza rete t'appigli
alla Bellezza intaccabile

a quella del cuore e alle
armoniose figura della danza
o del cavallo nel bianco salto

finché ti chiedi dov'è
lei l' irraggiungibile
non tutto è perduto

voltato sei sul giusto
versante lucente ancora
una volta – vita

fedele alla vita

82

IL GRAFOMANE

sei tu che graffia con la penna
questi fogli che raggricciano
come una bianca pelle

i tuoi quaderni riempi
per lasciare ai posteri parola di Dio
mentre qualcuno da lassù

guida la tua mano
a riempire fogli e fogli
come in trance

vivi di grandiose visioni celesti
e anzitempo contempli
di Dio il volto

[Jakob Lorber, si definiva "lo scrivano di Dio" – mistico e chiaroveggente sloveno, 1800 – 1864.]

83

NELLE NUVOLE HAI CASA

dimmi Nina: che vedi
tu che hai casa nelle nuvole
tu che sai il linguaggio dei voli?

forse
la giovinezza spezzata
che ora in lampi di déjà vu ritorna?

o
rivivi nel cuore
verde dell'acqua

che ti vide sirena emula del canto
di odisseo

-rapimento
dei sensi
che in sogno ancora mi seduce

84

IL POZZO DEI RICORDI

come la volta celeste
s'immilla di presenze il sogno

in questa moltitudine
la tua
cerca il non rassegnato cuore

ma è beffarda sequenza
come seguissi
la velocità d'un treno

forse la tua figura è sepolta
in fondo al pozzo dei ricordi

da cui risale flebile
eco

85
DUE NOTE

e come puoi oggi accennare
a quel motivetto che ti arrovella
se non è la mente
sgombra da impellenze che artigliano

restano due note nell'aria
monche
e il canto strozzato come d'un
barbagianni

mentre abita
il cuore
una danza di foglie

86

QUELLA PARTE DEL MONDO

[la sorte degli immigrati morti nel Mediterraneo]

è un presentito bianco grido
il cielo proiettato su
quella parte del mondo: un mare
tappezzato di cadaveri

agghiaccia il sangue mentre
la forchetta è nell'aria

o
non smuove la vista e
l'assuefazione è sovrana?

87
SOGNO

è calda l'acqua dell'oceano
ove sono immerso come quando
ero nello stato prenatale

traquillo nuoto non ansia mi prende
anche se scorgo solo
davanti a me l'orizzonte

ed ecco
vedere venirmi incontro
i miei morti portati sull'acqua

e
madido di luce destarmi

88

L'ELEMENTO CELESTE

tornerò ad essere pensiero espanso
quando dalla scena
sarò sparito
dove si curva all'orizzonte il mare

sarò forse atomo
fiore o stella e

in estasi

mi unificherò all'elemento che da sempre
mi appartiene

89

UN ARCO SULL'INFINITO

dal non-luogo che immagini
non potrai quel giorno
farci un fischio per darcene notizia

se sarai per davvero
passato a "miglior vita"
mettendo a frutto le esperienze
secondo gl'intimi
desideri irrealizzati quaggiù

e se vestirai un corpo
d'aria e sarai arco
teso sull'infinito

90

DOVE L'ANGELO

una dove di trasparenza t'assale
ti entra nei sogni

azzurro soffio di vento
sul sangue psichico

luce ferita
dove l'angelo con ala pietosa

i crudi patimenti copre e il tuo cuore

---

AFFLATI
2018 – 2019

1

SPARDUTAMENTE ALTROVE
(2018)

un intrico di rami
fitto a mo' di tetto -quasi
a contenere la dolce indolenza
d'un meriggiare montaliano

vastità di te solo
a spandersi
in un infinito galattico

saperti
così sperdutamente altrove

2

CALVARIO

(a San Massimiliano Kolbe)

portavo le mie quattr' ossa sul calvario
accomunato alle migliaia di sventurati
lungo i binari della morte

ti parlo
a nome di chi nome non aveva
ti parlo dalla regione del dolore
con la bocca dei morti

ove germogliano fiori
di quel perdono che non è dei vivi

3

SILLABE

pilucca sillabe
la mia anima di carta

l'attraversa noetica luce

ammicca la musa nell'azzurro
dei miei

epifania vaniloqui di voli

4

LE SCALE DI MONTALE

quante volte ho sceso scale
pensando a "quelle" di Montale
-ancor giovane ti senti e il braccio
non l' hai voluto-

e quella certa luce a flettersi
sulla mia dolce indolenza
nel sentirmi chiedere che si fà
stasera

voglia non ho di uscire -ci assediano
gli anni-sediamo sui gradini
del tempo sotto una luna menomante

(2018)

5

IN UNA SOSPENSIONE LUCENTE

dormire abbracciati -io che non
riprendo sonno-
il glu-glu-glu di colombi
sul terrazzo-

a inondarci la bianca luce
delle stelle che andranno a svanire

una mosca è il verso che mi ronza
in una sospensione lucente

sento che creando noi si viva
d' infinito

6

COSA VUOI NE SAPPIA

(parla un agnostico)

tu dici
il sopra è il sotto citando I King
ma cosa vuoi ne sapere
di capovolti cieli e dell'essere
"rivoltato" a un colpo di vento

erudiscimi allora e dimmi
cos'è la verità tu che non
la ritieni un optional

io so soltanto di terra
e non ho baricentro

lascia perdere l'anima e dimmi
se qualcuno mi ha chiesto di nascere

7

IN SOGNO

vedevo di dalì il Cristo pie(a)gato
gli orologi molli danzare
mutando forma
i lunghi colli
di modigliani curvarsi
e gli uccelli di mantegna invadere
il pennello mio studio
lasciando deiezioni

ancora intinto nel giallo
il di kandinskji

[Opera di Dalì: "Cristo di San Juan de la Cruz", 1961]

8

GEOGRAFIA DI GRAFFI

dirò di quella volta
che l'ondata mi strappò
come una gigantesca mano
dallo scoglio

pensavo fosse finita
mentr'ero sballottato
come una cosa

poi mi guardai
la geografia di graffi

e mi toccai
inebetito

9

COME NUVOLE PIGRE I PENSIERI

di quei momenti che
come nuvole pigre i pensieri
veleggiavano verso isole di milza
nell'essenza del sogno

e lei tenerezza
in sorrisi di rose
ad aprirti il ​​cuore nel passare
come un arco nel cielo

10

LA SCRITTURA

torna sulla terra
pensa alla
realtà degli ultimi ai
margini

i voli non fanno
per noi
lasciamoli ai sognatori

la tua penna sia invece un fuoco
a trapassare l'essere -voce
di chi non ne ha

e la scrittura

-angelo di giustizia- si elevi
in ​​luce

11

ORIZZONTI DI PALPITI

il cuore a specchiarsi nel grido
di luce mentre stormi
d' uccelli
disegnano asimmetrici voli

e
si mutano in forme d' animali
le nuvole

l' urgenza di ricreare orizzonti
di palpiti
su tela o bianco foglio

l'arte
è un viatico per restare
immortali

12

L'ASSENTE

è nella natura delle cose
-dici quasi rubandomi
luce dagli occhi-

che la foglia maceri rinasca
sul ramo e allo stesso modo
l'assente

ha il suo "posto" etereo e
d' un sangue e una voce vive
come invisibile radice

13

HIKIKOMORI

stiamo pulendo le strade dai sogni – tutto
così asettico e

ora non sappiamo dire
i ragazzi dove appenderanno i loro
aneliti

senza saper vedere
il giallo d' una foglia
raccogliere il grido d' un gabbiano

il virtuale li reclude
-hikikomori- nelle loro stanze
sempre più in tenera età

e il cuore annaspa

senz'aria

14

LUNGOPO'

noi due mi dici
siamo della stessa pasta
-quanto a me non so dire i difetti
la trave nel mio occhio

le anatre abboccano
le nostre briciole
tra dorati riflessi e giochi d'acqua

tu
ti mantieni bella e gli anni non sciupano
questa luminosità del viso

mi chiedo quanti inverni
ancora nelle ossa
che gemono nelle giunture

15

AUTUNNO

amore vagabondo dicevi
di smemorate carezze
nei primi versi giovanili

perché poi vagabondo
oggi non te lo spieghi

tempo
uggioso diresti uguale
mestizia
a ottenerebrare il cuore

ripensi con nostalgia
alle corse tra sciabolate di sole
nella verde età fuggitiva

autunno è la stagione dei morti

17

ULISSIDE

occhi di terra e di cielo
e oceani
occhi ove vive
noetica luce
a sognare procelle e bompressi

e
un'itaca lontana

esce dalla coda dell'occhio
il tuo vascello
a circumnavigare terre di mistero

ed è casa
di mare aperto
l'anima del viaggio

18

I PASSI IN CADENZA

sei la mia spina
Rosa
pelle di pesca

ti elevi e danzi
sopra le nuvole
a corteggiarti le stelle

invidiano
gli angeli i tuoi passi
in cadenza

tra archi di luce

19

LISTA D'ATTESA

e siamo in lista d'attesa
dici con un mezzo sorriso
-dall'angolo del labbro la stessa
sigaretta mai accesa

anche vivere è un vizio che
-aggiungi scherzoso- ci dovremo
togliere un giorno

ed è umano chiedere se
possibile una dilazione al
Pantocrator

spiralante il pensiero – navigano
gli occhi in un mare
d'aria

20

IL COMPROMESSO

(divertissement)

l'hai adocchiata da tempo
la bella villetta
in cima alla collina
col suo bel giardino
e tanto verde intorno
dove possa correre
felice la tua cagnetta
e tu a fare footing

non vorresti fosse un sogno

hai anche studiato
la planimetria
sei pronto per il compromesso
e accendere un mutuo

ma di': non corri troppo
dentro il tuo sogno e
ti comprometti?

21

IN QUESTA VITA CHE VIVI

l'angelo veste una parabola
di carne

egli
la tua entità lucente
la tua statura

luce della vita messa negli occhi

22

SENZA TITOLO

un'alba cadmio
apre spazi
inusitati nel cuore

usciti dal sogno
beccano sillabe
gli uccelli di maeterlinck
in un cielo di vetro

da un luogo non-luogo
le uve dei tuoi occhi
chiamano il mio nome
genuflesso nella luce

23

NELL'OLTRE

[Parla il ragazzo che ha perso la sua amata in un incidente.]

il tuo sangue spanto -Nina-
che intinge
di deliranti arabeschi le mie notti bianche

e quell' albero con i cuori incisi
a sopravviverti – le radici impregnate
del nostro amore

ma tu anima di stella
sei nell'Oltre

24

NEI CIELI DI TORINO

nei cieli di Torino
promette pioggia livida luce

uno sguardo di sottecchi
al vicino di panchina
mentre leggo Kavafis

-le dà fastidio il fumo?-
al mio cenno spegne
garbato come ne trovi pochi

la metro e sei al centro
Porta Nuova la trovi
intasata di affaristi ed extra-
comunitari
un cappotto liso fa da coperta
ad un barbone e il suo cane

ad uno sputo è in sosta
una testarossa fiammante

tra i morti ei viventi
il ​​mondo ha denti aguzzi

25

IL ROVESCIO

spossato sono dal mio sogno
non mi sovviene per quale ragione
nell 'ondivago moto del cuore
mi disperavo e
come un agnellino piangevo

il sogno dicono
è il negativo del reale
il pianto è gioia
e lo stesso sarà entrando nell'orbita
di cieli dell'Oltre?

il rovescio dunque
di questa realtà che ci appare
per speculum in aenigmate?

mi aspetto buone nuove
prosit!

26

SOGNO DALINIANO

(splendenza rubata da un
non-dove -mi dico- questo

piccolo universo racchiuso
nel profondo di noi piccoli
universi)

mi ero
annullato in pensieri allucinati e

in un abbaglio di figure

Gala e Mae West mi sorridevano
sdentate

[Tra i famosi dipinti di Dalì: Gala, di origine russa, sua moglie e musa; Mae West, attrice, New York 1893 – Los Angeles 1980.]

27

DI LUCE DI SANGUE

sostanza
sei di luce e di sangue

le cellule cambiano di continuo e
non sei più lo stesso di prima
-com' è ogni ciclo in natura

ma eco
insopprimibile in te risuona
d'immortalità:

sempre a
superarti

a superare d'un passo la morte

28

ANGELO

angelo icona della volta
che mi vedevi da lassù
la testa all ' indietro
a contemplare i lineamenti perfetti

nei tuoi occhi vedevo palpitare
il cuore della Bellezza e
m' incantavo

poi per paura
del male del mondo
la sera mi rifugiavo nel sogno
di te e toccavo il cielo

quando
dopo la mia accorata preghiera
venivi a visitarmi

29

ANSE D'OMBRE

anse d' ombre
notte bevuta sudata notte
un grumo di sangue la parola
nel bailamme l'anima dissolta

sogno sputato
l'essere svuotato di forme

ad un cielo muto appeso il grido

30

L'EGO

non è che fumo
il tuo riflettere se
al tuo (d)io t' pollicini

l' interpellarti cade nel vuoto
come un assordare di cristalli

inutile imbiancarle
le pareti pregne
d' insormontabili retaggi

31

TUTTO E' ANCORA POSSIBILE

ti senti altrove e il più
delle volte fuori dal coro

ti chiedi se -nell'ordito della vita dove
si spezza la parola- ti sei perso
qualcosa – vorresti allora
rovesciarti come un guanto

riconoscerti come il
fuori del tuo dentro

aprirti a un' alba che
diradi questa
corolla di tenebre

e sai che tutto
è ancora possibile

32

COSI' ESISTE LA PAROLA

così esiste la parola
nutrita del sangue degli dei

prende il largo quello che si dice
afflato o musa ispiratrice
alla scoperta di fonèmi

fa cerchi concentrici
nel lago fondo dello spirito

33

ALLUCINOGENI

stato d' incantesimo
inventarsi un cielo
delirio che
sanguina luce

l' anima travestita
a farsi pseudo-
incarnazione di un sogno

breve estasi – amara
al "risveglio"

34

LATITANTE LA MUSA

sillabe cadute dagli occhi
l'ingoio di stelle a svanire

"credi resistere ai piaceri della tavola
ma dai che hai -fidati-
il colesterolo buono":

questo
salvi dal tuo dormiveglia – relitti
a galleggiare sul mare ipnagogico

tenti trarne una poesia
giri in tondo con le parole – latitante
la musa

35

MIGRANTI

segni indecifrabili
lasciano lungo il percorso
come orme sulla sabbia

è stato un miraggio
la terra promessa

negli occhi pezzi di cielo
a dire l' avverso destino

resta un muto grido
di scatole nere sepolte nel cuore

36

DI GIORNI A PERDERE

nel bailamme di giorni a perdere
in virtuale ti giochi
la vita testa e croce
all'altezza di precipizi
ti avvolgere il manto del vento
cogliere il fiore-essenza del tempo
dirti se l'esistere sia
quasi finzione o sogno

37

IN BILICO

giungeremo
nell'Oltre dove le ombre
parlano col vento

increduli e colmi
di lucente meraviglia – noi resi
impalpabili
essenze e vieppiù reali

tanto che ci parrà un sogno
l'aver attraversato
nella carne la morte

nel circolo del sangue
noi in bilico

un piede nel mistero

38

ALLO SPECCHIO

oh un rospo-invettiva
mi sta lì
lo raccolgo in un foglio
intanto lascio gridino le pietre

per la bellezza deturpata e
il suo esse-o-esse
per i figli del progresso dio-boomerang
dai chiusi orizzonti e una vita
di passi perduti

per l'uomo e il suo specchio
dai mille rebus irrisolti
dove confluisce la sua storia

intanto la luna
non più ispira rime e sogni

divorano topi famelici
la polpa del mondo

39
INDIVISA SOSTANZA

sono indivisa sostanza
dimora delle origini
porto il respiro di voci
tra ramate ombre

nelle trame del vento
lascio si dilegui la morte
mi vivono nella carne
illimitati cieli

mi ustiono di rosacea luce

40

QUANDO L'ANGELO

quando l'angelo verrà a chiamarti
discreto senza tromba
e avrai lasciato questo corpo frale
-burattino senza fili-

leggererà nel cosmo la tua essenza
col bagaglio di esperienze e sogni
(quei sogni che non muoiono mai)

sarà un capriolare
di dolce vertigine

come immergerti in una pace amniotica

41

LA DOMANDA

l'abisso capovolto della croce

duemila anni
e il grido vano lacera l'aria

"Padre perché"

sasso
gettato nel lago del mistero
la domanda

a toccare una
impercettibile
morte apparente

42

A DARE SMALTO A UN SOGNO

silenzio allagato di luna – una
silhouette nella mente ondeggia
e gli arzigogoli
a dirmi vano
il ricordo sgualcito dal tempo

dalla foto color seppia
mi guardano
i suoi occhi velati di mestizia

-ah l'assedio degli anni
e il cuore
a dare smalto a un sogno sbiadito

43

SOGNAI ATLANTIDE

vaghi e ondosi pensieri
risucchiati in nero gorgo
si fecero sogno-incubo e
il sangue gridò sugli orizzonti perduti
mentre la mostruosa mano dell'oceano
ghermì in un baleno
intere terre sommergendole
e l'antica città sparì

solo un gabbiano planato
sulla bianca cresta laggiù
sembrava farmi il verso

44

CON GLI OCCHI DELL'OLTRE

con gli occhi dell' Oltre
ci guardano i morti

e il tuo avvolto nel sudario
delle convenzioni
tu che ti pieghi nello specchio
nel dirti quali ombre
il tuo cielo offuscano e

quale trave ri-cresce
nel tuo occhio

con lo sguardo dell' Oltre
ci vedono i morti

se stessi ei vivi
gli è dato perdonare

45

LA MANO DELL'ANGELO

(leggendo una poesia data immaginita)

-ma è mia questa poesia?-

avviene che il sangue dirami
il suo flusso e il cuore
sia per un attimo terra
di nessuno

le tornate alla luce
poco a poco
si fanno riconoscere

come rispolverate
dalla mano dell' angelo

46

UN RICCO NATALE

(essenza in fuga è il cuore
a disperdersi
tra luminarie ed epifanie del nulla)

mi sovviene quel Natale
che l' angelo si staccò da me
per chinarsi benevolo
sul derelitto sotto i portici all'addiaccio

fu il calore in quel giorno santo
a farlo sentire ancora
persona

["epifanie del nulla": espressione presa in prestito da un amico poeta]

47

DALL'INERZIA

scuotersi dall'inerzia: vegliare
con le lampade accese
nel turbinio del mondo

olio non manchi della saggezza
mentre
come acqua di fiume scorre il tempo

a riva
non cali densa tenebra

48

LO SPIRITO DELLE COSE

quell' essere consanguineo
con lo spirito delle cose – non sai a volte
che smarrimento ti prende

vivi in ​​una bolla
di vaga luminosità e
ti si confonde il sangue con l'indaco
del cielo

l'inerzia ti tende
la mano ma senti che tutto
può ancora accadere

49

NO MAN'S LAND

ti lasci scivolare addosso
le avversità o le mille e una fake
news nonché le tragiche
morti per acqua

il movimento eludono gli occhi
di un volo
sotto una luna bislacca

sei terra di nessuno
dove non battono i tamburi del sangue

50

NEL MISTERO LUCENTE

non vedrai più per speculum
in aenigmate
assorbirà la tua essenza il Tutto

nel suo mistero lucente
sarai nella danza la danza
sarai sull'arcobaleno del cielo

sarà come abitare una casa sul mare

con lo stridio dei gabbiani e nel
sangue vivrà per sempre il fiore
della passione

ti sorprenderai
di aver contribuito a dare al mondo
la bellezza

51

RELATIVO IL TEMPO

relativo elastico
il tempo -sovvengono
gli orologi molli- i tuoi busillis

aleggiano sul vuoto
annegano
nel sangue della clessidra

annaspi nella spirale
del tempo uroborico – idolo del nulla
il tuo io si frange negli specchi

52

COME NELLA PRIMA LUCE 2

diciamo che non sai
da dove è venuta l'origine
di tutto

solo che sei
orfano di Dio

dalla voce alla notte
sognando di uccelli
che volano in fondo agli specchi

e ti avvolge la bolla
di un tempo non-tempo

come nella prima luce

53

CADERE DAI CIELI DEL SOGNO

cadere dai cieli del sogno
fino allo stato di coscienza
-che ha occhi per riconoscere
il frutto proibito

avanzare su filo teso
acrobati tra nuovi barbari
votati all'arrivismo
in un Battesimo di deliri

cala il sole ingoiando i sogni
la concupiscenza va di fiore in fiore

la bellezza è sfigurata e
la poesia annaspa

54

DIMENTICA

[mi giunge voce in sogno del Glorioso]

tutto dimentica come Io ho dimenticato

nelle tue preghiere mi supplichi
di liberarti dalle catene della carne
mentre urla il sangue
le "piaghe" in questo scorcio d'anni

e come può non accoglierti la luce
se tu da questa hai origine?

ti dico dimentica
i bianchi deliri della solitudine
i voltafaccia
dei giorni perduti

dimentica
come io ho dimenticato
sulla croce

55

PER STUPIRSI

per stupirsi bisogna
fermarsi

l'impossibile si fa
possibile

riconoscere ciò che sembra
umanamente assurdo:

l'anziana rimase
gravida – la vergine partorì

stupirti –
come sentirti

scricciolo sul palmo della
Sua mano

56

ETERNO PRESENTE

Lui il Giusto l' ha in tasca
la morte

dunque niente
paura: quel che diciamo
il nulla
non esiste

di terra e sangue
anelito e cielo siamo

oggi è il sempre
eterno presente

57

LA ROSA DI SANGUE

in sogno spio se
riesce a passare "qualcuno"
per la cruna
Dio non è stanco
mai dell'uomo

gl' insulti gli sputi
gli scivolano addosso
Lui perdona sempre perché " non sanno"

sempre viva è la rosa di sangue
e splende di bellezza

58

LE ISOLE DEL SOGNO

un certo alone di magia ti avvolge
ed è quello stato di grazia
che ti fa veleggiare su navi di nuvole
verso le isole del sogno

a risillabare
fonèmi e palpiti t' invita
la musa dai generosi seni

sotto una luna ammiccante

59

CHI CI DIRA'

chi ci dice dove
sarà la nostra essenza

non lo sapremo
che di là

forse
spogliata dell' io
convoglierà nella memoria cosmica

dove arde il sangue
col palpitare degli astri
in un continuum di vita

cosa saremo
chi ci dirà?

60

IN UN TEMPO SOSPESO

in un tempo sospeso
appesa resta la sillaba
a una goccia d' inchiostro

quella che non sai dire

che si avvita nei gorghi
dell' immaginario e si dibatte
per uscire da sé

il nudo respiro
lo avviluppa
un lenzuolo di sogni

61

FRAMMENTO DI STELLA

da altro sangue
a convergere i nostri destini
e tu dicevi
"trentaquattro all'alba"
di giorni da sgranare

poi Nina frammento di stella
a renderci lieta la vita

e
a reggerla tutt'oggi
siamo noi i bastoni
in un mondo dagli orizzonti incupiti

62

NELLA TUA CONTINUIRA'

ci stai ancora bene nel tuo soma
malgrado la spada di damocle degli anni
spiacevoli un giorno
lasciare i cari libri e
l' "abitudine" alla scrittura

ma nella tua continuità
la mente espansa
avrà infiniti collegamenti e
sarai tu il motore di ricerca

sarai nel Tutto e tutto
è te -cos' altro più-

63

C'E' DEL BUONO

sempre ci si trova
a scalzare la morte
noi umani o la foglia la rosa
damascena

si riveste ad ogni ciclo
la natura – ingiallito
grida il cespuglio il verde nuovo

c'è del buono che ci salva: trovi
allo sportello
chi un sorriso ancora dona

64

COME MONNALISA 2

simile alla monnalisa
che il tuo sguardo segue se ti sposti

è musa risvegliata l'idea latente
che in modo misterioso ti prende
corpo e anima

allora dallo stato di grazia
ti lasci portare al guinzaglio

65

DUE NOTE 2

due note
insistono nella mente
risalendo da un altrove in sogno

inducono
a una mestizia
che non sai dire

come quando intenerisce
il cuore
abbeverandosi a un filo di pietà

66

PER NASCERE FARFALLA

rivolti convenzioni
ti affidi all'inaspettato che
abita ogni tua cellula e sangue

rovesci il senso
del mondo: strato su strato
risali
cieli

per nascere farfalla

67

UN CANTO NELLE VENE

scompariremo

sì – la verità ci attendere

spariremo alla vista
per essere altro: forse
vaghezza di nuvola o
sorriso di fiori

saremo volti
che galleggiano
sulla superficie del sogno

e avremo nelle vene un canto

68

Il BELLO CHE HAI DENTRO

(a una madre)

sarai o già sei musica e luce
se vivi per il bello
che ti fa vibrare le intime corde

pensi è un miracolo questo
fagottino che ti trovi in ​​braccio
che dorme come un angioletto

nessuno potrà strapparti
il ​​bello che hai già dentro

che ti supera

69

FIORE DEL SOGNO

fiore del sogno
ricamato di nonsensi
su sbavature di ossimori

sequenza di figure
daliniane
uscite dalla bocca della notte

fiore del sogno
che apre oblò
sul bello o sulla follia

70

SAPREMO

sapremo – io di te tu di me dei nostri
scheletri nell'armadio
di ciò che non ci siamo detti
delle ammutolite coscienze nell'ora
alta delle scelte
dove si curva l'orizzonte dei pensieri

sapremo – non per speculum
in aenigmate: trasparenti saremo

71

E OGGI CHE MI RITROVO UOMO FATTO

padre che sei rimasto di me più giovane
consumato anzitempo
una vita sul mare e le brevi
soste col mal di terra

avevi la salsedine nel sangue

così presenti
mi restano le rare passeggiate
mattutine e mai che mi avessi preso
per la strada in discesa
a cavalcioni sulle spalle

di carezze non eri capace

e oggi che mi ritrovi
uomo fatto
sai: mi fa male quel distacco

72

CONOSCERO'

[ispirandomi a David Maria Turoldo]

non oso toccare
il Tuo amore: rendimi
bianco come neve

per quel giorno che
mi si schiuderà la porta
che mi tiene nella morte

invadendomi la luce

allora
conoscerò
come sono conosciuto

73

DIRE DEL SOGNO

dire del sogno
di orologi molli e
di allucinate visioni
dell'inconscio che s'apre a ventaglio
portandoti a guinzaglio lungo
corridoi asettici senza
interruzione di porte

sentirti avvitare
nella vertigine
capriolare nell'orbita
di stato ipnagogico

risalire
al grembo-casa di mare

74

LO SPAZIO DI UN VOLO

ahi i ponti sgretolati
o pure considera quelli
detti collanti di carne e di sangue

e il desiderio che
si fa arco d'amore
filo teso d'acrobata

all'altro capo sei Nina

e mi vedi adesso
varcare fra nuvole in sogno lo spazio
di un volo fino alle tue braccia

75

DEJA'-VU

a perforare il bianco silenzio
l' eco d' un gemito lungo
corridoi e alle volte
di camere d' albergo dei suicidi

v' è un qualcosa d' ancestrale che torna
per condurti dove sei già stato

nel tuo profondo il pendolo oscilla
dì una vita trasversale

76

PER STUPIRTI

in extrema ratio
ti aggrappi a curva di sguardi
per poterti ancora stupire

conoscenza è dall'alba dell'uomo
il primo anelito

in un cielo di silenzi
il tuo richiamo si spezza

77

SE AMORE SCRIVI

salverà il mondo
la poesia? no di certo non è cosa
immanente: il suo grembo è di celesti
aneliti ed è voce
di conchiglie che fa eco nei sogni

è la smorfia del clown
il bacio
condito di lacrime in un addio
l'ala d'angelo che perde una
piuma se senza il cuore "amore" scrivi

78

L'ENIGMA

il bambino col nasino all'insù
lo sguardo è un punto interrogativo
-i suoi perché

vagano nello spazio -alati- e
cristallizzano

altro l'Enigma
-racchiuso in una bolla-
altro i perché
dall'antichissima voce
alveo di siderali lontananze

-è il sogno il nostro specchio?

-dietro il velario di carne
chi siamo?

79

L' IMMAGINARIO

[Leggendo "Finzioni" di JL Borges]

l' immaginario apre al volo ea squarci
di vite trasversali

realtà sfumanti
nel mistero: parvenze a rapirti
in insondabili cieli d' esagoni e sfere

porte spalancate
a risucchiarti
in innumerevoli stanze

fino agl' inaccessibili meandri
del sogno

80

UN VAGO SCANDIRE DI NOTE

ti stringe il cuore un vago
scandire di note
legate a quel ricordo di lei
reciso dalle forbici del tempo

con l'imbarazzo del ragazzo imberbe
le lasciasti due versi d'addio

chissà non sia nell'aria
la risposta e la porti nel becco

il gabbiano
che scorgi al mattino
lambire le creste dell'onda

o solo plani
a inalare respiri
d'amanti dei fondali

81

ONIRICA

altro il reale mi dico –
a trapassarmi una lama di luce

mi sveglia un'accecante
finestra-specchio

mi vive ancora una distesa
di mare
a riempirmi di serenità –
vedevo venire dal largo
i miei morti che mi sorridevano gentili

non mi sentivo carne ma solo sogno
sapevo d'essere

82

PROFUMI NINNOLI 2

[sindrome di Stendhal]

profumi pinzette ninnoli
la collana sulla specchiera
resta a dire il gesto
dell'indossare

spesso
nelle sere vuote
una mano ti attira nella tela
effigie di lei e il suo sudario

ma peschi solo sogni
di ragno
dentro la vertiginosa trama

83

NELL'ULTIMO SANGUE

ora nell'ultimo sangue
è il vuoto delle braccia

ma sai non è difficile
far rivivere
la tua figura dall'ali recise:

un po' mi consola
la visione
di te languida riversa
sull'amaca

mentre gli uccelli ti cantano
sulla testa

84

UN NON SO CHE

a volte
un nonsoche ti attira
come lo scandire di versi armoniosi
o la luce di uno sguardo

ci vedi un mare
aperto e

pescatori cotti dal sole
a prendere a morsi la vita
sognare la morte

un bimbo che piange
una donna che aspetta il suo uomo

tutto un mondo ci vedi

non sai spiegarlo
questo incantamento che ti fa star bene

questo amare la vita

85

LA VERGINE

se lo mangiava con gli occhi
il suo bambino
riscaldato dal fiato animale

dovrà -nel dolore della luce-
bagnare di lacrime i piedi della croce

Mater dolorosa – et
admirabilis

tu dal celeste manto

davanti agli ultimi ritocchi
Raffaello
insonne ti guarda rapito

---

DELL'INDICIBILE
2019

1

SINCRONISMO

[ispirandomi a Jung]

quando dici
nel posto giusto al momento giusto
-o sbagliato se vuoi- e ti chiedi
cos' era a spingerti:
fatalismo o un
sincronismo d' eventi

certo
non potevi non passare
da lì in quel preciso istante
-prestabilito?-

dove ad incrociarti era il tuo
alterego

2

A NUOVA PRIMAVERA

[la carenza dell'ispirazione]

sono quello spazio
che ti dice bagnami
del tuo humus come una terra
abbandonata

che implora
di ridonarmi luce
nutrirmi coi fonèmi che conosci

farmi sentire vento
che sulle ali conduca alfabeti
come una preghiera

ah rimpiango quel sillabare
di palpiti di soli
che ora in sogni monocromatici
mi appare irraggiungibile

implora
quel vuoto spazio che sono
di farmi rinascere a nuova primavera

3

LA TENTAZIONE

immagina quanto dover
sembrare infiniti
gl' istanti della carne che urla

quando
in due è diviso l'essere

entrerebbe in te un mare
sul cui fondo
ti avviluppano tanti tentacoli

se bastassero le braccia incorporee
della mente

a liberartene

4

NOI OMBRE STAMPATE

album – libro bianco
di noi ombre stampate

vi è sospeso
il rosso grido
del fiore che anela aprirsi

fiore della nostra essenza
sdoppiata
nel tempo piegato su
quello specchio di tenebra

di figure estinte

5

ANCHE PER VOI

salgo sulla croce anche per voi disse con gli occhi
rivolto a quelli che lo inchioderanno
anche per voi che ancora nei secoli
mi schiaffeggiate sputate
negando la vita buttandola tra i rifiuti
aizzando popolo contro popolo
sotto tutte le latitudini
salgo sulla croce anche per voi
che mi sprecate nelle icone
per voi nuovi erodi/eredi della svastica
che insanguinate la luce delle stelle
oscurando la Notte della mia nascita
anche per voi potenti della terra
razza di serpenti
che non sopportate di sentirmi nominare
dal mio costato squarciato fiumi di sangue
tracciano il cammino della storia
la mia Passione è un solo grande urlo muto
di milioni di bocche implorante
dinanzi al vostro immenso Spreco
con cui avete eretto babeli
di lussuria come cultura di morte

6

VENTO SALINO

[ispirandomi a
"Febo, cane metafisico" di Curzio Malaparte.]

alla mia cagnetta piace inalare
il vento salino

quando sulla battigia
lascio libera e
lei va veloce come una saetta

poi arresta la corsa e
naso all'insù -lo sguardo
un punto interrogativo-

scruta un cielo carico di nubi

forse ci vede figure
strane – forse animali

come succede a noi umani

7

L'ALBERO INTAGLIATO

il bosco brulica di vita –
primavera l'albero
intagliato

lo abbraccia la luce – pende
dal ramo il sapore di un addio
il suo palpitante sanguinare

come la ferita di un tronco
fulminato

8

DI FIAMMEGGIANTI PALPITI

(ad Alda Merini)

di fiammeggianti palpiti
dicevi garbata
ea un tempo sanguigna

cantando
lo spazio dell'anima

dei voli asimmetrici e
di amori tuoi devastati

cantavi

mentre ti fuggiva
dagli occhi la vita

d'albe di sogno la luce
vedevi salire ai Navigli

e senza remore
nudo esponevi
del tuo sangue il fiore
martoriato

9

DA UNA PARABOLA

una terra "dove
scorrono latte e miele"?

breve
il tempo – vedi è già sera

prostrato
dinanzi alla Sua splendenza
di "roccia spirituale"

la voce odi che
disarma:

"dammi il tuo cuore"

10

ABBRIVIDISCE UN CIELO

un cielo abbrividisce bianco di silenzi

guarda Signore come mosche annegano
i tuoi figli – un mare di cadaveri

niente più scuote sorprende
-agonia del mondo

quando finirà: ancora e ancora
speculano sulla pelle dei miserabili
gli scafisti trafficanti di morte

11

FEBBRE AZZURRA

del senso del bene
che ti prende per mano o del
sentire indicibile
suggerito dall'angelo che non vedi

febbre azzurra
di quell'agitarsi nel sangue della musa
o dell'infinito spazio
della mente aperta al sogno

quando chiami i morti
la cui empatia
ti dona uno stato di grazia
che oltre il giorno perdura

12

NO MAN'S LAND 2

l'incognita dell'ora – sempre
a metà strada noi che siamo
terra di nessuno:

il fratello oscuro
che s'agita nel sangue

a mimare
il dolore del cosmo

penetrati da tutto il freddo
del mondo –
immersi nel mistero di noi

13

CHI TI CREDI

(contro la prepotenza e la superbia)

usi il plurale maiestatis
ma chi ti credi
aureolato tu di vacue
onorificenze
che col lupo segui la pista
del sangue

Nightmare per te se
ti fronteggiasse un davide

ad abbattere con fionda quel tuo trono
di tracotanza

anche le pietre canterebbero – sì!

14

L'AFFRONTO

oltre l'età
dell'oro o della incoscienza
sbattiamo la faccia contro la notte

il primo impatto
forse quando
ci si isola perché ci hanno
gratuitamente derisi

e non sappiamo quali
"affronti" o spine o ferite
tenga in serbo la vita
per noi

sotto un mutevole cielo

15

IMMAGINI PASSEGGERE

la composizione dell'apparire
di cui è fatto il mondo – maya
se vuoi o fuoco dipinto

in questo vortice d'ombre
noi siamo
a noi stessi estranei: forse polvere
di stelle o solo immagini
passeggere

specchiate in un vacuo sogno

[fuoco dipinto: da un verso di Maria Luisa Spaziani]

16

LA LUNA NEL BICCHIERE

al quartiere della movida
addentano luccichii
bevono la luna nel bicchiere

dopo l'alto livello dei decibel
un silenzio striscia lungo i muri
tra vertigini di ebbrezza

chi saprà decifrarli
i respiri spezzati dove la parola
impastata annega

e nel cuore
incenerisce la carezza di un dio

17

LE PAROLE LEGGERE

come pensate
vogliono subito uscire nell'aria
posarsi sulla pagina-lenzuolo
sotto tante lampade

vite in fieri
chiamano legami

fan ressa una
scrematura è tuttavia
pressante

si cercano nel sangue
in epifanie di luce

18

MESSAGGERI

se li richiamiamo alla memoria o
solo diciamo il loro nome

ci rassicurano coi loro
impercettibili sussurri

per dire
eccoci

messaggeri incorporei
aleggiano su altri mondi – recepiscono

echi di tante entità –
vogliono dirci: "non siete soli"

19

GLI SPONSALI

(impressioni da un matrimonio)

banchetto luculliano e la musica
a palla il sorriso ebete da
"bicchiere di troppo"
lo spellarsi delle mani
il bacio casto la lacrimuccia
e

prima che il tempo li sciupi
l'indomani i fiori
andranno ad onorare i cari
familiari passati a miglior vita

20

SEI L'ATTESA E LA FERITA

Dio ti sognò e fece
del tuo sangue una cattedrale
sede del co-creare

sei l'attesa e la ferita
-da te così distante

fatto di abissi capovolti
e frammenti di memoria – cavalchi
il dorso del mare

dove un'itaca chiami senza voce

21

LE PAROLE

le parole giacciono avvolte
in sudari
toccate dalle mani dei morti

neonate
le scrive il mattino
sulle ali del vento

concepita dalla notte-madre
sanguina luce
quella che credevi smarrita

22

ED E' UN PRESENTIRE

siamo buchi neri
affamati di cielo

ed è un presentire
come una mano sulla spalla
il doppio celeste che
chiama dall' intime fibre

estrae dalle viscere la memoria e
la custodisce nell' akasha

attende il ricongiungersi
nell' abbraccio cosmico

23

COME ONDE DI LUCE

il già e il non ancora
la prima venuta e la seconda

quando
i cieli si apriranno e

come onde di luce o
purezza d' angeli

schiuderà la parusia atomi
di verità

24

I POETI

i poeti "maledetti" vanno via presto
neanche il tempo di assaporare la gloria
-gira nella testa un celebre verso
di Bellezza o di Rimbaud-

vogliono mostrarci il passo d'addio
affacciati a un cielo carico di futuro

25

SOSTA

ricalchi i miei sentieri
riflettendoti in ogni mio pensiero
angelo che da me sei
invocato
da che ti so nell'oltre

tanto somigli -uno
stravedere?- a quello della volta
che da bambino in estasi guardato
naso all'insù per ore

oggi -pesano gli anni e aspetto
il ritorno al grembo- mi crogiolo
s'una pietra ancora calda di sole

nel giorno che declina

26

LA SPINA E LA ROSA

sin dalle acque creaturali
prerogativa del cuore
la spina e la rosa

emersi da naufragi-di-sangue siamo
fioriti dagli occhi – prima
di trasmutarci nell'aria

la luce una velata "ferita"
rosa che s'asconde

27

FANTASIA 6

che se mi chiedessero
ti piace la vita da clochard
in un certo senso approverei: non fosse
altro che per sentirsi libero
come un uccello senza il burocratico cappio

(ma vedere un poveraccio morto all'addiaccio
sì che ti stringerebbe il cuore)

i vivi mangiano i vivi ei morti
sono concime per la terra

un giorno
mi piacerebbe spuntasse almeno un fiorellino
all'altezza del mio cuore risciacquato e nero

28

IN UN DOVE RIFLESSO

(dedicata alla donna)

affido alla pagina
questo grido inchiodato

te lo vedo
in un dove riflesso

materializzarsi nel braccio
a inane difesa dai colpi ciechi
del vile

affido alla penna
il raccapriccio
per la rosa di sangue che si espande

in questi tempi oscuri

29

LA FORMA DELL'ACQUA

il nostro sangue si confonde con l'indaco
colomba il volo d' una rondine s' eclissa
dietro una nube

camminiamo con i piedi nella morte
-chi più cosciente chi meno-
siamo

senza bandiera terra di nessuno
-la forma dell'acqua
è quella che la contiene

30

D' ISPIRATA LUCE

le ali azzurre della fantasia
sono vele ora e ti vedi
odisseo
a solcare i grandi mari
lambire inesplorate
terre
le vergini terre del sogno
dove s'imbeve il nascere
d' ispirata luce

preludio alla bellezza

31

LIBRO SACRO

la riga nera balza dalla pagina
è cuore sanguinante
soffio dello Spirito che accoglie

è la piaga del costato
delle mani trapassate dai chiodi

produrrà i suoi frutti
non sarà polvere nel vento
la Parola fatta pane

32

GLI ALBERI DANNO UDIENZA

il noi è scalzato dall'io
l'altro neanche più lo si calcola
la sacralità della vita è una favola

le nostre menti che
per secoli d'arte e bellezza
hanno gettato al di sopra della notte
ponti di luce

ora annaspano in un vortice mortale

palpita la terra tradita
gli alberi danno udienza agli gnomi

33

VITA ZINGARA

ama passare interi pomeriggi
appollaiato sull'albero preferito
con la frescura delle foglie
dove nella pace gli nascono poesie
o si diletta a contemplare per ore
la lunga teoria di formiche amiche
che sanno dell'aria e del sole
non del peso della vita

un' idea
sarebbe trasferire nei suoi versi
insieme all'asimmetrico avanzano
l'istinto conservatore
nel loro ben ordinato universo
nonché la frequenza dell'atto
sessuale
di cui si dovrà documentare

quest' uomo ama la vita
zingara senza cappi
gli mancano solo un paio d' ali

34

GEOMETRIE INGANNEVOLI

(della tentazione)

giorni si dipanano
in geometrie ingannevoli

il maligno si cela tra le pieghe – tu
percorri lo scintillante sentiero
dove l'esistere
s' imbeve delle radici della luce

lui è lì a spiare mentre
inconscio ti pieghi nello specchio

35

APPARENZE

qui
di noi solo apparenze
-ridimensionati siamo
-acqua e memoria un sogno di volti

delle nostre ali -dalla nascita-
abbiamo perso ogni tanto una piuma

e la chiave del cuore
-ahinoi- dimenticata in soffitta
tra arnesi fuori uso
mangiati dalla ruggine

36

RILEGGENDO

rileggendo capita mi sorprenda
la mia penna

sangue o inchiostro?
-quando le scrissi le parole

pareva aleggiassero
guidate da una mano d'angelo

o emergeva dal sogno il loro
criptato alfabeto

così dai fonèmi
ero portato al guinzaglio

37

IN DIVENIRE

vorresti
levitasse l'anima in cerchi
espansi nell'etere
mentre rappresi restano
negli occhi pezzi di cielo

cadono voci
come in frantumi di cristalli

su mari aperti -vedi-
si scrive la vita picara

38

COME CAMMELLO

come cammello da cruna
o porta stretta passerà
di là il sangue genuflesso
l'Eccelso adorando ?

esulteranno allora le tue ossa ?

chi a dirti di capovolti cieli
-rovescio dell' apparire-
se non l'angelo inavvertito ignorato
nei giorni grassi

39

IL CUORE DELLA LUCE

(Monna Lisa)

più che lo sguardo in sé
lo avviluppa il cuore della luce
entrando nel quadro

quella luce enigmatica che
lo seduco come musica lieve
sottofondo di un oltretempo

a saziare il suo cielo

un mare aperto in quegli occhi
d'inesprimibile incanto

40

CAINO

hai levato il braccio
e hai capovolto i cieli

dai recessi del sangue
rimonta la melopea selvaggia

hai sul collo il fiato di colui
che abomina la Croce

e ti trascina nel vortice osceno

41

SEMBIANZE

aiuta la vecchia foto seppia
se non ti venisse in sogno lei:
si perdono i contorni precisi
non di rado nel labirinto interiore

ah ricreare di palpiti un vago
sentire
nel tempo caduco che mastica
sembianze e ricordi

come quando nell' immobile luce
su un' altalena si dondolava la vita

42

SCATOLE NERE

scatole nere nel cuore sepolte

hanno banchettato i pesci nel ventre
del relitto ignari che la storia
del mare abbia un sangue e una voce

sul fondale il salone
è un acquario dove sullo specchio
piace immaginare
-resistita al tempo- una scritta
buffa col rossetto -ma jolie-

la coda dell'occhio
ha impresso
un ovale di donna ottocentesca

43

PALPEBRA DEL CIELO

(estiva)

giocare con le nuvole
raffiguranti capre o cavalli

confondersi queste con i pensieri
allucinati di uno stato ipnagogico

lungo il nastro autostradale

per te l'estate si è chiusa
con un forte temporale agli scorci di luglio
con ombrelloni divelti e fuggi fuggi

a chi dirai
non ci sono più stagioni – sì
che ammicca una palpebra del cielo

44

BARBARIE

vedi passarti l'esistere – vivi
il fuori del tuo dentro – ti
appare "un sogno la vita"?
-e il dolore quello

del corpo crocifisso
o lacerato da cavalli in
direzioni opposte? ti fai

un film voci in un' era
di barbarie

tuttavia la nostra
a quella -ahinoi!- s' ispira

(Pedro Calderòn de la Barca – 1600-1681 – "La vida es sueño")

45

IN UN DOVE

in un dove che non sappiamo
che c'è festa perenne
il vino giammai manca
è il sangue della fratellanza

in un oltre che non conosciamo
il leone giacerà con l'agnello
noi abbracceremo
senza braccia chi ci aggrada
in una cosmica kermesse
dove non vi sono cuori ostili

46

APEIRON

la luce-energia
fatta densa
nella materia si oscura

di che siamo fatti dunque?
energia del cosmo
stretta a imbuto
in un tempo rallentato?

forse

corpi-in-prestito che
si levaranno dal letto di tenebra

per sfociare in un
altro mare?

47

LA VERGINE 2

la bellezza che ti colse
rosa d'amore
t'imporporava il viso di fanciulla

era il fiat
la bellezza fatta persona

ala d'angelo
a custodirti
non ti preservò dalle brutture del mondo

Mater dolorosa
pie(a)gata eri ai piedi della croce

48

POESIA E'

la poesia è traduzione
da una lingua sconosciuta

è dall' Origine –
dal Verbo

è lettere storte sull'acqua

poesia è del vento e della foglia

è il cuore delle stelle o la musica
della pioggia sulle tegole

la fiamma che arde
della nostalgia di Dio

49

SI LEVAVA ALTO NELLA LUCE

(a Pablo Neruda)

sia il tuo verso la ferita
a farsi nuova voce – lettera
di fuoco – j'accuse

(nella terra di sangue e d ' amore
si levava alto nella luce
il tuo Canto generale

a cui facevano coro i morti ammazzati)

50

DA QUEL DOVE CHE T'HA ACCOLTO

(certe volte sembrava che un punto
ci attraesse oltre le nuvole – o
almeno così era per me)

e dunque anche tu
adesso mi precedi
varcando il mistero
con la valigia di sogni

non mi aspetto un fischio da quel dove che
t' ha accolto

-per te sempre estraniante
a ragione: essendo noi
mortali

51

CANTO DI SIRENE

la normalità non esiste : la vita
è una continua sorpresa
in luce-ombra navigante nel sangue

saltate le coordinate
-farfalle di fumo- niente

di più facile che canto di sirene
svii
dallo scavo del profondo ove il Sé

si manifesti

52

VERRA' IL TEMPO

c' è tempo e tempo
quello della gioia quello del dolore
la vita ti ha insegnato a piangere

non puoi chiedere di essere liberato
se è stabilito
che il cornuto ti deve stare dappresso
con la tagliente sua lingua biforcuta

verrà il tempo
-oltre il tuo lento morire-
a rimarginare le ferite della luce

ora nello specchio
vedi agitarsi le ombre dei tanti
io vissuti

i tuoi errori

53

LEVARSI IN FIORE

(la crisalide si posa
sulle dita dell'alba)

muore
l'animale resta l'entità
dell' origine

Mente infinita espansa
inondata di luce

ed ecco l'anima levarsi
in fiore

54

CORTEGGERO' LA BELLEZZA

trasvolerò mari d'aria
tra galassie interstellari
stanchi di questo mondo ipocrita

troverò assegnato un posto
secondo i meriti
dove abiterò per sempre

lì corteggerò la bellezza
presentita mai conosciuta
sulla terra

55

LA PAROLA CHE SANGUINA

colgo la parola che sanguina:

scrivo la vita che
si alterna tra naufragi e
benedizioni

ulisside impenitente
rammendo le mie vele
reduce da viaggi psichici

ho dimestichezza con la morte
con la stessa naturalezza
del mio sapermi eterno

-- -

TRASPARENZE
2019- '20

1

GIOBBE

Signore liberami
da questa gravezza della carne
-ora mi pesano gli anni
come macigni-

ascoltami – quando
il sangue grida le ferite della luce

ed io come giunco ​​​​mi piego
in arida aria

2

MUSICA SACRA

mi attirarono le note dell'organo

il tempo si era fermato e
fu come uscire fuori da me
uno sconosciuto luogo di pace
mi accolse

non era sogno o visione: quella musica
sacra era divenuta parte
di me del mio spirito

mentre mi avvolgeva una luce
noetica
in empatia con gli angeli ei morti

3

L'EGO 3

apri il giorno
come una scatoletta
-usa e getta

ti affidi alle vacuità dell'oroscopo
la tua nonchalance
dove ti porta
il cul-de-sac che imbocchi
ti si ritorce in un grido

ti dico svuotati
abbandona l'io: fa'
che confluisca nell'immenso mare
del noi
dov' è condivisione

ché svii da quelle insidie
​​dell' abbraccio mortale

la vita ti sia una colomba
che si posi sulla mano

4

NECROSI

cos' è che ti cresce?
fa senso vedere – cellule
morte si autoespellono
attraverso il dito in
sudorazione

porti con te questa escrescenza
pendula a mo' di piccola
cresta o mini-veliero se
ci lavori di fantasia

infine la bruciatura e
te ne liberi

al limite -pensi-
eliminare le impurità è forse
aspirare all'angelo

5

L'AMORE CHE SAPPIAMO

l'amore dal volto della Bellezza
quello che si avvicina
all'assoluto

non è di qui

l'amore che sappiamo
quello che ci lascia un cangiare di nuvole
ad adombrare aride spiagge

ci assalirà con un vuoto
ad ogni sospiro

dolore d' una perdita
dall' origine del mondo

6

IN QUESTO GIORNO STORDITO DI LUCE

in questo giorno stordito di luce
il mio lavoro incessante
di sole

per gli ultimi
i senza voce
i perseguitati che Lorca cantava

per i bambini scandalizzati
dal prelato

-meglio per lui dice il Vangelo
legarsi una pietra al collo

il mio è questo grido che rilancio
contro le sbarre dell'indifferenza e
la viltà di chi trama nel buio
di una notte di pietra

di chi gira sul proprio asse
ombra che sanguina nel vento

di chi segue la pista del sangue
e ha il passo pesante
sopra la tenerezza

canto per la dignità dell'uomo
che fa della sua insopprimibile libertà
ali di luce

a lambire le fonti del sogno

7

DELL'IMMAGINARIO (DEL SOGNO)

li vedevo salire dal mare
dal grande mare aperto
i miei morti che dispensavano sorrisi

era esplicito il loro invito
lo si leggeva negli occhi forti
di luce

ma una vocina dal di dentro
mi diceva
che non era giunto il tempo

8

BOCCHE DI CHITARRE

alla sua morte per fucilazione
anche le chitarre emisero lamenti –
a un ordine dei generali
dalle loro bocche uscirono insetti
bibliofagi
a divorare pagine e pagine
di versi sparsi per il mondo

ma lo spirito del popolo è vivo
la memoria è vasta come il mare –
venne ricomposto il poema
insanguinato
fino all'ultimo rigo-respiro

si può uccidere un poeta
non la poesia

(Federico Garcia Lorca, 1898 – 1936)

9

IL CASO E' QUEL PER CENTO

tutto è convenzione e il caso
è quel per cento che fa il destino

se ci troviamo
nel posto giusto al momento giusto
-o al contrario- è quella
sincronicità indimostrabile

che fa ruotare i mondi e noi
non siamo che
mistero a noi stessi

piccoli astri

Sincronicità: concetto di Carl Gustav Jung, 1875-1961

10

TRA LA BESTIA E L'ANGELO

tra la bestia e l' angelo
corda tesa sull' abisso

nel divario della mente dove destrieri
scalpitano inesausti
bivaccano i tuoi fantasmi

o si mimetizzano tra
la fantasiosa tappezzeria dei divani

semmai si annoiassero sai
dove trovarli: a giocare ore
e ore con le nuvole

tenendo al guinzaglio i sogni

11

LE IMPRONTE CHE HAI LASCIATO

fermatosi il giro del tuo sangue
non avrai più nome né voce

le impronte che hai lasciato?

impigliati ai rami
fra cirri e nembi

l'essenza dei tuoi versi sparsi
i ricordi i sogni gli io che fosti

forse dal fondo dello specchio
riaffioreranno

-in una luce ferita-
quelle immagini a un moto del cuore

12

IN QUESTO MOMENTO SOSPESO

il guanciale intriso di sogni
tu languida ti volti per un bacio
come calamite i corpi si attraggono
lenta c' inonda la luce dell' alba

sembra quasi
che la pineta affacciata sul mare
ora voci nella nostra camera -noi
rami in un ricambio di foglie-

anche in questo momento sospeso
si può sentire un assaggio d' eterno

13

NEI CIELI DELL'INCONOSCIBILE

e in quel momento ora x
è solo un reso
consegnare le ferite
alla terra
la luce degli occhi al cielo

e
farsi plurale

ponti di luce nella Mente espansa
a invadere e aprire varchi

dove ali di un già presentito
sogno -aperte
per il volo-

si librano nei cieli dell'inconoscibile

14

PICCOLI MONDI

essere in sintonia
-cuore e mente-
con l'universo

come nel sogno abbandonato
il corpo -noi piccoli mondi
nell'alto mare aperto:

ulissidi
a lambire
terre dell'inconoscibile

nella pienezza dei sensi

15

LA POESIA CHE CI SALVA

la poesia
è la bellezza che ci salva
da questo stare inadeguati nel mondo

vedi
con la poesia non si scherza
(a parte palazzeschi e qualche altro)
essa vuole nascere dal sangue
macerarsi nel profondo fino a
mettere ali

non lo crederai ma i fonemi
aspettano solo d' essere chiamati

la costruzione
va da sé dev' essere armonica
come un diapason
col traboccare delle emozioni

16

NUGOLI D'ANIME

riposano i corpi mentre la notte
ha tra le braccia nugoli d' anime
rivolte verso la stessa fonte di luce

ondivaghe
fuori dal guscio esse aleggiano
insinuandosi nei meandri del sogno
si trovano a percorrere
corridoi interminabili

o tra vertigini di spazi
a capriolare
si trovano in ambienti familiari
rivivono déjà-vu

17

RINASCERE NEGLI OCCHI

all'inizio nel tempo
primigenio
il primo stupore in un volo

ai piedi dell'angelo
sarà poi precipizio della luce

ma si resta
nella memoria della rosa
che vuole rinascere negli occhi

18

A GUIDARTI LA MANO

vedi un gabbiano planare – tu
assiso s' uno scoglio nella
calura di luglio qualche verso abbozzi

sarà tautologico ma è quanto
ti sale da dentro:

"siamo di terra ma lo sguardo dice
la celeste origine – la sua
luce dove l'anima dimora"

è aspirazione alla bellezza
a guidarti la mano:
non con inchiostro ma col sangue
scrivi

19

A PRESCINDERE

questo uscire rientrare nell'alveo celeste
è racchiuso in un tempo
rallentato
un lampo nel cuore dell'universo

t' è stato messo nel cuore il senso
dell'eterno – a prescindere

ogni giorno ti riscopri vivo
come il seme

20

AL PARCO 2

gli prepari il posto a tavola
come quando era in vita lo senti
vicino gli parli in sussurri e
con dolcezza

son passati tre anni da quando
lo portavi in ​​carrozzina al parco
-nell'incipiente primavera gli alberi
mettevano folte chiome-
e ogni tanto ti fermavi
per asciugargli un filo di bava pendente

ricordi
le sue parole: chi non si dona
mangia se stesso

21

ALBA

nella luce che sale
generosa sei
come musa che l'abbrivio dà
col primo verso

-aria
di vetro – parola sospesa

come andare in mare aperto

sogno o stato di grazia

22

ALLE PORTE DEL MARE

cicatrici di luna il rosso grido
delle estati lunghe sulla pelle
quando liberavi le ansie
inchiodate alle porte del mare
di sandokan emulando nelle
ore di canicola
le scorribande a perdifiato pei vicoli
cerbottane e bandane
prestandosi al magico
rituale
con vele e bandiere
panni stesi nell'accecante sole

23

ANCHE TU A PRECEDERMI 2

un salto a volo d'angelo
a superarti nella luce

una luna assonnata
ti sovrasta –
ammiccano stelle

anche tu
a precedermi -amico di penna-
sulla via dell'Inconoscibile – sei uscito
dal cerchio d'ombra

dal quadrante dove batte
l'ora del mondo

24

ANDANTE

dopo l'ultima pioggerellina
i saltabeccanti passeri
muovono una piccola danza sul mio davanzale

troveranno le briciole della mia colazione

m'immagino in sottofondo
un andante di vivaldi

e
nello sdilinquire del cuore
mi si apre il cielo

25

ANELITI D'INFINITO

è la vela rossa della Passione
a prendere vita nel tuo sangue spanto
nella luce

ti dai d'amore in anelliti
d'infinito
anima persa per rive sfiorite
negli occhi

26

ANTINOMIA LA MORTE 2

rinfranca il pensiero d'essere
immortale -e già dalla ferita della
creazione lo sei-

la morte ti cerca?
dal guscio uscito tu sarai altro

l'anima libera sarà dai lacci
lo spazio mentale onde di luce e amore

niente d' imprevisto se la morte
non ti sorprenda più della vita

27

ASSONANZE 2

aureolato di fumo
vaga il pensiero nei meandri del sogno

s'aggriccia il foglio sotto
l'impulso della penna in cerca
della giusta assonanza o
d'una metafora felice

in enfasi il cuore
s'abbevera
alla fonte generosa della musa

28

BREVE IL TEMPO

ti ricorderanno un giorno?

ti sorprendi
a evocare oggi i tuoi fantasmi

altro tempo

età dell'oro quando
il sangue sparpagliato nella luce
semidio ti levavi
come in volo

ora ingrigisce il giorno

chi a ricordarti?

29

CIELI CAPOVOLTI

nel cavo del grido
deflagra rombo di tuono e
scalpitano nella testa
destrieri impazziti

egli non vede
più il corpo della madre
solo cieli capovolti e

accovacciato in un angolo
della parete che separa
vita da vita

trascorre le ore vuote suonando
l'ocarina

30

COME INVISIBILE RADICE

ricordi
ventenne o giù di lì:
pane amaro i primi timidi
tentativi
ti vedi chino
su fogli e fogli fitti
i pindarici voli
le cadute

come invisibile radice
quel virgulto
negli anni
ha preso vita e sangue

31

COME NELLA PRIMA LUCE

si è
legati al cordone del sogno
quello viscerale – che ci vede
come nella prima luce

destare in noi l'angelo
svogliato – lasciare si schiuda
il fiore dell'anelito

in un canto – che abbracci
la sacralità della vita

32

CONTROSENSO

no non ha senso questo tempo
frantumato fra le dita
-c'inseguono le lancette di kronos

i bambini giocano all'ikea
e non nei prati
i i genitori hanno tempo solo per loro

cosa pensa -se pensa- quel pesce che agonizza
soffocato dalla plastica? che questo
è il peggiore dei mondi possibili?

33

COSA DICE IL CUORE

fu il caso o il destino
a farli incontrare
all'uscita del discount sotto l'ombrello

lei la sua verve
lui il suo magnetismo
prima che se ne avvedessero
erano finiti a letto

quanto durò la storia se storia fu?
dalla sera alla mattina – un lampo

cosa dice il cuore
dove ti porta non lo sai spiegare

34

COS'E' LA POESIA

la poesia è indefinibile
fa tremare i polsi
è l'abbraccio di un albero
il sorriso di un bambino

la poesia
nasce dal sangue e ha dimora celeste

quando si partorisce una poesia
ti si aprono i cieli

poesia
è dove l'angelo perde una piuma

35

CRUNA DI LUCE

come quel file danneggiato che non
si riesce a eliminare: diciamo un po' simile
lo stato d' animo di chi non si sente
realizzato ed è la sua anima
un buco nell'immenso

ti sarà capitato un file corrotto:
ti sta sui cosiddetti ed è come
la vita che gira in tondo -i suoi
ingranaggi che non combinano

-ma dopotutto un file
è un file -dici

quel suo bel titolo 'cruna di luce'
"chiave" non ha e nemmeno
il cammello ci può passare

36

C'E' DEL BUONO

sempre ci si trova
a scalzare la morte
noi umani o la foglia la rosa
damascena

si riveste ad ogni ciclo
la natura – ingiallito
grida il cespuglio il verde nuovo

c'è del buono che ci salva: trovi
allo sportello
chi un sorriso ancora dona

37

DA CHE SEI NELL' OLTRE

corpo -dicevi-
di esperienze ricettacolo?

ha smesso che hai quell'abito -soma-
il tuo Sé manifesti
che attraversi i mondi

da che sei nell' Oltre
rinato come a primavera
l'albero nudo

38

DA UN IMPERSCRUTABILE SENTIRE

ti attraversano come una luce sottile:
sono sempre con te i tuoi morti
mai andati svaniti -ci crederai?-

saldano le tue radici
"vivendo" con te ancora: ubiqui e
onnipresenti

da un imperscrutabile sentire
puoi percepirne al tuo fianco la presenza

sono essi a suggerirti in un soffio
semmai ti giunga
una ispirazione

sostano dentro gli specchi

si fanno i tuoi consiglieri
quando non sai decidere
sul colore di un maglione da indossare

allucinate presenze
ti accompagnano in quel mondo parallelo
ch'è la regione del sogno

39

DAL MIO POSTO PROTETTO

mi " nascondo" nel corpo

da me emergono alfabeti
afflati
enunciate sillabe

mentre
questo che mi contiene
ha un piede nella morte

dal mio posto protetto
complice una luna che m'ispira
mando messaggi di luce

a volte
me li suggerisce un angelo

40

DAL SUO SANGUE SI LEVA ALTO

(ad Aung San Suu Kyi)

non violentate più la primavera
del suo giovane sangue
non pugnalate la colomba
del suo cuore aperto alla
compassione

non schernite più la disarmante
verità che proclama
aizzandole contro
i mastini della notte

dal suo sangue si leva alto
il grido di fierezza
all' unisono con l' oppresso popolo

.

[Sul finire degli anni '80, Aung San Suu Kyi fonda la Lega Nazionale della Democrazia. Il regime birmano la condanna agli arresti domiciliari per 5 anni, poi per altri 15, e infine a 3 anni di lavori forzati, prima di essere liberata definitivamente. Viene insignita del Premio Nobel per la Pace nel 1991.]

41

DALL'IMMAGINE SPEZZATA

risalendo dall'immagine
spezzata
fino all'ultima ferita
in un sol grido rivivono
squarci d'identità che furono
te

li inghiottirà una
fuga di luci
bava
di ragno a
tesser latitanze

42

DEGLI ABUSI

strillai come un aquilotto
di lacrime inondai il banco:

sollevato da terra
per le orecchie
dalla capa 'e pezza Angela
(spero oggi un angelo)

per aver iniziato il quaderno di bella
con un grossolano errore

-abusi oggi come ieri
solo che un tempo erano "sommersi"

.

(capa 'e pezza: in gergo la suara; Angela, nome fantasia)

[il grave errore consisteva nell'aver scritto "geofrafia" invece di "geografia".]

43

DI FOSFENI E NUBI

a labbra di luce poesia mi desti
da assonnate rive

vaghezza
vi transita di fosfeni e nubi
ove intoccabili sogni
dimorano

44

DI LUCE L'ABBBAGLIO

colma la bocca
di luce l'abbaglio
della veste

sentiva nelle ossa un fuoco

come lazzaro
mi sono levato
e andavo leggero come nell'aria

45

DI PALPITI DI LUCE

bianca colomba si posa
su creste di pensieri

invertigina l'essere
tra fluttuanti sillabe
in un capriolare di palpiti di luce

46

DI QUA DEL VELO 2

(non qui né altrove:
semplicemente essere
nel Tutto
-porta della conoscenza)

di qua del velo di maya
trottola del tempo
consuma il suo perno

nella palpebra del sole
un embolo d'ombra dimora
che insanguina il vento

47

DI SGUARDI E' IL SOGNO

di sguardi è il sogno o polvere
della creazione noi polvere
del sogno noi sogno di Dio

tra intermittenze
di fòsfeni veleggia
l' "occhio" per inesplorati lidi

48

DOVE L'ANGELO 3

ti dici quale angelo – quello
delle favole? mentre nel cuore
ti alberga il grido stridulo
del risentimento

-nell'ordine cosmico
è il boomerang che non vedi

dov'è l'angelo ti dici
semmai salga dal fondo
di te a illuminarti?

vieppiù continua a respingere
mani tese
in un cielo bianco di silenzi

49

D'UN SOGNO

casa sul mare dove vidi
la luce
sulla porta un ritaglio di cielo
a visitarmi i miei morti
venuti sembra
dal mare
sorridemi mentre
mi vedono
con naturalezza librarmi
falena contro il soffitto

50

EMARGINATO

quest'uomo: tristezza
d'albero nudo
avanzo di vita aperta
ferita

-occhi scavati
che perdono pezzi
di cielo

quest'uomo
puntato a dito
quest'uomo fatto
torcia

per gioco

51

ENERGIA COSMICA

( a Stephen Hawking, in memoria)

ci partorì un oceano di energia
noi minuscoli granelli
finita infinito

dai buchi neri insondabili
forse nuovi mondi
nascono – inarrivabili

soli
non siamo in questa
vertiginosa vastità

in infiniti
cerchi
spaziamo

[finita infinito: da un verso di Emily Dickinson]

52

FASE REM

apriamo il mondo della mente
facendosi presenze
i dolci animali d'acqua e cielo

nel vortice di luce
ti si rapprende negli occhi il volo
e l'argenteo guizzo

appena desto
-assimilando ancora frammenti
di visioni-
chiedirai all'onda all'uccello al vento

la chiave l'origine che
dall'apparire traspare

53

FONEMI

nella bocca della notte
-la luna sopra il petto-
il letto è un mare dove sillabe
perdono sangue

"e il naufragar" non è che di parole-
carne slbrati fonèmi

a far piovere
nelle tasche del cuore

54

HIKIKOMORI

un vivere a ritroso
le spalle all'oriente
dove
cresce la luce
vuoto delle braccia
vite
separate
tra l'ombra e l'anima

.

Hikikomori: in Giappone sono oltre un milione.
E' il fenomeno di ragazzi che vivono di "rapporti" virtuali chiusi nella loro stanza fuori dal mondo.

55

IL BUIO DEGLI ANNI

(a tutte le vittime per la giustizia)

negli occhi delle primavere
violentate
il buio degli anni
di piombo
la pioggia di sangue

la vostra morte
luminosa

il sangue delle vostre primavere
di là dal buio
dell'ora
ecco levarsi alto
come un urlo
al centro della storia

57

IL CIELO E' TERSO

la coda dell'occhio il gesto
come a voler scacciare una mosca
ed è un fuoristrada
a investirmi alle spalle

entra la luce
il cielo è terso – mi dò
il buongiorno

mi risponde a breve
il borbottio della moka

58
IL GRIDO CHE SALE

era forse quell'embolo
ad allagare di visioni la mente
tutto quel rosso
come un mare di sangue

e il grido a salire
dalla vertigine del sogno -e se sogno non era?

trovarsi diviso
tra reale e irreale –
nelle vene del buio una danza
di folletti

59
IL GUARDIANO DEL FARO

sembra toccare il cielo
attraverso la grande vetrata

gli fa visita il gabbiano
unico amico
al crepuscolo alla stessa ora
nel becco l'argentea preda

l'uomo del faro:
non uno stravedere
come il ragazzo l' ha sempre sognato
tra spume d' onde e uccelli marini

altro è
questo solitario
leggendo nel profondo:

senza amici per poter
chiacchierare: una ferita
la perdita della compagna
morta qualche anno prima di parto

la sua Nina

ora gli pare di vederla
tra le ombre della sera quando
si accendono le stelle

60
IL NOSTROMO

narrava dei suoi viaggi
-il ​​mare a cullarne le memorie-
i porti toccati e lasciati
Oslo Amsterdam
le taverne ove non mancavano
scazzottate come nei film

le volte ch' era cielo di tempesta
con gigantesche creste d'onde
-negli occhi gli si leggeva
raccontando
che bastava un niente a morire

avvolti dal fumo
della sua pipa di schiuma
noi ragazzi ne eravamo rapiti
-ci passavano nello sguardo velieri lontani

Jim il nostromo egli era
per il borgo natio
-occhi di cielo e cuore
grande come il mare

61
IL RIFLESSO

m'abbaglia l'accecante
riflesso d'un lunatto

tengo la strada – poi
il tunnel mi da pace

e m'acquieto con le note
di stardust

esco nella luce come destato
dal sonno della morte

62
IL SANGUE SULLE PIETRE

baluginio d'albe su vuoti
orizzonti – sale

la luce sui nomi perduti

filo spinato
taglia la memoria insonne

inani fughe

ancora grida il sangue
sulle pietre

63

IMPOSSIBILI APPRODI

-orza alla banda!-la faccia cotta dal sole
il marinaio
tende a quegli approdi impossibili
apparsi solo nel sogno

la terra è ancora lontana

facile perdere
la rotta fare naufragio

se non "credi" senza vedere

64
IN TRENO

lei immersa nelle righe
nere mentre il paesaggio
-alberi case- fuggiva

sbirciavo il titolo
era in inglese – un
mattone a vederlo

distolse altera lo sguardo
lei biondo- platino e sola

conciliava un sonnellino
ora il monotono
sferragliare

65

IN UNA GOCCIA DI LUCE

s'arresterà questo giro del mio sangue
lo sguardo trasparente riflesso
in un'acqua di luna
sarò pietra atomo stella
mi volgerò indietro sorridendo
delle ansie che scavano la polpa dei giorni
delle gioie a mimare maree
nullificate di fronte all'Immenso
allora non sarò più
quell'Io vestito di materia
navigherò il periplo dei mondi
corpo solo d'amore
in una goccia di luce

66
IPOTESI DELL'IMPOSSIBILE

combattimenti contro i mulini
a vento delle ipotesi
ti vedi quel filo d'aquilone
tenuto da un bambino e
toccare il suo cuore e il cielo

o quel bimbo ti vedi
tenuto dal genitore per mano

o ancora -tra fremiti d'ombre-
quel figlio prodigo
che ti torna in sogno: che anni
scavalca a ritroso

per chiedere perdono
al padre sul letto di morte

67

ISOLE 2

s'aggrovigliano mai combaciano
come i fili d'una ragnatela
in composizioni improbabili
tramate forse nei sogni

in un alone di luna evocano i morti
fan gesti propiziatori

sono intrecci di mani di sguardi

anime che si cercano

68
L'ESSENZIALE

arrivare all'essenziale: via
il superfluo (lo sa bene il poeta – un
sansebastiano trafitto
sul bianco della pagina)

così il corpo: si giunge
col vento azzurro della morte
al nocciolo: all'Essenza: non altro
della vita
che avanza in pasto al suo vuoto
famelico –
quando nella curva
del silenzio
essa avrà ingoiato la sua ombra

69
L'OMBRA

negativa di me mio vuoto
in proiezione mi copia con inediti
profili tagliati nella luce – se dal
di fuori la spiassi mi direi sono
io quello?

pulviscolare ha i contorni
del sogno ei suoi fòsfeni
si spezzetta se riflessa inafferrabile
fantoccio mi diventa
puro mio vuoto mia metà

che estinta con l'ultima sua luce
rientrerà nel corpo- contenitore
unificato con la terra – senza un grido
tutt'uno con la morte –
senza perché – solo ombra

70

LA BELLEZZA DELL 'ANGELO

con l'avanzare degli anni
senti sempre più il distacco da tutto – ogni
cosa ti lasci scivolare addosso
-come il sogno ch'è a svanire

oggi preghi lo Spirito del cielo
ti faccia luce:
ti mostri l'azzurro sentiero

per la bellezza dell'angelo

71
LA DOMANDA DEL SANGUE

sordi alla domanda del sangue
noi
sotto un cielo bianco di silenzi

le parole rimaste in gola
cadono
come un infrangersi di cristalli

in nostra vece
sentiremo forse gridare
le pietre

72
LA LUCE ESSENZIALE

punti all' esteriore
e non alle cose del cuore?

vedi: non ha consistenza quanto
non nasca da radice
del sangue o semmai sopravviva
di effimero lucore

essenziale quella luce
ch' è la bellezza della rosa
immortale
palpitante tra le mani

73

LA LUNA DEI POETI

ho la luna dei poeti
-pesci sull' imum coeli-

scivola
la barca della passione
verso terre di mistero

pesco sogni di ragno
nell' intreccio di parole
nate sulla bocca dell' alba

mentre
uno sbuffo di vento
porta afflati d' amore

74
LA MANO DISEGNA NELL'ARIA

la mano disegna nell'aria

il suo profilo indugia

su bocca naso e occhi

la mano della mente ben conosce

quei dettagli come la madre

che l' ha generata – Nina stella

del cielo che mi cammina nei sogni

ora sono aghi

che trafiggono

nell' accendersi nel sangue

la mai sopita passione

mentre la mente disegna

dove fermenta il cuore

75

LA MUSA LATITANTE

dalle vene del buio

-dove a raccoglierti

vuol chinarsi l'amore-

defluisce arido sangue

stai come

quel gabbiano dall'ala spezzata

che non sorvolerà il suo mare

76

LA PAROLA NUDA

mi seduce la parola enfatica

-sia d'amore o quella che

(d) enuncia

che s'attorce al cuore in un nodo

di passione

parola

nuda come la verità – mio faro

brilla

nel buio come stella

di fuoco

e non la puoi estinguere

77

LA PASSERA

memore della bella accoglienza

me la trovo sul davanzale ogni mattina

per "condividere" la colazione

è d'un piumaggio lucido e vellutato

l' ho chiamata "nerina"

sempre puntuale

precisa come un orologio svizzero

chissà mi chiedo

chi troverà ad accoglierla quando

anch'io avrò messo "un paio d' ali"

78

LA PISTA DEL SANGUE

sconvolgere i cieli

vorresti?

rapportare il mondo

con l'asettico tuo doppio?

chi vuoi che spezzi

per te una lancia

se vai col lupo

seguendo la pista del sangue

in modo sistematico

vedrai crescere detrattori

a stigmatizzare le tue fisime

uomo di cartone

79

LA STANZA DEL CUORE

custodirvi l'essenza

primaria –

il suo fiato il suo mistero

è creativa la stanza del cuore:

la vedi tappezzata

dalla immensa pagina del mare

dove scrivere i sogni

con l'inchiostro della notte

vi respirano sinergie d'altre

dimensioni

80

LA STANZA VIOLA

la stanza viola della mente
veste l'anima
del quadro in cui ti perdi

dalla tela vedi crearsi
iridescenze -e il sangue
si spande nei colori-presenze
daliniane
erompono dal sogno

81

LA VERITA' E' UN LUSSO

la verità è un lusso dice quel padre
che non ha ottenuto giustizia dopo anni
per il figlio falciato in una rapina
trovatosi per caso lì in quel frangente

dice -un sasso sul cuore-: forse
è di un altro mondo la verità
-tutto come sempre
insabbiato prescritto

nessuno sa –
e sulle coscienze crescono peli

82
LA VITA INFINITA

con l'avvicendarsi degli anni
si risvegliava in te il bambino
negli ultimi tempi
c'era sempre lei a rifarti
il ​​letto a tagliarti la carne
il tuo angelo
premuroso
che non ti perdeva di vista un momento

eri un omone bambinone
te ne sei andato troppo presto
quel giorno vedevo al tuo capezzale
nei tuoi occhi cerulei veleggiare
la vita infinita

83
LA VITA INTERIORE

dirla "potenziale" questa mente
fin quando non sarà espansa
e unificata nella primaria
originedi sogni e di pene
-scritte su cieli di carta-
e di effimere gioie
come la felicità che sempre sfugge

lei si nutre

abbeverando del sangue
della passione
la vita interiore

84
LACERAZIONE

ragazzi strafatti
che han preso la china d'una vita
contromano

ragazzi che s' attraggono
e vivono come se
non vivessero

invecchiano dentro gli specchi o da
hikikomori

abita il loro sangue una notte che
si lacera all' infinito-le famiglie:
da raccoglierne i pezzi

ragazzi che bruciano
bruciano come candele

85

LATITANTE LA MUSA

sillabe cadute dagli occhi
l'ingoio di stelle a svanire

"credi resistere ai piaceri della tavola
ma dai che hai -fidati-
il colesterolo buono":

questo
salvi dal tuo dormiveglia – relitti
a galleggiare sul mare ipnagogico

tenti trarne una poesia
giri in tondo con le parole – latitante
la musa

86
LE SFIORITE RIVE DEL CUORE

le sfiorite rive
del cuore e la verde
età fuggitiva

ahi i segnacci
rossi sui quaderni

-simboleggianti nell'inconscio
gli errori adulti che
ti segnano la vita

e in lampi di ricordi
quella corsa
dei grembiuli come ali

in voli bianchi verso
casa

87

LE VOCI REMOTE

un'accoppiata
di parole o una frase
sentita o letta risuonano e
sono una fitta
nella mente che inizia a elaborare

il letto del fiume
è un sudario
che raccoglie le voci remote
delle anime in sogno fermatesi lì
sotto la luna menomante

88
LEI DALLE SNELLE CAVIGLIE

avvenne in me un parapiglia
si sconcertarono i miei neuroni
come lei apparve -il rigoglioso seno e
le giunoniche forme- nel suo incedere al
Valentino

ogni tanto in sogno rivive
evanescente figura

inarrivabile
lungo la coda dell'occhio
lei dalle snelle caviglie

89

LO SGUARDO VELATO

dò i miei "occhi" a quel che passa
in questo scorcio di tempo che mi resta
d'intenerimento

la stessa
luce la losanga sul letto
la goccia pendente
dal ciglio lo sguardo velato

ora come allora

quando
"morte ti colse fior
di giovinezza" scrivevo
ventenne o giù di lì

-ah ridicolaggini

90
LUCE COSMICA

il suo sguardo benevolo che
abbozza un sorriso lieve
dalla vetrata della cattedrale
illuminata lassùmi ricorda l'angelo
sulla volta del soffitto
quando da bambino ero
cagionevole ea letto

oggi
mi sorprende un moto
di commozione

nel dilatarsi il cuore
in una luce cosmica

91
L'ESSERE-PENSIERO

l' angelo o essenza
primeva
in veste d'apparire

in amore converte
il suo fuoco ancestrale

è ubiquità ed ali l'angelo
o essere- pensiero

astronave di luce che
circumnaviga cieli interiori

92
L'AFFLATO

si leva
da un' alba rossa di passione
l' afflato del cuore

quasi ad alleviare
-volo lieve di farfalla-
le brutture del mondo

asimmetriche tracce
lascia la poesia ch' esprime
l'angelo- farfalla

93
L'ALBERO

di Te
il dito
la saliva il fiato:

ri- fiorire vita
in cuore disabitato

e gli esecrandi
crimini? non
ricordi

dal sacrificio estremo
l'Albero
di sangue
si è ingemmato

sopra uno
sconquasso di secoli

94
L'AMORE E' UN VOLO

l'amore è un volo
che si stacca dai tuoi tramonti
e lascia una mesta dolcezza

come virgola di fuoco
quel dolore che si ferma negli occhi

sulle ferite -sai-
lavora a tuo favore il tempo

95
L'ANGELO 3

s'inzacchera le ali nella melma
del contingente
minimo sette volte in un giorno

si prende cura come una seconda madre
di chi gli fu affidato alla nascita
dalla Misericordia divina

arcobaleni e nubi son la sua dimora
transitoria

si piega sul tempo umano –
lo senti se ascolti
sostare nel buio delle vene

96
L'ANTAGONISTA

aprii la valigia
era piena di libri e di sogni
di vaghe nuvole e stanche lune

gli chiesi se leggesse poesie
arricciò il naso: -non mi nutro di quella
"manna" il mio cielo è di pietra e
non ne vedi angeli affacciarsi
né madonne-non siamo -noi due-
della stessa razza

io
da opportunista
nello scrigno non porto chimere

97
L'OMBRA (ALTRA VERSIONE)

davanti
dietro di lato s' allunga
si spezza se riflessa

in acqua mutilato corpo
mi ripete
negativo di me profilo
esangue

finché vita
avrà
da estrema obliqua luce

98
L 'ORDINE DELLE COSE

nel momento del distacco dirai
forse impropriamente
"è mancato" – invece d' un accorato
"ci abbracceremo nell' altra dimensione"

mancato sì alla scena
del mondo

com' è giusto per l' ordine delle cose
'apparenti'

la stella nana la formica

99
L'ORIGINALE

si perde
armonia nel rifare una nuova
poesia da una datata:
ne risulta un vaso incrinato

allo stesso modo ogni
esemplare è intoccabile:
è dall'origine

della foglia la foglia - madre
come pensato la Iddio –
così la parola
così la natura

toccare i geni è una bestemmia
che sale al Cielo

100

MANIFESTO

ritagliare dai giornali

lettere cubitali

per farne una poesia- manifesto

già vedi uomini- sandwich

popolare le piazze

il rosso grido di denuncia

abbasso x viva y

-sordi i governanti

al lamento dei poveri

vedi: giungerà il momento

in cui

si abbatterà repentino uno

tsunami

a rovesciargli la poltrona

101

MARE D'ERBA

con l' avanzare degli anni

riduci sempre più il percorso

delle tue camminate

giungerà il momento

di affacciarti solo sull' uscio

o dalla finestra vedere l' immensa

distesa di verde e nello

stravedere la scambierai per quel mare

che ti vide nascere

-ti brilleranno gli occhi andando

col pensiero alla fanciullezza gaia

ora quella luce è fuggita

lascerai

impregnato quel mare d'erba

di amori e pene ed eterei voli

102

MARINA

sull'onda bianca della pagina

inavvertita la musa

come un'ala si posa e

si china discretamente

a ricreare di palpiti un vago

sentire di mare

103

MEMORIA DI VOLO

memoria di volo

dell' antenascita - quando l' angelo

benigno si piegò

nel vestire la carne

ora nello smarrirsi dei mattini

in un' aria di vetro

da memoria si torna a essere

sogno

a raccontarci è l' infinito

mare

104

MI STRACCERA' UNA MANO

sto incollato

a un muro

vi resterò forse fin quando

m'imbavaglierà una reclame

di nonsoché o forse

mi straccerà una mano ignota

ma sarò ancora la voce

di chi non ha voce

sarò il suo sangue

che urla attraverso

i miei squarci

105

MIMESI 2

mutevolezza come

di nuvole

-parabole

-alchimie del sangue

mimesi icariana

la giovinezza frale

-nei suoi umori

intinta

la penna di Goethe

106

MORTE BIANCA

al paese (le donne avvolte in scialli

si segnano ai lampi)

hanno saputo di Valter

volato

dal traliccio angelo senz'ali

" non venire" a mettere

radici -scriveva al fratello-

qui anche tu nella

città di ciminiere e acciaio: qui dove

mangiamo pane e rabbia

dove si vive

in mano una volontà cieche"

107

NEL FIUME DI LUCE

forse

veleggiando nel fiume di luce

anche loro i morti ci sognano

per non annoiarsi

dove cade il giorno

come un vibrare in nudità di sguardi

piegati sul cuore della terra

il loro bianco respiro

108

NEL 'UNO

dal Tutto

ritrovarsi nell'uno

a vivere il sogno della carne

il sangue che cavalca il vento dove

crescono i passi

lacerati dalle lancette

d'un orologio interiore

un Lazzaro a sollevarsi da cento morti

109

NELL'ANIMA BAMBINA

come non ricordare il rifugio

del passerotto intirizzito

le mani a giumella e il caldo fiato

o il micino di pochi giorni

lucido di saliva

portato in bocca da mammagatta

come non riconoscere

le tracce lasciate

sul sentiero teatro di giochi

e l'acuto

richiamo della madre

la tavola apparecchiata

inondata da sciabole di sole

immagini vive custodite

nell'anima bambina

che ancora ti chiamano dal buio

fondo degli anni

110

NELL'ARIA VEGETALE

si aprì il mattino azzurro

nell'aria vegetale

come un mare nel seno del cielo

e da una costola

per lui Egli la plasmò

dalle sinuose forme

a far tondi gli occhi vogliosi

d'un amore tendente alle

stelle

-------------- --------- -------------




DIETRO IL VELARIO

(2021)

279

AVEVO IN MENTE UNA POESIA

stamattina avevo in mente una poesia

stasera

non ricordo più nemmeno un verso

ho lasciato il foglio bianco

con flebili echi d'un mezzo secolo e

ora rammento solo una pioggia di luce

di stelle sopra il letto

e il caldo abbraccio di lei

sullo schermo della mente

un vissuto che sembra ieri

280

ASPETTATIVO

vestono

il rosso della passione

le svolte del cuore

un volo alto

è richiamo

di aspettative in divenire

in un mondo devastato

281

SENZA TITOLO

sono malato d'azzurro

sarò

putrefazione? non "io" certo ma questo

involucro che indosso

mi abita un luogo-non-luogo e sono

invasato d'azzurra luce -oh mio Dio!-

corteggerò le miriadi di stelle

che hai posto nel cielo e

sarò sgabello

ai tuoi piedi

282

LA BEFFA

ho sognato che

fiammelle erano le dita

che benedicevano

del santo protettore di quel luogo

impronunciabile

lo portavano in processione il santo

lungo la strada stretta in discesa

qualcuno cedette la statua

finì in pezzi

l'ultima beffa

le armi che portavano addosso

283

UN BUCO NEL CUORE

lasciammo l'intima essenza

nella dimora dell'eterno

relativi

sogniamo epifanie di voli -

ed è un buco nel cuore

la bellezza mancata

284

SCOPIAZZARE

meschino espediente -parole

d'altri potrebbe

rivoltartisi contro come jene

cosa risulterebbe infine? una

poesia non-poesia -

né carne né pesce

nemmeno cercarla

devi

tra parole vaganti nel sangue

sarà lei

disponibile

quando meno te lo aspetti

285

DETRATTORI

non si può fermare

lo sbocciare della rosa

se vuol dischiudersi

anche nel gelo

nuda

disarmante

contro i detrattori di

bellezza - che

splendenza emana e

armonia

286

NELLA FINE L'INIZIO

(a Tiziano Terzani)

riconoscere nella fine

l'inzio - di questa

vita il negativo o rovescio

in quel tempo

non trovarsi -ahinoi- ubriachi

di mondo

287

PER UN RICAMBIO D'ALI

Lui ci culla

sul mare della misericordia

della sua carezza di madre

noi siamo indegni

manda a noi abbrutiti

l'angelo per un ricambio d'ali

ma l' impulso icariano

è brivido

che corre nelle vene del cielo

288

DI NOI

di noi

mostriamo esigua vita

più l'esteriore che

quella che ferve nel sangue

i viaggi mentali i sogni

mistero ch'è appannaggio

di proprietà esclusiva

-la testa reclina

il nostro fido ci guarda attento

come cogliesse pensieri

289

IL VINO

il vino del vangelo

è quello delle vene aperte

su cui si posero labbra

di madre

prima che il cielo si oscuri

prima della fine del tempo

"bevete tutti da questo calice

di sangue"

290

PRIMA LUCE

i sessi unificati

vestiranno la grazia angelicata

quella della prima luce

291

L'ALTEREGO

il soffitto ti si fa cielo

nel pregare

angeli ti scendono nel sangue

quando ancora ieri

abbrutito covavi

rancori verso te stesso e il mondo

amore

era parola vuota: eccoti ora

specchiato nel tuo doppelganger

che ogni volta

annega

nel lago della sua spocchia

292

ALLA STAZIONE

nell'intravedersi da lontano

agitare festosi le braccia

come volersi levare

nell'aria - uccelli di passo

293

SI SPERA

si spera che la morte ci trovi vivi

parafrasando un celebre detto di marchesi:

si spera: ché l'uomo

spesso è al di sotto della bestia

(erode/erede della svastica)

a voler oscurare la notte della Nascita

-mentre il mondo continua a girare in tondo

senza un fine catartico

294

IL LUOGO ACCANTO

dovevo immaginarlo

nulla di cambiato

è solo il "luogo" accanto

dove ci si trova trasparenti

come mi sono visto

in sogno una volta nell'altra vita

295

AI PIEDI DELLA NOTTE

un nodo d'inquietudine sospesa

si scioglie ai piedi della notte

sotto una luna ammiccante

l'amore è come l'ansimare del mare

s'abbevera del sangue delle stelle

aduna in sé il sentimento del tempo

vòlto dove è dolce la luce

296

ANGELO DELLA VOLTA

benevolo mi eri

novenne o giù di lì

ché dalla volta mi dettavi parole

di luce per poesie rimaste nell'aria

indicibili voci erano

d'un oltretempo

ove si schiude tremulo il fiore

che porto in me d'eterno

297

IN VESTE D'ANGELO

l'atto dello scrivere

è stato di trance: esci

dal soma e ti cali

nell'immaginario

che in veste

d'angelo una lanterna

ti presta

per i fonemi

298

SOGNI

ti sei visto ancor giovane

più d'una volta esibirti

in acrobazie per i soli i suoi occhi

(lei sull'amaca capelli di grano)

o le volte prendere treni

in corsa o librarti contro

il soffitto o disfarsi la

carne fino allo scheletro

-è la sola mente che crea

un oltretempo

gioco iperbolico

quella volta che nel "luogo accanto"

Ungà ti fece un cenno

per dirti

questa poesia la puoi migliorare

299

MEMENTO

bau e miao

la parola gliela leggi negli occhi

ma come tutto il regno animale

essi non si affacciano sulla loro morte

a cogliere

il proprio limite

(forse nel dopo

si è

quel che si fa e si pensa -

e dunque rispettiamo

le creature viventi

inconsapevoli - occhi di stelle)

300

DI LA'

"di là un qualcosa ci sarà" -

"qualcosa" dici?

non basterebbe lo elevassi all'infinito

o meglio: è un infinito dilatarsi - immagina

quel che si dice

Assoluto: non vi sono porte da aprire

né privacy né pass da nascondere

non tracce da seguire - impossibile perdersi

e ancora: è un compenetrarsi

di eterei corpi - dove il

virtuale/appendice dell'uomo

è un sogno senza coda

301

ANIME FERITE

( è boomerang nell'ordine cosmico

il male e il bene che si fa)

raccoglie il Signore le anime ferite

col mestolo della compassione *

laddove non si smorzano striduli

echi a insanguinare il vento

*rifacendomi a un verso di Gregory Corso

302

IN TE L'IMMENSO

quest'allumare d'anima che

senti come vastità

di rifiorite rive

questo accogliere in te

l'immenso

oltre l 'esilio di carne

franta

303

DIETRO IL VELARIO

che siamo -

un fremito - come quello che avvertì

il primo uomo - in questo volteggiare

d'anime erranti

maschere in una

pantomima -

dietro il velario

dove s'apre il grido

della bellezza ferita

riconoscersi

304

PENSO DUNQUE SONO

sono pensiero: ché pensare

non è soggetto al soma

non un organo altro è la mente

lei è ariosa

bramosa di voli

in quella sequenza di figure

quando la nuvola scherza col vento

305

GLI ULTIMI GIORNI

essere di pietra - per sopprimere

quell' urlo chiuso nelle ossa

"lasciare

che i morti seppelliscano i morti"

no non ci sarà più tempo

per piangere:

già vedi come funereo lenzuolo

penzolare il male dall'alto ramo

306

KERMESSE

marzo le strade ammantate

di coriandoli -magia per i bimbi

si è un po' bambini anche noi

sbizzarrirsi in maschere da folletto

il gattino col fiocchetto

la ottantenne con un palmo di belletto

l'apparenza è sovrana

il gusto è g(i)usto

truccarsi in bruttezza è bello

307

SOLITUDINE

livido cielo è l'ora

del crepuscolo il vecchio

spalle curva bavero alzato

col suo dolore imbavagliato

lascia la panchina - se lo farà

un bilancio

tornando verso casa?

sguardo svuotato

ha lasciato pezzi di cielo: solo

con l'affetto dei gatti (ci divide

la cena)

le frequenti

notti bianche

conta le ombre sul soffitto

che assumono sembianze strane

308

L'ESSERE E IL NULLA

"credo nella resurrezione della carne"

pensa tutto 'essere impermanente ma

anche che l' "essere" non cade nel nulla

l'esistere è da sempre

pensi: ed è già essere per sempre

l'essere può frangersi in un gioco di specchi

ma non cadere nel nulla

il nulla non esiste

309

VISIONE

neanche il tempo di pensarlo

e ti ritrovi

immerso in fondo all'oceano

lotte sanguinose avvengono

tra pesci di grandi dimensioni

quelli minuti sembrano sorridererti

la triglia ti fa l'occhiolino

la supremazia è la regola

negli abissi dell'oceano

come avviene in superficie

con gli umani

tra pesci piccoli e grandi

310

D'EMPITI

di fonemi

indiarsi

d'empiti

a capriolare nell'aria

presenze

ancora in fieri in ondivago

sogno

311

MENTORI

ledi armonia se nel

voltarti

chiedi vaticini agli

iperurani

mentori della volta

celeste dal volto

rasserenante

312

QUASI ESTATE

sole ad asciugare le ossa

ei panni in un'ora

il vecchio sofferente aspetta

il sole della morte

giocano bambini alle giostre

sotto l'occhio vigile

non si può morire in giorni come questi:

non ti aspetti

che il criminale si sveglia al mattino

e inneschi la bomba nel nome di un dio

313

LA FERITA

si è assuefatti impermeabili

ad ogni evento il più cruento

asettica aria asseconda un vuoto

di umori non fosse per il grido

della pianta alla radice

la sua ferita bianca

314

DA QUANDO LA MANO

tra fiammate d'odio disumanante

aggriccia il cuore del mondo

da quando la mano di caino

si levò e fu un rovinio di cieli

continua a splendere il sole

su acroteri del nulla

e l'uomo a vestire simulacri

si grida alla giustizia mentre

il piatto della bilancia pende

per la vergogna dell'homo sapiens

315

FOGLI-AQUILONI

impregnati dell'humus dell'estro

del vasto respiro di cielo

svolazzano s'impennano appena

liberati dall'artefice dei versi

-suoi non più suoi-

a volerli divulgare per il mondo

316

ASSONANZA

dov'è resettata

da ogni ammennicolo la mente

lì è itaca del cuore

vi è assonanza

coi tuoi morti

risaliti dal mare a custodirti

317

FUORI DALL'ORDINARIO

la realtà non è da sé

è la mente che la crea

asseriscono alcuni illuminati

va da sé

che ti stimolano pensieri

fuori dall'ordinario

mentre un gabbiano ti fa il verso

sorvolando l'immaginario orizzonte

318

DEI MIEI DETRATTORI

(Diocleziano, uno dei più odiati della storia)

lasciai alla terra il corpo-zavorra

da cui forse con sollievo mi trassi

se sia ala d'angelo a coprirmi

il disonore -si dirà- ora che

s'una misera tomba s'accanisce

dei miei detrattori il ghigno

feroce e lo sputo

319

ANIME CHE SI CERCANO

(ispirandosi a Borges e Pessoa)

anime che si cercano

vestite di apparenza

siamo: forme passeggere

giriamo in tondo senza

mai trovare il centro

lontani da noi siamo

sulla pagina del cielo una mano

d'aria scrive di noi

e delle nuvole

320

IN QUESTO GIORNO CHIARO

(25 aprile)

s'estende a macchia di leopardo

il tuo palpito rosso

su campi a maggese a perdita d'occhio

libertà è un'apertura di vento

in questo giorno chiaro senza sconti

321

INCANTO

i dolci animali d'acqua terra e cielo

a volte evanescenti prendono forma nelle nuvole

nel mare del cielo un tonno guizzante

assume sembianze sull'onda lucente

il bimbo sognando guardando estasiato

ippogrifi e delfini in lenta sequenza

pende dalle labbra del nonno che gli parla di quando

noè trasse in salvo dal diluvio tutte le specie

322

DAL NIGHTMARE

uscire di forza

dall'incubo bucando l'aria -

la riuscita

se in parte è già tanto: trovarsi

nel letto della vecchia casa

d'infanzia

sogno dentro il sogno

323

L'INFINITO DI NOI

dentro di noi siamo

un infinito ma confuso: una

"finita infinito"

per dirla con la dickinson

percepiamo a tratti

andiamo come ciechi - vediamo

"per speculum in aenigmate"

e ci sogniamo

324

INTATTO LO SPIRITO

ho ripreso in mano le poesie giovanili

alcune rifatte altre modificate

con severi tagli senza rimpianti

ispirazioni bucoliche vestite di primavera o

di autunnali malinconie

vi è rimasto intatto

lo spirito degli alberi e del vento

la resina la radice linfa da cui vita rinasce

325

CHA LUCE

che luce bagnerà

i nostri morti - che amore - se l'uno

nell'altro si specchieranno - se

si sogneranno: ti chiedi

se con l'orecchio del cuore

la provvida Madre 'udranno':

"mangiate di me e non avrete

più fame"

326

CHI ERAVAMO

enigma la vita

siamo non siamo

chi eravamo: dimenticato - solo

incarnata nostalgia

restiamo

della bellezza sulla fronte del giorno

l'urlo del fiore

immarcescibile nella luce

327

L'INDICIBILE PARTE DI CIELO

indicibile la parte di cielo

ch'è in te e ignorari

basta

che solo un verso o poche note

ti richiamino

a una strana forza interiore:

e cessi

di sentirti mortale

328

ALBERI CHE CAMMINANO

il cieco della parabola vide

quel giorno

allucinate figure

uomini a forma d'alberi che camminano

(anche se oggi

quasi nessuno li "vede": santi

di questo tempo)

329

CON L'ANIMA NUDA

con l'anima nuda o corpo

etereo lei mi vedrà

mi attraverserà l'aria

senza scheletri nell'armadio

nella nudità che saremo

di me altra "visione" avrà ?

e io di lei?

ci ritroveremo asassuati angeli?

ci accoglierà pienezza?

330

PER POCA FEDE

vertigine dei giorni vuoti -

ci si trova appesi ad una fune

se apriamo la cerniera della notte

il tempo

ci volgerà le spalle per non

esserci fidati abbastanza

e la luce non ci conoscerà

331

RIFLESSO

(il soma: "appendice" del cielo )

siamo solo pensiero

non espanso

frammento della Mente che

crea universi-mondi

(riflesso questa vita

che si guarda vivere:

un mondo in un altro)

332

FANTASIE (IPOTESI DELL'IMPOSSIBILE)

la vita

un giorno puoi sentirti

come un marinaio col mal di terra

e il giorno dopo trovarti

ad annegare in mezzo metro d'acqua

333

LAVAVO LA VESTE

trovai ch'erano fastidiose mosche

ronzanti nella luce della preghiera

a non dar peso

imparai dopo lacrime e sangue

lavavo la veste

invischiata nelle panie della notte

---

PROSPETTIVE

(2024)

1

DISTESE

t'innamori della parola

colomba che sorvola

distese dell'anima

2

I FRUTTI

dal modo in cui vivi

ti costruisci il tuo "altrove"

a cospirare

il bene donato

-l'angelo che in te si svela

sarà tempo di

vendemmia

3

VITA PARALLELA

storci la bocca a chi afferma

di là non c'è niente - consapevole

di una vita parallela

non sai come sia ma vuoi pensarla

un infinito mare di luce

dove vivere una giovinezza eterna

dove la Parola ti accoglie

all'ombra delle sue ali

dove la Sapienza si fa conoscere

4

NASCERE

sempre in bilico sul ciglio

d'ondivago esistere

si è imparentati con la morte

nel solco d'un continuo nascere

5

STORIELLA

lo vedeva sempre all'angolo della strada

suonare l'ocarina

un giorno d'istinto

lo abracciò gli disse suona per me

bel moro lineamenti latini

-scintilla fu o desiderio? - gli aprì

la sua casa e dopo un buon bagno

finirono a letto

qualche mese dopo la storia

finì

lui uccel di bosco amava la libertà

(storiella dal sapore d'una favola

... ma a volte lo è la realtà)

6

RELIQUIE

a scrivere non la mano

ma la mia radice ferita

testimonianza siano

non lettere storte sull'acqua

o che volteggino eteree

dissanguandosi in volo

ma i momenti che restano

nel tempo appesi al cuore

7

DOC

il turbamento

è graffio sul foglio bianco

artiglia la pelle del cielo

lasciando tracce di sangue

nella notte è un grido osceno

DOC: disturbo ossessivo compulsivo.

8

ERA SOLO UN SOGNO

si apriva il sole

con un sorriso largo

ai suoi dardi

l'abetaia prendeva fuoco

la chioma era fatta cenere

(un natale che si piange

i suoi abeti: te lo immagini ?)

9

SENZA TITOLO (CHIAMALO SOGNO O FANTASIA)

il daimon mi condusse in una città

nella città con un vociante luna park

apri i polmoni mi disse qui

si respira una bell'aria di mare -era

la costa di los angeles?-

fu così che mi imbattei

nell'affascinante marilyn

uscita da un ritratto di warhol

10

QUANTE VOLTE

(disturbo ossessivo)

quante volte scorrettamente Ti chiamo

di notte o fuori casa affaccendato

"non nominare il mio nome invano"

quante volte

scrivo per non soccombere -

un altro me forse spia

questo me "fuori posto"

ah quest'afflizione mi pesa

come un macigno

oh quando mi chiamerai dall'oltre

e starò nella pace

dei tuoi invocati cieli

11

NEL NONSENSE DI ONIRICI PENSIERI

la fanno da padrona i suoi occhi

nel nonsense di onirici pensieri

che sostano su curve e anfratti

uscita dal sogno

si leva in un'alba rosata

ectoplasma o angelo

12

DOVE SEI

purgatorio:

lo vive ciascuno il proprio

il gelo nelle ossa

le stelle fatte cenere

nelle desolate notti

la persona che non vedi e non è

a te accanto ti sembra

sfiorarti a volte con tocco

leggero i capelli

nelle notti dove urla la bestia

dello smarrimento

13

ALBERI RADICI

alberi vedi alberi

mutilati capovolti nel tuo cielo

capovolto

gridano radici

-selva di mani

prensili cupidi sguardi-

a sovrastarli la natura

con le sue infinite vite

di rinascita

14

L'ANIMULA

non ha occhi che per voi

occhioni grandi innocenti

vi leccherebbe anche l'anima

tradendo di voi la parte buona

ve ne liberate lasciando

si maciulli in tangenziale

ancora

non avrà occhi che per voi

la sua animula sempre a perdonare

voi bestie umane-non-umane

15

ELUCUBRAZIONI

se il pensiero è sotteso alla fine

Lui ce la tiene nascosta - e

meno male: ché impazziremmo

nelle ultime sue ore l'animale

si nasconde lontano dagli occhi

al contrario dell'umano

che -se all'addiaccio e solo-

piange

un ultimo abbraccio

16

DOVE VEGLIANO ANGELI

(Colui che tutto il mondo alluma (Dante)

fatti figli nel Figlio

su rive dell'essenza approderemo

allumati d'immenso

dove vegliano angeli

ai cancelli della bellezza

17

VIKINGHI

(ispirandomi alla raccapricciante notizia del gatto torturato nel gennaio 2024)

i nuovi vikinghi

scendono in città

sulle loro harley davidson

danneggiano per soddisfare

la febbre del sangue

terrore dei negozianti dalle vetrine spaccate

scuoiano un gatto vivo

sotto i loro sguardi sconvolti

poi fieri della vigliaccata

tracannano birra scura

stravaccati al bar

le gambe allungate sul tavolo

-gli sguardi persi

dietro notti brave e misfatti

18

APPARENZE E SOGNO

"non di questo mondo": parafrasando

franco - uno sguardo

al cielo da cui cademmo

ricusando la luce

ci rifugiamo nel sogno - noi

quaggiù apparenze

legati a questo

radicato cordone ombelicale

Franco Bonvini, virgolettato il titolo del suo blog.

19

ERA SOLO UN SOGNO 2

legato alla catena di montaggio

agli ottanta e più che mi ritrovo?

mi vien da piangere

-ma era solo un sogno

(calura estiva e non poter bere

alla fontanella a due passi

ché la linea se ne "andava"...

-era questa

realtà!)

20

GUARDARE OLTRE

E la morte non avrà dominio. Dylan Thomas

guardare lungo: oltre

la naturale dissoluzione

un'alba rosata ti pettina i pensieri

carezza i progetti del giorno

nulla può la morte

se tendi alla bellezza

21

CADRANNO

"non puoi 'permetterti' di essere sfiduciato"

(da una omelia)

le Sue piaghe lucenti dolorano

nei derelitti agli angoli delle strade

a due passi dai palazzi di vetro

il barlume di speranza sarà

un vero tsunami

cadranno ideologie regni potenze

quando si dissolveranno

l'eigengrau *

e la polvere del tempo

e il cuore si placherà

alle porte

della Gerusalemme celeste

.

*Lontani dalla luce della verità, ora è come vedessimo il "colore del buio".

22

FUGGITI I CANTI

(riveduta)

ho sognato d'essere un bosco devastato

-fuggiti i canti

incenerite le chiome-

in me cadevo con schianti d'alberi

cadevo

23

MURO D'OMBRA

il tuo giro al parco

il canto fitto tra gli alberi t' ispira

e chi lo dice:

potresti andartene domani o

fra degli anni finché viva

questa febbre della passione

e parole ti danzare nella mente

e la rosa vorrà fiorire nel gelo

poi sarà il muro d'ombra

24

LA REALTA' CHE VEDI

"pensare positivo è il viatico per il viaggio"

fs

vedi la realtà

secondo il tuo pensiero

è la mente a crearla

a farla e disfarla penelope imperterrita

sì che realtà è il suo farsi implicito

è lo stacco nell'aria

dello sfrecciare delle rondini o del

salto del cavallo all'ostacolo

è realtà il suo accadere - tutto appare sospeso

quando è già altro

25

NIGHTMARE

vide il suo corpo lanciarsi

dall'empire state building

librarsi nell'aria e non

sfracellarsi restare sospeso

in quel senzatempo

voleva liberarsi del peso

che tiene legati alla terra

annaspò nell'aria destandosi

non trovava più il cuore

26

UN ATTIMO E IL LAMPO

(a Mary)

il ragazzo bruciato sul ciglio della notte

-alfabeto dell'amore malato

a librarsi sulle nere ali del vento

"Mary - o mia o di nessuno"

un attimo e il lampo della lama

(senza il coraggio di rivolgerla su di sé)

27

QUALCOSA PUO' ANCORA ACCADERE

sempre nutri i tuoi scheletri

anche questo febbraio sta andando

la mente è ancora fervida

negli anni al declino

qualcosa può ancora accadere

un prossimo libro da licenziare chissà

un nuovo susulto del cuore

28

LA CRUNA

per tantissimi è il purgatorio

altri vivono l'inferno qui

passano per la cruna futuri santi

per tanti

"il paradiso può attendere"

.

virgolettato: film di Warren Beatty e Buck Henry

29

D'UN OLTRETEMPO

di cose sconnesse senza capo né coda

questi dormiveglia per fatue ispirazioni

trattengo d'alfabeti perle d'acqua

una barca di carta su onde dipinte

tiene il mare aperto dei sensi

complice è una luna bislacca

s'uno scenario d'oltretempo

30

MALA TEMPORA CURRUNT

"tutto sbagliato tutto da rifare"

da qualche parte c'è sempre una perdita

come in borsa se l'ago oscilla

sul versante di vacche magre

31

PRIMAVERA

mattina sul lago:

si spalma

sugli occhi la luce

intonano

melodie uccelli di passo

è un fremere di gioia la pineta

32

LE MIE NOTTI

i nonsense dei dormiveglia

alternati

al conteggio delle pecore

(andare al frigo non mi attira)

queste le mie notti

di lettere amorfe

di asimmetrici voli

che si spaccano alla volta del cuore

33

UN CIELO BIANCO DI SILENZI

il tuo "purgatorio"

da scontare in questa vita

te lo sei creato prendendo strade storte

un cielo bianco di silenzi

accompagna il tuo pellegrinare

affamato d'amore

34

I CARI MORTI

(a Gabriele Galloni)

nei tuoi versi i cari morti

si cercano e ci cercano o forse

di noi fanno a meno ché hanno

già negli occhi le radici della luce - quelle

a noi nascoste d'insondabile mistero

35

Untitled

il corpo quest'opera d'arte

che governamo fino alla polvere

le gambe incrociate o

a percorrere una vita in salita

le braccia spalancate come Cristo se

mani non abbiamo che piene di niente

quel pizzico di follia ch'è da tutti

dietro lo schermo della mente

la bocca che sputa sentenze

gli occhi lucenti di voli e vele

per un infinito sogno di terre lontane

36

Nell'ultima ora (preghiera)

Ti riconosco nel bambino ch'elemosina all'angolo

a cui dona una moneta ed un sorriso

Ti riconosco nel carcerato pentito

che vede il sole a scacchi

lontano dagli occhi e dagli affetti

Tu Taumaturgo Tu stargate

Signore Gesù Cristo Guaritore di anime

ora che s'approssima l'ora

Ti prego ricordati di me:

generato dal Tuo seme celeste

consegno nelle Tue mani benedette

la mia pochezza che ai tuoi occhi splendente

37

Sarò foglia

giungendo alla tua soglia

sarò foglia dondolante nel vento

38

Stanotte

stanotte in bagno

scivolo sul mio vomito

un'imprecazione colorita è scontata

da previsioni una giornata

radiosa mi ripagherà lo spero

mi frulla qualche verso bizzarro

le cose rimandate

la barba d' una

settimana

fa chiaro mi alzo e una

leccatina avverto al calcagno

della cagna

che dal "piano" di sotto fa

capolino

39

Resurrezione

lasciarsi sorprendere dal divino -

aspersi da acqua e sangue

si è vita nascosta nel Risorto

rotolare di massi

dagli antri del cuore

fino ad aprirsi alla luce

40

Forse con gli anni

forse con gli anni

non ricorderemo più i volti

in seppia custoditi nel baule

né i souvenir

portati dai nonni dall'africa

ma avremo negli occhi il sangue dei papaveri

su distese a perdita d'occhio

quando ragazzini si emulava sandokan

in scorribande spericolate pei vicoli

e viva

ci resterà di quell'età l'ammicco

d'una luna a prime cotte

sotto un mutevole cielo lasciammo

aruspici emettere frasi

41

Cavalli di nuvole

"scusi mi può aiutare?

che c'è scritto qui non vedo bene"

riconoscente a chi si prodiga più del dovuto

-si vede che ispiro tenerezza

apparendo proprio 'vecchio' ai suoi occhi

volano mesi anni:

attraversano il cielo come cavalli di nuvole

che si scompongono a un soffio di brezza

42

Parole in dormiveglia

sfiorandomi la spalla un angelo

all'orecchio mi sussurra lieve:

"superato

lo scoglio spunta luce a oriente"

43

Poesia

ti avviti con lucido delirio

nella ridda di parole -

tra sprazzi di coscienza e sogno

insegui gibigiane echi

ecco sfrondarti

forbici-di-luce:

la pagina è tuo lenzuolo

quando in amplessi cerebrali muori-rinasci

la tua anima-di-carta ricrea armonie

in cuore a spirali più alte

(prima stesura 1995, riveduta 17.4.24)

44

Altre dimensioni

lessi non ricordo dove

-ti parrà strano-

che anche i morti sognano

in diverse dimensioni oniriche

sognano di loro stessi e di noi

-noi morti-vivi

45

Archetipi

(come quando a sera non t'accorgi

cadere nelle braccia di morfeo

così vorresti il ​​tuo distacco ultimo)

il momento imprecisato è punto vagante

nell'aria da cui si diramano linee

imprevedibili del sogno che

luce ridonano agli archetipi e

vita autonoma hanno nel sangue

( prima stesura 2004, riveduta 22.4.24.)

46

L'ultima morte

ogni fine sgomenta

pur nella natura delle cose

dopo tante piccole morti

-ti dici- benvenuta sia l'ultima:

poi non vi sarà necessità di sorta né

dovrai chiedere: avrai sempre

piena la faretra di frecce

d'amore

47

Metamorfosi

sbattevo contro le porte della notte

mi affila oggi un vento

di passione: che dirà la "cicatrice"

se non bene del sé "rivalutato"

ora

che mi vendemmia il tempo

48

Madre celeste

irrorasti i piedi della croce

di lacrime salvifiche

Madre

col tuo manto copri di pietà

i derelitti

Tu dei viventi

avvocata Tu incoronata

49

Dissonanze

(della cervicale)

da qualche anno dormo su un lato

non quello del cuore

evito gli aerei precipizi

della stanza capovolta

.

(degli acufeni)

capita sovente

che ad agitare i miei sonni

siano folletti nella testa

che schiamazzano a più non posso

dilatano l'oscena notte

.

50

Tra ondivaghe ombre

nel sogno è l'essere bilocato

allucinati pensieri assumono forma e volto

si destano dal loro sonno i morti

tra ondivaghe ombre

ti specchi nel tuo doppelganger

51

Era una favola il mare

consapevole di trovarti nel sogno

chiederti se riuscirai ad uscirne

tuttavia volendoci restare

ancora un poco

ché

era una favola il mare

su creste d'onde guizzavano pesci

dalle squame luccicanti nel sole

calavano gabbiani a frotte

52

L'origine

in profondità celesti

plasmati dal cuore del

Suo sogno

in una piena di luce

53

Cielo indaco

deriva del sangue -

.

si staccano dal tramonto

voli di sogni infranti

.

54

D'un sogno

il ricevimento la torta

a tre piani - ci potevi annegare

in quel mare di panna -

"dateci sotto -

let's go": così

suggeriva melliflua lei

la primadonna - gambe accavallate

ben tornide - sembrava uscita

dalla copertina di playboy

55

Divagazioni

notti agitate insonni - verrà pure

il "sonno del giusto"

nonsense sfarfallano

fra le coltri

la giornata si allunga

l'albero rinverdisce

---

RISVOLTI

(2024)

1

Il compianto

il caro trapassato

vede non visto

i commensali e il posto vuoto

vede gli scheletri

usciti dall'armadio

-lo spirito è tra loro inavvertito

il compianto

è sulla bocca dei congiunti

in decorrenza del "compleanno"

-senza il brindisi

2

Coniunctio

e allora avremo dissolto

insieme allo schermo

di apparenze nomi e forme

con lo scenario della storia

ei fiumi di sangue e di parole

anche il sale delle nostre lacrime

3

Vasi comunicanti

hai aperto la camera e

ti sei visto nel tuo letto -sdoppiato

ti sorprendi? dovresti intuirlo

che ondivago sogno e reale

son vasi comunicanti

e allora: quale la realtà ti chiedi

se è sogno nel sogno o che - trovandoti

uscito da te

4

Naufrago d'anni

accogli da naufrago d'anni

il canapo che ti porge l'angelo

ai sussulti del cuore s'innerva

la deriva del sangue che alluma

5

Dove andremo

("Solo Tu hai parole di vita eterna")

di sé l'io ci ha vestiti

da che ci staccammo da Lui

scegliendo l'albero della conoscenza

da allora

ci convoglia a imbuto un tempo fugace

al varco è un vuoto affamato

"da chi andremo"

6

Febbre creativa

inesauribile febbre di Dio

febbre creativa di universi-mondi

febbre per l'uomo di cui

Lui non è mai stanco

7

Ma Rainey

(omaggio alla indimenticabile 'mother of the blues')

Ma - un fremere viscerale

lei il blues il ritmo la vertigine

Ma è l'ansimare dell'onda

la bocca del mare gli abissi profondi

è il sudore e il sangue

delle piantagioni di cotone

è il senzatetto è occhi secchi

Ma è il vuoto del braccio

tranciato

portato via col pianto del vento

Ma Rainey, pseudonimo di Gertrude Rainey (nata Gertrude Pridgett; Columbus, 26 aprile 1886 – Columbus, 22 dicembre 1939),

8

Irrazionale

l'uzzolo di annotare dei versi

balenati tra veglia e sonno

cosa volevano dire ti chiedi

lascia che parli il cuore tendi l'orecchio

quando lo senti sussultare

cogline i suoni di un altrove

la poesia al più è irrazionale

ti sorprende alle spalle

9

Mattone di poesie

non scarti niente

metti metti

anche quelle così

nate tra il lusco e il brusco

vuoi farti del male - di' ?

ti attirerai i critici

messo a nudo sotto tante lampade!

però devi pur riconoscere

che quelli sono scarti

della bellezza dell'angelo

suggeriti in dormiveglia o trance

peccato tralasciarli - ti pare?

10

La parola

t'innamora di sé -

abiti

la parola - ti lasci abitare

in luce di sangue

11

Il linguaggio dei fiori

chissà se loro sentono

di esserci: non come

gli animali o gli umani s'intende

ma in qualche misterioso linguaggio

affratellati con la terra e l'aria

nel respiro dell'humus-madre

sanno -i fiori- nell' offrirsi

al bacio del sole -

del candore

d'un impalpabile sogno

12

Altri tempi

nell'era del digitale

non trovi più la cartolina a libretto

che ti sorprendeva con la musichetta

né il calendarietto profumato del barbiere

con le foto sexy (vietato ai minori)

né la letterina a Natale sotto il piatto

che strappava una smorfia di commozione al papà

né il pianino a manovella per le vie della città

altri tempi - oggi se cerchi

qualcosa te lo dice google

l'intelligenza artificiale pensa per te giacché

ha un quoziente che ti supera!

13

Turbamento

meridiana a perpendicolo

sull'altro lato un po' d'ombra

altre -di ombre- a tratti le senti

passeggiare a lato del cuore

ondivaghe e sinistre - invochi

l'angelo ma non t'ascolta

sarà già impegnato ad assistere

un più povero cristo

14

Ribaltato

prostituito alla vita

giunta l'ora un tuffo nel "nero"

di qua vedi buio di là tutto

è ribaltato in vita

trasfigurata

un chiaro accecante

vedi uscire gli scheletri

dall'armadio con larghi sorrisi

15

Vita latente

qui solo apparenza ti dici

il tutto -l'Assoluto- è vita

latente:

la bellezza che mordi

16

Vele di nuvole

vele di nuvole e il cuore

dove ti porta

s'attarda

a svelarsi la musa tra pieghe

dell' anima dove si leva

un'alba rosata - a

celebrare la luce

17

L'albero

sono quell'albero reciso

che mostra senza un grido

la sua ferita bianca

la radice ha ritratto in sé

la parola monca

18

Homeless

ho incontrato per strada un derelitto

nelle tasche solo sogni avevo

-veder fiorire una luce

in quegli occhi senza cielo:

aprirgli la porta e il cuore

19

La passione

aveva le sue "cose" e una luna sghemba

quando lo copriva d'improperi

lui zittiva pensando

di mandarla in quel posto

ma la fiamma della passione lo strappava

dal letto di procuste

d'ogni screzio faceva tabula rasa

e rasserenava il cielo

20

Gli anni oscuri

(alle vittime dell'olocausto)

udimmo dietro le porte pianti ed urla

mentre s'incupiva il cielo

e s'espandeva l'ombra del male

l' aria era nera

del fumo dei corpi bruciati

ora

apparteniamo anche noi

alla terra alle radici al vento

ed ha voce di pietà il cuore

21

Vade retro

"vade retro" ripetevo

in dormiveglia - poi da sveglio:

"nulla puoi se Lui

invoco" - seppur lacerato

da estenuanti lotte - io che abbraccio

ogni giorno la Croce

(affetto da DOC: disturbo ossessivo compulsivo)

22

Quel motivetto

quel motivetto che mi gira a vuoto

e non mi lascia

e mi riporta agli anni andati

quando con un soldo

compravo caldarroste all'angolo

quel motivo che mi accompagnava

nelle scorribande per vicoli emulando

sandokan o il pirata barbanera

-banda d'obbligo sull'occhio-

a fare da sfondo al tempo

d'un'età spensierata

23

Per A.

caro fratello

non ti è stato dato di "giocare" la vita:

appena un affaccio sul mondo

fuori dall'alveo di nostra madre

che hai subito rimesso le ali

per altri lidi

potevamo giocare insieme

io giovincello tu ancora bambino

avrei potuto tenerti a cavalluccio

avremmo corso per i prati

e guardare con innocente meraviglia

la farfalla posarsi su un fiore

o immergere le mani nelle acque del ruscello

e poi ridere ridere

nell'incoscienza dell'età

ora -strappato il velo del sogno-

posso solo ricordarti

nella mia preghiera

mentre tu mi guardi dai cieli

con occhi d'angelo

24

Sul ciglio

(nightmare)

sempre in bilico sul ciglio

a lato voragini e fiamme

il più delle volte non rispondendo

più di me stesso:

sono il grido dei perduti

al cospetto dell'Altissimo

sarò giustificato?

25

Non più quei brividi

sono arida sabbia

più non mi lecca l'onda

si è ritirato il mare

non più quei brividi sulla pelle

della musa che latita

propiziassero le braccia a conforto

in queste aride notti

al lume d'una luna controversa

26

Poesia è quando

stasera un film già visto

di bevute e scopate (factotum)

per nulla emotivo o poetico

se la poesia è viva ti domandi:

lei è quando

seduto sul water leggi un libro

o davanti a un tramonto bevi per

dimenticare e ti vien da piangere

-ami bukowski

quando t'ispira cavolate

27

In lacero lucore


andare su cocci -

nelle stanze del cuore


defluisce arido sangue

riflesso in volti d'angeli distorti


gridano piaghe in lacero lucore



28


Primavera


freme primavera in surplus canoro


in una sospensione lucente

t'ispira la musa uno spunto


mentre il chiurlo

ti fa il verso



29


Nightmare


quel senso amaro di sperdimento

di quando ragazzo scappasti da casa

ecco te lo ritrovi nei sogni

nel percorrere strade allucinanti

di un paese sconosciuto

e attraversare tortuosi cunicoli e tunnel

che ti avviteranno in un girone dantesco

se non ti svegli prima



30


Antenati


sarà bene tenerselo buono

quello che ogni tanto ti appare

in stato ipnagogico

un ectoplasma

forse un antenato

di una vita precedente che

vuol rivalersi in questa

d'uno sgarbo subito?



31


Come nella prima luce


"qualcosa c'è" -dici?


vuoi mettere?

al confronto il "qui" lo traduci


nel transeunte

l'apparire - il caduco


di là: il Reale

l'Assoluto - l'Aleph


l'essere che in sé rinasce

come nella prima luce




17


Boomerang


il male è un boomerang

per la legge del contrappasso


è un verme che rode

viscere e cuore


gira la banderuola

nel vento dei vinti


"beati voi quando vi perseguiteranno

a causa della giustizia"




18


Yakamoz


esco da un sogno e

mi culli dolcemente la mente


donna dei boschi

che di sé m'innamora


una luna complice

si specchia nel lago

fra silenzi d'acque


naufrago approdo

fra le tue braccia

nell'ora desiosa languida


*

(yakamoz: riflesso della luna sull'acqua)




19


L'infinito di noi


appare del mondo

a specchio di cielo


non può finire tutto

in un pugno di terra


ci è stato messo nel cuore

il senso dell'eterno




20


Brindisi


m'inseguono gli anni dappresso

come lupi affamati


tra i malanni un brindisi

al genetliaco


paresi distrofia trombo:

sono una mina inesplosa




21


Il tempo


un tempo lento

s'appoggia a una spalliera di brezza


l'anima un lento

navigare in sogno




22


Seguendo una scia


parole e parole -


vagheggi seguendo una scia

d'ispirazione

questa dove ti porta


sei come quel tronco

in balia della corrente




23


Gli ultimi giorni di A.


povero fratello mio

imbottito di morfina e ossigeno

ad obnubilare il cervello

ora vedi nei tuoi deliri

acque che ti sommergono abissi

che ti attraggono e fiamme

che ti lambiscono e vorresti scappare

ti strappi tubicini e flebo

legato gridi

verso un cielo denso di silenzi

entro una infinita notte


(una luce breve si posa

sul tuo viso di pietra)


(povero fratello mio

non ti ha baciato nuova primavera)




24


Gli scomparsi


nel primo pomeriggio

ti lasci dondolare sul filo

di un dolce intontimento

hai quasi la sensazione possa

apparire un tuo caro da un altrove

in una luce spalmata intuita

anche se gli scomparsi non sono a comando

ci celano sono

magari nascosti tra le pieghe del presenti divano




25


Su binari sconnessi


nei corridoi della mente

scorre il sangue della verità

anche se non lo riconosciamo

o non vogliamo "vederlo"


il coltello nello zainetto scolastico

la dice lunga su una giovinezza sviata

e la famiglia? sorpassata

va su binari sconnessi


o è 'allargata' in modo innaturale





26


Ritrovarsi


nascere in un altrove

questo il morire

-ferve la mente


"tutto si crea nulla si distrugge"

sembra ti legga nel pensiero mentre

poggi la testa nell'incavo della spalla


un volo mi si ferma negli occhi -

penso agli anni andati: i tuoi non hanno

sciupato questa luminosità del viso


certo

lo sai anche tu: sognando lontananze

ci ritroveremo


in un dove che non sappiamo



27


Ipnagogica


il mio doppio

con le braccia d'aria

s'inabissa

nei fondali d'inconscio



28


Le tue ceneri


(ad A.)


una nube si specchia nel lago

in pareidolie bizzarre

le tue ceneri

disperse nel roseto


anche tu a precedermi - io

nel vortice degli anni



29


La lotta


all'alba continua l'eterna

lotta dell'angelo


folgorato dagli strali lucenti

"quello " si ritira ma per poco


per rimontare più agguerrito

bava alla velenosa bocca



30


Sognare uno svolìo


arte e poesia tendine

a cicatrizzare ferite


si bea il cuore di bellezza


sogna

in fondo agli specchi uno svolìo

di ali


(ispirata a "L'oisseau blu" 1909, di Maeterlinck: "...gli uccelli azzurri del sogno si nutrono di raggi di luna...")



31


Una ridda la mente


una ridda la mente

crocifissa al blasfemo


sarebbe forse un cadere in demenza

meno devastante

che questo abbuiarsi del sangue


mostro che come un gioco

m'intrappola in un giro vizioso *


ah la non voluta offesa

ricada su di me Signore

ch'io resti trafitto

sulla punta delle stelle


e il sangue forme le parole:

"Ti amo!"


* affetto da DOC: disturbo ossessivo compulsivo



32


Epifanie


rifrangersi dei

rinsanguati echi

del divenire


33


Riconciliazione


Verbo fatto bambino

nato in una mangiatoia

Ti darai in pasto

"questo è il mio corpo"

sarai appeso ad una croce


Tu compassionevole

ci vuoi simili a Te

un dì trasfigurati

noi nati

da uno sputo nella polvere


o felice colpa!



34



La ripulsa


fioca luce emana

la tua aura se il cuore

non risponde a impulsi

di perdono


per legge di contrappasso

la tua ripulsa è un boomerang



35


Quel motivo


mi veniva almeno in sogno

quel motivo che mi sfugge

a ogni ora del giorno

e che mi prende il cuore

in una lacerante nostalgia


che sia di debussy o di

vivaldi o chissà chi?


il non ricordare mi fa

mutilato nell'anima


fantastico -

un altr'anno se ne va -

nell'ora meridiana me ne sto

s'una panchina ancora calda di sole

seguendo pareidolie in bianche nuvole



36


I difetti


usa le posate

in modo non ortodosso

infila la manica da sopra la spalla

odia gli ombrelli e le filastrocche

farsi fare la barba

(acconsentirebbe da mani femminili!)

deve dare la destra

a chi gli cammina a fianco

detesta la verbosità

vuol sempre dire la sua e

interruzione chi sta parlando

(ma non pretende l'ultima parola)

si accende per

domande di lana caprina

fa ogni tanto

6-7 starnuti a raffica

è affetto da DOC

(disturbo ossessivo compulsivo)



37


Irriverente la mente


irriverente la mente

del vegliardo scivola

su osceni pensieri


impiccato

all'albero più alto

il puro ideale


che

nutriva il fanciullo

a specchio di cielo



38


Fotografie


affacciato sui ricordi

da finestra che abbaglia:


vi si sfoglia

il quaderno degli anni


ti risucchiano a imbuto

gli io i tuoi fantasmi



39


Placebo


poi

uscito dal dormiveglia

alcune note ti affiorano alla mente

che ti lasciano uno stato

di grazia tutta la mattina


poco importante se si è trattato

di autosuggestione o

effetto placebo


40


Lo spartito

(UN Piergiorgio Frassati)


tendi l'orecchio


ascolta lo spartito

che il Signore suona per te solo


41


Invocazione alla Vergine


stargate - Tu orifiamma -

misericorde - Mater

dulcissima -

Avvocata


infinite voci

per la Tua grazia


fluenti

nell'infinito mare delle

beatitudini



42


Corpo di luce


uscire da te stesso

è un ritrovarti


non più guardare un orizzonte

che "il guardo bellezza esclude"


la mente un'espansione

dei sensi


là dove si perpetua

la


avere

un corpo di luce


e potrai

volare


28.1.25



43


Scomosciuti


le volte -rare- che l'incrocio

il suo garbo è una mano

che mi carezza il cuore


e il sorriso da 'gioconda'

nel dare il buongiorno

è balsamo - stato di grazia


rare le volte e si resta

sconosciuti


come un'apparizione: è forse

l'angelo che me la fa incontrare


rari gl'incontri

che vanno a molcere

questo scorcio d'anni


29.1.25


Sogno impossibile

un mare incantevole
luccicante - piatto
.
la sensazione
di voler trasferire quella
visione fuori dal sogno
.
intatta - viva - con
sottofondo incluso
.
poi riavermi
da quella illusione
.
30.1.25


52

L'inconoscibile

chi ci dice che non siamo feti
nel grembo dell'universo

"tutta la natura geme
delle doglie del parto"

lì nel tumulto del sangue
si agitano le nostre emozioni

chi ci dice che non è
il nostro Sé a sognarci

noi
"materia" del possibile

5.2.25


53

Il nostro sì

noi "siamo" - a prescindere
dal corpo di terra

che limita il volo
sognato
con ali di luce

essere
vita
non vuoto:

il nostro sì

9.2.25


54

In ondivaghi spazi

(visione)

in ondivaghi spazi
lasciano tracce
nella carne del cielo
ali d'angeli

17.2.25


55

Lui mi conosce

Lui mi conosce più
di quanto io non mi conosca

chi non ha scheletri non è
di questo mondo

17.2.25


56

Poesia che nasci

ti levi dal letto di tenebra
monco alfabeto
e annaspi nella luce

veleggia
la tua barchetta di carta
tra perigliosi flutti

sognando un'itaca lontana

19.2.25


57

Ove bellezza ti levi

solare sangue vortica
sul perno dell'esistere
ove bellezza ti levi
a scalzare la morte

21.2.25


58

Doppio celeste

l'uomo celeste
l'uomo terreno:

l'essere sdoppiato - la sua ombra
proiettata

nell'apparire

23.2.25

-----------------------------------------------


NUOVA RACCOLTA


1

Dove bellezza fiorisce

(ascoltando: waltz no 3 "Dance of heaven" di Shostakovich)

dove bellezza fiorisce
ti vedo angelo della volta
piegato su curvature di luce

istanti in fremiti ascolto
dove piove melodia
su corde del cuore


(Nota: Non da meno il più noto waltz no 2 ne "Il Gattopardo")

24.2.25



AFFLATI

(2020)

111

NOI DUE

chi resta

avrà dall'altro da lassù lo sguardo

o dai recessi dell'essere dove

si presume

risieda l'anima

chi resta alzerà gli occhi al cielo

in un atipico silenzio

rassegnato

un'altra primavera e

nuovamente

guarderà il glicine fiorire

si domanderà

dove stanno i ricordi vissuti

pezzetti di cuore

sa che tutto è

un eterno presente

112

NOTTE LIQUIDA

orfanezza del cuore

su sfiorite rive

occhi

come laghi in fremiti di vita

dove

distorto volto d'angelo traspare

lanciarsi anima e corpo

nell'ebbrezza della notte liquida

113

OCCHI DI PARADISO

quel giorno che ci hai lasciato

parlava il tuo sguardo muto

-occhi di paradiso

quel giorno

l'angelo ha colto il tuo dolore

e lo ha appeso ad una stella

ora tra arcobaleni e vento

il tuo aquilone

sparito nell'infinito

è come desideri cercare

lì il tuo cuore

114

PAROLE 2

parole sulla bocca

dell'alba

in dormiveglia mentre

inizi l'interiore viaggio

cavare sangue

da neonato parole

in seno a un dio

non visto

dove sale la luce

115

PIU' D'UNA VITA 2

convivere con gli umori

di un corpo di morte

dall'animalità all'angelo: questa

l' impervia salita

più d'una vita se dal sangue

fioritura sia d'ali levate:

ogni passo ne perdi una piuma

116

PRIMAVERA 2

capita che il bosco mi parli

ogni volta che abbraccio il "mio" albero

-risale

a un rito atavico

l'abbraccio: patto di luce- amore-

mi parla -il bosco-

tendendo le mille sue braccia

nell'espandersi in canti che allargano il cielo

la casa degli uccelli

si fa allora santuario del cuore

empatia

che mi congiunge

all'esplosione della fioritura

come fossi io nell'albero

credi non sarà

così

per sempre

non come qui a guardare

per speculum in aenigmate

quel non riuscire a focalizzare

il profilo di lei

come quando la vedevi sbucare

da dietro la curva

della strada al ritorno dal footing

tra le altre suppellettili

ora a prendere polvere

sulla specchiera stile ottocento

profumi pinzette ninnoli

la collana

orfana del collo esile

il guardarti in tralice nelle sere vuote

lei da una foto sfocata

118

PROVE DI VOLO

anneghi

nell'effimero d'una vita marginale

tenti nell'indaco prove di volo

-fino a che dura il sogno

da quale parte è la verità ti chiedi

nei momenti lucidi

119

QUALCOSA VERRA'

qualcosa verrà

in quest'ora anodina

a farsi sangue e presenza

il bianco a violare

ricamandolo di fonèmi e voci

da sirena ecco si veste

la musa

su onde a sognare

-incoronata di nuvole vaghe

come un'eco

quel melodioso canto

che si negò odisseo

120

QUALE IL TUO NOME

quale il tuo nome nel registro

della Luce

quale la tua figura

inespressa

questo non averversi

come morire sognarsi

in seno a cieli

di cui non è memoria

caduto il velo

un ritrovarsi

moltiplicato

121

QUELLO SQUARCIO DI CIELO

in grazia creativa mi sento

oggi che mi è clemente il tempo

-nuoto nel mio

immaginario

nell'approssimarmi agli ottanta

non mi fermo a fare bilanci

o scongiuri

né mi guardo indietro

solo il giorno

predestinato aspetto

e tanto più inimmaginabile

sarà quello squarcio di cielo

-ad attirarmi a sé

122

REPERTI

lui -il ​​"cornuto"

che continua a lavorarci contro-

lo vedemmo nelle case della morte

col fumo della carne bruciata

lo riconoscemmo nella "bestia"

umana

dopo gli anni orrendi oggi

un museo: in mostra scarpe

valigie occhiali e

una montagna di capelli

i reperti

della vergogna

non sogni o finzioni quelle "nuvole"

ma

dalle fumate si sa che a levarsi

erano ali d'angeli

123

RICORDI

confondersi del sangue col colore

dei papaveri nel sole

ampie distese a perdersi

mentre all'orecchio del cuore

a far capolino una

melodia nel tempo andata

ricordi

ci si appattiva scalzi col fiatone

nell'erba alta

dopo una volata e

in levità d'angeli

quasi non si toccava terra

124

RISILLABARE PALPITI

risillabare palpiti

di soli e

generare amore dove

il cuore mette ali

elevarsi come aquila

negli' infiniti cieli

annullarsi del pensiero

guru in stato di

levitazione

125

ROSA IL TUO FIATO

rosa il tuo fiato

fragranza di bosco la tua pelle ambrata

apparivi sirena

distesa s'uno scoglio

allucinazione forse

mi facevi un cenno

mentre il cielo s'apriva in una luce

aurorale

come il tuo sorriso

126

SAREMO

il sangue starà

circumnavigando il periplo dei mondi

quando l'io non esisterà più

cosa saremo nessuno può dire

saremo nel Tutto

dove tutto ha nome armonia

forse

non aureolati - fioriti

nelle braccia di Dio

come nella prima luce

127

SCAMPOLI

rimanere in essere

incapsulati in una vita

ch'è copia

sfocata dell'Originale

dimezzata vita: scampoli

pure

zampillo d'acqua viva

dall'Io subliminale

la difficile luce

128

SCHEGGE DI PENSIERO

sai d' essere schegge di pensiero

per unificarti alla Mente- madre

dove sei già stato vuoi tornare

ma non ricordi il "dove"

tornare

da dove ti sei staccato

come la foglia che

riprenderà ad abbeverarsi di luce

dopo essere macerata nella terra

129

SCRIVERE SULLA SABBIA

scrivere con la luce

la vita la morte

vestire di primavera i gigli

non così l'uomo

dal suo primo apparire

preso nel vortice

delle cose

egli scrive su sabbia l'avere

-nel cuore la paura

del bambino

130

SCRIVO SULL'ARCOBALENO

scrivo sull'arcobaleno

dove il mio angelo è assiso

in veste di musa

egli mi suggerisce parole

macerate nel sangue

che mi si nascondono

alla "vista"

a volte dall'arcobaleno

cade una sillaba

ed io la recupero

riprende vigore

all'angelo traspare un sorriso

che si fonde col mio fiato

131

SE AVRANNO VOCE

ed è pleonastico il tuo dire

i tempi son cambiati e

alle piante seccano

i timidi germogli

i pesci son gonfi di plastica e

i cieli di cenere

ei mari piangono coi miei occhi

lasciano parlino i fatti

se voce avranno

in una -lesta?- inversione di tendenza

132

SE INDIETRO TI VOLTI

era solo un sogno - sarai

come la moglie di Lot mi disse

se indietro ti volti

accondiscesi sebbene

controvoglia: ribellione mi

corse nel sangue

altri vedevo passare

per la via della "prova"

ora tramutati in statue - che prima

di me ridevano

133

SENZA TITOLO 5

le cose

mi chiamano e la morte

è lontana

vastità contemplo

l'anima

è il verso del gabbiano

nel lambire l' onda

134

SENZA TITOLO 6

un'alba cadmio

apre spazi

inusitati nel cuore

usciti dal sogno

beccano sillabe

gli uccelli di Maeterlinck

in un cielo di vetro

da un luogo non luogo

le uve dei tuoi occhi

chiamano il mio nome

genuflesso nella luce

135

SIESTA

di sé t'innamora il perfetto

endecasillabo

"meriggiare pallido e assortimento" -

rilassante quasi a conciliare

il sonno

di qua dove sei

la pineta - di là il mare -

chiudi il libro di Montale

e gli occhi

contro l' obliqua luce fra i rami

in te mezzo assopito

ora perdura

il dondolio delle altalene

e dei teneri corpi

quasi fatti d'aria

136

SOLITUDINE

si è al punto che

ogni giorno

è uno in più a dar scacco alla morte

-finché ci siamo- la candida

filosofia dell'anziano

il consueto giro pomeridiano

per godere un po' di sole

non si muove foglia

ma voglia il cielo

risparmiargli una solitudine feroce

che scava come goccia nella roccia

137

SOPRA IL SENSO DELLE COSE

chi può conoscere

meglio della terra i morti

l'inverno col suo bianco manto

il silenzio copre e il loro cuore

oltre orizzonti di palpiti

vegliando aleggia

il mistero

sopra il respiro dei vivi

sopra il senso delle cose

come un sole freddo

138

SPAMPINA LA ROSA

turbina avanza

in un pastella di ciglia - deserta

la piazza solo una gatta sotto

un'auto acciambellata

han lasciato i vecchi

il loro gioco di carte

più in là la bellezza

deturpata

al crocevia del grido

la rosa spappinata

139

SPLEEN 3

lo scoglio

e tu

come un tutt'uno

quasi sul ciglio

del mondo avvolto

in una strana luce

labbra di cielo

questo

contatto di sole

vedi nell'aria

marina

un gabbiano planare

su una solitudine

che ti lacera

all'infinito

140

SPLEEN 4

brusio di voci

galleggiare di volti

su indefiniti fiati

si sta come

staccati

da sé

golfi di mestizia

mappe segnate

dietro gli occhi

vi si piega

il cuore

nella sanguigna luce

141

SUL FILO TESO

camminando su filo teso

se la mente vacilla e

s'affaccia su orrido abisso

Tu lo sai -

è l'altro me a cui

ho dichiarato guerra per onorarti

son diviso e ogni pensiero contrasto

se emerge non da sangue

e come potrebbe

la pianta ripudiare la radice? e la corolla

che s'apre alla luce odiare la luce?

142

TEMPO-SOSPENSIONE

tempo elastico

gli orologi molli di dalì

tempo- sospensione l'aprirsi del fiore

tempo di blake

sospeso nel balzo

lucente della tigre

tempo diluito non- tempo onirico

tempo dilatato che

scandisce deliri di luce

in una tela di van gogh

tempo sospeso

immobile indolore

felicità animale

143

TRIPUDIO DI LUCE

aspetto l' ineluttabile

disfacimento della veste

come l' albero delle

foglie

quelle macerano

l' albero è albero

il suo sangue in letargo

attende

un nuovo tripudio della luce

144

TU MADRE DEL MIO SILENZIO

tu madre del mio silenzio

tu cattedrale del sangue

indiato

-poesia- apri lunghe sospensioni

e varchi

e archi di luce ricrei

tra ciglia d' amanti

tu fai spuntare fiori tra le pietre

preservi un raggio di sole

per gli occhi persi

del povero cristo

nei giorni anodini

145

TU REGINA DELLA NOTTE

sei nelle mie corde e metti ali

a sorvolare questo male oscuro

d'un mondo fatto a pezzi

tu regina della notte

poesia che ti sveli

al lume d'una luna menomante

l'anima è inclinata nella luce

ci salverà la bellezza?

146

ULISSIDE 4

occhi di terra e di cielo

e oceani

occhi ove vive

noetica luce

a sognare procelle e bompressi

e

un' itaca lontana

esce dalla coda dell'occhio

il tuo vascello

a circumnavigare terre di mistero

ed è casa di mare aperto

l'anima del viaggio

147

UN CIELO DI PALPITI

si punterà verso

il non- luogo dell' Inconoscibile

intrisa la vela del sogno

del sangue della passione

uscendo dalla bocca della notte

-e siamo grumo e infinito

vivo di palpiti sarà quel cielo

tenerezza di madre ad accoglierci

148

UN NOME UNA VOCE

un alone di mistero emana

dai lampioni sul lungopò la sera

ectoplasmi o perdute

identità pare s'aggirino

sui viali battuti solo

da qualche meretrice

pensi

possa ispirarti qualche verso

quest'atmosfera impalpabile e attendi

riconoscibili

un nome una voce

che ti salgano da dentro

149

UN SORRISO

vedi l'allodola planare

il suo volo un immaginario arco

lascia nel cielo

"l'albero lo riconosci dal frutto"

pensi

come curiosamente ti sorprenda

quel detto dei Vangeli

e come

il dimenticato aspetti solo

come pane un sorriso

-ti vedrebbe

come un angelo qui sulla terra

che gli allevii la ferita viva

il sorriso è l'inizio

-lo sai

150

UN VENTO DI OSSIMORI

posizione fetale: ideale per lasciarti

abbracciare da morfeo - in una

sospensione lucente - la mente

assediata da iperboli

grandi come case

e da un vento di ossimori

151

UNA POESIA TIPO QUELLA

fa sorridere una poesia tipo quella

di Neruda "ode alla cipolla"?

se ne cogli la vera profondità

penetrando fin nella radice

della terra da cui è nata

sentirai l'ebbrezza del sangue

che canta alla luce gemmante

come una celeste musica

indorato dal caldo sole

quel bulbo

finirà sotto la mezzaluna

con lacrime

-companico dei poveri

s'usa dire

152

VAGHEZZA ERA O VISIONE

quell'attraversarti la mente

da nonsense e surreali figure

daliniane

come uscite da un sogno

perdevi la percezione del tempo:

davanti a te

un lungo corridoio asettico

senza interruzione di porte

era come entrare nella morte -

infine sfociare

bagnato di luce

in altra vita -

sogno nel sogno

153

VERTICALITA'

dolore non solo quello

da carne - urlo animale

ma sublimato

negli assi della croce

guardando in divenire

là dove conduce

Passione per la porta stretta

154

VIAGGI

"il più bello dei mari" quello

ancora da navigare o solo

sognato

così la poesia

più bella si dice

sia quella ancora da scrivere

viaggi

da odisseo viaggi mentali

apertura a ventaglio

dei sensi

in una immersione nel sé

[I° verso da Hikmet]

155

VISIONE

su di te vedi piegato il cielo

dalle leggiadre braccia

ti sale su per le narici

la barca di cristallo della

passione

veleggiando sul filo del respiro

nella camera della mente

non è detto non t'appaia l'angelo

dell' affresco

che ti rapì quand' eri bambino

156

VITA CENTUPLICATA

tu nelle braccia di Dio

rapita nel sole

piccola Margot

tu rosa vestita per la vita

quella vita che

non ti fu dato vivere

ora

centuplicata

credimi

immergermi vorrei in quel Sole

che nel sogno in barlumi ora

intravedo

157

VITA CHE TI SVELI

assisa sul bordo della luce

vita che abbracci

infiniti orizzonti

vita riflessa

che non sai dire se vivi

o sogni

vita in esilio finché abiti nel corpo

vita genuflessa

ad adorare il sole-maja

di luce

che apri la fronte del giorno

vita- vuoto affamato

sii te stessa

"vita fedele alla vita"

rigenerata dalla Croce

Vita che ti compi

che ti sveli

158

VITA NASCOSTA 2

il muro d'aria che divide

luogo e non-luogo

o solo quell'esistere sognato

che torna come déjà vu

qui solo apparire:

l'essere è vita

parallela - nascosta

159

VITA VISSUTA

aria ferma

di pomeriggio quando le ore

si dilatano e in una chiazza

di sole un gatto acciambellato

sembra sognare

i volti raggrinziti

dei vecchi che giocano a carte

dicono vita vissuta

ti distolgono

dal sovrappensiero bianchi voli che

si staccano dal tramonto

160

L'ETERNA LOTTA

in una bolla d' inganno è racchiuso il mondo

c' è sempre un pugnale nascosto

tra le pieghe della veste

appare come animale onirico

il maligno

o travolge come un maelstrom

ogni volta che

il Cristo bagna le sue anime di luce

-tutto Egli dimentica sulla croce

161

SU SFIORITE RIVE DEL CUORE

mea culpa? - considera

la pagliuzza non la trave

in bianchi cieli la sua anima s'impiglia

tra certezze effimere e un nodo

scorsoio l'ego si fa

mea culpa?

lungi da lui

quell'animo candido che

simpatizzerebbe con i morti

su sfiorite rive del cuore

un gabbiano solitario plana

162

APRE ALL'ARIA LA ROSA

si leva il mattino azzurro

carezza la riva della luce

sull' orlo dell' abisso la rosa

apre all' aria i suoi petali

arco d' amore

lei la vita

nel suo mettersi in gioco

163

COME NELLA PRIMA LUCE

figure - paesaggi -la voce

nomina le cose

come nella prima luce

vi assegna un'anima

-gli oggetti

si fondono ai corpi - familiarizzano

coi gesti

giovane è la vita nel prodigio

dei fiori

164

BUCO NERO

(ad una corrispondente immaginaria)

aspettando una risposta che non arriva

-ma forse sei entrata in un buco nero

dalle vicende del mondo assai lontana o

posso immaginarti già di là

a corteggiare le stelle

l'ultima poesia

che forse non leggerai

è infarcita di alcuni paroloni

filosofeggianti

benché sappiamo sia vitale

nel rivederla

fare opportuni tagli

come fa con noi questa vita

nel modellarci

165

LE VOCI REMOTE

il letto del fiume

è un sudario

che raccoglie le voci remote

delle anime in sogno fermatesi lì

sotto una luna menomante

166

CONSIDERAZIONI

che Egli sia nato in primavera

non al freddo e al gelo

-come alcuni studiosi ipotizzano-

nessuno può dirlo

(convenzioni degli umani: il periodo

i festeggiamenti per prima

la pancia e il sacro viene poi

banalizzato)

e che Egli

sia nato di pelle scura

è probabile

-ma perché fare distinzioni

di colore

-------------------- ------------------------

OLTRE L'ESILIO

(2020)

167

VIRGOLA DI CIELO

tu dici dopo non c'è più niente

-e la coscienza?

quella che ti fa dire sono persona

-che nell'aria stretta si fa

virgola di cielo-

no

non la distruggerà nessuno neanche

il fuoco

168

INCANTESIMO

donna dei boschi: occhi

di cerbiatta - la sua

anima di foglia

di sé m'innamora

169

QUEL CHE SI DICE TSUNAMI

ingegnarsi per bypassare quel che si dice

tsunami interiore pari al lutto

di una persona cara

elaborarlo mettendo in campo

l'autocontrollo (yoga) e

spruzzate di benevolenza e

autoironia - sviando

il testacoda dei sensi

lasciarsele scivolare addosso

le cose

destarsi allora con altri

occhi

170

LA LUNGA ATTESA

-alla fine

è dura questa coda da scorticare-

gli scriveva trepidante d'attesa

come se lui dovesse

tornare dal fronte

(era

in trasferta per tre settimane)

-sai:

la bambina la sento

come sorridermi in grembo -

sogno i suoi dolci occhi azzurrocielo-

171

MOMENTI D'INCANTAMENTO

entro ed esco dalla tua anima

dove dimorano pezzi di me

un odore di pini ci avvolge

-certo lo senti anche tu-

i nostri passi sul viale acceso di sole

-un grido di gabbiani e l'ascolto

del mare in una conchiglia:

questi i momenti

d' incantamento

fermati dal nostro amore imperituro

172

DOVE SEI

sparire nel nulla

è l'urlo della rosa dischiusa

consola a tratti un palpito

di luce selenica

che abbraccia il ricordo

ravviva empatie

gentile il velo spiegato

dell'angelo

su un lato del cielo

173

IL TUO GARBO

forse solo nell' oltre saprò -

si scioglierà l' enigma - e intanto

i tuoi modi garbati che ritornano

nella camera viola della mente

mi sorreggono per il tempo a me concesso

mentre perso sono

nel perimetrare il vuoto che lasci:

un' ombra feroce

mi strappa all'abbraccio del sangue

il buconero risucchia

presenze umori respiri

non il tuo garbo che in me

non si cancella

174

FRAMMENTO DI LUCE

(ispirandomi all' "Aleph" di Borges)

siamo un frammento di luce

particella dell'Altissimo

tale splendere

ha attraversato i mari dell'anima

toccato terre

inesplorate cura all'odisseo

indiviso frammento

custodito nel profondo di noi

l'aleph che unifica i mondi

175

CIELO STRAPPATO

c' è sempre una donna dietro

una fiaschetta di whisky tenuta

nascosta - semmai per illudersi

di lenire

la lacerazione di quella mancanza

un cedere

all'ebbrezza e alla lunga trovarsi

più che uno straccio

sulla specchiera

profumi ninnoli a far bella

mostra di sé

mentre un cielo strappato

raccoglie il muto grido

176

LA GIOVINEZZA

e sì che nell'alta

vegetazione

si nasconde un cuore di paglia

-solo a vederla

svoltare l'angolo

sono le fatidiche farfalle

e l'onda del sangue che rimonta

ah i lunghi meriggi a passare

tra sciabolate di sole

nella verde età fuggitiva

177

NELLA PRIMA LUCE

ci accorgeremo che non siamo

esistiti che nel pensiero

è la mente che crea - essa si

materializza in ciò che vuole

nel grembo del cielo fu l' immagine

del primo uomo che

Dio sognò nella prima luce

178

LA SACRALITA' DELLA VITA

il male si sa è la grande

ferita -ma c' è

tanta fede discretamente:

il cui fervore equilibra

i piatti della bilancia

si dirama il sangue della passione

in direzioni inaspettate

mentre

la sacralità della vita ha ali

d' aquila

a librarsi imperiosa sulla

banalità del male

179

IN QUESTO CIELO BIANCO DI SILENZI

non ti vedrò più Nina

se non in vaghezza di sogno -

oggi mi nutro come un passero

dei tuoi scritti di luce che aprono

su universi solo a te noti

e che forse ospitano la tua

essenza mentre mi appare

delinearsi il tuo volto

in una nuvola vagante

in questo cielo bianco di silenzi

180

OLTRE L'ESILIO

il più bel giorno è quando

oltre l'esilio della carne

mi verranno incontro i miei morti

ei parenti giunti da lontano

a qualcuno scapperà una lacrima e

nell'estremo saluto c' è chi leggerà

con voce tremante alcuni versi

"ti sei staccato come foglia

adagiata su una spalliera di brezza"

181

DA UN ALTROVE

e tu a lumeggiare le mie sere

anima di candore e di sogno

si fa conca il cuore

ad accogliere

dei versi dettati da un altrove

182

SOSPENSIONE LUCENTE

lente figure d' animali in sogno

t' appaiono le nuvole - mai

somiglianti l' una all' altra

e le gocce della pioggia:

sono sempre diverse cadendo

anche se ti sembrerà incredibile

tutto così singolare - unico

vedi:

in una sospensione lucente

lo stacco dell' uccello dall' albero

traccia un irripetibile arco

d' amore nel vasto cielo

183

MARE APERTO

mare-anima

sognata dai primordi

in infinito creare

fa vela il cuore

per l'azzurro pelago

184

LA POESIA

(da un po' che non brucio

della sua luce:

non mi prende febbre

di quell' agitarsi del sangue)

tento qualcosa del tipo: "la vita

ti ha tarpato le ali Nina

rosavestita - ora

è il vuoto delle braccia"

questo l'incipit

ma ahi

è latitante la musa che

non mi dà il "la"

plana un

gabbiano da me non lontano

chissà non porti nel becco quel

verso che mi manca

185

QUEI VERSI PERSI

[nel percorso col bus verso Brescello]

poi di ritorno a sera

carta e penna o se vuoi tastiera

il bianco che ti fissa

e ti ci perde

un muro

la mente un muro

provi con un verso

impreciso poi un altro

ma no non era così

che l'avevi pensata

eppure ce l'avevi tutta lì

come una cantilena tra veglia e

sonno negli occhi la confusa

striscia bianca sulla destra

ed eri in uno stato di

tortura-goduria

trattenendoli ancora quei versi

ma ora niente

un muro la mente

risucchiati da un buco nero

186

COVID-19

(navigano migliaia di morti

sotto la volta viola della mente)

questa "bestia" viene dalle bestie

-così dicono i

ricercatori (?) - pipistrelli serpenti et

similia

e

così ancora una volta -certo

per altri versi- come quando

il primo uomo entrò nella morte

scende

in campo il nemico

invisibile: il serpente ingannatore

187

L'ANIMA CHE SCRIVE

uscita dal margine del foglio

ove ha sostato per un tempo-non-tempo

ora sorvola il mondo piagato

dove sola

immacolata piuma in luce resta

188

AFFLATI

la scrittura si traduce in genesi

di fonèmi - espansi

in luce accensioni del sangue e voli

orifiamme o altezze

pari ad afflati d' angeli

189

IL DOPO

ci aspetta sempre

un dopo: il di là

da venire

aria di nuovo aleggia

negli occhi - che ci

sorprenderà - e

ancora non sappiamo se

croce o delizia

189 a

IL DOPO 2

distacco dal corpo -dall' albero

della foglia

abbrividire della rosa appena

colta e non sapersi di

bellezza effimera

190

VITA LEGGERA

una vita in leggerezza

ragazzi galleggiano sugli eventi

sfidano la morte

se c' è un dio? - il suo silenzio -

il corpo i sogni un tutt' uno

col digitale

-uffa 'sto ciuffo alla elvis che non tiene!

manate di gel

-ma è

sorpassato ritrovi oggi

la cresta da gallo

cedrone

191

MAROSI

marosi mangiano l' arenile

sulla linea cielo-mare

un battello dove suonano un blues

-l' urlo del vento disperde

le struggenti note

plana e becca

la cresta bianca un gabbiano

leggo s' un muricciolo e

mi confondo tra le righe

-mi si specchia come in sogno

il mio "doppelganger"

192

MOMENTO

in un silenzio ovattato

filtrano

le prime luci dell'alba

ancora viva la voce dei morti

venuti a visitarti in sogno

a rigirarti ti trovi

in ​​intrecci di piedi di mani

-il ​​morso

della carne

-labbra che si cercano

193

CREATURA

sembra che il solo sguardo

la mantenga in vita

la sua creatura

ché Lui la pensò

ancor prima di sognarla

in forma ed essenza

poi del sogno

il suo farsi

carne e respiro

194

UN DIO MINORE

(a battesimo d' inchiostro

un dio minore-molto

ma molto minore)

quella "balaustrata"

a cui s' appoggia verso dopo

verso

il mio estro -musa

malinconica non troppo-

(Balaustrata di brezza/ per appoggiare stasera/ la mia malinconia. G. Ungaretti)

195

IL GRIDO

si fionda nel buconero della carne

l'angelo caduto:

materia densa non più luce

lo veste il Grido-rimpianto

che si sfilaccia in un tempo rallentato

(vita non è che ossimori

e stelle di latta

vita

196


DEL SOGNO anche il sogno è vita - con le sue -dicono -

doti divinatorie ma attira anche quell'annullarsi quando non sei ostaggio di morfeo e sprofondi nel nero seppia assoluto mentre intorno a te vivono le cose e tu non sei più che un tronco portato dalla corrente ------------------------ ------------------


MARE APERTO
(2021)

197

ORIONE

da tempo i libri di mitologia sono soppiantati dai videogiochi - negli occhi dei ragazzi non più l'incantesimo di un cielo percorso dal Carro celeste e da Orione -che annaspa in un mare nero seppia

198

M' INDUCEVA L'ESTRO

poeti si nasce ? - non sapevo d' esserlo quando m' induceva l' estro a scribacchiare su carta da zucchero e alzavo gli occhi al cielo per un gioiello da carpire al divino

199

LAGHI DI MISTERO

ombre stampate - ombre a vestire figure passeggere luce degli occhi ai primordi - ritagliata nel blucielo - ove immergersi in laghi di mistero

200

CONGETTURE

più che terra mi dico un cielo in frammenti il ​​sogno e la ferita siamo più in su quel levarsi dell' onda che ci avvolge il punto zenitale della luce

201

MARE APERTO

ho un "posto" dove andare -che mi aspetta- a cui fanno eco non sirene ma aneliti dove nella morte apparente spasima la composizione della luce ho un luogo che mi aspetta : come andare in mare aperto con la bussola del cuore

202

COME ENTRARE NEL DIPINTO

cavalcare onde irrazionali

di nonsense onirici

come entrare nel dipinto e

vedere da una nuova

angolazione ri-creata dall' occhio

il confondersi del sangue coi colori

203

ALZHEIMER

la memoria s' è addormentata nell' anima -

la memoria che come un fuoco inestinguibile

ti faceva dire io sono

ora non sai più chi sei

e perdi la strada di casa

giorni e notti attraversano

le tue ossa e

la tua voce si è rotta nel vento

e se al mattino tì sporgi dietro i vetri

è per vedere solo ombre o fantasmi

come in un sogno ininterrotto

204

ISPIRAZIONE

cos' è l' ispirazione se non

un qualcosa che sollecita nel sangue

prima di vedere la luce

una folata di vento

e sei il vento

una vampata di fuoco e sei il fuoco

-con spasimi d' anima vivi le cose

parole come lacrime

cadono dagli occhi della mente

solo qualcuna

preziosa si posa

ai piedi dell' angelo

sul bianco immacolato del foglio

205

ANELITO

(sfogliando Salgari)

quella porta che apri sull'infanzia

ha gli echi del mare e il caldo

rovente di scogliera che ricorda

il tuo passo inquieto ribelle

i tumulti del sangue

resiliente

come l' insonnia della vela

per il buonvento

206

LA VITA SCORRE

la vita scorre

e quel senso

sempre del fugace

in ogni cosa

ma il mare

il mare è nel cuore di Odisseo

che si interroga

a specchio del cielo

l'uomo

è per la meraviglia

207

OLTRE IL VISIBILE

anima siamo con un corpo frale

la beltà è fiamma sotto

la cenere:

di là dal visibile

a dircelo è il cuore

dove discreto l' angelo ci affianca

208

PAESAGGI INTERIORI

tu dici

la vita è della morte

vita che indossi

che mastichi e ti mastica

la chiave o il

rovescio -sai- è quella

"vita fedele alla vita" - ad aprirti

paesaggi interni

ritagliandoti uno spicchio di cielo

209

L' ETA' SPAVALDA

il volo degli aeroplanini

con su scritte indecenze o

un candido complimento

e la destinataria si avvampa

dal primo banco c' è chi lascia

cadere la penna

per guardare le mutandine della prof

poi fuori come scalmanati allo

squillo della campanella

e ahi ci scappa l'occhio pesto

innato senso

di rivalità tra bulli

per una bocca di rosa

210

NONSENSE

il pensiero allucinato ti apre

varchi daliniani di nonsense

anche la tua figura si deforma

come gli orologi molli

e il cuore si libra

sul fiato

del dove e del quando

211

IN INFINITO ESPANDERTI

(a Gabriele Galloni)

ti vedo con fare garbato

rivolgerti ai morti tu che anzitempo

sei dei loro sei come loro

tu che ne scrivevi chiedendoti

"in che luce cadranno"

tu cuore amante dell' ignoto

alla sua riva in infinito espanderti

(tra virgolette il titolo di una sua opera - 2018, RP)

212

NON SEI DEI LORO

nel chiuso della stanza o

di pomeriggio nel sole

da un po' ti sorprendono

a parlare coi morti - questi

non tornano e tu non sei

dei loro -ancora-

sono spirito (ma di essi

poco si sa) -ubiqui

ti leggono il pensiero ea volte

giocano con le nuvole - quando

nelle tue pareidolie

ti pare ravvisarli

213

LUNGO UN FIUME D'ECHI

quel che accade "deve" accadere?

stabilito dall'alto

o da occulta trama?

e il libero arbitrio allora:

è al 50? alle 30?

vestiamo le possibilità

le decisioni sofferte

tra gorghi del sangue

sarà un caso ma

trovarci di qua della strada

invece che di là

potrebbe ribaltarci la vita!

siamo tenui fiammelle

lungo un fiume d' echi

("caso" o quella definita "sincronicità" junghiana)

214

CONDONO

"condono" dici?

se era massacrato - una maschera

di sangue

la persona: un solo grande urlo

guerriglia urbana -

la pelle rischiando

gl' inviati del tg

tra lacrimogeni e

manganelli che fendono l' aria

abuso

di potere: come vuoi

chiamarlo

-un nuovo caso Cucchi

come tanti altri cristi in croce

215

UTOPIA

presi in un giro mortale

lasciare tra le mani

trascorrere le ombre della sera

utopia

raccogliere i frammenti di una vita

in un numerabile infinito

(primo verso: parafrasando Ungaretti)

216

L'INFERNO

(mala tempora ed è belzebù

a guidare la danza)

l'inferno è sulla terra

è l'uomo stesso a crearselo

da quando caino alzò la mano sul fratello

da quando fiammate di odio

aizzano popolo contro popolo

per la supremazia di nazioni

e nascono come funghi velenosi

nuovi satrapi

(le vittime a migliaia

le raccoglie Dio nelle sue braccia -

giammai può il suo Amore

contenere l' inferno)

esso

è in terra se vedi annegare

negli acquitrini la bellezza

217

PER UNA VOLTA

(quasi una preghiera)

potrebbe il cielo una volta

mi conducesse il mio angelo e

in una visione ipnagogica

sentirei il mio sangue espandersi

ai quattro lati della terra

a forma d' una grande croce

sentirei allora

esplodermi il cuore

in tanti frammenti d' amore

ma sono un peccatore

218

A VOI MORTI

mi rivolgo a voi

morti usciti dalla morte

voi non più in morte-vita

vivi ben più che i vivi

siete in noi e in nessun luogo

lontanissimi e vicini

lungi da voi ripercorrere

i meandri della memoria

perdervi e ritrovarvi

e ancora perdervi

nei dedali delle passioni

fuggevoli

è l' atavico sangue a dire

"sono" -

è ritorno all'origine: come

nella prima luce

219

L' INCONOSCIUTO

vertigine dei numeri

all' infinito

tanto più che i granelli

di sabbia

così gli universi

le miriadi di mondi

l ' aleph: il punto

sconosciuto dove Dio li vide

specchiati nel Suo Sogno

220

LE PAROLE NON DORMONO

le parole non dormono

cercano il loro sangue

incessanti si affacciano

alle finestre degli occhi

nude presenze emerse

dal fondo dove è coro

di voci che sanguina

in luce

221

IL VIAGGIO

vedi aleggiare

il tuo soma d' aria

a varcare confini di mistero

ulisside

su rifiorite rive

d' un' itaca celeste

222

MATTINO

nello specchio del comò

si guarda una luna sghemba - prima di

dissolversi

indugiano nel sangue

sfilacciati sogni -

si attende supini

mano nella mano

che cresca la luce

e c' inondi col suo

buongiorno

---

ASSONANZE

(2021)

223

PIETRA DI SOLE

scintilla il sogno

sopra la vita ondivaga

luce affebrata

accompagna

questo scorcio d' anni

nel meriggiare ti accoglie

una pietra calda di sole

224

NEL SUO SEGRETO

non senti il ​​grido della terra?

la natura si rivolta

araba fenice

la sacralità

della vita violata

è intatta

non è la notte del mondo

la rosa

ha in sé nel suo segreto

la bellezza

225

SECONDA VITA

all'alba svaniscono i sogni?

o sono parte di noi

insediati nell'intime fibre

come una seconda vita

disincarnata?

attori-spettatori

secondo la "via regia"

trovarsi alla stazione o in

riva a un mare cristallino

-déjà-vu che ricorrono

in placida naturalezza

via regia: definizione di Freud del sogno

226

I POTENTI

"beato chi pratica la giustizia":

i potenti voltano la faccia

i potenti lavorando al buio

non sopportano la luce che li acceca

ogni opera buona

di chi è troppo "umano"

è sasso d' inciampo

i potenti dileggiano

chi osa parlare

d' amor fraterno

al grido del povero

prostituito alla vita

oppongono un ghigno feroce

227

LE PAROLE

imbastire dei versi e

renderli appetibili? suvvia

non cercarli attendi

che venire a te come in sogno

propiziatorie parole

neonate

dal sangue emerse

in luce

228

L' APPAGAMENTO

(visione)

ti accoglie un mare di luce

e sei come appagato

di tutto

tu essendo tutto nel Tutto

ti si apre lo sguardo su

infinite dolcezze

mai sognate nemmeno

in alveo materno

la trasparenza del cuore

ecco librarsi sulle

corde del fanciullo

luminoso

229

NATALE PRAGHESE

(da una omelia)

la maestra imprigionata

la verità bendata

-macché! tutte le fantasie!

-Gesù bambino non esiste!

di qui

il tumultuare in crescendo

di quei piccoli cuori:

ea quelli -i miscredenti-

sarà stato negato l' abbaglio

di luce che avvolgeva

le anime innocenti

quando esse chiamavano

all' unisono il Verbo incarnato

230

LA VITA SI GUARDA

la vita si guarda

vivere specchiata essendo

dell' Oltre il suo rovescio

solo

apparire - geme la

natura: non senti le doglie

del parto?

231

INCANTAMENTO

sorprendete sempre

voi palpiti mutati in versi

se il cuore ha un balzo per una

metafora felice

come quando il bambino

gli occhi ridenti

spalanca per la novità

delle ciliege appese alle orecchie

232

FEMMINICIDIO

tempo di ribollir del sangue

e cielo e terra si tingono di rosso

l'abbaglio della lama tra la folla

impossibile sfuggire ai fendenti ciechi

l'attimo dopo

lui è rivoltato in sé

-non più lo stesso-

nel proprio tragico buio

233

SENTO QUALCOSA IN ME

sento qualcosa in me

che non è di questo mondo

mi trapassano gli strali delle

convenzioni ma nella

curva degli occhi tremano

frammenti di stelle - stimolo

la mia innocua follia

nel segreto degli specchi dove ali

d' angeli leniscono

l' ebrietà del sangue

234

L'INGANNO

-che vuoi da noi?

-sei venuto a rovinarci?

vedono i loro progetti

mondani contrastati

da quest' uomo che si dice dio

le sottigliezze dello spirito

maligno si attivano dal primo

uomo e continuano a infierire

con danni irreparabili

- che vuoi da noi?

il male lo crede il bene

in quella loro cecità

235

DI LUCE E SOMMESSI GRIDI

è quasi fatta

tutta in dormiveglia come

nella testa una musica - poi

da eliminare i nonsense o

addomesticarli vestirli

ché diano colore

emergono i fonèmi dal fondo

tu li prendi di slancio e sono gonfi

di luce e sommessi gridi

236

CHISSA' DOVE SEI

abbracci avvolgono il cuscino

gioca un raggio di luna

tra i tuoi capelli

ti guardo

dormire - penso

chissà "dove" sei ora

tu che ami i viaggi

interstellari

tu immersa in un

senzatempo

d' esagoni e sfere

(ultimo verso: ispirato a JL Borges)

237

L'ISPIRATRICE

dopo forse più d' un migliaio

dettate dall'alto o dal profondo

di te ti chiedi

se a crearle non sia stato

un altro e non tu:

specie delle più

datate non riconosci la mano

l'ispiratrice vagheggia nella

testa in auto per strada o

si nasconde tra le pieghe

del divano e

nei momenti più inattesi ti dà

la mano

stornando uno scialbo esistere

238

DAMMI CUORE (PREGHIERA)

dammi ancora tempo

tempo per sognare

altre vite

tempo per

arcobaleni e luce e voli

e che io fedele sia

alla verità

alla fine

dei giorni che non devo

vergognarmi di me

dammi altro tempo - dammi

dolore

per gli ultimi

dammi cuore per gli ultimi

239

L'ALBERO

l'abbraccio è scala al cielo

l'albero che si sente abbracciato

ti è grato con la sua ombra

nel rinvigorire

nell'incipiente primavera

è casa degli uccelli

che sentono

anch'essi il fraterno "contatto"

-sei nella

natura tutta che freme

di vita

240

DIVAGANDO

senza pentimento

strappai le poesie giovanili -sarà

capitato a tanti- altre poi

ripudiate

pezzetti di versi

continuano a svolazzare farfalle nell'aria

nuova poesie germogliano

come alberi o fiori

241

NELL'ARMADIO 2

l'altro giorno nell'armadio

non trovai uno scheletro ma

in una giacca appesa da anni

un foglietto con alcuni versi

scritti in grafia minuta

li avevo

nelle stanze della mente

dapprima cullati poi

un po' persi un po' ripresi

vi vedevo le vele del sogno

andare su mari aperti

ulissidi cotti dal sole

legati a canti di sirene

mogli a tessere tele all' infinito

e

molto altro: visioni

dissolte nel nulla

chissà quei versi

se preso forma

ne sarebbe uscita una piccola perla

no - diciamo

una cosa decente

ad essere onesti

242

NELL'INCERTA LUCE

nel sangue degli echi

i tuoi franti aneliti

le cicatrici di luna e il rosso

grido delle estati che non

vogliono morire

le pieghe dei ricordi

a vestire sorrisi di sole

ora galleggi

in questo brusio di vita

mentre una vecchia pietra ti accoglie

ancora calda di quel sole

che lento annega

e ti attaccardi

nell'incerta luce

243

RELATIVO

dall'apparire dello 'strisciante'

inganno convenzioni lussuria

i pilastri del mondo

relativo il tempo

come il soma come la morte

(il morire: una scrematura)

non del mondo l'Assoluto -che

è vita nascosta

244

VISIONE

siamo mare aperto

espandersi dei sensi

in onde di luce

la nostra stella

custodisce

i vergini sogni

245

SIESTA

(barlume di ispirazione)

quel che resta nella mente

dopo il dormiveglia non è

che balenìo o nulla

tale presentire ha

l' accortezza

di non immediato svelarsi: resta

nel limbo

sgusciante si cela

tra pieghe del divano

la voce della

tivù rimasta accesa

lo disorienta

246

UN GIORNO SENZA TEMPO

quando stavo per "andarmene"

sentii tirarmi per i piedi

io nel sogno io sogno

criptato

un giorno senza tempo

nella meridiana di sole

ero

tra gli angeli ei morti

247

CENERI E KRONOS

ti parrebbe certo fuori luogo

durante un lauto pranzo se

ascoltassi di morte e di ceneri

-io le custodisco in un' urna

-no guarda preferisco

le disperdano in mare o nell'aria

pensa: siamo niente - a divorarci

kronos -occhi

di vento e pulviscolo nell'aria

tra un boccone e l'altro

guardando oltre questa

morte che ci attraversa

248

IL FIORE DEL SEMPRE

(ispirandomi a una conferenza di Rudolf Steiner)

vivessi pure cent' anni

non saprei mai chi sono

laddove l'umano m' inibisce

la memoria dell'origine

pura voglia in me un essere

superiore - il fiore-del-sempre - che

mi sarà rivelato

quando

si aprirà all' eterno

il trasfigurato corpo

249

LE PAROLE TI FANNO VOLARE

quell' immaginoso

come in un sogno ad occhi aperti

è un ondivagare di due versi nella

mente domani forse se ne

aggiungerà qualche altro

le parole ti fanno volare

ma la concisione vuole

sia detto "tanto con poco"

empito che sale

come una piccola marea

da attentamente vegliare

250

RITORNARE

ri-tornare?

per ancora sanguinare?

a sfiorarci una felicità

effimera

a trapassarci gli strali

del destino

quando la gioia piena?

giunta l' ora risparmiaci

la "ruota" se fosse nei Tuoi piani - e

che la morte sia una

accoglici per sempre

nell'alveo Tuo d' amore

(la ruota si riferisce al samsara)

251

NAUFRAGO DI SOGNI

cosa incresciosa

quel periodo no

dell' aridità d' ispirazione

-capita a tutti- e ti vedi

impoverito

annientato come

disteso bocconi sull'arenile

naufrago di sogni

252

STATO DI GRAZIA

non lui che scrive

non volute le parole emergono

dai recessi di un dove

viscerale

e in quel mentre si ritrae la morte -

è lo stato di grazia

per chi viene detto poeta

o costruttore di sogni

253

QUESTO AVVICENDARSI DEGLI ANNI

le volte che ti coglie sonnolenza

frammisti brevi tratti allucinati

la testa reclina sulle braccia

lente meriggiare assolato

il ronzio

d' una mosca e voci indistinte dal cortile

e questo avvicendarsi degli anni

come una marea che ti porta

ma ancora t' accora -inno

alla vita-

un non raro cinguettio sul davanzale

254

VAN GOGH

certo

si può dire di lui che fu uno

toccato dalla grazia

se il senso del tempo spalmava

la follia sulla tela

col giallo a invadere visioni

allucinate

255

ETERNO PRESENTE

ho sognato una piazza la sua

circolarità senza confini

forse dava nell'altra dimensione

chiamava il mio sangue l'aleph

di borges il suo eterno

presente - dove sei tutto e il Tutto

è te - dove il Figlio

rinnova le sue lucenti piaghe

cogliendo i perduti

256

AFA

vene esplose di questo giorno d'afa

me ne sto seduto s'una pietra

ancora calda di sole

rimuginando pensieri

come nuvole vaganti

-nell'immaginario

ora capre ora angeli-

257

I LIBRI

le tue creature

hanno un respiro una voce

mai che si annoino

sebbene in ombra

vivono nel cuore della luce

i loro sguardi attraversano muri

i dorsi nelle vetrine hanno occhi

sempre vigili

ristà il sangue delle sillabe in una

malcelata calma

258

CERTO E' L'ETA'

se oggi ti senti in buona parte

appagato è il caso di chiederti dove

sarà finita quella spericolata

baldanza esibita per i soli suoi occhi

-lei distesa sull'amaca

lo sguardo intinto nell'azzurra luce

certo è l'età che avanza e

forse nei sogni t 'incontrerà quell'io

dal tempo ormai divorato

259

IL POSSESSO

-guarda: tutto questo sarà tuo

-ah padre padre

che non ci hai saputo amare

mi trapassano gli strali della tua freddezza

le cosa? non danno sicurezza

schiavo ti fanno

non hai considerato

la grande apertura alare che dà

la libertà di amare

260

COME ANGELO

è un soffio la vita e già ti vedi nella

dimensione nuova dove tra le "beatitudini" non c'è

moneta né caffè né vino cui non sai

fare a meno e neppure

ha effetto la farina del diavolo

non esiste l'amplesso come lo si pratica

essendo tu come quell'

assessuato angelo che pare

strizzarti l'occhio dalla volta

261

OCCHI PULITI

questo stupido mondo da cui ti fai condizionare -

non ti sentirai del mondo se levando

lo sguardo in sù vedrai l'immenso

specchiato nei tuoi occhi l'azzurro penetrarti

quell'azzurro che è nel tuo nome

in te

stupito d'essere

come quel bimbo occhi- pulito

che vuol toccare la luna

262

MAYA 2

la sera viola inghiotte

tra le anime e le pietre

apparenze di te di me

si leva un grido dalla cenere che siamo

a chiedere dov'è la vita quella vera

263

IL VERSO

sai

per ore mi sono arrovellato chiedendomi

se dovevo lasciare o eliminare un

articolo in un verso

ridicolo? mania della

perfezione? no - ti dico -

il verso perché tenga

deve dire armonia

respirare lungo come il mare

scorrere come sangue vivo

nelle vene del cielo

inebriarsi

morire rinascere

in una smemorante dolcezza

264

FRAMMENTI DI UNA VISIONE

ali di luce

s'invaghisce dell'angelo il cuore

senza voce sordo

ad ogni mieloso canto di sirene

itaca è negli occhi

il ritorno l'approdo

per l'indicibile altro da sé

265

SUI SESSANTA CREDENDOMI UN RAGAZZINO

sui sessanta credendomi un ragazzino

saltai in malo modo una staccionata

e mi ruppi il setto nasale

riandando addietro mi vedo

smaniare per tom sawyer

quando mi esibivo in acrobazie

sconsiderate per i soli occhi

di una graziosa becky thatcher

266

SU MARI APERTI

l'anima

una finestra sull'immaginario

in espansione dei sensi

azzurrità di cieli

a invadere gli occhi

è senza tempo

il viaggio

su mari aperti

267

LA CONCA DEL CUORE

mani a giumella

ad accogliere

umori del numinoso

giammai

siano infangati

dalle cloache del mondo

268

INGREDIENTI PER UNA POESIA

prendiamo una manciata

di metafore

alcuni ossimori

degli appropriati enjambements

togliamo qualche

fronzolo che stona

il tutto condito

con spicchi di luna

ingredienti per fare una

poesia

ma che nasca dal sangue

come un fiore

panacea sia

per gli occhi

dell'anima nuda e sola

269

RICUCIRE LE ALI

espandere la parte

divina quella detta

anima

bistrattata non di rado quaggiù

ricucire le ali

per contagiarsi di bellezza

270

LA MEMORIA E' UN GRIDO

(Auschwitz - Birkenau - Mauthausen)

non è dei morti ricordare: la memoria

è svanita col fumo della carne bruciata

ai vivi le notti

spaccatesi alla volta del cuore

la memoria è un grido

inesausto

che corre nell'aria

su prati di sangue

271

ARBORESCENZE

scrivere su fogli d'aria

ai piedi della notte

dove evanescenti

veleggiano i sogni

arborescenze dell'anima

umori sospesi

sulla bocca di un dio minore

272

RESTARE IN BILICO

restare in bilico

tra quel po' d'intontimento e

una giusta lucidità

il discorso del capotavola

la cui lungaggine

è latte alle ginocchia

la gimkana dei camerieri

-ascelle sudate e

sorrisi smorti- che

si aggirano tra vacue presenze

il quadro infine

è una recita smodata

273

IL GIOCO

avere nel sangue

sin dallo stato fetale

scrivere "lettere" sulla sabbia

come nostro Signore

truccarsi con barba di nerofumo

emulando un improbabile sandokan

da adulti i giochi del sesso

per stuzzicare l' "appetito"

intanto

nella fantasia edonistica

vaghezze di nuvole

fanno la vita leggera

274

YIN YANG

sei la mano destra

che non sa della sinistra

il buio la luce

cerchi

in un alone di mistero

il tuo nome alle origini

nomini

la bellezza della rosa

colta sul ciglio del mondo

275

LA PORTA

il cammello inginocchiato

passa per la porta stretta

vi si passerà se spogliati

di tutto

gli altri: "voi non vi conosco"

276

SIAMO OLTRE

siamo oltre: una parte

di noi già nell'oltre

senza saperlo - intangibili

come nei sogni

qui in-consistenza d'ossa

e sangue non si traduce nella

"persona": di lei è

l'intaccabile: la sbiadita copia

277

NIGHTMARE

preso nel vortice

sentirti cadere dalle nuvole

vaganti su l'empire state building

muri di carta ad avvolgerti

strati e strati togliendoti l'aria

nel cervello versi criptati

come da profondità inviolabili

da ogni lato nonsense

a lacerarti come strali di luce

278

L'ABBRACCIO

sopra il letto piove luce di stelle

mi giro sulla destra per stampare

un bacio sulla gota dell'amata

lei mi corrisponde con un abbraccio

e dire ne sono passati tanti

di anni ed è come fosse ieri

un gallo canta in lontananza ed è

l'alba

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SOSPENSIONI

2022-2023

1

MARE APERTO

parvenza: "luogo" altro: il sogno

che muove ondivaghi sensi

gesti evanescenti

volteggi - voli

l'anima è un mare aperto

2

IL MARE ERA UNA FAVOLA

"non vorrei più uscire da questa

dimensione eppure basterebbe

come altre volte

stringere forte gli occhi e..."

ma voglia non ne avevo - poi giocoforza

mi ritrovai quasi deluso nel mio letto

avevo lasciato un mare che era

una favola

un'immensa tavola

imbandita per i gabbiani a frotte

3

AMO L'IDEA

più che amarla amo l'idea di lei

stato d'essere: che s'impregna

di bellezza interiore

si ammanta di una luce affebrata

mentre mi poggia la testa

nell'incavo della spalla

e

se combacia col mio pensiero mi chiedo

dove saremo domani

quando il mondo per noi sarà sparito

4

IL POETA

cavalli d'aria - virgola di fuoco il

pensiero saettante: vederti un

sansebastiano trafitto

da strali della parola

5

VITA SOMMERSA

in onde dell'inconscio

si sdipana

l'illusione ipnagogica e

nel gioco sempre inedito delle

immagini

emerge vita sommersa

come ombra che si rompe nell'acqua

mossa

6

L'INTIMA ESSENZA

rifarti gli occhi davanti

a foto che rispolverano anni

di cui puoi dirti contento

a voler fare un bilancio onesto

-non vasi di pandora-

ma per contraddizione

stornare la realtà con l'immaginario

ti sembra più congeniale:

per lasciarti sfiorare

dal difficilmente percepibile

7

DELLE VANITA'

I

non hai mica visto la Madonna - se

sei andato in estasi per uno

scalmanato che si agita sul palco

-emulo sei

sbavi per il successo

II

"vedi tutto questo? sarà tuo se..."

cogli l'intenso e breve

l'offerta allettante - il "se" ti eccita lo temi

ah inganno

del mondo che nasconde una mano

nel sangue dei papaveri

8

I TUOI SANTI

corda tesa tra la bestia e l'angelo

scala al cielo per

l'Assoluto

c'è sempre

l'iconoclasta che

lascia osceni echi nel sangue

dileggiando i santi che

tu Nina preghi incessante

9

DISMESSO L'ABITO

(visione)

dismesso l'abito

mi accompagnarono i cari estinti

portatori di umiltà

non parole la bocca colma

di luce

percorrendo la via per l'eliso

non si toccava terra

10

SE TENDI OLTRE L'ORIZZONTE

riserva novità la mattina

se tendi oltre l'orizzonte

lo sguardo assuefatto ai naufragi

11

QUALE LIMITE

(parla un intellettuale)

[a tutti gli oppressi dai regimi]

aveva appena letto

che subito arricciarono il naso

quelli che si conformano

all'ultimo verso

uno sbieco incrociare di sguardi

aveva superato il limite?

quale

forse della paura

candidamente

parlava di libertà

quella che accende le stelle

sopra un oceano d'amore sconfinato

12

VITE ALTERNATIVE

(s'affaccia la notte su

vite alternative

freudiana "via regia")

nel balzo lucente

della tigre

trema la bellezza immaginata

("La tigre" è una famosa poesia di William Blake).

13

LA VERGOGNA

serpeggia sinistra eco

in un cielo stravolto

mentre nel mondo esplodono sogni

dalle emittenti: scoperti nuovi orrori

la vergogna si è nascosta dietro i morti

14

LA COLPA

sono io quel ragazzo che

scappò da casa con poche lire in tasca

e un quaderno d'improbabili versi?

lo sono sì ma dopo sei decenni

non mi riconosco in lui se non nel sogno

ricorrente che al mattino mi lascia

il cuore stretto dall'angoscia

sarà un residuo di "colpa da espiare"

per aver procurato un veleno sottile

a chi bene mi voleva

15

ELUCUBRAZIONI

(l'anima ha le stimmate della vita)

la morte è un artiglio

sulla pelle del cielo

la sperimenta

questo corpo che ci è dato

(corpo dall'invisibile aura

ravvolto nella bolla-anima)

16

VIAGGI PSICHICI

sospeso

alle attese

in dolci smarrimenti

hai dimestichezza con la morte

con la stessa naturalezza

del tuo saperti eterno

17

BELLE PENNE

"non sono poeta" -da altri già

affermato- sì che belle penne hai visto

superarti con tua ammirazione vera

graffiavi fogli riempiendoli

di zampe di gallina

tanto meno eri poeta quando

t'isolavi e all'ombra d'una quercia

t'ispiravi seguendo alti voli

ah quelle velleità custodite

nello scrigno del cuore

18

ESSERE

(ti vien detto di là nell'oltre ma è

molto più vicino intimo)

farti nell'aria stretta

virgola di cielo

essere che scalzi la morte

diminuirti -

per espanderti

19

L'AVVERSARIO

al principio

fu l'nganno - da allora i cieli

capovolti e la morte

chi ci rubò dal cuore

la bellezza originaria?

nella cattedrale del sangue

l'avversario gioca a scacchi

dall'inizio del mondo

20

L'ULTIMA PAROLA

gli furono strappati tutti i figli

come pezzi di carne

-si è provati secondo

il grado di sopportazione

pungolati dappresso dallo

strale del maligno-

Giobbe il giusto lo fu allo stremo

privato dei suoi beni

ridotto a solo guscio grumo di dolore

fino a che non implorò

basta hai vinto è tua

l'ultima parola

Dio del cielo e degli abissi

21

QUANTO AMORE

giunto il momento cosa ti porterai

non suppellettili o libri ma l'amore

che hai saputo dare

non quel lasciarsi vivere

nell'approssimato sogno

di un pesce rosso nell'acquario

22

L'ANIMA TENDEVA

l'anima tendeva alle stelle

quando tu Nina apparivi

rosavestita

stagliata contro un lembo di cielo

ti fermavi nella piazzetta e

ti facevano festa i colombi

planando sul mangime che spargevi

allora

il tuo sorriso era una pasqua

mentre il tempo aveva una sosta

23

OLTRE STRAVOLTI CIELI

(ecologica)

sconsolata la fauna s'aggira

in cerca d'erba buona

chi dirà alla rondine smarrita

non ci sono più primavere

e alla cernia

quello che ingozzi

è rifiuto dell'uomo sconsiderato

questi

cercherà oltre cieli stravolti

nuove terre da violentare

24

LAZZARO

mi addormentero' in Te

finché non mi chiamerai per nome

ora qui mi trovo

un Lazzaro risvegliato da cento morti

sempre

dalle crepe dei muri spunta un fiore

25

NASCITA

più a nascere che a morire pensiero

capovolto dal profondo in dormiveglia

il girasole ebbro di luce dice vita

e tu languida

sul divano mi chiami

per accostare il mio orecchio al tuo ventre

rotondo

come un mondo

26

L'ANGELO

qui sei terra poca cosa

carne e sangue in bilico sul ciglio

della morte

ti porti un anchise sulle spalle

"di là" l'angelo di luce che

ti percorre silenzioso i precordi

verrà

a unificartisi quel giorno

che sentirai cantare le tue ossa

27

UN VERSO

un verso che mi arrivi solo uno

dei tanti gettati nel cestino

da un po' che non vengo illuminato

sono anziano e ancora affamato

di sogni (più non si dice vecchio)

i migliori versi vengono nella

veneranda età - un esempio è ungà

col suo "taccuino del vecchio" -

quando la mente ancor giovane vibra

sul pentagramma dei sogni

28

COLPO DI SONNO

sentirmi inclinare da un lato

mentre davanti al pc "guardo" un film

e per una strana associazione di idee

pensare per fortuna non guido più

non per un colpo di sonno ma l'abbaglio

rischio reale per il distrofico

di andare fuori strada

29

L'OASI

conti sulle dita

della tua vita le fasi

ne rimpiangi la prima

prima della luce

quando

non distingui realtà da sogno e

da sotto le "palpebre"

segui la barchetta di carta

nel tuo cielo-mare amniotico

dove il tuo

orizzonte è un'oasi

da cui uscirai con un grido

30

CANDIDO

ti senti

come una barca nel bosco

un marinaio col mal di terra

non sei di quelli che

saltano la cavallina

ti levi al canto del gallo

un brodino a sera

per scaldarti le ossa

una frase tagliente

ti scivola addosso

non sanguini

31

IL SE'

niente paura saremo

rinati

(e il corpo?

dismesso l'abito d'affanni)

abiteremo il posto primevo

luogo-non-luogo dove

l'altro è il Sé

32

IN TRENO

gambe accavallate la bionda platino

all'anziano vis-a-vis

risveglia sopite voglie

alberi case fuggono via

lo sferragliare induce sonnolenza

33

IMMORTALARE

immortalare il momento - la

foto è sfocata

immagine

scivolata nel gorgo del tempo

così di te: appesa

all'attimo

dietro l'occhio un'ombra stampata

34

MALGRADO TUTTO

cervelli vuoti a perdere

si schiantano contro un albero

o un palazzo facendo parkour

malgrado tutto le piste

da sci son sempre frequentate

(non v'è manna senza ingegno d'uomo)

i monti si vestono

sempre meno di bianco

l'uggia pervade anche il cuore

lascia a desiderare il sorriso del sole

35

IL CILIEGIO

(in memoria di A.)

ad ogni morte c'è resurrezione

primavera: davanti casa il ciliegio

è fiorito - tu aleggi

sopra la tua morte apparente

36

PILATO

oggi Cristo potresti vederlo

su un barcone tra gli emigranti

o al valico di frontiera

portando insieme a loro la croce

come in un sogno atroce

vedrai pilato distogliere lo sguardo

dalle purulente piaghe

ci si dovrà aspettare forse

discendano "gli dei"

su un mondo malato?

37

MI ATTRAVERSA IL TEMPO

non ho difese alla luce

porto occhiali scuri

dormo poco e male

sempre più brevi le passeggiate

il tempo mi attraversa

la testa

che sperimenta nuovi voli

pindarici

38

L'INTOCCABILE

lo scoprono con le mani nella marmellata

e ci si meraviglia se ha spalle

ancora larghe

lui intoccabile coi sacrosanti privilegi

di cui godono i governanti

stiamo lavorando dice

usando il plurale maiestatis

la poltrona quella

non gliela sfilano da sotto

la poltrona è sempre calda

39

IL VIAGGIO

il soma è l'imbarcazione dell'anima

in questo viaggio d'Odisseo

ulissidi lo siamo

a solcare aperti mari

per approdare sulle rive del mistero

di noi

in infinito espandersi

nell'armonia dell'universo

40

UN RAGNO TESSE

uscirai dalla vita con le ossa rotte

dappresso ti sta l'ombra

di serpe che agita il tuo sonno

gli offri i tuoi passi da sonnambulo e

il sudore di sangue emotivo

dove un ragno tesse di versi una tela

41

NUOVE ALI

impastato di terra e sogno

quest'essere scompensato

-gravezza di carne

-invidia di voli

lo attendono nuove ali

a solcare l'indicibile

42

CINICO

sospetti anche della tua ombra

il tuo vagare cane di nebbia

dove ti porta se

rifiuti la mano tesa e

al garbato gli dai "li mortacci"

tu creatura di terra

nell'ora estrema degnerai

il cielo di uno sguardo?

43

PREGHIERA

(Padre Pio da Pietrelcina)

irrorami

della rugiada del Tuo Spirito

questo cuore martoriato

in una violacea alba di passione

indegno mi prostro

sgabello ai Tuoi piedi

44

COME SAREMO

immagina

una luce di mille soli che

è in te e tu nel Tutto

immagina: un' inconcepibile ma possibile

ubiqua entità

in un donarsi d'amore universale

e ancora

proviamo ad immaginare

Lui che ci rivolta come un guanto

45

ITACA

averle coperte le spalle

le volte che ti giungono strali

dall'alto

dov'è assisa nemesi

che proietta ombre di morte

t'abbeveri alla fonte della grazia

sebbene

non eviterai t'investano

procelle negli anni prima

d'intravedere l'itaca celeste

46

NEL MIO CIELO

le belle nuvole che

vestono forme d'animali

i cari animali d'acqua terra e cielo

i cumuli i nembi io li vedevo

nel mio cielo con occhi innocenti

lassù incantati

immaginando quella la sede

del paradiso

47

ALLUMARE

il non detto esplicito tocca

più del dire - dal profondo

un allumare

(il sasso gettato dal capriccio

della musa

apre cerchi nel lago dello spirito)

48

PROIEZIONI

proiezioni del Suo pensiero siamo

vaganti tra realtà e sogno - in cerca

d'un'isola felice - viaggio

nell'infinito di noi

isole noi stessi - pure

ognuno anello d'una

catena senza inizio e fine

49

CUORE APERTO

pagina aperta

cuore aperto: la poesia è di tutti

la parola spira col vento

-vento di luce-

espone la sua ferita

creaturale

50

DOMANI CREDI GIUNGERA'

come canta vasco

a questa vita non sai dare un senso

domani credi giungerà

un come un quando

all'alba

le finestre avranno occhi

nuovi per la meraviglia

espansa nella misterica luce

51

COME IL SEME

domandarci se siamo

bolo di questa vita

o come

ungarettiane foglie

o semmai ci troviamo

a galleggiare sulla superficie di un sogno

un chiederci

qui disorientati -- mentre

come il seme nella terra

ci si aspetta di nascere alla luce

52

L'APPROCCIO

ai primi tentativi

tremavo come una foglia

la vocina mi diceva buttati

anche a rischio di una sberla

ma se usi le buone maniere

(te le avranno pure insegnate)

sta di fatto che ogni

volta mi bloccavo -- poi negli anni

mi emancipai e oggi mi viene da ridere

mi spiegò a suo tempo un'astrologa

che la causa era una brutta opposizione

venere-giove prima e settima casa

già alla nascita

e che coi transiti di lì a breve veniva a sciogliersi

53

FEDELTA' ALLA VITA

(ad Aleksandr Solženicyn)

fatti per la meraviglia

la tenerezza

l'amore

alla gerarchia e all'odio

opponiamo

il tuo j'accuse in virgole di fuoco

una vita

fedele alla vita

-allodola trafitta-

54

IN ONDIVAGO ESISTERE

impregnato di Spirito Santo

mi specchio nella città eterna

in ondivago esistere del sogno

55

SILENZI D'ACQUE

silenzi d'acque -

langue

la luce -

e smemora

un grande lenzuolo avvolge

gli alberi le case

56

L'ACQUA

bere "l'acqua" dell'essere amati

"dammi da bere" disse

alla donna del pozzo - Lui stesso

acqua divina

inesauribile fonte

57

L'OLTRE

non essere

da nessuna parte

esigenza di espandersi

l'oltre

è un oltre in sé che urge

come fiume alla sua foce

58

L'INASPETTATO

mi sveglio e

vengo da un altro mondo mi dico

un posto a lato o non-luogo dove

non c'è cosa voluta ma tutto

è possibile

come librarsi contro il soffitto

o guidare l'auto nell'aria con

un cielo dai colori mai visti

specchiato su placide acque

tutto possibile se ti conduce

per mano l'inaspettato

oh ecco mi sorprende ora

venirmi incontro una grande

farfalla dal corpo di donna

--------------------------------------------

COORDINATE DELL'ANIMA

(2023-2024)

1

NELLA STAGIONE CHE TI SPOGLIA

braccia frondose hai piene d'uccelli

levate al cielo come inno alla vita

il forte abbraccio è il mio grazie di esistere

nella stagione che ti spoglia

il fuggire dei canti mi fa triste il cuore

2

POESIA E' NEGLI OCCHI

poesia è

negli occhi profondi di una donna

è la leggerezza della piccola danza

del passero sul davanzale

è la fogliolina che spunta dalla terra

poesia è

il neonato attaccato al seno o l'attesa

della mamma sull'uscio

è l'interrogativo nello sguardo

di meraviglia del bambino

poesia è chiedere scusa

è l'abbraccio sospeso nell'immobile luce

3

SPLEEN

irrazionale la vita a tradire

in modo inatteso

l'impulso del sangue

macera come foglie kronos

giorni anodini

a ridosso di ombre stampate

squarcerà una nube il sogno

fatto carne? - forse

qualcosa può ancora accadere

4

SENZA TITOLO

primavera ha le braccia piene di fiori

canta con la voce degli uccelli

l'albero in germoglio ti è grato

sentendosi abbracciato

ti ricambia col suo ombrello di foglie

5

IN UN LEVITARE DI ANGELI

immaginazione pura

spalmata nella Mente universale

fatta palpito e sangue

sogno di Dio

un succedersi

di miriadi di mondi

in perfetta armonia

musica delle sfere

inudibile all'orecchio

in un levitare di angeli

6

IL COMMIATO

morire in buona salute

ciò a cui l'anima tende

mentre al capezzale accorrono

compunti i congiunti

-poi al commiato

vien da dire

ad andarsene son sempre i migliori

7

FORGIO FONEMI SUONI

l'alba è una fucina: forgio

fonemi suoni

usciti dalla bocca della notte

mi sfiora il cuore che trepida

un dio o un angelo

8

MADRE CELESTE

nel palpito di luce alta ti levi

tu orifiamma tu stargate

Madre dei derelitti - Avvocata

fa rivivere delacroix

palpabile il Tuo implorare

ai piedi della Croce

9

VISIONE

(ispirandomi a Borges)

una sequenza di figure ti sfila davanti

tu ne afferri per la coda una

quella che hai da sempre sognato

e

proprio per averla scelta

unica e irripetibile

ti si fa sangue e respiro

sfociando nella luce

è l'aleph che cantò il poeta cieco

10

L'INSONDABILE

le pareidolie e l'occhieggiare del sole

tra nuvole pigre

al crepuscolo degli anni

la solita

panchina ancora calda t'accoglie

insondabile il chi-siamo

balenio saettante nella mente

11

PREGHIERA

(a Simone Weil)

nel sentire celeste

– ginocchia piegate –

il cuore vola alto

12

DEUS ABSCONDITUS

la vita è bella ed ogni

nascita è dono e poesia ma il mondo

è in mano al maligno che in

efferatezze ha superato se stesso

da quando il Supremo gli ha dato

carta bianca rientrando in sé

tu dici Dio ce ne scampi

da patimenti e morte d'anima

ma irreversibile la storia

fa il suo corso prima che il fiume sfoci

in mare aperto

prima che il Deus

absonditus

a noi si sveli in tutta la sua Gloria

13

IL MARE HA TANTE VOCI

il mare ha tante voci

di annegati di gabbiani sirene

ha scatole nere sepolte

il mare è nel cuore di odisseo

itaca è ancora lontana e

vi è chi ha mal di terra e narra

ai nipitini di mostri marini e miti

o realtà chissà dove vissute

forse in un'altra vita

rimaste nella mente grumi di sogni

14

RAMMENDI

un'opera buona o una poesia

rammendano gli strappi del cuore

chiudendo antri di buio

l'abito logorato dagli anni

abbisogna di attenzione e rattoppi

è una rete che più non trattiene

i lucenti guizzi

15

DIVAGAZIONI SULLO ZERO E SULLA O

il nucleo l'anello l'uroboro

due zeri abbracciati ti danno

il simbolo dell'infinito

puoi notare

la vocale o di rimbaud

gli ovali dell'ottocento

la bocca spalancata nell'urlo di munch

le bolle di sapone

immagina

gli occhielli delle forbici gli oblò

simili allo zero o alla o

16

IL CUORE SENZA VOCE

(di bimba sepolta da macerie)

sei parte

di un cielo d'occhi

il cuore senza

voce – bambola murata

a sognare librarsi d'ali

17

DOPPELGANGER

(alla maniera di Caproni)

quel giorno

uscirò da me

per incontrarmi

18

L'ESSENZA

la senti fuori e dentro che

ti attraversa - non ha

spaziotempo ubiqua ai primordi:

come nella prima

luce un soffio un respiro

nave astrale

è l'anima che vola

19

AVIGLIANA

era solo ieri guarda ti dicevo

in questa foto di famiglia

sono quello che fa solecchi

e mia madre mi sorride

oggi il lago è uno specchio lucente

ove annegare le ambasce

tu

nello scatto sorridi alle rughe

mentre faccio solecchi

20

ESTIVA

-davvero c'è un'altra vita? o

è solo nella tua testa- pensa

gli scivola dalle mani il libro

ora lontanissima

gli giunge la voce del mare

plana un gabbiano su

una solitudine d'anime

21

IL FIAT

"essere"

più del mondo vissuto

impastati di terra e di Dio -

di Lui il dito

la saliva il fiato

il fiat della luce

rientrare

come scriccioli varcando la "soglia"

baciati dal sole della morte

22

DOVE SONO

è detto il mondo dei più

e noi a chiederci dove

sono ma piuttosto che un "dove"

è uno "stato"

simile a quando sognamo

è percepibile a volte la loro

presenza nei semplici gesti

come impugnare la forchetta o la penna

o quando ci adagiamo la notte

nella loro ombra

23

ESSERE ALTRO

pulviscolo a librarsi nella luce

ferma

il bruco dalla nascita anela

essere altro

24

PARUSIA (VISIONE)

celeste diamante

incrina il vetro

opaco

svelato

il Vero a farci

veri

25

NEI GIORNI ANODINI

nei giorni anodini

quell'aggrapparsi del cuore: un

toccasana o se vuoi appiglio

la poesia

ti sorride un'immagine d'aria

ed è il suo volto ovattato

in un ritaglio del tempo sospeso

26

E POI FA SERA

il foglietto con alcuni versi

finito nella schiuma

della centrifuga

andati

lui più non li ricorda

un "danno"?

e sì

che gli si apre un nuovo giorno

e poi fa sera

e una luna

ammicca

non finisce il tempo

per la creazione

27

ELUCUBRAZIONI

essere - sentire: siamo

nient'altro che pensiero

tutto

dal ciclo delle maree

al gabbiano che coglie

la preda lucente

all'arco lasciato nell'aria

dall'acrobata al gesto

dell'abbraccio

tutto

appendice

del Pensiero

questo gemello di conoscenza

consanguineo della preghiera

28

A SOPHIA

guagliunce'

forse ti resta ancora

l'intercalare delle mie parti

ti chiamavano 'a scugnizza

poi sei cresciuta

t'immagino

percorrere i vicoli di pozzuoli

l'incedere provocante

del tuo corpo acerbo

slanciato verso il cielo

e ch'aggia fa'

se ho anche gli occhi della mente

e ancora la vivezza dei sensi

29

ISPIRAZIONE

fare spazio

all'urgenza

assecondare l'onda del sangue

passare al crivello le emozioni

librarsi dell'anima in un

azzurro macchiato di rondini

30

FANTASTICANDO

ci si è evoluti

dall'uomo-scimmia o

homo erectus?

Dio si diletta

con la creazione

delle specie più strane

noi mortali

a chiederci se sia nato

prima l'uovo

31

IO SONO LE MIE EMOZIONI

(visione)

-stanotte ti verrò a trovare-

mi ha detto

-eccomi: sono

con soma o senza

le mie emozioni - grumo

di passioni il cuore

staccato da terra

-mi dici

dov'è il tuo pungiglione?

32

SE TENDI OLTRE L'ORIZZONTE

riserva novità la mattina

se tendi oltre l'orizzonte

lo sguardo assuefatto ai naufragi

33

POESIA

luce inquieta

aleggia nei precordi

muore rinasce la parola

sui crinali del sogno dove

la musa è assisa

poesia

è fanciulla che si specchia

nella cattedrale del cuore

34

NUOVE PROSPETTIVE

cumuli-nembi -

le tue pareidolie

specchi nel lago celeste

la tua pena fatta pane che spezzi

col becco vi fa cerchi il cormorano

vagheggia la mente -

t'intoni

col respiro degli alberi

la vita ha nuove prospettive

35

LONTANANZE

tra smagliature del giorno

scruto il cielo - sogno

lontananze

nuove prospettive?

tra pro e contro di pulsioni inverse

la vita imbroglia le carte

risillaba palpiti voci

36

DI SPALLE

(ad A.)

di spalle

ti sento avvinghiata come un ragno

avverto la tua gradevolezza

come l'albero

"quella" del venticello tra le foglie

stavo entrando in un sogno "voluto"

poi svanito

37

SILLABE

conti sillabe sulle dita

settembre il mare ancora invita

il mormorio della risacca t'ispira?

occhi chiusi "anneghi nel tempo" *

*Cardarelli

38

IL LAMPO

arrampicarti sugli specchi

se vuota è la stanza della mente

e lampo non ti è propizio

allumare d'anima

a dar colore a una vita scialba

39

LA COLOMBA

chi più chi meno

si sconta il proprio "purgatorio" qui

come hitler e i satrapi l'inferno

un'ala di colomba taglierà l'aria

quando il tempo sarà compiuto

per accoglierci il seno dell'Altissimo

40

VOLTI

(ti chiedi se agli altri non appari

come te riflesso nello specchio)

volti e volti a ondeggiare in

sequenza da film

volti che s'eclissano

un ovale come se ne vedono

solo una volta in sogno: l'ideale:

frutto d'immaginazione? sia pure

in cadenza d'inganni

scorre la vita fiume alla sua foce

41

RESPIRI DI CIELO

sono assetato di luce

non so penetrare il Suo profondo

ché

di terra sono e inerme

mi si sciolgono le ore come cera

pure

mi vivono dentro respiri

di cielo

42

PADRE NOSTRO

Padre nostro che sei nei cieli

quanto sangue già versato

il Tuo d'uomo-dio

nei ghetti quello del nero

che da secoli ancora grida

Padre nostro che sei nei cieli

quanto ancora da versare

dei nuovi Falcone e Romero

a fare i martiri della storia

Padre nostro

che ci guardi dal cielo

Ti rendiamo grazie noi che baciamo

il Tuo sangue salvifico

43

BOMBA D'ACQUA

la sorprese giù in cantina dov'era

discesa a sistemare

gettare roba inutile pulire

-il cellulare restò a quella data

oggi

inebetito lui si aggira per i viali

si chiederà "Dio perché"

avendo perso la luce degli occhi

vedovo affranto

percorre i margini del tempo

parla con la sua ombra sul muro

44

BOMBA D'ACQUA 2

la catina

era una cabina di veliero sommerso

dove zigzagavano i pesci

del sogno

sogno non era: lei

era dell'acqua: un solo abbraccio

45

DIVAGANDO

la sventola attira gli sguardi

degli avventori seduti al dehor

pensi alla

"bambola" di buscaglione

il solito giro pomeridiano

-breve ormai per l'età-

pensi: è buona decenza

tenere in salute fido

la prostata i denti che ballano

46

QUESTA FRENESIA DI VITA

sempre cerchi il tuo centro

mai soddisfatto ripieghi

sul digitale a tua immagine

(il cellulare

protendimento del tuo braccio)

usi e sei usato

in questa frenesia di vita

vissuta alla giornata

in una gioia feroce:

sei trottola

che gira all'impazzata

47

IN DORMIVEGLIA ALL'ALBA

in dormiveglia all'alba

mi sorprendono pensieri

dove chiama il sangue

lacerato sono dalle foni

tra spirito e carne

ah infine dormire

nell'abbraccio delle stelle indulgenti:

azzurrità

a cui da sempre anelo

48

PARUSIA

alla fine dei tempi

si rivelerà l'arcano

il Santo Spirito ti aprirà le braccia

non da sangue Lo riconoscerai

con la luce non col fango

sarai ri-creato

49

DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

l'amica guardandomi in foto

"in gran forma!" mi dice e voglio crederci

oltre gli ottanta un vortice d'anni

penso chissà

fra un secolo come sarà

questo mondo in mano a chi verrà

se s'userà per umani fini

l'intelligenza artificiale

se vita sarà ancora "vita"

e il sentimento

manipolato vieppiù svilito ?

50

IL RIFUGIO

sono il cormorano incatramato -

non son capace che d'un amore piccolo

legato come sono alla terra

così per il dolore

fardello da portare se il cuore

è squassato e la carne soltanto

urlo animale

ah un rifugio anelo

come grembo di madre

51

LA VITA LEGGERA

ti dici: va'

dove ti porta il cuore

con la vela della passione

verso terre viste solo in sogno

lungo la coda dell'occhio

nuvole vaghe

a dire la vita leggera

52

SEGMENTI

loro -vien detto- ci vedono di là -

saprò io rinonoscerti?

o saremo un unico fondersi

di luce cosmica?

divago - mi arrabatto tra

le righe

un moscerino attraversa la

luminosità del monitor

segnando in diagonale segmenti

tortuosi

come i pensieri della mente

53

BORDERLINE

avvolto in un mantello di vento

a vivere contromano

senza nervi di ricambio

puoi sentire la vita deragliare

su binari del sangue

54

ALLE ORIGINI

ci verrà resettata questa vita?

e le emozioni e i sogni?

sentiremo in altro modo - forse -

torneremo alle origini

come quando eravamo

non duplicati non infangati: veri

come la prima luce

55

UN VOLGERE D'ANNI

mi sveglia il canto del gallo

non trovo la tua mano

ti sei appena alzata

c'incalza tiranno il tempo

in questo volgere d'anni

benché non t'abbia sciupato

questa luminosità del viso

quanti da aspettare ancora

inverni a gelare le ossa

----------------------------------------
2

Fragilità

volare -
la meraviglia della sospensione
nella turchina rarefatta aria -

invidiare quegli ossicini cavi
delle creature del cielo e del "falco
alto levato"

mentre
nell'assedio degli anni
una fragilità di ossa come vetro

(tra virgolette un'espressione di Montale)

3.3.25


3

Distrofia

di pomeriggio o mattina
camminate sempre più brevi

finisce che
lo guardi dalla finestra il mondo

lo spettro della luce
ti richiama lacerti d'infanzia

porti occhiali scuri
il sole un distrofico lo acceca

12.3.25


4

In sogno

mi appari in sogno Ungà -
"questa la puoi migliorare"
e sbirciando il foglio mi strizzi l'occhio

ah poter appoggiare alla "tua" balaustrata
questa febbre
il daimon che mi tiene

17.3.25


5
Sotto tante lampade

non ne mangia mai il cestino
le tieni tutte
anche quelle un po' così
che fanno arricciare il naso
-è un peccato dici
sono tue creature

ah i critici!
ti denudano l'anima
sulla pagina-lenzuolo
sotto tante lampade

18.3.25


6
Nulla si perde

nulla si perde
tutto si trasforma - mi dici
quasi divinassi - riflessa nella
vetrofania del cielo - metà
del viso in ombra - mi guardi
in tralice - alle spalle una luce quasi
ultraterrena

22.3.25


7

Untitled

stamattina mi trovo disperato
non so sarà stato il sogno
di quel tizio che inseguivo
per avermi derubato
finì che volò giù dal parapetto
di un piano altissimo
stamane non trovo più il cuore
la primavera ha il sorriso dei fiori
mi bacia la fronte
appoggio la disperazione su una panchina

27.3.25


8

Dietro il velo

"vi ho dato un soma da gestire
entro un mondo transeunte
non lo profanate in gozzoviglie
epifanie del nulla"

Io Sono sentenziò
parlò la Luce -
indi si ritrasse
dietro il velo di maya

30.3.25

9

Volare basso

un volare basso
s'invischia nella melassa
d'infantili ricordi

quando la luna era
lo scrigno dei sogni

e un'altalena dondolava
corpi d'aria

a fare la vita leggera

3.4.25


10
Penso dunque sono

tendo le braccia nella luce
dai rami pendono aborti
-il sangue delle visioni

sono io il sogno
io che mi "vivo"
in un mndo parallelo apparente

4.4.25


11
Nell'oltre

(al fratello minore)

più sù sei ora
dove lo spirito aleggia

e tu dicevi chissà
di là ci dev'essere qualcosa
ora che sei nell'oltre
non potrai darcene notizia

ma pure c'è Chi vede
ora il tuo levarti leggero
su quel levante d'impellente nascere

6.4.25


12

Come un mantra

mi desta un motivo nella testa
mi crogiolo ancora un po' tra le lenzuola
vorrei portarmi dentro quelle note
nel bere il caffè poi per strada
per il resto del giorno come un mantra
ma incombenze me le fanno svanire
come acqua nel cavo delle mani
chissà mi chiedo se verranno
ancora a deliziarmi il cuore

14.4.25


13
Proiezioni

porta senza pareti
vi si entra di taglio
a guisa d'un foglio
vaghezze ondivaghe
in meandri d'inconscio
lì incontri i tuoi morti
gli occhi forti di luce
-proiezione di te
vano decifrarti
sei mistero che vive

15.4.25


14


Interviste

Intervista di Raffaella Amoruso su Plauso

Plauso è lieta di ospitare: FELICE SERINO


FELICE SERINO è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino. Ha pubblicato varie raccolte: "Il dio-boomerang" (1978), "D'un trasognato dove" (2014).Ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici.

E' stato tradotto in sette lingue. Intensa anche la sua attività redazionale.


PUBBLICAZIONI

Il dio-boomerang (1978), Frammenti dell'immagine spezzata (1981), Di nuovo l'utopia (1984), Delta & grido (1988), Idolatria di un'assenza (1994), Fuoco dipinto (2002), La difficile luce (2005, anche in e-book), Il sentire celeste (2006, in e-book), Dentro una sospensione (2007, anche in e-book), In una goccia di luce (2008), Cieli interiori (2010, in e-book, raccolta di riflessioni e articoli), Poesie (2010, in e-book), Lacere trasparenze (2010), Cospirazioni di Altrove (2011), Casa di mare aperto (2012), Magnetici occhi ha la notte (2012, in e-book).La luce grida (2012), In sospeso divenire (2013, in e-book), Un lembo di cielo (2013, in ebook), Gli anni ci diranno (2013), Frammenti di luce indivisa (2014, in e-book), D'un trasognato dove -poesie scelte- (di prossima pubblicazione).


Che cosa fai?

Sono in pensione dal 2001 (ex operaio metalmeccanico)

Come ti definisci?

Una persona semplice, modesta.

Qual è il tuo messaggio?

Il mio messaggio vuole comunicare solidarietà con chi soffre, tramite volontariato.

Come nasce un'idea?

Un'idea può nascere da qualsiasi cosa o situazione, che sorprende e ti sorprende.

Che cos'è per te l'ispirazione?

L'ispirazione è uno stato di grazia.

Che cos'è l'arte?

L'arte per me è la bellezza, comunicazione ed espressione che avvicina al divino.

In che circostanze ti vengono le migliori idee?

Le migliori idee mi sorprendono il mattino presto, qualche volta anche in dormiveglia.

Come si deve valutare un'opera artistica?

Un'opera la si deve valutare dal suo pregio di creatività ed originalità.

L'artista deve reinventarsi ogni giorno?

Certamente, reinventarsi per reinventare la vita nella sua arte di scrittura.

Che artisti ammiri e in che modo hanno influenzato le tue opere?

Artisti che mi hanno influenzato per il fatto che i loro scritti concordano col mio sentire: Jorge Luis Borges, Fernando Pessoa, Tahar Ben Jelloun, Alberto Bevilacqua.

Quanto conta per te pubblicare?

Pubblicare certamente conta e molto, per il fatto che puoi far conoscere ed apprezzare la tua opera tenuta nel cassetto, ed espanderti in campo culturale.

Quanto conta la copertina in un libro?

La copertina di un tuo libro è il tuo biglietto da visita, e certamente è apprezzabile se si presenta bene artisticamente.

Parlaci della tua ultima creazione.

La mia più recente creazione consta in una scelta di una novantina di poesie tratte dalla mia intera produzione quarantennale, che vedrà la luce in una imminente pubblicazione.

Programmi per il futuro?

Per un prossimo futuro conto di bissare con una altrettanto nutrita scelta di poesie per una nuova pubblicazione.

Grazie Raffaella per questa opportunità.


https://plausodiraffaellaamoruso.blogspot.it/.


MICHELA ZANARELLA (intervistata da Felice Serino)
November 12, 2022 by Felice Serino.

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A che età hai scritto la prima poesia?

Mi sono avvicinata alla scrittura poetica non molto tempo fa, infatti la mia prima poesia risale al 2004, all'età di 24 anni. Ho sempre letto molto sin dall'infanzia, ma non avrei mai pensato di riuscire ad esprimermi in versi. Quest'esigenza è nata quasi per gioco, dopo un tragico episodio, un incidente stradale, che mi ha letteralmente cambiato e stravolto la vita. E' stata una sorta di riscatto alla mia voglia di vivere.

Da allora il mio amore per questa forma di scrittura non è mai cambiato, anzi si è radicato in me, diventando sempre più concreto.

Scrivere è una necessità dell'anima e della mente.

Scrivi di getto o per ispirazione?

La maggior parte delle mie poesie nasce d'istinto, non c'è uno studio particolare del linguaggio e della forma, lascio andare le emozioni in modo spontaneo.

Le immagini e le metafore che vedo, sono un ciclo di sensazioni che si integrano tra di loro, fino ad assumere la struttura di versi e parole.

Ogni simbolo si nutre di me, della mia personalità, della quotidianità che vivo.

Quali poeti preferisci e a chi di essi ti ispiri?

Il mio poeta preferito in assoluto è Salvatore Quasimodo.

Sono affascinata dall'essenzialità estrema del suo scrivere. Mi sono avvicinata alla sua poesia dopo aver ricevuto da un amico un libro con tutte le sue opere.

Tant'è vero che passo passo ho iniziato ad approfondire con attenzione la sua tecnica e lo studio sulla parola.

L' ermetismo che lo caratterizza, il modo uniforme e perfetto di fare versi, mi ha così coinvolto, da generare in me una sorta di "dipendenza" al suo stile.

Quasimodo rappresenta una guida necessaria per continuare a rinnovarmi ed aprire nuovi orizzonti

discorsivi.

Non dimentico certo la mia passione per il Decadentismo, movimento letterario sorto nell'ambiente parigino con un preciso programma culturale, in cui il poeta diventa "veggente", raggiunge dimensioni nuove, vaghe, misteriose.

E Paul Verlaine è il poeta che mi ha fatto scoprire la "poesia pura", la poesia svincolata da ogni logica.

Da dove nasce la tua passione per lo scrivere?

La passione per lo scrivere nasce da un desiderio di esprimere in libertà il mio amore per la vita. Bisognosa di lasciare una traccia del mio esistere tra i ricordi del passato, gli attimi del presente, i sogni del futuro.

Un cambiamento interiore mi ha portato a raccontarmi in versi per superare le debolezze e le difficoltà di ogni giorno.

Cos'è che ti ispira nelle tue poesie? ad esempio, la natura o il trascendente?

La natura ed i sentimenti accompagnano fedelmente la maggior parte dei miei componimenti. Le radici venete, i luoghi dove ho trascorso l'adolescenza, i paesaggi provinciali, alimentano costantemente i testi stabilendo un'intesa particolare tra lessico e ambiente.

E l'amore, l'amore fa sempre da protagonista…

Cosa pensi dei concorsi di poesia? E di quelli a pagamento? E delle recensioni?

I concorsi di poesia sono una buona opportunità per mettersi in gioco con se stessi e con gli altri, un modo per affrontare una "prova" sulle proprie capacità di scrittura.

Non sempre dietro ad ogni concorso letterario, c'è la serietà giusta.

Di concorsi a pagamento ce ne sono in quantità, sta al poeta decidere se è giusto o meno dare una quota per la partecipazione.

Personalmente sono più propensa a fare i concorsi gratuiti.

Le recensioni sono un compito abbastanza impegnativo, chi si accinge a farle, deve cercare di esprimersi in modo completo e critico, analizzando in modo esaustivo e soddisfacente il libro.

E degli e-book che ne pensi?

Non sono una grande lettrice di e-book, e forse questo è un limite, perché comunque credo sia un modo pratico ed efficace per avvicinare le persone alla lettura.

L'e-book è un veicolo moderno espressivo che consente al lettore una visione "futurista" della cultura.

Leggi più su cartaceo o in rete?

Io sono ancora la classica lettrice in cartaceo, che ama andare in libreria a scegliere con calma, per me è fondamentale annusare la carta dei libri e toccare con mano la consistenza delle copertine.

Pensi che internet sia un buon veicolo per la poesia?

Internet è un ottimo veicolo per la poesia, e non solo per la poesia.

Dà spazio e voce a chi vuole proporsi e farsi conoscere in tutti i campi.

Ha un meccanismo veloce di spiegare e illustrare con chiarezza ogni argomento, per questo penso che al giorno d'oggi Internet sia indispensabile.

Ti fa piacere che ti leggano o scrivi più per te stessa?

Mi fa piacere che mi leggano, anche se scrivo principalmente per me stessa, per sentirmi una persona libera e autentica.

Non voglio prevalere o oscurare gli altri.

Cosa ti senti di consigliare a un esordiente nel campo della scrittura?

A chi vuole avvicinarsi a questo mondo direi soltanto di scrivere con passione, dimostrando la propria umiltà e la voglia di crescita interiore, senza troppe pretese.

Stai preparando qualcosa? Hai opere nel cassetto?

Vorrei fare qualche altro libro di poesia, e perché no, più avanti provare a cimentarmi in qualcosa di diverso, un romanzo è tra i miei sogni nel cassetto.

Quali pubblicazioni hai al tuo attivo?

Al mio attivo ho quattro pubblicazioni, tre raccolte poetiche ed un libro di racconti. Il primo libro "Credo", ed. MeEdusa, edito nel 2006, il secondo libro "Risvegli", ed. Nuovi Poeti, edito nel 2008, il terzo "Vita, infinito, paradisi", edizioni Stravagario, edito nel 2009 e l'ultimo, la raccolta di racconti "Convivendo con le nuvole", edizioni GDS, pubblicato sempre nel 2009, distribuito solo recentemente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Per il futuro mi auguro di riuscire a realizzare altri libri di poesia e di evolvermi in altri generi di scrittura.

Grazie per la tua disponibilità!

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FELICE SERINO (intervistato da Gioia Lomasti)
November 5, 2022 .

A che età' hai cominciato a scrivere?

Scrivo da autodidatta dall'età di 24 anni, su internet solo dal 2001, quando, andato in pensione, imparai ad usare il computer.

Come scrivi le tue opere? Di getto?

No, solo qualche rara volta mi riescono di getto; l'elaborazione di un testo può durare dai due tre giorni fino a due tre settimane; qualche poesia in particolare la posso riprendere e rielaborare anche dopo anni.

Qual è la tua atmosfera ideale per la scrittura?

La mia atmosfera ideale è generalmente la mattina presto, o anche appena semi-sveglio, quando qualcosa mi ispira quasi inconsciamente, come fosse il proseguimento di un sogno.

In una parola, cos'è per te la scrittura?

Per me la scrittura è come l'aria che respiro; non potrei farne senza; è esprimere ma mai appieno il mio io interiore.

Cosa traspare dalle tue poesie?

Dalle mie poesie lascio trasparire sentimenti di amore, di scavo interiore, di ricerca dell'uomo e del trascendente.

Perché, secondo te, la poesia ha minor pubblico rispetto alla narrativa, tanto da esser considerata di nicchia?

La poesia, in linea di massima, è per gli addetti ai lavori, i poeti leggono i poeti, è quindi un circolo vizioso, senza sbocchi per la commercializzazione; ma in alcuni paesi non è così, godendo della giusta considerazione.

Forse rispetto alla narrativa è meno "accessibile", perché a volte un po' ostica o ermetica.

A tuo parere, cosa occorre per diventare un bravo scrittore?

Per essere un bravo scrittore bisogna innanzitutto leggere molto, come consigliano sempre "i grandi", e poi avere quel quid del dire non dire, un pizzico di mistero che rapisce tenendo in sospeso il fruitore.

Hai nuovi progetti in cantiere? Puoi svelarci in esclusiva delle news?

I miei progetti? Pubblicare sillogi senza pretese, anche poche copie. La prossima uscirà a breve per Vitale Editore, Sanremo, e s'intitola "Lacere trasparenze". E continuare a espandermi in rete.

Ritieni che internet sia un buon strumento di visibilità' ?

Internet offre moltissime possibilità per farsi conoscere; si, è un ottimo veicolo di diffusione, oggi che i media indiscutibilmente risultano essere il deus ex machina.

Tra poesia e narrativa, cosa scegli e perché?

Tra poesia e narrativa scelgo naturalmente la prima, ce l'ho nel mio dna.

Cosa pensi delle pubblicazioni indipendenti che non fanno capo ovviamente ad una casa editrice ma all'autopubblicazione?

Ho scelto l'autopubblicazione per tre mie sillogi, un bel po' di anni fa. Credo che sia un mezzo ugualmente efficace se ricevi gratificazioni e buone recensioni.

Hai un sogno nel cassetto?

Un sogno nel cassetto? In particolare direi nessuno; spero solo di vivere ancora un po' di anni per affermarmi di più e perfezionarmi.

Grazie per avermi concesso quest'intervista!

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Intervista a Felice Serino (flymoon)
24/02/2012

Felice Serino, alias flymoon, è nato a Pozzuoli nel 1941. Attalmente vive a Torino. Copiosa e interessante la sua produzione letteraria, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.

E' stato tradotto in sei lingue.

Intensa e prolifera la sua attività redazionale visibile anche on-line.

Scrive su vari blog, fra cui su My Space, sul trascorso Splinder e su WordPress al presente indirizzo

https://sestosensopoesia.wordpress.com/

Alcune opere sono state pubblicate nel blog de La Mente e Il Cuore, prima che si trasferisse nella rosa degli autori del nostro Salotto di Poesia e Letteratura La Mente e il Cuore

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PREMI PRINCIPALI DI POESIA:

2° Premio Arno d'argento 92, Firenze, Entel Mcl

I° Premio Un Poeta per l'Europa 96, Firenze, Entel Mcl

I° Premio assoluto al Premio per la Pace 01, Cultura e Società, Torino

2° Premio al Concorso Omero-magna graecia 03, Napoli

3° Premio Santo Gringeri 03 – I luoghi del cuore, Pellegrino-Me

2° Premio al Concorso Artenuova 2004, Propata-GE

2° Premio Santo Gringeri 04 – I luoghi del cuore, Pellegrino-Me

I° Premio al Concorso Naz.le Ibiskos 2006, Empoli

2° premio a pari merito al "Premio Renato Milleri (Remil) – Poeta dell'anno" 2007, per merito acquisito nel campo artistico-letterario

2° classificato ex aequo del gruppo dei finalisti al IV Premio "Per non dimenticare Enrico Del Freo" – Centro ENTeL M.C.L. Massa – Carrara 2009

3° Premio Il Golfo 2010, Napoli

I° classificato "Il Golfo", Napoli, febbraio 2011

Tra i vari critici hanno scritto di lui:

Isabella Michela Affinito, Giorgio Bárberi Squarotti, Enrico Besso, Nunzia Binetti, Reno Bromuro, Antonio Catalfamo, Maurizio Cucchi, Ezio Falcomer, MarieChristine Fournier, Silvia Denti, Fabio Greco, Stefano Jacomucci, Maria Lampa, Antonino Magri, Marco Merlin, Carlo Molinaro, Sandro Montalto, Vincenzo Muscarella, Antonio Pugiotto, GianCarla Raffaeli, Filippo Solìto Margani, Luciano Somma, Michela Zanarella, Teresio Zaninetti.

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Dopo aver letto alcune sue opere, ho desiderato conoscere meglio la sua personalità.

Gli ho scritto, invitandolo a concedermi un po' del suo prezioso tempo, ha accettato con mia grande soddisfazione e gioia.

Fra poco sarà qui tra noi e nell'attesa rileggo qualche sua poesia.

Proletari

distinzioni di classi

niente di nuovo la storia si ripete

noi pendolari voi vampiri

dell'industria che evadete il fisco

(imboscando capitali sindona insegna)

ed esponete le chiappe al solleone

sulla costa azzurra o smeralda

(lontani dal nostro morire –

in città-vortice sangue solare

innalziamo piramidi umane

per l'alba di mammona)

dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo

(burattinai per vocazione

di questa babele tecnocratica)

averci diseredati crocifissi

con bulloni a catene di montaggio

Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai

[numero monografico n. 730, maggio 2008]

Un'opera che, sebbene risalga al 2008, è sempre attuale per la forte denuncia e la profonda sofferenza espressa, oggi più che mai sentita dai lavoratori.

Nonostante sia rapita e assorta dalle mie riflessioni, odo suonare alla porta de La Mente e il Cuore, vado ad aprire.

Ciao Felice, aspettavo la tua gradita visita, prego accomodati, conosci già la strada.

Sono onorato della gentile accoglienza.

Il camino è acceso, fuori si gela ma qui il calore ammanta il nostro salotto come le nostre anime, è davvero piacevole e confortevole quest'atmosfera, non trovi?

Mi ci trovo veramente a mio agio. E' un calore particolare, tra amici di penna.

Sei una persona e uno scrittore molto conosciuto e stimato, immagino che la mia intervista non ti sorprenda…

Sinceramente un po' sì.

Allora cominciamo, ti confesso che provo una certa emozione. Cosa ti ha indotto a scrivere la tua prima poesia?

Volevo provarlo a me stesso; ma i primi tentativi sono iniziati un po' tardi, verso i 28 anni.

Quali sono stati i sentimenti e le emozioni che hai provato in quel momento e per chi?

Ero mosso da una strana spinta interiore, mai provata prima. I sentimenti che sentivo di esprimere erano dettati da un momento triste della mia vita: la perdita di mio padre.

Puoi citarla?

Veramente non ricordo un solo verso di quella poesia (se vogliamo chiamarla poesia).

Ho letto alcune tue opere ed ho notato che spesso il soggetto è l'amore, definisci questo sentimento e cosa rappresenta per te.

Vorrei definirlo con questi versi; amore come dono di sé, ma anche sacrificio e senso di giustizia.

come un bosco devastato

intristirono la tua infanzia

di pochi sogni

tra trame di tappeti e catene

ancora grida il tuo sangue nei piccoli

fratelli – il tuo sangue che lavò la terra

quel mattino che nascesti in cielo – dimmi –

chi fu a cogliere il tuo dolore adulto

per appenderlo ad una stella?

Questa splendida poesia, dal titolo Iqbal, dimostra una profonda attenzione verso i temi sociali, è un interessamento che ti rende onore.

Cosa potremmo fare, secondo te, perché il mondo sia migliore e non dimentichi nessuno?

Potremmo, e non solo a parole, immedesimarci negli altri, gli abbandonati, i derelitti, i senza tetto, i senza lavoro…preoccuparci di più di essi con opere benefiche e di volontariato, anche se le soluzioni ai problemi mondiali dovrebbero partire dall'alto…

Può la poesia rappresentare un messaggio per il nostro prossimo?

ti so dolce presenza

-tu che visitavi i giardini

del cielo- ti so

dentro di me come

un amico o un figlio

( dal brano A Carlo Acutis)

Una magnifica dedica che ci fa comprendere il tuo credo, quindi hai fede in Dio?

Il messaggio, in qualsiasi modo lo trasmetti, e specialmente nell'arte della scrittura, si può riassumere nella parola amore, come condivisione con l'altro, come fede nella vita e nella creazione, nell'essere spirituale, in Dio.

Hai mai incontrato un angelo su questa terra? In chi l'hai visto?

Un angelo non l' ho mai incontrato, ma l' ho visto nello sguardo di un mendicante all'angolo della strada, con ali invisibili e con un cane a fargli compagnia.

A quale personaggio femminile della storia o della letteratura scriveresti d'amore?

A Simone Weil, che ammiro moltissimo e la cui figura mi ha ispirato più di una poesia.

La vita è poesia, sei d'accordo?

Certamente, meravigliosa e drammatica insieme.

Ed è anche un insieme di momenti di luce ed ombra, qual è il tuo attimo impresso nella mente e nel cuore in modo particolare?

Non saprei. Ma un attimo particolare impresso nel cuore resta senz'altro il momento (tardivo) in cui ho conosciuto mia moglie, e la mia vita ha avuto una svolta.

Hai scritto una poesia a riguardo? Vuoi condividerla?

Certo. Eccola:

MOMENTO

ad Angela

[ispirata in dormiveglia il 28.10.2007, a 48 ore dal mio 66° genetliaco]

torpore:

velo di tenebra sugli occhi

mano che ti muore nella mano

ed è bellezza anche questa:

minimo ritaglio dell'eterno

Attribuisci un aggettivo o una sensazione ai quattro elementi, fuoco, terra, aria, acqua.

Mi sono interessato un po' di astrologia, anni fa. Gli elementi, in sintesi, sono la vita, l'universo: il fuoco è ardore, la terra concretezza, l'aria dispersione, l'acqua introspezione e sensibilità.

Quale di questi elementi paragoneresti a te stesso, al tuo poetare e perché?

Senza dubbio all'elemento acqua (appartengo al segno dello scorpione, acqua come elemento): sensibilità e profonda introspezione sono peculiarità del mio poetare.

Se dovessi rivolgerti ai tuoi lettori, a cuore aperto, cosa gli diresti?

Mi sento gratificato della vostra attenzione e dei vostri elogi, che non sento di meritare.

E ai giovani?

La cultura è un elemento basilare nella vita; non si finisce mai di imparare, di conoscere. Leggere sempre, non disperdersi in cose futili che lasciano il tempo che trovano.

Quanto ti ha dato la poesia?

Tanto. Da oltre quarant'anni mi dedico alla poesia, dalle prime stroncature di giudizi ad alcune affermazioni in concorsi, che mi hanno dato lo sprone dopo periodi di delusioni. Devo dire che sono stato ripagato abbondantemente. La poesia mi ha sollevato anche da alcuni periodi di depressione, quindi sono io che devo molto a lei.

A quale scrittore ti senti più vicino e perché?

Mi sento vicino, con le debite distanze, al grande Jorge Luis Borges. Un poeta surreale e visionario, i cui temi riconducono all'Enigma, all'Infinito, al chi-siamo-dove-andiamo ("… presto saprò chi sono" è un suo verso che mi affascina).

La MC ti gratifica?

Si, mi gratifica molto perché ho incontrato persone speciali con cui confrontarmi.

Cosa vorresti esprimere alla nostra redazione?

Un semplice ma grande grazie insieme a molta riconoscenza a tutto lo staff!

Felice, secondo te cosa è preferibile, amare e soffrire o non amare per non penare?

Certamente amare anche soffrendo, altrimenti la vita non avrebbe finalità né senso.

C'è davvero una netta differenza fra sogno e realtà?

No, secondo il mio sentire, non esiste una netta differenza, dal momento che ritengo la realtà nient'altro che un'apparenza ("la scena del mondo", come dicono i Vangeli), una rappresentazione, come il sogno, appunto.

Immagina di dover partire improvvisamente, cosa porteresti con te?

La Bibbia.

Ed ora donaci un pensiero…

Ecco un pensiero di "lettura/scrittura" di un po' di tempo fa:

Capita, a volte, leggendo un brano di trovarti specchiato nella profondità di quel pensiero espresso dall'autore e di riconoscervi quanto si era agitato nella tua anima attendendo di adagiarsi sul bianco della pagina: proprio perché quel pensiero, collimando col tuo, ha reso più chiara e più forte la profondità di quella intuizione che hai colto dal tuo inconscio, esplorando gli anfratti della tua memoria sensoriale, ed affermandola nel portarla alla luce.

E' però significativo (ed è più che naturale) che ciò avviene dopo, in una verifica a posteriori, e non prima quando potresti lasciartene influenzare, col risultato di una cosa artefatta, mancante di originalità.

E' una sorta di transfert – comunicazione misteriosa e inconscia della creatività.

Traspare chiaramente dalle tue risposte, una grande personalità, pregna d'amore, d'attenzione verso il prossimo e alle problematiche sociali, arricchita da una profonda sensibilità verso la vita, i sentimenti e i valori che associ a ogni sua singola espressione.

Riconosci l'essenza del sentimento puro negli occhi di un mendicante, di chi soffre ai confini della società, per questa ragione ami la natura nella sua variegata complessità, sapendone cogliere l'attimo e il senso.

Sei un uomo saggio, raccogli nella tua anima, come gemme preziose, le esperienze altrui e ne fai frutto intrecciandole umilmente alla tue.

Hai la capacità di alleviare il dolore attraverso la poesia, sempre guidato dalla fede che ti fa corazza.

Posso affermare, con certezza, che sei un uomo e un poeta d'Amore, ed è sicuramente per questo che sei riuscito a esprimere ciò che di più bello palpita nel tuo cuore, perfettamente compreso e ammirato da coloro che hanno inteso premiare più volte, e in diverse occasioni, le tue opere, tutte d'elevato spessore emozionale, artistico e lessicale.

Come un irradiarsi di cieli

chiedere a Dio quella protezione

che il mondo non può dare

rifugiarti a quel nido dove

Egli attende come una madre

il suo piccolo perduto

nuda allo scoperto

sei creatura nata per la terra

-ma del cielo dove

sempiterna dimora

Compassione

Ringrazio di cuore Felice Serino per avermi concesso l'onore di approfondire la conoscenza del suo sconfinato spirito di uomo e poeta, astro d'un cosmo tutto da scoprire e contemplare.

Gelsomina Shayra Smaldone

….

Eccellente intervista ed eccellente Shayra! Voglio esprimere la mia riconoscenza a MC per aver permesso di farmi conoscere un po' più a fondo.

Un grande abbraccio!

Felice



Intervista splendida questa tua Shayra, che mi permette di scoprire un autore a me conosciuto solo attraverso i suoi profondi quanto interessanti e bellissimi versi e che invece ora posso "vedere" anche come persona dalle mille sfumature e prospettive di poeta. Un graze ad entrambi e complimenti!

NellAnimaMia

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Molto bella questa intervista, che sembra fatta davanti ad un camino dove scoppietta allegramente la legna che arde. Più che un'intervista una vera chiacchierata confidenziale dove Felice si apre con tanta semplicità e ci da modo di conoscere la sua persona in maniera più approfondita, visto che fino ad ora era celata dietro al suo nick ed alle sue splendide poesie. L'ho letta con moltissimo piacere e grande interesse.

Complimenti ad entrambi

Patrizia



Cara Shayra, è una bellissima intervista quella che ti ha concesso Felice. E mi fa piacere conoscere meglio la persona che si cela dietro il suo nick flymoon, perché finora il tutto era limitato ai suoi, seppur splendidi, versi.

Complimenti ad entrambi.

Dany

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LA MENTE E IL CUORE (BLOG)

Recensioni

(a cura di: Lorenzo Spurio, Fernanda Ferraresso, Giordano Genghini, Giovanni Perri, Giuseppe Vetromile, Angela Greco, Guglielmo Peralta, Antonio Spagnuolo, Vanni Spagnoli, Donatella Pezzino, Raffaele Piazza, Michele Barbera, Sabrina Santamaria, Mario Saccomanno, Enrico Marià, Renzo Montagnoli, Andrea Crostelli, Fabio Greco, Luca Rossi, Enrico Cerquiglini.)

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Casa di mare aperto

di Felice Serino

Recensione a cura di LORENZO SPURIO

E' una poesia dotta, filosofica e ricca di rimandi alla letteratura europea quella di Felice Serino contenuta nella sua ultima raccolta dal titolo enigmatico "Casa di mare aperto". Ed è un po' tutta la poetica di Serino ad essere attraversata da un certo ermetismo che si realizza in una critica del linguaggio, in una frantumazione dell'identità e in numerosi squarci visionari e addirittura onirici. Serino parte dal mondo che lo circonda, ma non è quello il suo interesse nell'arte della scrittura, perché l'intenzione è altra. La poetica si trasfonde a un livello più alto, a tratti irraggiungibile a tratti difficili da capire, ma l'artifizio della poesia sta anche in questo: nel dire e nel non dire, nell'utilizzare un concetto per elevarlo a qualcosa d'altro, metafisico, che non può aver concretezza proprio perché ha a che fare con la coscienza dell'uomo.

Importanti e degni di rispetto le poesie d'impianto civile, che nascono cioè dal voler ricordare alcuni personaggi centrali nel processo di crescita e progresso storico com'è lalirica dedicata al Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi nella quale Serino utilizza l'isotopia del sangue e della violenza per tratteggiare il clima d'odio, repressione e vendetta nei confronti della statista appartenente all'opposizione: "Dal suo sangue si leva alto/ il grido d'innocenza/ a confondere intrighi di potenti" (pag. 20). La condanna alla tirannia, alla democrazia messa a tacere è evidente anche se il linguaggio di Serino evita la durezza e si contraddistingue sempre per una certa armonia e levità, anche quando parla di drammi in piena regola. Ma ci sono anche poesie in cui il poeta mette allo scoperto terminazioni nervose dolorose dal punto di vista sociale, come è il caso della poesia "A ritoroso" ispirata al fenomeno poco noto degli hikikomori in Giappone che riguarda dei giovani che si auto-recludono letteralmente in casa evitando una vera vita sociale.

Centrale anche il tema della morte che ritorna in varie liriche come pensiero spesso assillante, altre volte come semplice dato di fatto dal quale bisogna partire con consapevolezza nell'impostazione del proprio progetto di vita. L'interesse per il mondo, per la socialità, la vicinanza all'altro e la riflessione sulla nostra esistenza fatta di giorni che sembrerebbero identici ma che non lo sono, trova ampiezza in una lirica in particolare, "In questo riflesso dell'eterno" dove il poeta con sagacia e freddezza verga la carta scrivendo: "imbrigliati noi siamo in un tempo/ rallentato/ noi spugne del tempo/ assediati da passioni sanguigne" (p. 61) in cui si ritrovano molti temi/aspetti che contraddistinguono la vita dell'uomo d'oggi: il tempo che scorre in maniera rallentata, troppo lenta, forse perché non è più in grado di vivere i momenti che riceve in maniera autentica, ma forse perché l'uomo senza lavoro , precario, disoccupato o immigrato che sia, senza una occupazionenon può che vedere il suo tempo scorrere in maniera lenta, dolorosa e oziosa; l'uomo è una spugna nel senso che riceve dal mondo, ma è sempre meno in grado di dare; che assorbe, si assoggetta, accetta e che, al contrario, non fa, non dà, non propone. Il mondo frenetico e alienante chepropone una società sempre più efficiente, veloce e altamente tecnologizzata in realtà provoca un certo indolenziamento che si ravvisa nel sonnambulismo etico e pratico dell'uomo. Infine gli uomini sono "assediati da passioni sanguigne": amore e sesso che, come si sa, non sono la stessa cosa e che spesso possono portare alla follia, al delirio, allo spargimento di sangue, inun doloroso banchetto in cui Eros e Thanatos giocano beffardi ignari di cosa stanno combinando. In "L'alba che sa di nuovo" Serino esordisce con versi acuminati: "la si vive nel sangue la nottata" (p. 89).

Numerosissimi i riferimenti e le citazioni a numerosi padri della letteratura europea, tra cui Mallarmé, Ungaretti, Zanzotto, Pessoa che, oltre a sviscerare il grande amore di Serino nei confronti della letteratura e la sua profonda conoscenza, rendono l'opera un gradevole e profumato percorso in altre storie, tempi e luoghi.

Lascio ai lettori di questa recensione un'ultima lirica del Nostro nella quale si respira un senso d'incertezza e un sentimento di sospensione che non è dato all'uomo capire; il serpente presente quale immagine di fondo della lirica alla quale si tende analogicamente (si richiama il verde e il serpeggiare), rimanda ancora una volta all'immagine del peccato, dell'avvelenamento e dunque della morte. Ma la cosa curiosa è che in questo caso non vi sono vittime, se non la serpe stessa:

Di un altrove (p. 78)

d'un altrove

striscia

di luce verde la mente

l'interrogarsi serpeggia

si morde la coda

LORENZO SPURIO

-scrittore, critico letterario-

Jesi, 1 Agosto 2013

FELICE SERINO è nato a Pozzuoli nel 1941; autodidatta, vive a Torino.

Ha pubblicato varie raccolte: "Il dio-boomerang" (1978), "Cospirazioni di Altrove" (2011).

Ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici.

E' stato tradotto in sei lingue. Intensa anche la sua attività redazionale.

https://blogletteratura.com/2013/08/04/casa-di-mare-aperto-di-felice-serino-recensione-di-lorenzo-spurio/

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Un oltre in sé, quella "Casa in mare aperto" di F. Serino – Fernanda Ferraresso

L'epigrafe di apertura, ripresa dalla dedica di Raffaele Crovi , a Flavio e Teresio, pare individuare con precisione quale sia la scialuppa di salvataggio per praticare quel mare aperto e arrivare a casa.

La poesia allena l' "analfabeta"/ancora vergine di conoscenza / a "disincagliarsi dalla vita" /ea viaggiare dentro il mistero/(che è la somma delle verità).

Ma si tratta di trasparenze lacere, così le chiama Felice Serino, queste visioni, o voci, che arrivano da quel mare di cui dice e non ha nome, se non umanità, storia, e sembrano voci lacerate dalle perdite. I testi evocano, in questa silloge breve, altre parole, messe nell'acqua del linguaggio da altri, sin dal titolo del libro, che riprende una frase di Piernico Fè, come cita nella prefazione Marco Nuzzo: -creando una sorta di sprazzo sui diversi moti del mondo, ornato dalle molte sfaccettature e che ne compongono, malgrado tutto, una visione d'insieme talvolta succube delle vicissitudini carnali, umane. -E dovunque nel libro si sentono questi echi da terre senza nome, dispersi nei moti dei venti e tra le orme liquide dei naviganti, che hanno messo in mare i loro legni, le loro sementi, portando anche all'autore ulteriori germinazioni. Ciò che mira l'occhio di Serino non è direttamente il viaggio, ma il viaggiatore, poiché, come dice Pessoa, è lui il cammino. E qui, proprio riportando al suo piede e al suo occhio, al suo orecchio interiore, le voci degli altri, facendone terra del suo essere, Serino moltiplica questo andare in sé, lui terra e osservatorio di quel territorio senza fine, ma anche angusto, per la grevità dei gesti che si ripetono, e sono gesti umani, stratificazioni del pianeta e della memoria, miseria e guerra e preghiere come pietre che sembrano infossarsi più che elevarsi se non partono dalle più oscure profondità di ciascuno. In quelle stesse profondità, oscure, spesso minacciose, esiste un altrove, a cui abbiamo accesso, in cui esiste un rifugio durante la navigazione ed è quello che è casa aperta nel cuore del mare. Serve viaggiare, serve andarci e la poesia aiuta a fare vela fino a quel continente che, alla fine, dopo una vita intera di rotte praticate, si scopre essere un oltre in sé.

fernanda ferraresso

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LA "CASA DI MARE APERTO" SPIRITUALE

NELLA PIÙ RECENTE RACCOLTA DI VERSI DI FELICE SERINO

di GIORDANO GENGHINI

Recentemente, edita dal Centro Studi Tindari di Patti, è uscita la raccolta di versi "Casa di mare aperto", che raccolta tre diversi gruppi di brevi liriche scritte fra il 2009 e il 2011 dal poeta Felice Serino, noto – anche se non quanto meriterebbe – in Italia e anche all'estero (le sue poesie, pubblicate a partire dal 1978, sono state tradotte in sei lingue).

Il titolo della raccolta – lo si chiarisce all'interno del volumetto – è una citazione da Piernico Fè, e in qualche modo, a mio avviso, è la chiave per interpretare l'intera opera, caratterizzata da una lirica intrisa di spiritualità intensa che si irradia in molteplici direzioni: un "mare aperto" spirituale, dunque.

La lettura delle pagine – poco meno di cento - è un'esperienza straordinaria e irripetibile.

Il tessuto dei versi è coerente e ha un tono e un timbro inconfondibili. I temi toccati ruotano attorno a una ricerca spirituale intima del poeta ma nel contemporaneo rivolta ad ogni uomo. I versi, come nei grandi artisti mistici del Medioevo, esprimono l'inesprimibile del mistero divino soprattuttoattraverso il simbolo della luce. La spiritualità del poeta è però modernissima perché inquieta, mobile, non univoca.

Alcune immagini, metafore e parole-chiave sono ricorrenti nella raccolta. in primo luogo, la figura dell'angelo (o, meglio, degli "angeli / caduti / mendichi di amore"), simboli di aspirazione alla purezza assoluta. Ancora più rinvii a questa ricerca di purezza e verità assoluta la metafora – che riappare in varie forme – del "corpo di vetro" o del "vetro del cuore", cui si affianca la prevalenza di un altro emblema di purezza: il candore, che culmina nel "silenzio" di chi ha già lasciato la vita: l' "immacolato manto / comeun'immensa pagina bianca" che si identifica con l' "Altrove", ossia con il mistero occulto di "questa casa di vetro / eretta sulle nuvole" ", UN cui il poeta aspira – e alla cui rappresentazione concorre anche la suggestione generata dall'uso mai casuale o irrilevante degli spazi bianchi fra i versi o nelle pagine.

Oltre alla luce, altri simboli ricorrenti nei versi di Serino per esprimere l'inesprimibile – l' "Oltre" – sono il sogno e l'azzurro, che si intrecciano con la musica nel tentativo di dare corpo (come nel "Paradiso" dantesco, di cui talora si avverte l'eco) al divino. tuttavia, i versi di Serino non hanno certo caratteristiche tradizionali e meno che mai "cantabili", in quanto nel loro originale ritmo si manifesta la presenza della realtà umana fatta di carne e sangue, dei "veleni del mondo" e, in particolare, del mondo contemporaneo in cui "l'autentico" è "violentato dal mediatico".

All'interno di questa antitesi decisa fra l' Altrove e il male del mondo (per il quale però, uscendo dal coro, la lirica del poeta non cerca espliciti capri espiatori, politici o di siffattogenere, cui attribuire ogni colpa) determinante è la funzione della poesia, che definirei profetica ma, anche, casa in cui rifugiarsi per distaccarsi dal male di vivere. L'autore infatti scrive: "nascosto starò nella rosa / azzurra della poesia", evocando per analogia nel lettore anche il ricordo della "candida rosa" dantesca dei beati.

La spiritualità di Serino e la sua fede nell'Altrove non è mai incerta: "quando il mondo continuerà / dopo di me // a chi vi dirà lui non c'è più / fategli uno sberleffo". Il suo misticismo non trascura le vicende della storia e degli ignorati "santi del nostro tempo", di non pochi dei qualiviene fattoesplicitamente il nome (un esempio fra tanti: Oscar Romero, nel cui sacrificio, credo, il poeta vede il "rigenerarsi dell' urlo della croce" evocato in un'altra lirica).

La cultura su cui fioriscono i versi dell'autore è estremamente ricca: le stelle che la illuminano (lo si comprende da citazioni dirette o indirette, e soprattutto dalla ripresa rielaborata, nei versi, di altri versi, secondo una tecnica già presente in grandi poeti , da Dante a Luzi, ma usata in modo originale da Serino. Racconto ripreso non è mai sfoggio di conoscenze: è invece indispensabile al disegno lirico dell'autore Le stelle che rilucono nel cosmo intellettuale del poeta possono per alcuni aspetti essere forse accomunate, ma fra loro sono anche estremamente diverse: oltre al Gesù dei Vangeli e ad antiche (come Paolo e Agostino) e recenti (come, ad esempio, David Maria Turoldo) figure della spiritualità cristiana, figurano anche maestri di diversa spiritualità: da Steiner a Swedenborg a Paulo Coelho, per non ricordare che alcuni nomi Né si possono dimenticare i riferimenti ai grandi poeti dello spirito: dal già menzionati Dante (alcune delle cuiimmagini, come quella del paradisiaco fiume di luce, sono). rielaborare e riproporre in modo affascinante) ai più recenti Mallarmé, Borges, Pessoa, Ungaretti fino a poeti a noi vicinissimi come Giovanni Giudici e Andrea Zanzotto.

La lirica di Serino si colloca nel panorama estremamente vasto di questa sorta di ideale "empireo della poesia" che si contrappone – almeno come possibilità di difesa – ai mali della storia. L'ampiezza dei punti di riferimento negli orizzonti culturali e letterari del poeta spiega anche perché la sua raccolta non rappresenta un tentativo – che sarebbe impossibile – di ricomposizione di tutti i punti di riferimento, ma una esplorazione spirituale, un moderno viaggio, termine ancora una volta da intendersi in senso dantesco.

A livello stilistico, il poeta dà vita a una lirica di grande intensità, che fa tesoro della lezione poetica del Novecento (in particolare, nell'abolizione della punteggiatura e della iniziali maiuscole) e del verso libero per creare un proprio timbro originale, spesso caratterizzato da affascinanti creazioni in miniatura, nelle singole liriche, di "opere aperte" che lasciano possibilità di diverse interpretazioni: né potrebbero essere altrimenti, dati i temi affrontati nella raccolta.

In versi densi di fratture e ricomposizioni, Serino ci propone – per rifarsi al "suo" Agostino - una "città dell'uomo" in cui abbondano le asprezze ("le viscere nelle mani") e una "città di Dio" in cui risplende l'armonia dell'Altrove ("un cielo bianco di silenzi" in cui è protagonista disincarnato il "fiume di luce che / ci prenderà").

Non è il caso che aggiunga altro a queste mie modeste note, perché ogni tentativo – come questo mio – di presentare nell'ambito di un discorso logico-razionale una poesia che racconto ambito travalica, non può che essere povera cosa rispetto all'esperienza della lettura dei versi del poeta. E concludo proprio con un invito alla lettura e con un'ultima osservazione: la raccolta di Felice Serino è un "mare aperto" al cui interno si muovono potenti correnti di luce. Credo che, per renderci conto di ciò, basti rileggere la bellissima breve lirica che, non a caso, chiudendo la raccolta, e che qui riporto: "d'un presentito chiaro d'armonie // d'un trasognato dove // ​​vivi e scrivi // – tuo credo – // la tua casa di mare aperto".

Non è un caso, credo, che il primo verso sia un armonioso endecasillabo e che il secondo e il terzo, uniti, a loro volta siano uno stupendo endecasillabo, come non è un caso che l'ultimo verso coincide con il titolo della raccolta.

La "casa di mare aperto" rappresenta infatti, come ho detto all'inizio di queste note, la spiritualità del poeta: ma anche, io credo, la meta di un approdo cercato già in questo modo e, infine, la prefigurazione della "casa". di vetro" nell'Altrove, cui – come l'autore – più o meno consapevolmente a partire dai poeti, tendiamo noi tutti. O, credo direbbe l'autore, tendono consapevolmente coloro che, come scrive in un'altra sua lirica l'autore, fra l'affidarsi principalmente a Freud (o ad altre "divinità terrene" del mondo d'oggi) e l'affidarsi al vangelo di Giovanni hanno già compiuto una scelta.

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Recensione a "D'un trasognato dove" di Felice Serino (Giovanni Perri)

25 ottobre 2014

Capita raramente di imbattersi in poeti in cui vocazione lirica e pensiero filosofico si fondono così perfettamente da riuscire saldati in un unico corpo come in Felice Serino, la cui voce è tanto più seducente quanto maggiormente risulta isolata nel panorama contemporaneo. Egli rappresenta, forse, la continuità, nel solco di una tradizione tipicamente novecentesca, di pensare la poesia come antitesi e attrito con la modernità e filtro da cui trascendere nel segno d'una rivelazione; in lui, senso del tempo e dello spazio, spiritualità e vita, verità intangibile e immanenza, mistero, trovano la medesima via su cui la poesia accoglie il sentimento, insieme umano e divino, d'essere in sé origine e fine di tutto; e nel mezzo, ricerca passionale e tensione dell'amore puro; (Amore: altissimo e di sangue, lamento quasi siderale degli occhi, fiume alle mani ): dove quel sentimento arriva e la voce si espande, e l'umore improvvisa emozioni che non trovano il punto, oppure lo invocano sapendo che un urto, anche il più invisibile, può farsi carico di tutta quanta la specie dei sogni di cui è composta la vita.

leggere sull'acqua

lettere storte

camminare nel mistero a volte

con passi non tuoi

nella parusia entrare nella luce

goccia

che si frange nel sole

– che contiene un mondo

Impresa affatto anodina dunque, introdurre Serino: farne passare il battito, la folgorazione; additare nel segno delle sue epifanie, come volere scottarsi: sentire addosso la luce, vivida e sanguigna di un verso che trasloca bucandoci. Perché viene sempre nel segno della carne la sillaba che in lui svanisce: questa croce di vento sulla pelle. E sono spasmi. Cieli a difendersi. Occhi per seminario: amore per la parola sorgiva da cui bagnarsi e bere, a piene mani, quasi fossimo noi quel punto imprendibile l'altrove, che cuce il corpo alla memoria e tace, profondo e innato silenzio:   

sangue del pendolo

tempo-maya dagli occhi

di giada

capovolti

nell'oltre è cuore

del sole abisso

di cielo – antimondo

C'è in Serino un'attitudine all'amore che è soglia, dunque, attracco e mancamento: visionarietà al limite del corpo, come una metafisica della bellezza. Una specie di vizio a perdere la vista per meglio pensare. Viene in mente Democrito; e Borges che lo nomina nel buio. Nelle sue tanto aeree apprensioni, Serino ausculta pungendo, sembra quasi addirittura ch'egli tiri dalla vena una goccia di lontananza e ne faccia presenza aromatica, unguento a lenire ferite. Sono sempre afflizioni, le sue, da cui sgorga dolcezza: l'essere qui e altrove come dato fondante d'una vita:

un vedermi lontano

io che vesto parole

di carne

alfabetica di sangue

da me lontanissimo

ché ad altra

sembianza anelo

per voli su mondi

ultraterreni

Il preziosissimo volume appena pubblicato (d'un trasognato dove) porta quest'attenzione al luogo come segnale viatico, sintomo d'attraversamento, quasi paura: l'attesa di un dove che ci tiene, mi piace dire , anatomicamente, nel nervo della poesia, in un flusso cosmico, segnato a ferite, di tempo e spazio, appunto, e di memoria:

giro di luna bivaccante nel sangue

baluginare d'albe e notti

che s'inseguono

dentro il mio perduto nome

per le ancestrali stanze un aleggiare

di creatura celeste

che a lato mi vive nella luce

pugnalata

Oppure ancora:

espansione a irradiare

poesia a labbra

di luce

indicibile fiore

del sangue

Quale che sia il trasognato dove, quel che posso dire è che qui l'amore s'avverte, terragno e trascendente, nel segno di una luce vivida e irrisolta, cavata dall'occhio di un uomo sospeso, solo e multiplo, invocata e assolta nel dono di un verso pulsante,

tangente, bellissimo, quasi tenuto nel fioredi un enigma e consegnato al tempo, come un bacio dato alla terra, questa sacra parola illuminante.

Ecco forse Serino è tutto questo, o tant'altro che ancora non so; che ancora non m'è dato di sapere.

        Giovanni Perri

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-dun-trasognato-dove-felice-serino-giovanni-perri/

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D'un trasognato dove – 100 poesie

di Felice Serino

Recensione di Lorenzo Spurio

Ha memoria il mare

Scatole nere sepolte nel cuore

Dove la storia

Ha un sangue e una voce. (37)

D'un trasognato dove – 100 poesie scelte è la nuova densa raccolta poetica di Felice Serino, poeta nato a Pozzuoli nel 1941 che da molti anni vive a Torino.

L'autore mostra di aver compiuto una meticolosa operazione di cernita in questo "canzoniere dell'esistenza", tante sono le liriche che ne fanno parte e tante le tematicheche Serino trasmette al cauto lettore. Il fatto che esse siano stati raggruppati in filoni concettuali intermedi da una parte facilita al lettore la corretta comprensione delle stesse e dall'altra consente all'opera una struttura ulteriormente compatta e costruita organicamente. È così che questi microcosmi-contenitori delle liriche di Serino si concentrano attorno a domande che hanno a cuore il rapporto con l'aldilà, il tema celeste, il senso dell'esistere, la potenzialità del sogno, l'inesprimibile pregnanza del tessuto semantico, l'impossibilità di dire (l'impermanenza) e sichiude con un nutrito apparato finale di poesie dedicare a personaggi più o meno famosi della nostra scena contemporanea dal quale partirò.

In questo apparato di dediche si concentra il fascino nutrito da Serino verso una serie di immagini-simbolo quali quello della luce e del sogno (nella lirica dedicata Elio Pecora), il tema della Bellezza (nella lirica a Papa Giovanni Paolo II), il risorgere (nella lirica dedicata a David Maria Turoldo) e lo specchio come proiezione e frantumazione dell'io (nella lirica dedicata a J. Luis Borges). Sono queste solo alcune delle liriche che compongono questo apparato finale poiché ve ne sono varie di chiaro interesse civile che affrontano disagi e tragedie dell'oggi quali i disastri per mare dei tanti immigrati che sperano di giungere in Italia, le precarie condizioni degli incarcerati o gravi casi di violenza in cui alcuni giovani hanno riportato la morte come Iqbal Masih, tessitore di tappetini dei diritti dei bambini lavoratori che venne ucciso nel 1995 all'età di 12 anni e del quale Serino apre la lirica in questo modo: "come un bosco devastato/ intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni" (107).

Nell'intera opera di Serino si nota una pedissequa attenzione nei confronti di isotopie, immagini costruite nelle loro archetipiche forme, che ricorrono, si susseguono, si presentano spesso perché necessarie; esse non sono esclusivamente immagini che identificano o denotano qualcosa, ma simboli, metafore, mondi interpretativi altri: il sogno, la luce, il cielo, il Sole, tanto che permettono di considerare la poetica di

Serino come celeste proprio per il suo continuo rovello sull 'aldilà, onirica perché fondata sull'elemento del sogno del quale si alimenta tanto da non poter dire spesso con certezza quale sia la linea di demarcazione tra realtà e finzione. Si penserebbe a questo punto che il tema del tempo possa essere altrettanto centrale in questa silloge di poesie dove, pure, si ravvisa un profondo animo cristiano, ma in realtà il concetto di tempo è ristrutturato da Serino in maniera meno pratica, in chiave esistenziale, come costruzione della mente umana che però risulta avere poca rilevanza nelle elucubrazioni di una mente particolarmente attiva.

Il sogno, l'onirismo e il surrealismo (citato anche nel momento in cui viene nominato il pittore catalano Dalì) sono il nerbo fondamentale della silloge dove il trasognare ne identifica l'intero percorso di formazione e conoscenza. Non è un caso che in copertina si stagli un albero frondoso e, dietro di esso, uno scenario meravigliosamente pacificante di un cielo verde-azzurro tipico di una aurora boreale che fa sognare.

Dal punto di vista stilistico Serino predilige un'asciuttezza di fondo per le sue liriche (molte di esse sono molto stringate se teniamo presente il numero dei versi), dove il poeta evita l'adozione delle maiuscole anche quando queste dovrebbero essere impiegate ed ogni forma di punteggiatura, quasi a voler rendere in forma minima il pensiero della mente proprio come gli è scaturito. Contemporaneamente il lessico impiegato è fortemente pregno di significati, spesso anche molteplice nelle definizioni, ed esso ha la caratteristica di mostrarsievocativo, più che invocativo (anche se alcune liriche di invocazione sono presenti) o connotativo.

Sprazzi di ricordi salgono a galla ("in sogno sovente ritornano/ amari i momenti del vissuto", 39) ma questi non hanno mai la forza di demoralizzare l'uomo o di affaticarne la sua esistenza poiché c'è sempre quella "comunione col sole" " (47) che dà forza, garanzia e calore all'uomo che sempre ricerca risposte su sé, Dio e il mondo.

Lorenzo Spurio

Jesi, 28-10-2014

https://blogletteratura.com/2014/10/29/dun-trasognato-dove-di-felice-serino-recensione-di-lorenzo-spurio/

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Felice Serino, "D'un trasognato dove"

(Ed. Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano)

E' caratteristica essenziale in molti poeti la ricerca di una dimensione altra, per lo più disgiunta dalla materialità delle cose e allocata in un impero che simboleggiava la spiritualità , l'amore, il sacro. Questa ricerca indubbiamente parte innanzitutto da se stessi, nel prodigarsi a dragare nei labirinti della propria anima lacerti e spiragli di luce, di speranza, e di tutti quei valori che possono elevare la persona alla dimensione celeste, avvicinandola a quella meta che nel progetto della creazione può chiamarsi anche paradiso. E' innegabile che ogni uomo tenda a superare, ea superarsi, quelle barriere fisiche e materiali che in qualche modo gli consentano di raggiungere, o almeno tendere, ad una certa realizzazione di sé, che non sta tanto in una memerae statica acquisizione di beni materiali , quanto nell'agognare quella famosa "felicità" o stato di grazia che sia, che soddisfi non solo il corpo, ma anche e soprattutto l'anima e il cuore.

Che poi questa ricerca venga estrinsecata, seguita e sviluppata anche in modo creativo ed artistico, nella fattispecie tramite la poesia, è segno di sensibilità personale non indifferente, in quanto l'artista, il poeta, ha il coraggio di mettere in chiaro ciò che gli scaturisce da dentro, ciò che gli detta il cuore. In un mondo in cui i modelli predominanti sono il rivestirsi di corporeità e di ricchezze materiali, da seguire come obiettivo primario della quotidianità, un canto elevato alla purezza dei cieli sembrerebbe anacronistico se non addirittura bambinesco: c'è altro a cui pensare nella vita di tutti i giorni, c'è da sbarcare il classico lunario e non c'è spazio per intime riflessioni trascendentali. Ma il poeta è e resta sempre un puro d'animo, egli vede sempre al di là del velo opprimente che copre il mondo di grigio e di organigrammi, sente il discorso della natura e lo fa proprio, nonostante tutte le ottenebrazioni ei frastornamenti offerti dalla pubblicità più subdola. Si tratta di liberarsi da ogni falsità terrestre, e questo al di là di ogni tipo di religione, chè è primario in noi, nell'uomo, questo senso vago, indeterminato ma sussistente, dell'al di là, inteso come luogo sublime ed eternamente pervaso di gioia, pace e felicità. Si tratta di raggiungere l'impero, appunto, ricostruire l'antico filo di resistente speranza che, in fondo, c'è qualcosa di vero oltre la dimensione materiale dell'uomo.

Felice Serino è dunque uno di questi poeti che vede e che sente: "insaziata parte / di cielo / vertigine della prima / immagine / e somiglianza / vita / lacera trasparenza / sostanza di luce e silenzio / sapore dell'origine / fuoco e sangue del nascere" ("Lacera trasparenza"); sostanza diluce che permea tutta la sua raccolta poetica "D'un trasognato dove", inesauribile canto di ricerca dell'"oltre", assidua ed appassionata narrazione poetica del suo cercare quel "dove" che possa riscattare il senso materiale della vita, che possa nobilitare l'uomo.

"In una goccia di luce / s'arresterà questo giro del mio sangue / lo sguardo trasparente riflesso / in un'acqua di luna / sarò pietra atomo stella / mi volgerò indietro sorridendo / delle ansie che scavano la polpa dei giorni / delle gioie a mimare maree / nullificate di fronte all'Immenso / allora non sarò più / quell'Io vestito di materia / navigherò il periplo dei mondi / corpo solo d'amore / in una goccia di luce": è il testo iniziale della raccolta di Felice Serino, testo emblematico che in qualche modo concentra e riassume la sua idea progettuale, e poetica, di un distacco dalla materialità al fine di trovare e provare, svestito di materia, quel nocciolo di verità assoluta, quei sentimenti puri non più inquinati o compromessi dalle implicazioni del corpo. Si tratta dunque di un discorso poetico di lungo respiro, tutto intriso di alta religiosità, una religiosità che richiama sicuramente la fede cristiana, pur non citando direttamente situazioni, fatti e personaggi della dottrina classica, ma traendo da essa i riferimenti più sinceri e puri: "- e gli esecrabili / delitti e la vita / tradita? / e il sangue innocente? / -non ricordo: in verità ti dico / l'Albero di sangue / virgulto di mio Figlio / il Giusto / si è ingemmato / ed espande nei secoli / le sue radici / in un abbraccio totale" .

La raccolta poetica di Felice Serino "D'un trasognato dove" è divisa in cinque parti: "Di palpiti di cielo", "Del trasognare", "La parola che fiorisce e dintorni", "Dell'impermanenza", e "Dediche" .

Pur mostrando una complessiva omogeneità di progetto, costituito essenzialmente dalla trama religiosa di cui sopra, che lega internamente tutte le composizioni della raccolta, nella quale l'autore riesce ad estrinsecare ea sviluppare esaurientemente tutta l'ispirazione primaria attorno alla quale si addensa il suo dettato , in mille diverse angolazioni, la quinta parte, "Dediche", si discosta alquanto dal tema; si tratta qui di poesie ognuna "dedicata" ad un personaggio particolare (tra cui anche la moglie), che evidentemente hanno colpito la sensibilità del poeta, muovendolo ad esprimere considerazioni e riflessioni dal contenuto davvero nobile e importante, come ad esempio nella poesia dedicata ai migranti : "uscire / dal porto -il cuore in mano- / issare la vela della / passione / dietro lo stridulo / urlo dei gabbiani / tra le vene bluastre del cielo / foriero di tempesta / squarciare / nel giorno stretto / il grande ventre del mare / che geloso nasconde / negli abissi / i suoi figli" ("La ricerca" – Ai migranti di Lampedusa).

La scrittura poetica del Serino si presenta decisa, fluida, chiara, priva di tentennamenti espressivi e di vaghezze retoriche; è d'altra parte una scrittura non priva di un certo sapore lirico, e strutturata sulla base di versi brevi, in cui ogni termine, ogni parola, è fortemente risoonante.

Ne risulta complessivamente una raccolta di sicuro spessore poetico, interessante, propositiva oltre che riflessiva, che certamente induce nel lettore attento ottimi spunti di ulteriori considerazioni sia sul piano religioso che sul piano sociale.

Giuseppe Vetromile

1/3/15

https://taccuinoanastasiano.blogspot.it/2015/01/dun-trasognato-dove-raccolta-di-poesie.html

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il sasso nello stagno di An Gre

collaborativo di poesia, arte e dintorni a cura di Angela Greco

D'un trasognato dove (100 poesie scelte) di Felice Serino letto da Angela Greco

di Angela Greco

Felice Serino poesia-

D'un trasognato dove è la nuova silloge poetica di Felice Serino, realizzata in collaborazione con l'Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano; cento poesie scelte nell'ambito di una vasta produzione sensibile ai temi dal sociale allo spirituale, sempre esternata con caratteristica gentilezza e partecipazione. La scrittura poetica di Felice Serino è breve, incisiva, toccante, colta e colma di richiami a quella sfera dell'esistenza da cui tutti proveniamo ea cui tutti torneremo. La forte spiritualità dell'autore è un balsamo per il lettore, che anche in questa scelta di testi, può incontrare se stesso e l'altro da sé in versi sintetici, dotati di forza e passione, particolarmente efficaci in relazione alla generazione poetica di chi li sta affidando alla carta.

Il testo assomiglia ad un cielo serale (e credo non a caso la copertina) punteggiato da stelle – cento – tutte volte all'attesa e alla metaforica vista del giorno, della maggior luce, di quella nuova prospettiva a cui lo stesso autore anela e che può essere intesa come un'armonia cosmica in cui ciascuno finalmente sarà in grado di comprendere quello che in questa vita gli è precluso. Felice si interroga ed interroga in questi versi, scuote la tranquillità, ricorda, condivide e soprattutto spera, percorrendo una strada a cui il lettore è invitato, fornendo finanche le domande per incamminarsi necessarie su questa via. E la poesia è il mezzo per seguire questo itinerario introspettivo.

L'ultima parte del testo, quella che raccoglie poesie dedicate, fa battere il cuore con tono maggiore, riconsegnando il lettore alla storia e alla società attuali; nelle ultime pagine la voce dell'autore si rivolge ai vari destinatari con tutta l'umanità dei suoi anni vissuti, affiancando figure di santi e di giovani, che hanno lasciato fortissimi insegnamenti, quasi a voler idealmente segnare gli estremi entro cui includere tutta la vita stessa dell'uomo, dal punto di partenza alla meta finale. [Angela Greco]

Poesie tratte da D'un trasognato dove di Felice Serino

Altra veste

un vedermi lontano

io che vesto parole

di carne

alfabetica di sangue

da me lontanissimo

ché ad altra

sembianza anelo

per voli su mondi

ultraterreni

§

Cielo indaco

confondersi del sangue con l'indaco

cielo della memoria dove l'altro-

di-te preesiste – sogno

infinito di un atto d'amore

§

Senza titolo

al di fuori di me –

io stesso luogo-non-luogo –

mi espando

di cerchi concentrici è il lago

del mio spirito: sasso gettato

dal capriccio della musa

fremito d'acque e stelle

§

Alta Engadina

diario [mentre "mi" scrivo spiando

il mondo da qui tra terra e cielo]

è il caso di dire

un bianco

da ferire gli occhi

la parete del

ghiacciaio

riflettente una luce

quasi

ultraterrena

a bucare la notte

-mentre qui

mi scrivo

§

In divenire

appoggiato alla spalliera

d 'aria del divenire

tu –

arcoteso

futuro anteriore o

tempo che ti mastica

sangue del pendolo

§

Un appiglio

giorni sui precipizi

vivendo

in braccio a capricci del vento

…un appiglio sarebbe il cielo

a rinascere

in echi d'inchiostro?

§

Sospensione

un camminare nella morte dicevi

come su vetri non conti le ferite

aspettare di nascere uscire

da una vita-a-rovescio

riconoscersi enigma dicevi

di un Eterno nel suo pensarsi

*

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vivi a Torino. Copiosa e interessante la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da Il dio-boomerang del 1978 a La luce grida del 2013); ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in sette lingue. Intensa e prolifica la sua attività redazionale visibile anche on-line. Scrive su vari blog. (dal testo)

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Recensione a "Frammenti di luce indivisa" di Felice Serino (centro studi Tindari Patti, nov. 2015)

Qualcosa illumina l'aria ed è un sentimento, la forma di un respiro accogliente che rigenera come un vento che è dentro la parola e si espande, perdendosi, in infiniti suoni a salire. S'io potessi cogliere la misura, la cifra di questo sentire che accarezzare e pungola, farei senz'altro ammenda che la vita è mistero imperscrutabile, arte a proteggerci dai sogni tremolanti la notte, nel tempo di amore, appena plasmata la stanza nel corpo ritagliato da una luce di candela. Mi piace immaginarla così, tenuta da una piccola fiamma tra la mente e il cuore, la voce che in Felice Serino approda a questa comunione di sguardi fratelli, venuti a raccogliersi piano nel segno della luce calda e divina, nella sagoma d'un solo altissimo respiro:

prima del tempo

non c'era che amore

quello-che-muove

il-mondo

danza nel cielo

della Luce -pensiero

della notte

a scalzare le tenebre

"Frammenti di luce indivisa": ha questo titolo davvero bello la silloge che il poeta mette in stampa affinché ci colga da subito pienezza e fragilità d'un canto da cui discendere, o salire appunto, nel medesimo barbaglio, in un solo grande abbraccio di luce a raccoglierci, a definirci:

filtra raggio verde

dalla porta

della conoscenza

vi accede l'anima

-assetata in estasi

sanguinando amore

scintilla interminabile di occhi inconclusi eppure trattenuti nella stessa ferita, nella stessa livida vitalità. Poesia d'apici e di gemme, si direbbe, ricamata sul lembo dell'aurora appena senti che qualcosa diviene come un dolore che innalza, germinando, tutta la vocazione a esserci in perfetto amore: perché amore è già nell'occhio che sente, invoca , reclama l'urto d'ogni domanda; la misteriosa faccenda del cuore solo e multiplo, del Dio dei confini tra la vita e la morte:.

la vita ha in tasca la morte

-siamo noi

divino seme:

non è che un perpetuo

tramare

"cospirazioni" del nascere

miracolo d'amore

e poi ancora:

lanciarmi anima-e-corpo

contro fastelli di luce

specchiarmi

nella sua "follia"

e tu a dirmi: Lui

l'irrivelato

nasconde il suo azzurro – è

lamento amoroso

Ecco, questa dimensione spirituale, trafitta d'impacabili singulti onirici, che accompagna tutta l'opera e la tiene in bilico sull'argine tremolante di continui interrogativi; questo cercare ininterrottamente un segno, che svirgoli e sveli di qua e di là dal sogno l'intangibile immanenza del vero, immarcescibile segreto d'esser sangue nella lingua di Dio, unica strettoia possibile, nel tentativo di comprendersi d'infiniti frammenti; questo sorprendersi fieri d'ogni possibile destino, incolpevoli eppure miseri, mendici e mentitori per ricomporsi umani quanto basta:

dammi Signore

un collante di passione

-atto di fede

che snudi il giorno per

fissare nel blucielo

brandelli d'amore

pezzetti

di me

Tutto questo è rintracciabile e altro ancora, in un'opera piena di vertigini giacché densa e altissima, profondissima, surreale, dove l'irreprimibile albero si rinnova, nominandoci:

cogliere una piccola morte

nello strappo di radice

dove altra ne nasce

dal suo grido

cogliere l'inesprimibile

di questo morire

che s'ingemma d'eterno

E' questo rinnovarsi in uno strappo, tutto il dolore che il poeta asseconda, portandosi altrove, lievemente, arrovellandosi, dal buio staccando la parola, goccia a goccia, sterminata preghiera del cielo e del mare in un corpo che non vorrebbe peso:

non puoi spiegarlo

alla bimba dagli occhi di luna

se non l'ha mai visto prima

se non è rimasta rapita

dal ricrearsi sull'acqua

di riflessi dorati

-ed è poesia…

lei può solo sognarlo – il mare –

come una carezza di vento

salato e spazi

aperti e voli…

vederlo nel proprio cielo

alla stregua in cui s'immagina

un altrove chiamato paradiso

e ancora…

si vive

per approssimazione

si sta come

d'autunno…

di ungarettiana memoria o

dall'origine

scollàti dal cielo

a vestire la morte

… fino

al fiume di luce che

ci prenderà e saremo

un'altra cosa…

congetture

… ma lasciatemi sognare

un sogno che non pesa

Ecco: vorrei poter concepire una lettura che ne rievochi il battito; la sublimata cadenza dei versi a punteggiare un cielo nel cuore; Vorrei ripristinare il movimento, nudo, degli occhi, a spalancare ogni possibile umore del sangue; vorrei poter dire con Serino che anch'io "da fenditure di un sogno/ spio il mondo; e forse anch'io vorrei "preesistere" all'amore, "gabbiano nel fondo degli occhi", "veleggiato impastato di luce", sparire come "chi in sogno segua una successione di stanze" e uccelli vede uscire dalla testa e "nel becco i versi d'una vita". sangue coltiva il fiore che non

so dire. Così attendendo alla capacità dei singoli d'innamorarsi d'un fiore di poesia al sentimento di chi gli accosti l'orecchio, perdendosi quanto basti ad ascoltarne il battito perché ne ricavi unguento e bussola, donde un; filo di luce tremebonda gli dia la formula che il poeta aveva tra i versi nascosta, mentre saliva sanguinando in bellezza la poesia

Giovanni Perri

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-frammenti-luce-indivisa-felice-serino-centro-studi-tindari-patti-nov-2015/

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FRAMMENTI DI LUCE INDIVISA

di Felice Serino

Il titolo di questa raccolta di poesie di Felice Serino è un ossimoro. Indiviso è, letteralmente, ciò che non è stato diviso, che non è possibile frazionare. Eppure, qui, la "luce" è stata ridotta in "frammenti". Dunque, sembra esserci una contraddizione nel titolo, il quale, tuttavia, suggerisce il tema fondamentale che attraversa tutta la silloge, e cioè la difficoltà di rappresentare, di tradurre in parole, in versi ciò che si dà solo nascondendosi e che lascia di sé delle tracce, dei "frammenti" restando "presenza" inespressa, unità indivisibile e inafferrabile nella sua pienezza, nella sua misteriosa, "oscura" luminosità. E qui l'ossimoro caratterizza la natura della "luce": di essere essenza aletheica 1), manifesta e, al tempo stesso, ineffabile. Fuor di metafora, la "luce" è la creazione, la poesia stessa ed è la bellezza che essa emana, in quanto sorgente da cui sgorgano le immagini, le visioni, i lampi che aprono al poeta il cammino lungo i "bui corridoi di parole" dove/ una quartina balenante e poi indistinta/ vuol farsi luce ma quasi per sfida/ inafferrabile si fa/ gioca a nascondino con lui preso/ di sorpresa nei suoi vortici…ahi!/ sprovveduto poeta che non sa/ raccogliere in tempo un sangue vivo". Questi versi, insieme con altri testi, appartengono alla sezione "Ladro di parole": titolo che, se da un lato, sintetizza quell'impossibilità di cogliere pienamente la Bellezza, la quale è "spirito vitale" che nutre la sua vena creativa e gli " ribolle" dentro come sangue, dall'altro lato, indica il "mestiere" del poeta, il quale, sognando e agognando l'irraggiungibile meta, si ritrova a percorrere ea inoltrarsi nel bosco del linguaggio in cerca delle parole più adatte a rendere l'amore e la passione che lo governano e che egli tenta di catturare, di sottrarre, di strappare all'oscurità che sempre incombe lungo i sentieri della creazione. Ma ciò che egli coglie sono appunto i "frammenti" di una "luce" che filtra tra i rami inestricabili dell'impenetrabile foresta dei segni che, diventando simboli, accogliendo di quella oscurità luminosa, di cui rimandano appena un lucore che non lascia rifulgere l 'angelica bellezza, in virtù della quale il nostro poeta si sente trascendere senza però che riesca ad esprimerla. ("a trascendersi in me/ è forse un angelo/ (…) mi asseconda/ a snudare la bellezza/ da frammenti di parole e suoni/ qui nel mio sangue/ ecco si leva il fiore/ che non so dire"). In Serino, il desiderio d'infinito è più forte del dolore, del senso d'impotenza, del sentirsi preda del caos degli eventi. Una grande fede lo sorregge nel faticoso cammino esistenziale e non lo fa desistere dalla ricerca dell'assoluto, dal quale l'atavica caduta ha allontanato l'uomo gettandolo nel "mare-mondo", in una distanza che sembra incolmabile.Ristabilire il contatto col cielo è possibile "se il precipitare/ in se stessi è in vista di risalita". Fede e speranza permeano questa silloge, ma è la poesia a determinare quello slancio verso l'infinito.

Perché essa è brama, è quella sehnsucht, quel tendere, alla maniera dei romantici, verso qualcosa d'inattingibile che, per Serino, èla "luce indivisa" della creazione: l'origine divina da cui tutto si è generato e verso cui tutto tende un ritorno. Ed è quell'oltre, dove "non c'è ombra", dove la visione sarà chiara; colomba, secondo l'insegnamento di San Paolo, guarderemo "faccia a faccia" e non più "per speculum in aenigmate". Lì, l'uomo conquisterà la piena conoscenza, prenderà posto nella verità, si riconoscerà parte del Tutto che è in lui. Sarà come specchiarsi nell'Aleph, in quell'unità, in quel principio, in quel punto che per Borges è l'inizio, il tutto, la fine. E, dunque, secondo l'intuizione di Serino, la vita e la morte non sono l'una il contrario dell'altra, e viceversa; non si contraddicono; anzi, è dalla morte, dalla creazione ex nihilo che scaturisce la vita, e perciò "la vita non è prima/ della morte".

Questo stretto legame tra la vita e la morte è presente, soprattutto, nella prima sezione: "Di luce indivisa", che riprende il titolo della raccolta. In parallelo con la morte – con la quale la vita si accompagna (“la vita ha in tasca la morte”) e che è il tessuto di cui la vita stessa è fatta, un “perpetuo/ tramare/ “cospirazioni” del nascere” – è il tema del dolore: "non solo quello/ da carne-urlo animale/ ma sublimato", sentito, vissuto soprattutto come sacrificio, nello spirito e sull'esempio del Cristo, come "Passione per la porta stretta": quella che, come c'insegna il Vangelo, conduce alla vita e alla salvezza. La figura del Cristo è ricorrente ed è presente nei martiri della cristianità, in Agostino, in Madre Teresa, in Gino Strada, ai quali Felice Serino dedica alcuni testi appassionati, densi di spiritualità. E non manca, accanto alla fede, alla fiducia piena nel Signore, al quale egli chiede di plasmarlo secondo il Suo volere offrendosi ai Suoi piedi come "sgabello di gratitudine", la terribile domanda dell'uomo del nostro tempo: quel "Grido" d 'angoscia e di risentimento, al tempo stesso, lanciato forte verso il cielo e rivolto a un Dio assente o indifferente di fronte alle immani tragedie e ai mali che affliggono questo nostro povero mondo. Un "Grido" che, per la sua carica di dolore e di sgomento, tanto ricorda l'urlo di Munch. Esso si ripete più volte, come se volesse percuotere e scuotere le addormentate coscienze e sollecitarle a "rigenerarsi nell'urlo/ della Croce". E quest'urlo che sembra squarciare il silenzio di Dio, scostare il velo del mistero, fa sì che il nostro poeta si affidi all'angelo custode perché lo "aiuti a scalzare/ ogni giorno la morte", si sente sollevato dalla precarietà del vivere e si abbandonando al sogno fino a contemplare il "fiume di luce" oltre la morte, la quale egli finisce per negare, nella certezza di essere da sempre nella mente di Dio e, dunque, di godere già di una vita eterna, alla quale è impossibile morire. A Serino, il sogno ha questa funzione "rivelatrice", escatologica, ma è anche il tuffo nel passato, il nostalgico "ritorno" alla "verde età fuggitiva", che il poeta "rivive" in "lampi di visioni".

   Non mancano in questa raccolta le poesie a tema sociale. In "Hikikomori", "l'oriente/ dove cresce la luce" si perde con la poesia del mondo dietro "le spalle" dei ragazzi che, fagocitati dalla rete informatica, s'illudono di vivere esperienze reali senza rendersi conto di "precipitare" nel vuoto dei rapporti virtuali, di vivere "vite separate tra l'ombra e l'anima", ovvero, quella condizione di «solitudine multipla» che il sociologo Aldo Bonomi ha sintetizzato efficacemente nel concetto di uomo glocale, condannato alla solitudine, pur essendo a contatto con tutto il mondo attraverso il sistema di comunicazioni in cui è immerso. In "Borderline", il poeta rivolge uno sguardo pietoso ai miseri, ai diseredati, ai poveri "cristi" traditi dalla vita, prima ancora che dall'indifferenza degli uomini. Nell'ultima sezione: "Dediche e trasfigurazioni", sono ricordati eventi tragici (l'11 settembre), le vittime per la giustizia, e personaggi, ovviamente cari al poeta, come l'amico Flavio, i poeti Ungaretti, Alda Merini, Rimbaud , Whitman; lo scrittore Hemingway; il filosofo mistico Swedenborg; l'attore James Dean; S.Francesco. E ritornano gli emarginati nella figura del clochard, "puntato a dito/ quest'uomo fatto/ torcia/ per gioco". In questa silloge, che può essere considerata una "biografia" dell'anima del nostro poeta, troviamo, proprio tra le diche, una poesia in cui egli parla di sé, del proprio "male di vivere" che riesce a respingere, a ricacciare indietro. , come un "satana", trovando la forza nella nuova luce dello sguardo dell'anziano con il quale si accompagna ei cui semplici gesti, un sorriso, una parola gli fanno riscoprire il senso e il piacere della vita. E questa riscoperta è la meta, che dà inizio e valore al cammino dell'uomo e del poeta Felice Serino.

                                                                                                                                                                                                                                                (Guglielmo Peralta)

1) il termine è mio, derivato dal greco aletheia: svelamento, rivelazione, nel senso heideggeriano di non essere nascosto dell'ente.

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Felice Serino, Frammenti di luce indivisa (poesie scelte) letto da Angela Greco

Frammenti di luce indivisa – poesie scelte è l'ultima opera di Felice Serino pubblicato dal Centro Studi Tindari-Patti (ME) nel mese di novembre 2015 (dello stesso Autore Il sasso nello stagno di AnGre ha ospitato anche la precedente raccolta poetica uscita nel 2014).

Il testo è articolato in cinque sezioni (Di luce indivisa; Dai cieli del sogno; Ladro di parole; In divenire; Trasfigurazioni e dediche) comprendenti una selezione di testi poetici che abbraccia i temi emblematici della poetica di Felice Serino: lo spirito, il rapporto con Dio, il proprio vissuto e la propria età, il sociale, ovvero quei motivi vicini ed universali che hanno colpito la sensibilità del poeta e che egli ha voluto "fermare" sulla carta. Sono attimi, frammenti appunto, catturati tra le esperienze quotidiane del corpo e dell'anima, momenti che Felice Serino viveprofondamente e restituisce al lettore alla luce della sua esperienza del mondo. Quindi frammenti di luce non divisa, unita, indivisa appunto, come recita il titolo, perché ogni cosa, ogni persona, ogni incontro con l'umano e con l'oltre-umano, per Felice è parte del tutto, è scintilla, raggio , che fa parte di quella luce maggiore qual è la Vita, intesa nel suo tratto terrestre e nel suo prosieguo oltre la stessa. E anche la Poesia diventa un modo di partecipare ad un progetto più grande del mero scrivere, di quell'atteso emozionare che principalmente è chiesto ad una poesia, divenendo in questo caso strumento di crescita soprattutto spirituale; elemento, quest'ultimo, in cui l'autore si ritrova pienamente.

E' una poesia dal tono asciutto, dal verso breve (come già nella precedente silloge di cui abbiamo avuto modo di apprezzare qui su questo blog), incisivo e colmo di studio, di preparazione sull'argomento, come ad esempio quando 'parla' Sant 'Agostino a pag.23 (Si dice di Agostino), dove il poeta dimostra di aver ruminato il fatto filosofico, rendendolo in parole comprensibilissime, semplici come di francescana memoria.

Una nuova scelta di poesie, dunque, quest'ultima di Felice Serino, dove non dispiace trattenersi e perdersi, approfondire e apprendere, accompagnati pagina per pagina dalla maturazione serenità dell'autore, che emerge in una dolcezza che non lascia non indifferente il lettore. (Angela Greco)

*

poesie tratte da Frammenti di Luce indivisa (Centro Studi Tindari-Patti, 2015)

L'angelo

.

noi lacere trasparenze

-sostanza di luce e di sangue-

a superare d'un passo la morte

.

solleva l'angelo un lembo di cielo

svela l'altra faccia del giorno

(pag.19)

*

Vortice di foglie

.

distrazione

del Supremo – dici – la nostra parte

mancante? ovvero caduta

d'angelo nel mare-mondo?

.

non siamo

che un vortice di foglie…

.

ma se il precipitare

in se stessi è in vista di risalita

(alla notte

segue il giorno)

.

allora non esiste

–sai- chi potrà recidere

questo cordone ombelicale col cielo

(pag.43)

*

Congetture

.

si vive

per approssimazione

.

si sta

come d'autunno…

di ungarettiana memoria

.

o

dall'origine

scollàti dal cielo

a vestire la morte

…fino

al fiume di luce che

ci prenderà e saremo

un'altra cosa…

.

congettura

.

… ma lasciatemi sognare

un sogno che non pesa

(pag.49)

*

Venne a trovarti la poesia

.

giunse come un vento lieve

a frugarti le pieghe

dell'anima

e guidandoti verso stanze

inconsce

mondi paralleli ti apriva

.

… ora sperimenta

il tuo daimon

-a divorarti

per sempre

(pag.72)

.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941; autodidatta. Vivi a Torino. Ha pubblicato varie raccolte: da Il dio-boomerang del 1978 a D'un trasognato dove del 2014. Ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in sei lingue. Intensa anche la sua attività redazionale. Tutta la sua opera è visibile on-line. SESTOSENSOPOESIA Il blog di feliceserino è il suo spazio in rete.



      .                                                                                                                                                                                                                                               

SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO

FELICE SERINO : " LA VITA NASCOSTA" – Ed. Il mio libro – 2017- pag. 368 – € 22,00 —-

Con una propria narrazione pacata e teneramente cucita Felice Serino (1941) riesce a realizzare volumi di poesia concepiti nel ritmo musicale corposo e ricco di sfumature , validamente sostenuto dalla sua intaccabile coagulabilità di autodidatta. Poesie scritte tra il 2014 e il 2017 , e qui sciorinate in capitoli : "trasfigurati aneliti" , "nell'infinito di noi" , "lo sguardo velato", colmi di partecipazioni oniriche , di illusioni visive , di fragili vertigini, di aneliti di infinito, di vaghe chimere, di indicibili essenze.

"Ha un titolo davvero bello - scrive Giovanni Perri in prefazione - la silloge che il poeta mette in stampa affinché ci colga da subito pienezza e fragilità di un canto da cui discendere , o salire appunto, nel medesimo barbaglio, in un solo grande abbraccio di luce a raccoglierci, a definirci: scintilla interminabile di occhi inconclusi eppure trattata nella stessa ferita, nella stessa livida vitalità."

Un tipo di poesia che fa leva sugli occhi, sulle capacità visive policromatiche degli occhi, questo organo della vista che ci permette di vedere, a volte, cose inaudite se accompagnato e potenziato dalla immaginazione. In questa poesia, da un semplice atto di osservazione, l'autore ricostruisce tutto un universo di sensazioni, di percezioni, di idee che altrimenti sarebbero rimaste nel buio del non-detto. Con la freschezza degli spazi precisi e centrati, con la tensione condivisa e affascinante degli incantamenti, Felice Serino ripropone i suoi esperimenti stilistici formali, ricchi di figure retoriche di armoniose e ampie declinazioni, mostrando le possibilità che la parola, povera e sussurrata, scopre nel fermarsi e fuggire, con levigatezza e nitore. L'alba e il tramonto, la primavera e l'autunno, l'amore e la morte, le vele ei sussulti, le nudità ei tumulti, vanno oltre il ripiegamento solipsistico, ove la superficie della tela ha la ricchezza di sinestesie e di nascondimenti coloristici, quasi a suggerire toni e controcanti in emblemi e stilemi.

*

ANTONIO SPAGNUOLO

https://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.it/2017/05/segnalazione-volumi-felice-serino.html

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Così commenta Vanni Spagnoli la mia pubblicazione LA VITA NASCOSTA su ilmiolibro:

Forse davvero "per nessuno c'è il nulla o la morte definitiva", ma è certo che nell'aldiqua Felice Serino sperimentazione, coi suoi versi, l'angoscioso passaggio tra una presenza e l'altra, tra uno ieri che lascia tracce precise che resistono agli anni ed un oggi che, troppo spesso, lascia smarriti. Poesie davvero toccanti.

  .

 nota di lettura a "La vita nascosta" di Felice Serino (di Giovanni Perri)

E' appena uscita, nei tipi "Il mio libro", l'ultima raccolta di poesie di Felice Serino "La vita nascosta" (pagg. 368, euro 22; 2017): un volume corposo a cui il poeta ha dato impegno e abilità nel combinare forme quasi al limite della palpabilità, tale è la materia dei suoi versi, sempre indicativi d'un limite da attraversare, una soglia variamente percepita a memoria di palpito o sollievo, come segnata a margine di un sogno. Ed è inconcluso e sovratemporale il sogno, girato nel cono di luce che lo svela.

Serino ha questo progetto di magia nei versi: poesia come attraversamento e sosta, domanda nella risposta; inventario di formule aeree illuminate e illuminanti: quasi fosse un tragitto segreto tra pareti di vetro da cui vedere. Spesso si nota un tentativo di infrangere il vetro, magari con un urlo, magari l'urlo fa solo tremare il vetro, ma quel tremore basta poco a capire che è la sostanza del nostro mondo interiore: un mondo clessidra, pieno di feritoie e nascondigli , tutto paure e desideri, bagagli con dentro il timore della felicità. Perché la felicità è il Dio ascoso a cui Serino pensa con tutta la gravità possibile, cucendo lo strappo dell'amore-inquietudine, nella dicotomia essere/apparire, nell'indomabilità del respiro di ogni minima luce da cui ripartire, nel desiderio di trascendere ogni possibile forma . Serino ausculta ed espande le onde magnetiche di un attrito originario: il battito del tempo, l'indefinita sosta nel regno dei sensi, ogni distanza immaginabile: ed è un vedere ad occhi chiusi ovvero un percepire, un ballare la danza obliqua della morte sublimando la vita nel brillìo di tutti i suoni.

Al centro la cifra altissima di versi capacità dell'azzurrocielo e del neromare, della terra che ha voce di uomini fatti angeli, vortici dove perdere mani e parola perché è lì la Vita nascosta, la forma entro cui è combinato ogni flash di pensiero, ogni susulto capace di portarci in un altrove ri-generante.

Giovanni Perri

https://poesiaurbana.altervista.org/nota-lettura-la-vita-nascosta-felice-serino-giovanni-perri/

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Recensione a "La vita nascosta" di Felice Serino

Di Donatella Pezzino

Il poeta: sognatore, visionario, angelo caduto. Nel caso di Felice Serino, anche viandante. La cui strada sta in quella sottile zona intermedia tra il mondo sensibile e la dimensione trascendente. Per questo viandante, la vita stessa è viaggio; una ricerca continua e instancabile, un afflato spirituale, prima ancora che lirico, verso quell'oltre che ogni realtà sembra sempre celare in sé. Non a caso, "La vita nascosta" è il titolo della pluriennale raccolta di liriche nelle quali, dal 2014 al 2017, l'anima del viandante si è voluta raccontare, riversare, svelare: nelle dolcezze dell'attimo, negli inciampi sotto la pioggia battente, nei vuoti incolmabili, nelle domande senza risposta; nei lunghi dialoghi con sé stessa e con Dio. Questo è Felice Serino, fine artigiano di sogni reali e di realtà sognante, aedo di una dimensione parallela in cui tutto parla con il linguaggio perfetto, intellegibile solo all'anima: il silenzio. E a Serino il silenzio racconta i ricordi, le lotte, gli affanni segreti; facendosi racconto di un lungo percorso verso quel punto luminoso e vitale che, lungi dall'essere il punto d'arrivo, diventa abbandono catartico. In questo percorso, l'anima errante si fa parola, e parola silenziosa; in quella contemporaneità di passato, presente e futuro che è, in fondo, la vera estensione del nostro vissuto. Come ogni silenzio, anche la parola silenziosa di Serino è coincidenza di opposti: tutto e niente, vita e morte, trascendenza e immanenza, carne e spirito. In quanto racconto, ogni parola è un infinito: di voci, di suoni, di odori; di ricordi, di percezioni; di gioie incontenibili e di dolori lacerante. Quante cose quindi potrete raccontare? Quanto potrà fare emergere dal cuore di chi sa ascoltare? Per questo, in Serino l'autore si fa, più che creatore, scultore del verso: uno scultore sensibile e amorevole, che rivela, sbozza, combina forme esfumature; senza mai eccedere, perché la bellezza, così come la verità, sta sempre nel giusto, nell'armonico, mai nell'eccesso. Ecco perché ogni poesia di questo autore spicca per la sua moderazione: nei colori soffusi, quasi un bianco e nero appena rosato; nel numero dei versi, pochi e intrisi di dolcezza, anche quando in essi è il grido dirompente, lo strazio esistenziale, la malinconia che corrode. Un fiore esangue, spampanato già al suo sbocciare: perché nei suoi colori, l'occhio dell'anima vede già come fatto compiuto quel trascolorare che della morte ha solo l'apparenza, ma che in realtà manifesta la vera essenza della vita. Lo spirito: ecco la dimensione nella quale tutta la poesia di Serino si fa carne e sangue, per sublimare poi nella fede ciò che per altri è destinato a rimanere puro male di vivere. In Serino, la coscienza del dolore è ferita aperta: viva, bruciante, inguaribile. Eppure, il dolore è luce. Che ci guida, che ci sostiene. E che pure è possibile amare:

pure

ami la luce

ferita:

chiedilo

delle infinite crocifissioni

fattene guanciale

in notti di pianto

Una fine che è dentro ogni inizio: perché andare avanti è un guardarsi indietro, dove uno specchio moltiplica all'infinito le nostre contraddizioni:

Luce ed ombra rebus in cui siamo

impronte di noi oltre la memoria

forse resteranno o

risucchiati saremo

ombre esangui nell'imbuto

degli anni

guardi all'indietro ai tanti

io disincarnati

attimi confitti nel respiro

a comporre infinite morti

C'è ovunque, in questo voltarsi indietro, un forte senso delle cose perdute: non puro e semplice rimpianto, ma quasi una cancrena, cresciuta nella parte più nascosta del cuore per poi radicarsi in ogni punto della carne, fino a creare un velo tra noi stessi e la nostra capacità di rapportarci al presente:

pensando a te vedo

il vuoto di una porta

e dietro la porta ricordi

a intrecciare sequenze indistinte

di sogni e pensieri asciugati

mentre un sole

di sangue s'immerge nel mare

Il presente, in questo senso, si configura come una lunga sequenza di déjà-vu, intrecciando il vissuto alla memoria, e le immagini dei luoghi sognati a profumi realmente accaduti:

del luogo sente quasi il profumo

salire dalla terra

lo spirito che si piega

a contemplare

gli sembra di esserci già stato

o forse l' ha sognato

… e quell'albero vetusto

sopravvissuto

a suo padre a fargli ombra

a occultargli

in parte l'ampia veduta

del mare quello stesso mare

che vide i suoi verdi anni

e il vissuto

(come in sogno) divenuto

lontana memoria

Il mare, la terra, la giovinezza; la visione, il ricordo, e poi, più profondamente, la coscienza di sé, nuda, scarna. Un sé da cui la morte, prima ancora che la vita ci ha detto chi siamo, ci separa, ci libera, stemperandoci amnioticamente nelle acque di un cielo in cui la rinascita è al tempo stesso un ritorno.

alla fine del tempo

è come ti separassi da te stesso

in un secondo ineluttabile strappo

simile alla nascita

quando

ti tirarono fuori dal mare

amniotico

luogo primordiale del Sogno

stato che

è casa del cielo

Nella morte tutto, forse, sembra acquisire un senso nuovo: perché in quel distacco, paradossalmente, il mondo ci possiede come mai quando eravamo in vita:

ritenere antinomia

la morte – la tua

come un abbaglio o un

trapassare di veli

e nel distacco

quando

il mondo senza più te sarà

impregnato della tua essenza

"leggerai" il tuo

necrologio

pagato un tanto a riga

Non manca, in queste liriche, l'appello al sogno come via di salvezza dalla più scabra disillusione: ma lo scandaglio, minuzioso e severo, sembra non avere esito certo. La domanda resta appesantita; gli anni a tremare, indistinti, nella loro stessa ombra. E' l'indefinito, uno dei motivi più forti e incinta di tutta l'opera: quel punto cartesianamente evidente, chiaro e distinto, l'unica verità delle cose che, in ultima analisi, ci è data di conoscere.

è nello spazio delle attese

nel bianco del foglio

nel buco nero del grido di munch

l'indefinito

è nell'aprirsi del fiore

nel fischio del treno in un lancinante addio

nell'intaglio

dello scalpello su un marmo abbozzato

l'indefinito è in noi

sin dallo strappo

di sangue della nascita

Non esiste antidoto alla nostra piccolezza, alla nostra finitezza: tutte le riflessioni, anche le più raffinate, ci portano sempre allo stesso vicolo cieco, alla stessa prigione di carne e sangue dove lo spirito soffre, ricorda, ama. Per questo il viaggio, seppure inquieto e periglioso, è preferibile alla quieta stasi di una stanza chiusa: "forse meglio l'attesa/a dipanare e sdipanare le ore/che l'appagamento/senza più desideri", perché il bisogno di desiderare è insito nella stessa condizione umana; quasi come l'atto del respirare, in cui un respiro ne attende un altro, e poi un altro ancora, per permettere al corpo di continuare a vivere. E' questa attesa che rende l'uomo, pur nella sua limitatezza, arbitro del suo destino; all'interno, però, di un disegno più grande da cui

Serino, in quanto uomo di spirito e di fede, non può prescindere:

chi mai ti toglierà quel posto

da Lui riservato

secondo i tuoi meriti

altro è la poltrona

accaparrata a

sgomitate

trespolo che pur traballa

come in un mare mosso

finché uno tsunami

non la rovescia la vita

Chi è il Dio di Felice Serino? Da un filosofo, costantemente proteso al fine lavoro speculativo, forse aspettarci qualcosa di complesso, di aristotelico, che ci spieghi in qualche modo i grandi quesiti dell'esistenza. Invece, il Dio di Serino è amore. Solo e semplicemente amore, e conoscibile in quanto la nostra anima ne costituisce il riflesso:

noi siamo proiezione di Dio

e come angeli incarnati

del nostro Sé

similmente di noi

i nostri figli

-frecce scoccate oltre

il corpo

dall'arco teso dell'amore

E' il Dio dell'infanzia, della semplicità: dei lunghi colloqui del bambino con il proprio angelo custode, della vita dopo la morte, dell'eternità di quella Luce che culla e conforta l'anima alla fine del viaggio:

la tua luce

abita la mia ferita

che trova

un lieto solco

nel suo risplendere

Tu

a farti bambino ed ultimo

per accogliere

il nomade d'amore

dalle aperte piaghe

Piaghe che rimandano ad altre, più profonde e traboccanti: le piaghe della Passione, il cui rosso sangue diventa, come l'ultima luce del cielo al tramonto, faro di salvezza per le anime disperse nei marosi della vita:

acqua mutata in vino

perché continua la festa

così al banchetto del cielo

con l'Agnello sacrificato

acqua e sangue dal Suo costato

dal sacro cuore vele

le vele rosse della Passione

nella rotta del Sole

per gli erranti della terra

E, seguendo questo rotta, si arriva; come è accaduto alle anime piccole che hanno creduto, e che chiudendo gli occhi hanno visto, attraversando il fango del mondo senza restarne macchiati, come espresso in questi versi dedicati a Madre Teresa:

la verità è il tuo sangue

che vola alto

planando

su celestiali lidi

oltre

le sere che chiudono le palpebre

sul cerchio opaco del male

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-la-vita-nascosta-felice-serino/


SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO

Felice Serino – "La vita nascosta" – (poesie 2014 – 2017)

Copyright 2017 by Felice Serino

Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie.

Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano anche poeti prestigiosi. E' stato tradotto in otto lingue.

"La vita nascosta" è un'opera corposa nel suo racchiudere le raccolte del Nostro "Trasfigurati aneliti" (2015) e "Nell'infinito di noi" (2016) ed è corredata da una presentazione di Giovanni Perri ricca di acribia.

Cifra essenziale, che connota la poetica del Nostro, di raccolta in raccolta, è una vena originalissima che parte da una visione del sacro, visto sia in maniera trascendente che immanente. Serino si pone nei confronti della realtà, del mondo, del cosmo, che nella nostra contemporaneità spesso diviene caos, inizialmente come creatura che anela ad un essere superiore tramite una religiosità che supera e va oltre le forme confessionali e ritualistiche della Chiesa. Sono spesso nominati da Felice Dio, Gesù, la Madonna e soprattutto gli angeli, ma il poeta non cade nel dogmatismo, credendo in un amore interessato per Dio, in un rapporto con Lui non mediato, tipico dei mistici, e che trova la sua realizzazione , il suo inveramento proprio attraverso, le sue poesie, che presentano unitarietà del discorso e coerenza. Proprio in questo modo e in tal senso egli da creatura si eleva a persona, che vive criticamente in una società, relazionandosi con essa secondo una sua personalissima visione del mondo. Tema essenziale del suo "riflettere in versi" è quello dell'amore per la vita, che lo porta ad una certa forma di ottimismo. Per Serino l'esistenza umana èdegna di essere vissuta e anche la morte non è considerata come la fine di tutto, ma come il passaggio dalla transitorietà all'eternità. Non solo i contenuti sono originali nel poiein dell'autore, ma anche la forma dei suoi testi in massima parte brevi. Il poeta attraverso gli occhi si rivolge alle cose che lo circondano, che vengono trasfigurate in versi, divenendo cariche di senso e di pathos. Ecco dunque il sentire di Serino in "Trasfigurati aneliti", che esprime la stabile tensione del poeta verso l'universo e anche verso il microcosmo. Il libro è costituito da 45 componenti tutti forniti di titolo e non è scandito in sezioni. Trasfigurati aneliti potrebbe essere letto come un poemetto vista la sua unitarietà e tutte le poesie che lo compongono fluiscono in lunga ed ininterrotta sequenza e sono risolte in un unico respiro. S'incontrano diversi interlocutori in questa raccolta, ai quali l'io-poetante si rivolge, figure che sono Dio, Gesù, gli angeli e anche esseri terreni dei quali ogni riferimento resta taciuto. Una vena epigrammatica connota il dettato del poeta che pratica una poesia neolirica. Sinotano precisione, velocità, leggerezza, icasticità, grazia e armonia nel versificare di questo

autore. A volte il tema del sacro si coniuga con quello della classicità, in versi sempre luminosi e controllatissimi.

In "Nell'infinito di noi", Serino continua ad elaborare la sua personalissima e originale ricerca letteraria. La raccolta è suddivisa in due sezioni, entrambe costituite da quarantacinque componenti, "Lo sguardo velato" e quella eponima. Se la poesia è in se stessa sempre metafisica, si deve mettere in evidenza che, di raccolta inraccolta, Felice riesce a produrre componimenti collegati tra loro che, oltre ad essere metafisici, sono connotati sempre da un forte alone, o ancora meglio, da un 'aurea di sorprendente misticismo postmoderno. Il suddetto si può evincere, sia in testi che hanno come oggetto o tematica figure tratte dall'immaginario religioso, come il Cristo o gli angeli, sia quando il poeta proietta la sua vena trascendente in situazioni del tutto quotidiane, nelle quali l'io – poetante e le varie figure protagoniste, dette con urgenza, sono in tensione appunto verso l'infinito (e qui giocano un ruolo importante le tematiche della nascita e della morte). Unaccentuato senso del sacro che caratterizza "Nell'infinito di noi". Esso qui trova la sua espressione estrema, rispetto alle raccolte precedenti del Nostro, nelle quali già si notava. Il poeta sembra suggerirci, con il titolo della raccolta, che noi esseri, come persone, pur vivendo sotto specie umana, per dirla con Mario Luzi, già nel nostro transito terreno siamo infiniti e che le nostre anime sono immortali. I componenti sono tutti connotati (e non potrebbero essere altrimenti per quanto già affermato), da sospensione e magia che si realizzano nei versi icastici, veloci e leggeri. Stabile è la tensione verso il limite nella ricerca dell'attimo in senso heideggeriano, della vita oltre il tempo degli orologi. Così Serino produce tessuti linguistici pieni di illuminazioni e spegnimenti, nei quali è visibile una luce, che è appunto quella di una realtà soprannaturale, che si proietta tout-court in quella delle nostre vite, restituendoci una notevole carica di senso. Particolarmente affascinante, nella sezione eponima, la poesia intitolata proprio Nell'infinito di noi, nella quale sono stabili visionarietà, sospensione e dissolvenza. In questa il tu, al quale il poeta si rivolge, e del quale ogniriferimento resta taciuto, è Nina, una figura che, nell'incipit, volteggia nelle stanze viola della memoria. Qui si evidenzia una forte tensione attraverso una parola sempre raffinata ed avvertita. Particolarmente alto il verso apparire o entrare nello specchio/ dell'essenza, nella quale è presente una forte valenza ontologica. Nella seconda breve strofa della composizione il tu afferma che qui siamo affratellati nel sangue con la terra e la morte. Poetica mistica, dunque quella di Serino, la cui cifra essenziale è quella di una parola che scava in profondità per riportare alla luce l'essenza dell'esistere in tutte le sue sfaccettature.

Perché il titolo onnicomprensivo La vita nascosta? La risposta risiede nel fatto che nel mare magnum del nostro postmoderno occidentale l'umanità è alienata e vittima del consumismo e del mondo dell'avere che prevale su quello dell'essere su uno sfondo dove Dio è morto ei valori non esistono.

I poeti in generale, e tanto più Serino che oltre ad essere un poeta è un mistico, nel loro pensiero divergente, trovano la felicità in altri modi e la vita nascosta di cui ci parla il Nostro è una vita parallela a misura umana perché sottende l 'atto di fede nell'esistenza dell'eternità e non la credenza nel nulla eterno foscoliano.

*

Raffaele Piazza

https://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.it/2017/06/segnalazione-volumi-felice-serino.html

https://www.literary.it/dati/literary/p/piazza/la_vita_nascosta_poesie_2014. html

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Riflessioni di Lorenzo Spurio su LA VITA NASCOSTA

(dalla lettera privata del 31 luglio 2017)

Caro Serino,

ho letto il tuo libro e mi complimento con te per questa estesa e notevole "opera omnia" (lasciami la libertà di usare questo termine, seppure improprio ).

[…]

C'è tanto su cui riflettere (come ad esempio le poesie nelle quali rifletti sul potere della scrittura) e l'esigenza che la poesia "respiri", ma finirei per scrivere un quaderno intero e forse stancare essendo, queste riflessioni, scaturite dalla mia personale lettura e possono anche non ritrovarsi nei tuoi intendimenti.

Tra le poesie più ricche e che tanto mi hanno trasmesso, ci sono

"L'indicibile, "A bocca piena", la dolorosa lirica su Rigopiano, "Liquida".

*

Qui di seguito sono trascritti i testi delle poesie menzionate, vi sono aggiunte la prima e l'ultima di cui nella lettera sono citati dei versi.

Conosco le voci

conosco le voci che muoiono

agli angoli delle sere

conosco le braccia appoggiate

sui tavoli nel risucchio

delle ore piccole

l'aria densa e le luci

che lacrimano fumo

e lo sferragliare dell'ultimo tram

la nebbia che mura le strade

conosco

i lampi intermittenti della mente

i singulti che accompagnano

quel salire pesante le scale

la morsa che afferra e non sai

risponderti se la vita ti scava

e il freddo letto poi fuori

dal tunnel

un altro mattino

per risorgere o morire

*

L'indicibile

dove deflagrano

nude parole al di là

della scrittura

ho cercato nel calamaio del cuore

l'inesprimibile

ciò

che non può essere detto

ho cercato stanze

inesplorate

negli anfratti del mare

le voci

trattenute

nella gola del vento

l'indicibile

nella luce della bellezza

*

A bocca piena

trucidata vita

dai lenzuoli di sangue nei telegiornali

un dire assuefatto freddo

che ti sorprende non più di tanto a bocca piena

che non arriva al cuore

-per quei bambini occhi rovesciati

a galleggiare

su un mare di speranza

la cui patria è ora il cielo

violata la sacralità

vita che non è più vita

vilipesa resa

quale fiore a uno strappo feroce

di vento

*

La slavina

perla nel cuore del Gran Sasso

il "quattro stelle" non esiste più

ghermito dalla mostruosa

mano di ghiaccio

meglio la sorte dei sopravvissuti

ti dici

e ancora sperare

sotto la neve una voce udire

pensi ai familiari perduti

deglutendo caffelatte e lacrime

[ tragedia del 18 gennaio 2017]

*

Liquida

è striscia di luce verde

la mente

mentre la forma

assumi

dell'involucro-status quo

alchimie del sangue

nel vestire la vita

il chi-sei

serpeggia

si morde la coda

*

L'essenza

inadeguati noi

gettati nel mare-mondo

legati ad una stella di sangue

noi siamo l'alfabeto del corpo

che grida

il suo esserci

noi essenza degli elementi

appendici della terra

labbra del cielo

.

Felice Serino, La vita nascosta (poesie 2014 – 2017) letto da Angela Greco

————–

sguardi e il tracimare

di palpiti

alle rive del cuore

aria dolce come

di labbra

incanutire di fronde

nella liquida luce

La vita nascosta (2017), di Felice Serino (Pozzuoli, 1941), ultima silloge edita per i tipi "Il mio libro" (in apertura di questa nota, Sguardi e il tracimare) sin dall'esordio propone un impegnativo corpo a corpo tra lettura e lettore sia per l'importante numero di liriche raccolte, sia per il percorso sacro-intimistico-sociale che in essa si snoda, attraversando momenti pubblici e privati, accadimenti reali e propositi a venire, in un caleidoscopio di sensazioni \ emozioni fedele alla poetica, allo stile e al tono pacato e garbato a cui l'autore ci ha felicemente abituati in questi anni da "autodidatta", come egli stesso si definisce, rivelando con una sorta di meraviglia, in riferimento alla Poesia, l'essenzialità del fatto che in questo comparto non esistono scuole dove imparare il mestiere, ma, quasi se avesse a che fare con un destino, ognuno è artefice di se stesso. Ed in tempi di proclamate e ostentate scuole-correnti di pensiero non è poco affidarsi a se stesso, con tutte le conseguenze del caso, non per presunzione, quanto piuttosto per volontà di riconoscere fin dove si è capaci di arrivare e scoprire, magari, che ogni limite può essere un'opportunità.

La silloge, introdotta da Giovanni Perri, propone trecento pagine di testi prodotti nell'ultimo triennio; un dato, questo, che fa ben comprendere il bisogno e la necessità che ancora si hanno della poesia, per la capacità di quest'ultima di riuscire ad esternare quel che è difficilmente esprimibile in altri modi. La poesia è, quindi, ancora un bene indispensabile – ed il lavoro di un poeta di lungo corso dovrebbe far riflettere sullo stato dell'arte – anche in questi nostri tempi di presunto futuro rivoluzionario, di cambiamenti, di distruzione dei valori fino allo sgretolamento della parte umana dell'essere vivente. Felice Serino crede nella poesia, come veicolo di miglioramento e di crescita, tanto del poeta quanto del fruttotore della stessa, e nelle sue liriche racconta il vissuto, porta materialmente l'esperienza la riuscita e la disfatta con molta onestà, ad esempio, come si legge in Luce ed ombra:

luce ed ombra rebus in cui siamo

impronte di noi oltre la memoria

forse resteranno o

risucchiati saremo

ombre esangui nell'imbuto

degli anni

guardi all'indietro ai tanti

io disincarnati

attimi confitti nel respiro

a comporre infiniti morti

L'interesse di Serino è senza dubbio l'Uomo, la Persona, in un'ottica trascendentale, plurale, e mai personalistica: anche quando il soggetto è l'Io, la riflessione poetica non si ferma mai al Sé, ma abbraccia sempre e comunque l'esperienza che può già essere o diventare patrimonio comune. Serino si pone come suggeritore, come consigliere, come insufflatore di positività. Ed ecco, allora, che anche l'esperienza più drammatica, come la morte, in questo poeta diventa qualcosa che non chiude, ma piuttosto apre ad una nuova visione e l'Uomo, nonostante i difetti, viene ad essere un elemento non attorno a cui ruota tutto il resto, ma un pezzo di un più grande disegno di cui si può solo tentare di dire attraverso la poesia, appunto. Ne La separazione si legge:

alla fine del tempo

è come ti separassi da te stesso

in un secondo ineluttabile strappo

simile alla nascita

quando

ti tirarono fuori dal mare

amniotico

luogo primordiale del Sogno

stato che

è casa del cielo

La poesia di Felice Serino, con la sua concretezza e il suo vissuto, anche laddove prevale il senso etereo o metafisico o quando richiama il sacro e finanche nei riferimenti all'arte, arriva al lettore diretta, mai sofisticata da espressioni scritte soltanto per destare scalpore, per mettersi in mostra o per creare un personaggio; puntuale e delicata anche negli argomenti più impegnativi, questa scrittura poetica rende in modo nitido e molto piacevole il frutto di riflessioni attente e dello studio continuo, sempre quali esternazioni di un grande amore per la conoscenza e per la materia vivente, in tutte le sue forme . Nella verticalità, nel tempo oltre la vita, nell'augurio di luce e nell'ineffabilità di cui è vestito il testo di In questo riflesso dell'eterno a parer mio è possibile leggere i temi cruciali della poetica di questo prolifico autore, che mostra senza fronzoli anche una dote poco comune tra i poeti, la generosità. (Angela Greco)

credimi vorrei dirti che quanto

avviene anche là avviene

oltre le galassie oltre

lo specchio dei tuoi occhi amore

anzi certamente è presente

da sempre in mente dèi

imbrigliati noi siamo in un giorno

rallentato

noi spugne del tempo

assediati da passioni sanguigne

credi mia cara che quanto

avviene semplicemente

lo rappresentiamo

sulla scacchiera del mondo

noi essenze incarnate

in questo riflesso dell'eterno

dove l'anima si specchia

mentre ci appare infinito

mistero la vita – miracolo

tutta questa luce che

ci attraversa

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LETTURE E RECENSIONI: DOVE PALPITA IL MIO SOGNO DI FELICE SERINO

La forza della poesia sta nell'emozione, nella vis che, nella scabra architettura dei versi, nella loro intima struttura genetica, riesce a creare empatia tra il lettore e l'autore, in uno sforzo diegetico che va oltre il normale sentire.

La lettura di Dove palpita il mio sogno conduce all'essenza stessa della poetica di Felice Serino, impulsi creativi che diventano squarci di realtà mistica e surreale. Parole-simbolo, sprazzi di marmorea emotività che Serino scolpisce nella loro nudità, senza infingimenti o barocchismi letterari.

Il poeta si rifugia da ogni manierismo lessicale e vive la propria spiritualità creativa in una dimensione quasi sincretica in cui la prosaicità della quotidianità sfocia in proiezioni estatiche: conosco le voci che muoiono / agli angoli delle sere.(…) e lo sferragliare dell'ultimo tram / la nebbia che mura le strade(…) e il freddo letto poi fuori/ dal tunnel/ un altro mattino".   

La palingenesi della natura è un tema costante nella poetica di Felice Serino che confonde in sé l'umano finito e un ermetismo di respiro universale: la luce si spalma / dentro la parola / che di sé vive Ed ancora significativamente i versi: non si chiuderà il cerchio se / come si sa / è del Demiurgo un continuo creare /. infiniti/ mondi-entità col solo sognarsi

La dimensione onirica, più volte richiamata nei versi, è il privilegio dell'artista, l'isola dei sensi, del tempo che non passa e crea, l'eterno divenire dove la. Musa trae la sua forza ermeneutica, il travaglio dell'opera e dove le assonanze emotive hanno la loro forza plasmatica.

Felice Serino vive una genuina stagione artistica, prolifica, raffinata e meritoria. Egli offre nei versi una lettura nuova della realtà sensoriale che trascina a sentire le poesie come frammenti di sogni, in cui la verità è a occhi nudi, che penetra dentro il cuore e la mente del poeta in una simbiotica ed intima sofferenza: sei come quell 'albero reciso / la cui ferita bianca / non si vede sanguinare.

Il plasma poetico di Felice Serino, dunque, diventa lavacro di emozioni, candida essenza di sentimento nell'incontro con l'umano. Ma la sensibilità del poeta va oltre l'orizzonte meramente umano, egli, ha ben chiara la proiezione verticalistica del proprio spirito: i versi documentano la religiosità dell'autore che si sviluppa in un tormento che è allo stesso tempo sicurezza e fonte di ispirazione.

L'afflato della Creazione diventa il "sogno di Dio" che si capovolge a causa della insipienza umana, di quell'Adamo, che viene interrogato in modo pleonastico e che esprime nella sua stessa definizione tutta la sua limitatezza.

Il poeta è alla ricerca sofferta di un mondo di luce che rappresenta una moderna pura intima rappresentazione di un eden perduto, relegato alla sua inferiore limitatezza dalla caducità di una materialità imperfetta, a cui solo il sogno può rendere l'anelito a quello infinito essere che chiudendo il cerchio tra umano e divino.

Un plauso, dunque, all'attivissimo e prolifico Felice Serino che con le sue creazioni riesce sempre a sorprendere ed emozionare i suoi lettori, accompagnandoli in un cammino artistico che diventa anche comunione di sentimenti e di spirito.

Di Michele Barbera

https://barberamichele.blogspot.com/2018/11/letture-e-recensioni-dove-palpita-il.html?showComment=1543179299290#c2131173191664556197

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Nota di lettura a Felice Serino, "Asimmetrici voli" di Giovanni Perri

Non c'è volta che leggendo Serino, io non resta catturato da una luce. Luce immagine essa stessa. E non c'è volta ch'io non abbia tra le mani la maglia e ne sente l'esatta materia, la sua nuda trasparenza, lo smalto, l'eleganza.                                                                                                                                                 

Questo il primo elemento: il verso illuminante, da cui affiorano gli altri.                                                                                                                                                     
Ma questa illuminazione, si badi, non è fatta per indicare qualcosa. Essa non descrive, né è tentata da alcuna cartografia per poeti raminghi; la mèta è la sua stessa radice, il suo primo significato, una sorta di matrice, non so come dire, epidermica, olfattiva. Un distico esemplificativo ci ricorda ch'essa è come l'odore della salsedine / del legno bagnato di cui non può che arrivare, forse, un'eco sublime come quello della pelle dell'amore. Ci fa quasi tornare all'embrione della materia, al suo antichissimo battito dal quale ogni nostra azione, essendo principio, pretende la fine.                                                                                                                                                   
Ed è questo il secondo elemento, mi pare, importante per riconoscere la consistenza di questa poesia: il limen. Luce dunque come elemento di confine, di soglia, ma anche come dimora.                                                                                                                                                   
In questo appartenersi avviene il miracolo della parola, la soglia si spalanca e l'immagine urla: […] noi siamo l'alfabeto del corpo / che grida / il suo esserci / noi essenza degli elementi / appendici della terra […] e della terra quindi il lascito grave e generoso, il frutto panico che si fa […] strada nel sangue della parola […].                                                                                                                                                          
Procedere così, lungo un itinerario aereo, ma anche corporeo, il vocabolo alla ricerca del suo fuoco primigenio, ed è sostanza sanguigna che alberga nella lingua, idioma del riconoscimento febbrile. Serino traduce questa febbre nel Volo asimmetrico, che è il terzo elemento e abbraccia in un certo senso gli altri, avvolgendoli in un magico defluire, in un tripudio di trasfigurazioni che è cifra esatta del suo sentire (o del suo andare per fotogrammi), pellicola del suo occhio interiore che cattura, imprigiona, e dopo libera.                                                                                                                                                          
Come un diagramma d'Amore la poesia è fragile foglia / appoggiata a una spalliera di brezza. E il poeta anela a un avvicinare che è infine identificazione, sostegno, fuga, segreto frammento di sé nel mondo, rammento di un'origine che si ripete ancora e ancora, definitiva, eppure incompiuta.

Giovanni Perri

Felice Serino: Asimmetrici voli. Prefazione Donatella Pezzino. E-book (2017)
Finito di realizzare nel Dicembre 2018 da www. poesieinversi.it

*Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vivi a Torino.                                                                                                                                         
Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da "Il dio-boomerang" del 1978 a "Lo sguardo velato" del 2018); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici.                                                                                                                                         
È stato tradotto in otto lingue.                                                                                                                                         
Intensa anche la sua attività redazionale.                                                                                                                                         

Gestisce vari blog e siti..

.La vita immaginata di Felice Serino letto da Angela Greco AnGre

24 NOVEMBRE 2023~ ANGELA GRECO – ANGRE

La vita immaginata – con 14 «profili» della cultura (2019-2023) è la nuova raccolta autoprodotta di Felice Serino, poeta di lungo corso, nato a Pozzuoli nel1941 e residente a Torino, che da anni è impegnato nella ricerca e nella divulgazione di poesia contemporanea. Questa antologia, corredata da un apparato di brevi saggi su figure di spicco soprattutto dell'ultimo secolo, confermala vocazione dell'autore allo sguardo attento e critico sul quotidiano e su quanto vive, sempre alla luce dei suoi capisaldi poetici, etici e religiosi.
Se "la poesia è un dono fatto agli attenti", come ha scritto Paul Celan, fermo restando il dono, quella di Serino è attenzione rivolta alla poesia e ai suoi lettori ed è, sempre secondo Celan, "un dono che implica destino", allora questo Autore conosce bene la strada che è stata segnata per lui e che a sua volta segna.
Nelle pagine di questa silloge ogni lettore può cogliere a piene mani il meticoloso lavoro poetico di ricerca e di introspezione che viene offerto, ed apprezzare altresì lo studio e l'impegno nel rendere vive figure d'eccellenza colte da diversi campi, che configurano il percorso letterario, emotivo e umano di Felice Serino, che qui manifesta anche le sue non indifferenti doti di saggista. La forma scelta per la quarta e ultima sezione dell'antologia – quella che comprende i quattordici profili della cultura – è il saggio breve, che avvicina il lettore con una scrittura accattivante, incuriosendolo, restando fedele alla forma – cara ai lettori stessi – asciutta ed essenziale, impreziosita da lemmi specifici che da soli aprono mondi, con la quale questo autore si esprime anche in poesia La vita immaginata è un lungo viaggio dentro e fuori l'essere umano volta alla scoperta e riscoperta dell'umanità non edulcorata, privo di barocchismi che sviino o diano false speranze a chi legge. "Immaginata" è sinonimo qui di "sperata" e non realizzata per questo declino che sembra oscurare qualsiasi cielo. Il poeta, però, nonostante l'inevitabile passare del tempo e della Storia, non cede al ripiegarsi su se stesso, ma diventa luce minima volta ad indicare una possibile alternativa per una vita, appunto, che ora non è. Anzi, che non è ancora. [Angela Greco AnGre]

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Estratti da La vita immaginata – con 14 «profili» della cultura (2019-2023), YCP, 2023, di Felice Serino.

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Oltre l'esilio

il più bel giorno è quando
oltre l'esilio della carne
mi verranno incontro i miei morti
ei parenti giunti da lontano

a qualcuno scapperà una lacrima e
nell'estremo saluto c' è chi leggerà
con voce tremante alcuni versi

ti sei staccato come foglia
adagiata su una spalliera di brezza


Detrattori

non si può fermare
lo sbocciare della rosa
se vuol dischiudersi
anche nel gelo
nuda
disarmante

contro i detrattori di
bellezza – che
splendenza emana e
armonia


Immortalare

immortalare il momento – la
foto è sfocata
immagine
scivolata nel gorgo del tempo

così di te: appesa
all'attimo
dietro l'occhio un'ombra stampata

.

La vita immaginata

(2019 – 2023)

Con 14 <> della cultura

di Felice Serino

Youcanprint

Poesie e saggistica

Pagg. 417

ISBN 979-12-21481-26-6

Prezzo Euro 26,90

Un´opera corposa, ma varia

Ben 417 pagine che, anche considerando la settantina destinata ai profili di noti artisti, comprovano l´ingente produzione poetica di Felice Serino nell´ultimo periodo, cioè dal 2019 fino quasi a oggi. E questa copiosità nel creare versi è una delle altre caratteristiche di questo autore che sono più ampiamente tratteggiate nella mia presentazione dell'opera costituita da tre sillogi (Dell'indicibile, Trasparenze e La vita immaginata, dove il nome del libro). Voler parlare in modo esauriente di tutte le poesie si presenta impossibile, sia in termini di tempo che di spazio. Di conseguenza ho dovuto impostare il commento critico in modo che risultasse sintetico, ma nonostante ciò gli estimatori di Serino non potranno che trovare conferme. Che la sua poetica sia una continua analisi introspettiva è fuor di dubbio, tematica che solo in apparenza è limitativa, poiché la ricerca continua del nostro "io" è in grado di svelare nuovi risvolti con il trascorrere del tempo e anche con l´acquisizione dell´ ´esperienza; Pertanto non vi è nulla di ripetuto, eventualmente c´è qualcosa di già noto nelle linee generali, fermo resta quella sua capacità di permeare i versi di un alone di magia, con quell´evanescenza che li rende gradevoli, ma non banali. Nella narrativa potrebbe far venire in mente il realismo magico di Giuseppe Bonaviri o di Gabriel García Márquez, anche se non è proprio così, ma sostanzialmente il richiamo non è azzardato. Il suo è un particolare modo di esporre che penso di aver spiegato con scrupolo nella presentazione e che riporto di seguito:"Il poeta, di origini napoletane, ma dimorante a Torino, è un artista di lungo corso che via via negli anni ha affinato il proprio modo di verseggiare, e ciò è facilmente riscontrabile leggendo le sue composizioni in ordine temporale, fermo restando quella ricerca introspettiva che è materia propria dell´autore uso ad approfondire con progressività Nel contesto di ricerca di ciò che può rivelare il proprio Io si nota particolarmente, apprezzando, una visione evanescente che dona particolare fascino, ammantando il verbo di magia, all'intero corpo, a volare, a superare confini naturali per congiungersi a un mondo di fantasia, la cui porta, lo stargate, è. in attesa di essere valicata In questo universo che si potrebbe definire poetico Serino s´invola, novello Ulisse verso un´Itaca che è la propria dimensione interiore, un´avventura senza fine in cui conta di più la conoscenza che. si incontra nel percorso che il raggiungimento della meta. E tutto procede in una sorta di limbo, un sogno che porta ad altra dimensione, e in cui con maggior chiarezza è possibile leggere dentro di sé, in una visione che continua a essere evanescente, una sorta di ectoplasma che avvince e respinge. Si resta attoniti, anche sgomenti spettatori di una metamorfosi, di una trasformazione che è un´implosione della persona stessa, e, comunque, il tutto si riassume, si comprende con chiarezza.".In ogni caso resta una personalità artistica peculiare, tanto che è difficile, se non impossibile, ipotizzare a quale corrente si ispiri. Un esempio che chiarisca il tutto è costituito da una poesia tratta dalla silloge La vita immaginata. Mi riferisco a Proiezioni (proiezioni del Suo pensiero siamo / vaganti tra realtà e sogno – in cerca / d'un'isola felice – viaggio / nell'infinito di noi / isole noi stessi – pure / ognuno anello d'una / catena senza inizio e bene). Ovviamente non è l'unica poesia, perché ve ne sono altre che possono ben illustrare il concetto esposto, ma per me questa costituisce forse l'esempio più lampante. Una novità poi è costituita da questi profili che, così come scrive Serino, hanno un filo spirituale che li lega ed è dato dall´amore nel campo della cultura e dell´arte. Non sono, sono quattordici, un po' biografia, un po' analisi critica, e sono relativi a personaggi ben conosciuti (Dino Campana, Dylan Thomas, Vincenzo Cardarelli, Simone Weil, Nella Falzolgher detta pochi Nil, Salvador Dalì, Maurice Maeterlinck, Kahlil Gibran, Arthur Rimbaud, Pier Giorgio Frassati, Rudolf Steiner, Jakob Lorber, Joe Bosquet, Teresio Zaninetti). Come è possibile notare non tutti sono poeti, anche se presentano caratteristiche di artisti o che comunque li ricollega all'arte; si tratta di analisi necessariamente brevi, ma non trascurabili, nel senso che Serino, che evidentemente ha ritenuto di particolare importanza questi artisti, ha fatto di tutto per presentarceli in modo accattivante, così che il lettore possa comprendere il rilievo che gli stessi hanno. Penso ci sia riuscito, resta solo da chiedersi il perché di tale lavoro che, tuttavia, è evidentemente il frutto di una passione fino a ora segreta, di cui ha voluto rendere edotti i terzi.Come è possibile notare non tutti sono poeti, anche se presentano caratteristiche di artisti o che comunque li ricollega all'arte; si tratta di analisi necessariamente brevi, ma non trascurabili, nel senso che Serino, che evidentemente ha ritenuto di particolare importanza questi artisti, ha fatto di tutto per presentarceli in modo accattivante, così che il lettore possa comprendere il rilievo che gli stessi hanno. Penso ci sia riuscito, resta solo da chiedersi il perché di tale lavoro che, tuttavia, è evidentemente il frutto di una passione fino a ora segreta, di cui ha voluto rendere edotti i terzi.Come è possibile notare non tutti sono poeti, anche se presentano caratteristiche di artisti o che comunque li ricollega all'arte; si tratta di analisi necessariamente brevi, ma non trascurabili, nel senso che Serino, che evidentemente ha ritenuto di particolare importanza questi artisti, ha fatto di tutto per presentarceli in modo accattivante, così che il lettore possa comprendere il rilievo che gli stessi hanno. Penso ci sia riuscito, resta solo da chiedersi il perché di tale lavoro che, tuttavia, è evidentemente il frutto di una passione fino a ora segreta, di cui ha voluto rendere edotti i terzi.

In questo libro c´è veramente tanto, ma è vario e proprio per questo si legge con piacere, certi che, fra le tante proposte, non sarà impossibile trovare quella che può soddisfare maggiormente.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino.

Copiosa la sua produzione letteraria (tra le raccolte di poesia: "La vita nascosta", "Vita trasversale e altri versi", "La vita immaginata"); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E´ stato tradotto in nuove lingue.

Intensa anche la sua attività redazionale.

Sue pubblicazioni sono presenti oggi su Academia.edu e ad Alessandria.

Per notizie dettagliate, qui: https://www.literary.it/ali/dati/autori/serino_felice.html

Renzo Montagnoli

https://www.ibs.it/vita-immaginata-libro-felice-serino/e/9791221481266 ?queryId=4150b6512821f3131656445855f41d1d

https://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=24910

https://www.lafeltrinelli.it/vita-immaginata-libro-felice-serino/e/9791221481266

https://www.amazon.it/review/R1TVVTN1ED0EPY/ref=pe_1640261_66412381_cm_rv_eml_rv0_rv

https://kultunderground.org/art/41739/

https://www.poetare.it/recensioni.html

https://www.libreriauniversitaria.it/vita-immaginata-serino-felice-youcanprint/libro/9791221481266

https://www.mondadoristore.it/La-vita-immaginata-Felice-Serino/eai979122148126

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Una mia nota di lettura alla silloge di Felice Serino "Orizzonti di palpiti"

Poeta presente ma appartato, silenzioso, distinto, Felice Serino raccoglie in questo suo ultimo lavoro "Orizzonti di palpiti" (www.poesieinversi.it 2018/19), gli ultimi testi prodotti in ordine di tempo nei quali appare sempre riconoscibile la traccia dei suoi precedenti lavori; giocati con medesima grazia e perizia nel vivissimo campionario di illuminazioni profonde e pulsanti; nel variare consueto di tensioni ontologiche, nel dilemma inconcluso della soglia e del fine, nell'arte di incidere amore e dolore, delusione, speranza, perdono, col solo taglio di un lemma, con la sola scintilla della lingua, Serino descrive, o finge di descrivere, un'alba visionaria dove una luce quieta ti accoglie in un suo grembo sorgivo.

Ancora una volta vediamo il poeta salire da quella stessa luce che lo genera e da un interno ne sentiamo la voce, quell'espansa poesia degli interrogativi e dei silenzi che rendono possibili

gli approdi, li toccano appena in punta di vertigine, ne liberano il suono e il senso.

Più che una poesia del vedere mi pare di riconoscere dunque una poesia del sentire; un avvertire a distanze altissime il più piccolo rumore di fondo dell'universo mondo, e in quel rumore toccare il nudo stupore di un'origine.

C'è sempre in Serino l'inclinazione al racconto mondano ma esso è reso filosoficamente aereo, plana cioè sui campi lirici di un sogno che è possibile sentire o immaginare come attraverso una musica,

un ultratempo, un ultramondo, e come attraverso un gioco di associazioni melodiche producono impulsi invisibili che finiscono per catturare nella figura di un uomo il senso più autentico della sua intera esistenza.

Il Poeta che vediamo è la sua stessa poesia, il luogo concreto dell'anima; quel camminare sempre in bilico tra la vita e la morte, sempre col piede nel mistero, come se i versi fossero tradotti paesi immaginari, passi prodotti dall'incontro della luce e del buio, estensioni miracolose, meravigliose, dell'unica grande incognita che ci spinge alla vita e all'arte. Così procede, in Serino, la gioia del verso, ovvero la tensione nella quale spinge il lettore a comprendere, in senso etimologico, gli affanni e le paure, gli inganni e le afflizioni, ogni minima pulsione, ogni minimo palpito di verità.

Giovanni Perri

.

Per stupirti

.

in extrema ratio

ti aggrappi a curva di sguardi

per poterti ancora stupire

conoscenza è dall'alba dell'uomo

il primo anelito

in un cielo di silenzi

il tuo richiamo si spezza

Nell'ultimo sangue

ora nell'ultimo sangue

è il vuoto delle braccia

ma sai non è difficile

far rivivere

la tua figura dall'ali recise:

un po' mi consola

la visione

di te languida riversa

sull'amaca

mentre gli uccelli ti cantano

sulla testa

https://issuu.com/felice.serino/docs/nota_perri-orizzonti_di_palpiti…

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Felice Serino, Nell'infinito di noi (2015-2016) letto da Angela Greco

Nell'infinito di noi (2015-2016) la nuova raccolta di Felice Serino pubblicata su Poesie in Versi, uno spazio web ad accesso libero, con presentazione di Giovanni Perri, che raccoglie le poesie scritte a cavallo degli ultimi due anni e suddivise in due sezioni da quarantacinque testi ciascuna: Lo sguardo velato e la omonima Nell'infinito di noi.

Da sottolineare la generosità di Felice Serino, autore più volte e con gioia ospitato su Il sasso nello stagno di AnGre per stima reciproca; generosità espressa non solo nel numero di testi proposti, ma anche nell'aver affidato questo suo nuovo lavoro alla gratuità della rete, a beneficio di tutti coloro che avranno voglia di incontrarlo sul sito sopra indicato. Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici, che ha vinto molti premi letterari, pubblicato diverse raccolte di poesia ed è stato tradotto in otto lingue;

gestisce diverse realtà letterarie on-line, dove condivide con passione poesie e autori di livello e da tempo usa il mezzo telematico per affrontare il mondo non sempre docile e benevolo della poesia, senza scomporsi o intimorirsi, ma accettando il bene e il male ed anche i limiti che il mezzo offre ea sua volta offrendo a ciascun lettore o detrattore che approdi ai suoi lidi, un ringraziamento.

La poesia di Felice Serino anche nella nuova raccolta mantiene saldi i temi del rapporto con Dio, del tempo che passa, della visione del reale sulla base dell'esperienza vissuta e degli autori cari al poeta, come ad esempio Dino Campana, a cui è dedicata "Le vele" o Rafael Alberti a cui, invece, è dedicata "Angeli di carta", creatura, gli angeli, che ben si accordano con la voce di Serino sempre protesa verso il cielo e verso Dio. Perché un poeta di fatto è le sue letture ed è i suoi autori, quelli che, anche dopo la stesura di un testo e l'abbandono della penna o della tastiera, gli rimangono accanto e dentro per diventare a loro volta nuova materia, in un circolo vitale a cui Felice Serino non si sottrae. E ogni volta che leggo una selezione delle poesie di Felice, i suoi versi asciutti e brevi, domati dall'esperienza e solo in apparenza freddati per quella decantazione benefica a cui la poesia va drasticamente sottoposta, ritrovo sempre un colore, una luce, una scia positiva e benefica, capace di ripristinare serenità e fiducia.

Nell'infinito di noi si pone nel solco della poesia novecentesca, come tanta buona poesia italiana, assumendo toni e connotazioni care alla maggior parte dei lettori; mittente e destinatario dei versi sono evidenti e lo accompagna ogni composizione, rientrando tra gli elementi non eliminabili e delineando una presenza, che, però non disturba, ma si fa compagna di esperienza pronta a porgere la mano a chi è accanto; molti i rimandi ai testi sacri, alla dottrina cattolica e alla mistica occidentale; netta la percezione della ricerca dati anche dal numero abbondante di testi raccolti, mentre la dimensione onirica, evidente in molti testi, conferisce levità agli argomenti tra i quali non sfigura nemmeno il tema della morte.

(Angela Greco)

.

poesie tratte da Nell'infinito di noi (2015-2016) di Felice Serino

Una giornata di

.

suvvia eccedi

a chi pensi

dare la colpa

come si dice è stata una giornata

così

.

esageri se pare

ti si spalanchi

d'instabilità un baratro

viola in fondo agli occhi

.

L'oltraggio

.

perso nelle forme strane

delle nuvole mi sento

lontano da un mondo estraneo

.

assisto all'oltraggio

della rosa che si

perpetua

.

sono esposti alla vita

.

.

Milza

.

brusio di voci

.

galleggiare di volti

su indefiniti fiati

.

si sta come

staccati

da sé

.

golfi di mestizia

mappe segnate

dietro gli occhi

.

vi si piega

il cuore

nella sanguigna luce

.

.

.

Il tuo splendere

.

su un remoto

di assonnate rive

-spiumata

di luce l'anima-

torna

.

a lontana breccia il tuo splendere

.

settanta volte sette

ho conficcato i chiodi

altrettante non

basteranno

lacrime da versare

.

sulle Tue luminose piaghe

.https://www.literary.it/dati/literary/g/greco_angela/nellinfinito_di_noi_201516.html

.

Nota di Giovanni Perri a "Vita trasversale" di Felice Serino

Col tratto suo solito, con la materia nuda dei versi alti e alati, Serino ci incanta di nuovo. E lo fa con un volume, il suo ultimo, corposo, "Vita trasversale", che è un ben calibrato campionario di temi e motivi caratterizzanti la sua intera produzione poetica; ricca e profonda, tenuta in un suo prezioso tenore lessicale di figure svelate in altezza o come prelevate da un occhio ulteriore e quasi sempre girata nell'inconoscibile. Poesia che ci trattiene in un sollievo, oppure in una morsa, di grandi domande e di incognite. Agevole nell'andatura e nel respiro dei versi concepiti come in una stanza piena di sole, ma dalla cui finestra filtra un paesaggio piovoso, pieno di suoni incantevoli e sinistri: analitica, ma detta in stato quasi d'abbandono. Motivi di vita e di morte messi nel medesimo grandangolo, restituiti al loro più sensibile grado del sentire, in quel confine di corpi corrotti dalla loro stessa immagine; che allunga gli abissi mondani potandoli alla visionarietà più lirica, alla più ampia cosmogonia; ma è materia che vibra di una intimità pura, cogente, covata in un suo lembo etico, in una sua calma affezione di gesti e parole dettate da Amore. Parole levigate e vive, messe in versi come a mani giunte, piene di abbagli tuttavia improvvisi e rivelatori.

C'è un mondo di forme dette al limite dell'ombra, un buio di acque sconosciute da sentirne il suono lontano. Serino nuota come se volasse campi e fiumi e con lui stelle a far luce di parole, sotto un silenzio grave di vita. Ed è come trovarsi innamorati inaspettatamente, aver fiutato il senso in bilico e tirarselo con una corda, ad ogni strappo un grido d'amore, una preghiera di livida sopravvivenza, ad ogni affanno un seme di luce da salire in dolcezza, rimanendo con la voce nell'acqua.

E questa è acqua filosofica, tenuta in un suo denso nucleo lirico, in una sua mistica malinconia.

Ecco: qui stanno gli affetti, i ricordi, ogni piccola gioia terrena; qui è il teatro del mondo, il gioco che si gioca per fame e per sete: qui è l'ora dei ricami nel fuoco, di vecchie controversie e comunioni, di silenzi tenuti in una sacca di odio o di amore. Ma dopo, oltre, è l'aria dorata che viene per svelare il sogno, l'arcano che ci muove le ali, la forma tutta del cielo esplosa in una piccola divinazione.

Un pianto, par d'udire, di muta intelligenza: pensiero della morte sorella, felicità o speranza di pioggia rigeneratrice. Pensiero della vita che si espande ben oltre i suoi torbi furori: terragni infine, ma ubiqui, appunto: trasversali, pieni di un sole leggero.

Quanta preghiera nei testi di Serino. Quanta alta Poesia.

Giovanni Perri

Piccola scelta di testi

*

Sic transit

confidare

nelle cose che passano

è appendere la vita

al chiodo che non regge

è diminuire la vera ricchezza

-arrivare all'essenza

lo scheletro la trasparenza

*

Espansione

il sogno è proiezione? o

sei tu in veste onirica

uscito dal corpo?

sognare è un po'

essere già morti

come

nell'oltrevita

e l'essere si espande

si sogna moltiplicato

in fiore atomo stella

appendice? o

espansione è il sogno?

*

Vive una luce

vive nell'akasha una luce che

custodisce quel mosaico che dici

destino

tu sei l'ombra

del Sé: l'alterego o se vuoi

l'angelo che

ti vive a lato nei

paradossi della vita

*

Forse una nube

(a Pierluigi Cappello)

mi accoglierà un non-luogo

non più inalerò resina di abeti

alle finestre degli occhi colombe

bianche si poseranno

mi abbraccerà vaghezza

forse una nube vorrà dire casa

*

Eterno presente

kronos esce dal mare

prenatale

il domani è un imbuto

dove fluiscono gli oggi

coi sordi tamburi del sangue

dove in fondo

agli specchi annegherà la

realtà

relativa: lì il mondo che

si vede

rovesciato

*

Sull'acqua

sul grande mare del sogno

veleggiano i miei morti

gli occhi forti di luce

con un cenno m'invitano

al loro banchetto sull'acqua

d'argento striata

m'accorgo di non avere

l'abito adatto

cambiarmi rivoltarmi

devo

vestire l'altro da sé

Giovanni Perri

Recensione di Donatella Pezzino a "Vita trasversale" di Felice Serino

In un mondo sempre più corporeo e materiale, viene spontaneo chiedersi se ci sia ancora posto per l'anima. Poi si legge la poesia di Felice Serino e allora tutta la prospettiva cambia. D'un tratto, il velo dell'apparenza si squarcia ed ecco la verità nuda, il significato ultimo dell'esistenza umana: l'evidenza che potrebbe, se solo lo volessimo, costituire l'abbrivio verso una vita piena, consapevole e scevra da paure.

In "Vita trasversale" l'anima è più che mai al centro, e la poesia diventa in toto ancella del pensiero. La silloge, infatti, raccoglie gli ultimi scritti (2017-2019) nei quali il pensiero e la spiritualità dell'autore campano emergono con più forza rispetto alla produzione precedente. Ed è una forza talmente dirompente da lasciare in chi legge un segno profondo: la poesia breve, il verso ridotto all'osso eppure pregno, vivo come non

mai di immagini e sensazioni, dicono che l'uomo, prima ancora che il poeta, ha trovato ciò che cercava da tutta una vita: è arrivato all'essenza delle cose. Quasi sorride sornione Serino, tra i versi, evocando ricordi e illusioni di tante vite precedenti, del sé stesso del passato angosciosamente fermo dinanzi al muro delle convenzioni che adesso si è finalmente sgretolato.

E cosa c'è al di là del muro? Semplice: l'Oltre. E quindi, il Tutto. Pur senza avere ancora, nei fatti, spogliato del suo corpo di carne, Serino si è distaccato dal mondo e dalle sue pastoie e può quindi aprire gli occhi su ciò che ci aspetta "dopo". Non la fine, la morte, l'annientamento: oltre c'è un altro piano di esistenza, anzi, infiniti piani di esistenza da dove non solo i nostri morti, ma anche i tanti noi stessi speculari ci guardano. La nostra anima è un dispiegarsi in infiniti alter ego e in infinite potenzialità: tutto quello che i nostri limiti fisici e le costrizioni imposte dalla società ci impediscono può essere realizzato altrove, anche quello che abbiamo cominciato qui e che non siamo riusciti a portare a termine .

ora

danzi il flamenco che amavi

col tuo corpo d'aria

e da un altrove "detti" poesie

quelle

che non hai avuto il tempo di scrivere

Ma questo oltre non è trascendenza, è trasversalità: nel corso della nostra esistenza terrena, quindi, possiamo scorgerlo in trasparenza dagli innumerevoli segni inspiegabili in cui ogni giorno ci imbattiamo, nella bellezza della natura che ci fa "sentire" la nostra realtà di esseri spirituali , e soprattutto, attraverso il sogno. La dimensione onirica è sicuramente uno degli aspetti più interessanti della poesia seriniana, data la valenza assolutamente peculiare che le viene attribuita. Il sogno, infatti, è il trait d'union fra i diversi piani di esistenza: un bivio nel quale tutte le strade dell'oltre convergono, la via che rende possibile la comunicazione con l'invisibile permettendoci di evadere per un attimo dal nostro" esilio di carne".

Ogni notte, quindi, il sonno ci scioglie dai ceppi del sangue per lasciarci fluttuare in quel Tutto al quale non smettiamo mai di appartenere, anche quando la vita di ogni giorno ci restituisce alla nostra condizione di peccato e di polvere: quel Tutto che è Dio e che è amore, assoluto e incondizionato. La consolazione alla nostra pochezza, quindi, è questo sconfinato amore di Dio per noi, e la certezza che, benchè peccato e polvere, torneremo a Lui; che tutto è in tutto e tutto è Dio; che la vita nasce dalla morte e si rinnova da sé stessa. Così, l'anima è un continuo partorirsi e ritornare al Tutto: è grazie a questa consapevolezza che possiamo vincere la nostra atavica paura della morte. Perché, infatti, temere quel "punto di non ritorno" che invece di distruggerci ci restituisce alla nostra vera vita?

fioriti

nelle braccia di Dio

come nella prima luce

La luce, altro punto nodale del nostro poeta-pensiero: una luminosità che fa quasi male agli occhi, tanto è intensa e inestinguibile. La poesia di Serino è tutto un immergersi in questa Luce dove l'umano e il divino sono allo stesso tempo sorgente, fiume, cascata, foce, in una continua simbiosi dove si può conservare la propria unicità solo annullandosi. Ed ecco, quindi, affiorare un nuovo concetto capace di rispondere a tutti i nostri interrogativi, soprattutto di fronte alla sofferenza, all'errore, all'inadeguatezza: questa vita sulla terra ha senso solo se trascendiamo la nostra animalità per trasformare il nostro sangue in alì. L'angelo e l'uomo, due facce della stessa medaglia che la carnalità rende opposte, nemiche:

convivere con gli umori

di un corpo di morte

dall'animalità all'angelo: questa

l'impervia salita

più d'una vita se dal sangue

fioritura sia d'ali levate:

ogni passo ne perdi una piuma

e ancora:

le mani affondi

nel sangue delle convenzioni

mentre

all'angelo lucente del sogno

tarpi le ali

facendolo all'alba svanire

Basta immergersi nel proprio spirito per annullare qualsiasi distanza tra noi stessi e l'angelo che siamo. Allo stesso modo, il distacco dalla realtà che ci circonda ci aiuta a prendere coscienza della verità che sempre ci sfugge: che vita e morte sono una cosa sola; che non c'è una fine, e che ogni morte non è che un nuovo inizio. Se a ciò fossimo sempre presenti, affronteremmo con serenità, quando non addirittura con gioia, il passo estremo che ci attende, e che altri hanno compiuto prima di noi:

rinfranca il pensiero d'essere

immortale -e già dalla ferita della

creazione lo sei-

la morte ti cerca?

uscito dal guscio tu sarai altro

l'anima libera sarà dai lacci

lo spazio mentale onde di luce e amore

niente d' imprevisto se la morte

non ti sorprenda più della vita

Avanzare negli anni, a questo punto, non è invecchiare, ma pervenire a nuova giovinezza; avvicinarsi sempre più alla verità mentre ci si allontana dalle meschinità del mondo. Eppure, come ogni altra creatura di carne e sangue, il Serino-uomo non può fare a meno di chiedersi: mi ricorderanno un giorno? Come sarà il momento del trapasso? Domande alle quali lo speculare Serino-pensiero risponde con l'ironia di chi ha già oltrepassato quella soglia e non può più essere scalfito. Il Serino che ricorda persone ed episodi del suo passato con tenerezza, con gioia struggente, filtrando ogni fotogramma alla luce dell'anima e conservando solo quelli in cui sia visibile il riflesso di Dio.

Così, il poeta rivolge lo sguardo solo alle strade che portano verso casa: l'amore, la bontà, la bellezza in grado di elevare, il donarsi che rende capaci di fare la differenza. Nonostante sia in continua introspezione, Serino non è mai chiuso in sé stesso. E in tutto ciò la parola lo aiuta, lo innalza, oltre le barriere che ovunque, su questa terra, ci opprimono e ci ostacolano. La parola acquista una valenza liberatoria grazie alle sue inesauribili possibilità di creazione: in questo sta il senso dello scrivere. Alla domanda: perché scrivi? Si potrebbe quindi rispondere: perché la parola è luce, e io detesto il buio. Perché la parola è casa. E' il respiro dell'anima, è la vita stessa. E l'assenza di ispirazione, di conseguenza, è un sentirsi disabitato/simile a quell'albero nudo/da cui son fuggiti i canti/vivere/di stelle spente.

Donatella Pezzino




In un remoto altrove di Felice Serino letto da Angela Greco

27 MAGGIO 2020 ~ ANGELA GRECO – ANGRE

Felice Serino, In un remoto altrove – poesie, 2018 presentazione di Donatella Pezzino, autoproduzione da richiedere gratuitamente all'autore (tramite il profilo social), oppure – da aprile 2020 – scaricabile dalla piattaforma ISSUU, è la nuova raccolta di questo poeta campano (Pozzuoli, 1941) residente a Torino.

Immediatamente risulta particolarmente degno di nota il fatto di aver messo a disposizione dei lettori la propria opera senza remunerazione; indice di una certa idea di poesia che trova compimento nello scrivere per donare all'altro il proprio sentire, il proprio vissuto e il proprio vedere. Poesia come dono, quindi; concetto che altre volte ho attribuito a Felice Serino, anche legandolo alla sua prolificità.

I testi presentanti nella silloge In un remoto altrove fanno riferimento all'anno 2018 e hanno la delicata bellezza – mi si conceda la metafora – di un cielo trapunto di stelle, ognuna con la sua luce particolare e tutte insieme pronte a rischiarare notti tutte uguali per buio, silenzio e solitudini. Vengono confermati i temi propri di questo autore, il rapporto con il sacro, la trascendenza, la passione artistica e l'attenzione verso gli accadimenti dell'esistenza, sottolineando un percorso autodidatta che nel tempo ha condotto Felice Serino, senza dubbio, ad un certo livello e ad un valore confermato dai lettori, che in questi versi ritrovano attenzione e dettagli degni di nota. Tra queste pagine si avverte nitido e si legge con ricchezza di linguaggio l'amore del poeta per la sua materia, la Poesia, alla quale vengono dedicati versi colmi di rispetto e speranza, ma anche di meraviglia, come se tutto il tempo già trascorso a scrivere fosse un tempo mai passato, ma ancora nuovo e tutto ancora da vivere; un tempo, quello della poesia, che rende vivo e appassionato il poeta, che felicemente ne trasmette al lettore.

Una presenza che si lascia osservare da vicino, e che mi piace evidenziare in questa sede, in un remoto altrove, dove per remoto si intendere non già un luogo lontanissimo nel tempo, quanto piuttosto un punto lontano dall'occhio per il quale, però, è ancora possibile la visione distinta, è quella dell'angelo, presente in un nucleo centrale di componimenti, i cui versi spesso definiscono anche la poesia stessa e finanche il pensiero dell'autore: è ubiquità ed ali l'angelo / o essere-pensiero; asimmetriche tracce / lascia la poesia ch' esprime / l'angelo-farfalla; poesia / è dove l'angelo perde una piuma; nella camera della mente / non è detto non t'appaia l'angelo / dell' affresco / che ti rapì quand' eri bambino; memoria di volo / dell' antenascita – quando l' angelo / benigno si piegò / nel vestire la carne. Un messaggero reale, l'angelo di Felice Serino, che avvicina l'Uomo alla parte meno tangibile, alla sfera celeste, all'oltre-umano, che appare nelle poesie, al posto della divinità e in nome del sacro, completando quel dualismo carne-spirito molto forte nel pensiero dell'autore, nella speranza di avvicinarsi sempre un po' di più al secondo, attraverso la riflessione e l'esperienza del primo.

Le altre poesie di questa silloge levano liriche a svariati argomenti, momenti che hanno suggestionato l'autore e attimi che hanno mosso penna e sentimento e che si configurano come luoghi di riflessione per il lettore, che mai esce deluso dalle pagine di Felice Serino (in chiusura si riporta una breve selezione di testi), il quale, con maestria, conclude questo nuovo lavoro con una poesia intitolata "Alba", che già di per sé è un programma ed un invito alla prossima pubblicazione. [Angela Greco]

*

Alba

.

nella luce che sale

generosa sei

come musa che l'abbrivio dà

col primo verso

.

-aria

di vetro – parola sospesa

.

come andare in mare aperto

.

sogno o stato di grazia

.

.

.

Quella che appare

.

quella che

appare – che luccica o getta

ombre – non è la realtà

che credi

.

se ci pensi: perfino

quest'essere-soma non è

reale ma in divenire – carne

e proiezione del cielo

.

reale è ciò che non

vedi – e che ti fa dire

Amore

.

quando ti genufletti nella luce

.

.

.

Tu madre del mio silenzio

.

tu madre del mio silenzio

tu cattedrale del sangue

indiato

.

-poesia- apri lunghe sospensioni

e varchi

e archi di luce ricrei

tra ciglia d'amanti

.

tu fai spuntare fiori tra le pietre

preservi un raggio di sole

.

per gli occhi persi

del povero cristo

nei giorni anodini

.

.

.

Ai margini del foglio bianco

.

occupi il bianco ai margini

dove apporre note

varianti

.

restano obliqui segni

come di ferite

su aborti di pensieri

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è il vasto mare del possibile

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vi si estenua

nelle sue immersioni il sub

per una parola-perla

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https://ilsassonellostagno.wordpress.com/?s=In+un+remoto+altrove+di+Felice+Serino

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Felice Serino – "Palpiti di cielo" – e-book – https://www.poesieinversi.it 2015

Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia. Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano poeti anche prestigiosi. "Palpiti di cielo", il libro che prendiamo in considerazione in questa sede, è connotato da un linguaggio pervaso da un forte misticismo nello sperdersi e indifferenziarsi dell'io poetante in spazi cosmici, interspazi, galassie o anche in squarci naturalistici. La scrittura è composta e composita, elegante e armonica e quasi tutte le composizioni sono suddivise in strofe. Spesso c'è un tu, al quale il poeta si rivolge, del quale ogni riferimento resta taciuto. La raccolta è costituita da due sezioni, quella eponime e quella intitolata "La composizione della luce". La prima composizione, "L'indefinito", che nel suo nome riecheggia vagamente "L'infinito" leopardiano, ha un tono programmatico, in quanto, in essa il poeta riflette nell'incipit sulla stesso poiein, sulla poesia medesima e sulla ricerca dell'ispirazione, cosa che avviene anche in altre composizioni: "E' nello spazio delle attese/ nel bianco del foglio". I suddetti versi spiegano e descrivono efficacemente il caos calmo dal quale emergono i testi poetici dopo una misurata pausa, quasi un raccoglimento preliminare del poeta stesso. Ottima la tenuta dei versi lunghi che Serino sa ben controllare. Ogni componimento fluisce in lunga ed ininterrotta sequenza e tutte le poesie iniziano con la lettera minuscola, elemento che produce sospensione e fascino, creando il senso di un'arcana provenienza, di un ipersegno possibile e affascinante. Temi fondamentali sono quelli della vita e della morte, il cui timore è superato tramite la raffigurazione di paesaggi iridati come quello dove il verde grida in folti ciuffi e gli alberi si cambiano d'abito.

Nell'ambito del tema della poesia che riflette sulla poesia stessa, anche il libro di poesia fresco di stampa può divenire oggetto di riflessione, per il vertice di emozioni che il poeta prova avendolo tra le mani. Non mancano composizioni di stampo religioso, che si rifanno ai testi evangelici. Tutte le poesie sono dense concentrate e ben risolte. E' spesso presente anche la vena di fisicità mistica, quando vengono detti abbracci senza mani e corpi immateriali. Una natura intrisa di mistero e stupore s'insinua nelle pagine che sembrano sottese ad un segreto antico. Poetica che ha il pregio di essere complessa e chiara nello stesso tempo, nel suo strutturarsi. Un tema trattato con suggestione è quello dei figli partiti per un eldorado e ai quali si fa l'invito di reinventarsi una vita nella fugacitàdel tempo. Poetica che di libro in libro brilla per originalità e compiutezza quella di Felice.

Raffaele Piazza

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Nell'infinito di noi – 2015–2016

https://www.poesieinversi.it

Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, è' un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia.

Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano poeti anche prestigiosi. E' stato tradotto in otto lingue.

In Nell'infinito di noi, che presenta una presentazione di Giovanni Perri ricca di acribia, Serino continua ad elaborare la sua personalissima e originale ricerca letteraria.

La raccolta è suddivisa in due sezioni, entrambe costituite da quarantacinque componimenti, Lo sguardo velato e quella eponima.

Se la poesia è in se stessa sempre metafisica, si deve mettere in evidenza che, di raccolta in raccolta, Felice riesce a produrre componimenti collegati tra loro che, oltre ad essere metafisici, sono connotati sempre da un forte alone, o ancora meglio, da un'aurea di sorprendente misticismo postmoderno.

Il suddetto si può evincere, sia in testi che hanno come oggetto o tematica figure tratte dall'immaginario religioso, come il Cristo o gli angeli, sia quando il poeta proietta la sua vena trascendente in situazioni del tutto quotidiane, nelle quali l'io – poetante e le varie figure protagoniste, dette con urgenza, sono in tensione appunto verso l'infinito (e qui giocano un ruolo importante le tematiche della nascita e della morte).

Un accentuato senso del sacro caratterizza Nell'infinito di noi. Esso qui trova la sua espressione estrema, rispetto alle raccolte precedenti del Nostro, nelle quali già si notava.

Il poeta sembra suggerirci, con il titolo della raccolta, che noi esseri, come persone, pur vivendo sotto specie umana, per dirla con Mario Luzi, già nel nostro transito terreno siamo infiniti e che le nostre anime sono immortali.

I componimenti sono tutti connotati (e non potrebbe essere altrimenti per quanto già affermato), da sospensione e magia che si realizzano nei versi icastici, veloci e leggeri.

Stabile è la tensione verso il limite nella ricerca dell'attimo in senso heidegeriano, della vita oltre il tempo degli orologi.

Così Serino produce tessuti linguistici pieni di illuminazioni e spegnimenti, nei quali è visibile una luce, che è appunto quella di una realtà soprannaturale, che si proietta tout-court in quella delle nostre vite, restituendoci una notevole carica di senso.

Particolarmente affascinante, nella sezione eponima, la poesia intitolata proprio Nell'infinito di noi, nella quale sono stabili visionarietà, sospensione e dissolvenza.

In questa il tu, al quale il poeta si rivolge, e del quale ogni riferimento resta taciuto, è Nina, una figura che, nell'incipit, volteggia nelle stanze viola della memoria. Qui si evidenzia una forte tensione attraverso una parola sempre raffinata ed avvertita.

Particolarmente alto il verso apparire o entrare nello specchio/ dell'essenza, nella quale è presente una forte valenza ontologica. Nella seconda breve strofa della composizione il tu afferma che qui siamo affratellati nel sangue con la terra e la morte.

Poetica mistica, dunque quella di Serino, la cui cifra essenziale è quella di una parola che scava in profondità per riportare alla luce l'essenza dell'esistere in tutte le sue sfaccettature.

Raffaele Piazza

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Il sospiro del Daimon: "La Vita nascosta" di Felice Serino

Scritto da Sabrina Santamaria.

L'anima poetica decanta i suoi versi con espressioni sublimi e soavi. Alcune allitterazioni e anafore costituiscono una dolce sinfonia che suggerisce al lettore una sensazione di morbidezza. Il poeta Felice Serino è un autore presente nel panorama della letteratura nazionale e internazionale da circa mezzo secolo; l'originalità dei componimenti del nostro poeta è un sospiro ineffabile, in alcuni versi era come se stessi origliando il canto eterno di serafiche espressioni; molte poesie in "La vita nascosta" donano la piacevole sorpresa di rimanere sospesi a mezz'aria e tendono la mano al lettore per varcare le trasognate porte dell'infinito, uno degli scopi di questa raccolta poetica, ricca di significati e contenuti, è quello di estraniare il lettore dal nostro consueto mondo, regime del pratico inerte. Il titolo stesso dell'opera "La vita nascosta" ha molteplici chiavi di lettura; l'uso dell'articolo determinativo conduce all'estasi in cui la figura retorica della personificazione diviene candida essenza vitale, alito e soffio dell'amplesso del vivere; fra l'altro, il poeta fa molto riferimento ai sostantivi singolari per farci comprendere che la verità risiede nell'Assoluto("scrivere la luce inginocchiato nella luce inspirando bellezza ch'emana come da un tempo altro/ pure ami la luce ferita: chiedile delle infinite crocifissioni fattene guanciale in notti di pianto"- "Chiedilo alla luce", pag 31) e non nel mero e sterile relativismo in cui il pensiero di massa si perde nel fagocitante conformismo dunque la Somma realtà trova l'epicentro nella singolarità, nell'Uno: "girovagare tra luminarie e vetrine ti richiamano all'incanto del bambino mentre ti lacera dentro la morte del clochard sotto i portici nel gelo" ("Fine anno", pag 26), .

L'aggrapparsi violentemente a una dimensione eterna è la peculiarità del nostro poeta, colui che soffre prendendo le distanze dalla società odierna che propone o il nichilismo dell'io o l'elevazione dell'uomo a divinità: "ricusi l'abisso capovolto intriso del Suo sangue/ dall'orlo della luce ti distanzi in vaghezza dell'effimero/ vanagloria leva al cielo un pugno d'aria"( "Blasfemia", pag 32); dalla lettura di questa silloge trapela un certo temperamento dell'autore, un uomo da un forte equilibrio interiore che ricerca la pacem in terris con il creato, con il cosmo e con gli esseri umani

La scelta dello stile libero senza rime e schemi metrici nell'opera poetica si addice molto al sentire dell'autore che si eleva a voli "pindarici" però Felice Serino compie una catarsi e una liberazione dai suoi istinti di morte tanto è vero che le sue liriche partono con l'esplorazione degli abissi negli inferi e raccontano delle profondità più oscure infatti le prime poesie puzzano del tanfo fetido di una decomposizione dell'animo, è come se il lettore fosse condotto nell'imbuto infernale dantesco e dai vari strozzati enjambement si odono le grida di Cerbero e la puzza di zolfo tuttavia lo smarrimento del poeta non è reale, ma solo figurato quindi l'esodo è interiore. Il travagliato viaggio si evolve e cammin facendo i latrati si tramutano in canti e inni alla bellezza, sulle prime le odi descrivono con fierezza l'immagine dell'immanente per poi giungere, come in una sorta di dialettica hegeliana, allo Spirito Assoluto, all'Apeiron, all'Archè; si schiude il varco alla visione della scala di Giacobbe, Felice Serino gradino dopo gradino si appresta all'eterea sostanza cosicché all'apice della sua produzione letteraria del nostro portavoce privilegiato le liriche solenni di "La vita nascosta" giungono a un train d'union o a una liaison con l'Eterno che fa breccia al miracolo più grande ossia la Salvezza e la Crocifissione del Cristo e su questi due caposaldi si fonda buona parte della vena poetica di questo scrittore il quale è sempre lesto a caldeggiare infiniti mondi possibili attraverso le sue fervide ispirazioni a volte, anche, strettamente intrecciate a dei sogni o a delle visioni che vengono tenacemente narrate e descritte in taluni casi facendo molto leva sull'astrattismo e su Kandinskij o in altre circostanze si rende omaggio e onore a scrittori che ci hanno accompagnati nelle vicende storiche del secolo scorso come Montale, ispirandosi a "Ossi di seppia", e crea un parallelismo fra l'aridità spirituale e l'immoralità in cui è scaduto l'uomo contemporaneo e la metafora montaliana dell'osso di seppia in cui Eugenio Montale mette in luce l'eventuale cristallizzazione della figura poetica in cui si propina una crisi profonda del letterato. "La vita nascosta" è un tuffo nei meandri dell'infinito e dell'eternità, è un tentativo molto azzeccato di solleticare con la punta della penna il demiurgo platonico oltre, però, il fantomatico mondo delle idee, siamo al confine di una deus ex machina in cui il canto poetico pizzica le aulenti note di un Daimon segreto e misterioso.

Sabrina Santamaria

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Vita trasversale e altri versi (2017-2019) di Felice Serino – nota di Angela Greco

22 DICEMBRE 2019 ~ ANGELA GRECO – ANGRE

Felice Serino (Pozzuoli, 1941), in questa prima metà del 2019, offre ai lettori una nuova raccolta di versi – Vita trasversale e altri versi (2017-2019) – densa, corposa e sempre degna d'attenzione, nella quale mette nero su bianco, oltre ai suoi distintivi temi, anche la grande voglia di comunicazione e condivisione, che da sempre caratterizza la sua poesia, fruibile on line in un susseguirsi di confronti in siti e riviste, luoghi telematici e persone, utili senza ombra di dubbio alla crescita dell'autore, unitamente al suo interesse fine e svariato per la lettura. Di quest'ultima opera è interessante segnalare l'apparato di note critiche e recensioni (riferito alle più recenti pubblicazioni) che chiude il testo: una raccolta di autori, che hanno letto e condiviso

la poesia di Felice Serino, che hanno seguito i suoi passi, fino all'attualità, momento ancora in divenire, testimonianza della continua ed efficace formazione dell'autore. Ecco, la lettura dei versi di questa Vita trasversale dovrebbe iniziare da qui, dalla consapevolezza di essere in cammino, in transizione tra due mete e con la voglia sempre viva di procedere, di essere un ponte gettato tra un ricordo e un sogno, tra l'accaduto e la speranza, tra il vissuto e l'augurio per il domani.

Il libro è articolato in tre parti (Vita trasversale, Trasparenze, In un remoto altrove) che raccolgono 'percorsi' utili ad orientarsi tra le oltre cento poesie raccolte negli ultimi anni di scrittura. Una lettura impegnativa dal punto di vista fisico, ma scorrevole e interessante all'atto pratico, che conferma Felice Serino autore prolifico e disponibile a mettersi in gioco, al grande tavolo della poesia contemporanea, ad incontrare il punto di vista altrui sui suoi componimenti asciutti, concisi, dal verso breve, in assenza di punteggiatura e punto finale, confermandosi, inoltre, fonte sempre viva di input supportato in quest'ultimo lavoro dall'efficace presentazione di Donatella Pezzino, che pone l'accento – che condivido, come in altri scritti già detto – su quel che è il cardine della poetica di Serino, scrivendo: "Qualsiasi cosa saremo, siamo stati amore, ed è questo ciò che potrebbe sopravviverci. L'amore, eterno e ubiquo, ha una forza pari soltanto a quella della fede." Dunque, poesia che vince il tempo mortale, come l'amore vince tutto e, facendo eco alle parole di Virgilio, a noi non rimane che arrenderci all'amore e alla poesia, mi permetto di aggiungere, riportando in compendio alcuni versi: una farfalla è una farfalla ma / tutto un mondo nella sua essenza // la natura / riflesso del cielo è preghiera / ogni respiro ogni sangue / vòlto verso l'alto è lode // l'anima nel suo profondo / in segreto s'inginocchia e piange ("Tutto è preghiera") e, anche: Infinite vite infinite vite possibili / ha forse l'anima quel che è detto da taluno / l'essere moltiplicato // mai si chiude il cerchio? // è come traversare innumerevoli / porte nei meandri dei sogni / o abbandonarsi a visioni / di déjà vu // non si chiuderà il cerchio se / come si sa / è del Demiurgo un continuo creare / infiniti / mondi-entità col solo sognarsi ("Infinite vite"), che ben evidenziano il senso finale della poesia di Felice Serino, unitamente ad un senso di pluralità al quale è difficile sottrarsi.

Le poesie della prima parte, Vita trasversale, sono un inno allo spirito, alla preghiera e alla Luce, in cui si incrociano e sovrappongono dediche a questioni religiose e a persone scomparse, confermando la forte fede dell'autore, nutrita di rimandi filosofici, occidentali e orientali, supportata dalla costante presenza di entità extra corporee, angeli e sogni, in forza alla poesia stessa, che racchiude anche una bella sezione dedicata alla Musa, da cui deriva la Poesia stessa, in cui Serino ci lascia intuire il suo concetto di poeta e poesia.

Trasparenze, conferma i temi della prima parte, con versi più concreti, ma sempre qualche passo più in alto del suolo calpestabile, adornati di ricordi ed esperienze, in una deriva verso i tempi moderni: anneghi / nell'effimero d'una vita marginale // tenti nell'indaco prove di volo / -fino a che dura il sogno // da quale parte è la verità ti chiedi / nei momenti lucidi ("Prove di volo"); oppure: combatti contro i mulini / a vento delle ipotesi / ti vedi quel filo d'aquilone / tenuto da un bambino e / toccare il suo cuore e il cielo // o quel bimbo ti vedi / tenuto dal genitore per mano // o ancora -tra fremiti d'ombre- / quel figlio prodigo / che ti torna in sogno: che anni / scavalca a ritroso // per chiedere perdono / al padre sul letto di morte ("Ipotesi dell'impossibile"); in "Se avranno voce" si legge: ed è pleonastico il tuo dire / i tempi son cambiati e / alle piante seccano / i timidi germogli // i pesci son gonfi di plastica e / i cieli di cenere / e i mari piangono coi miei occhi // lasciare parlino i fatti / se voce avranno / in una -lesta?- inversione di tendenza .

L'ultima parte del libro, intitolata In un remoto altrove, sembra riassumersi nei versi di "Indivisa sostanza", che recitano: sono indivisa sostanza / dimora delle origini / porto il respiro di voci / tra ramate ombre // nelle trame del vento / lascio si dilegui la morte / mi vivono nella carne / illimitati cieli // mi ustiono di rosacea luce, in una ricognizione del proprio operato e del proprio sentire, spaziando dall'arte ai fremiti di un cuore che non smette di scrivere ed essere poesia, una via di riflessione e un punto d'appoggio, forte del suo percorso anagrafico ed esperienziale, che concede al poeta di poter dire, in chiusura, che "Tutto è ancora possibile". [Angela Greco]

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Tutto è ancora possibile

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ti senti altrove e il più

delle volte fuori dal coro

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ti chiedi se -nell'ordito della vita dove

si spezza la parola- ti sei perso

qualcosa – vorresti allora

rovesciarti come un guanto

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riconoscerti come il

fuori del tuo dentro

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aprirti a un' alba che

diradi questa

corolla di tenebre

.

e sai che tutto

è ancora possibile

.https://ilsassonellostagno.wordpress.com/2019/12/22/rileggendo-il-2019-vita-trasversale-e-altri-versi-2017-2019-di-felice-serino-nota-di-angela-greco/

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Trasparenze 2019 2020 di Felice Serino letto da Angela Greco

27 APRILE 2021 ~ ANGELA GRECO – ANGRE

Felice Serino Trasparenze 2019 2020La poesia di Felice Serino, in questo tempo difficile e non ordinario, appare al lettore come una epifania; una luminosa presenza utile a prendere consapevolezza di taluni dettagli, che non sfuggono al poeta, attraverso i quali sperare in qualcosa di più, oltre quello che si vede. Serino attraversa le occasioni che gli vengono offerte quotidianamente dal vivere con i sensi disposti a percepire e a codificare quello che accade, anche tra le righe, attento a circoscrivere con perizia l'evento, per fornire una eventuale chiave di accesso, senza imporsi o alzare la voce, quanto piuttosto con la pacata ragionevolezza di chi affronta le situazioni forte del proprio bagaglio spirituale ed esperienziale.

"Trasparenze 2019 2020" (pubblicato in formato elettronico dal sito "Poesieinversi", con prefazione di Donatella Pezzino) è un altro tassello degno di nota nel lavoro poetico dell'autore; lavoro, che va sempre più affinandosi col procedere delle condivisioni dei versi con i suoi lettori, ponendo in tal modo l'accento sull'importanza, anche in Poesia, del confronto e dello scambio, elementi assolutamente necessari alla crescita.

La raccolta si apre con una emblematica poesia, che funge, a parer mio, anche da incipit: Giobbe, antonomasia della pazienza, nella quale, elaborando la tradizione classica di affidarsi, in incipio, alla divinità, il poeta per mezzo del protagonista invoca l'atto essenziale per il quale, con buona ragione, sembra addirittura scrivere, in due versi dalla forza non indifferente, che tolgono ogni dubbio al fatto che per Serino il vivere è affidarsi a qualcosa di più grande di lui (sacro e poesia, d'altro canto, si possono senza dubbio mettere sullo stesso piano):

Signore liberami

da questa gravezza della carne

-ora mi pesano gli anni

come macigni-

ascoltami – quando

il sangue grida le ferite della luce

ed io come giunco mi piego

in arida aria

Si ritrovano, sempre con piacere, gli elementi caratterizzanti dell'autore; ed ecco che l'occhio non manca di osservare tutto quello che c'è intorno, con riferimenti ad altre materie, oltre quelle letterarie ed artistiche, evidenziando il tutto tondo della poesia di Felice Serino, la sua innata curiosità e la sua volontà di rendere partecipe la poesia di ogni momento della sua esperienza di vita. La trascendenza, tuttavia, sembra avere il posto d'onore in questi versi brevi, incisivi e pregni di terminologie specifiche, trai quali, con una sola parola, spesso si può leggere la tendenza del poeta al ragionamento filosofico, all'interrogazione di se stesso in rapporto al mondo, sempre con la pacata tensione dell'attesa di una risposta di chi sa, però, che non arriverà, perché i quesiti posti sono di un ordine ben oltre questo umano che attraversiamo, come ad esempio si legge in Rinascere negli occhi o in A prescindere, a seguire:

all'inizio nel tempo

primigenio

il primo stupore in un volo

ai piedi dell'angelo

sarà poi precipizio della luce

ma si resta

nella memoria della rosa

che vuole rinascere negli occhi

*

questo uscire rientrare nell'alveo celeste

è racchiuso in un tempo

rallentato

un lampo nel cuore dell' universo

t' è stato messo nel cuore il senso

dell'eterno – a prescindere

ogni giorno ti riscopri vivo

come il seme

Una poesia, quella contenuta in "Trasparenze 2019 2020", che non manca di riferimenti anche ad episodi più concreti, vissuti dall'autore o dedicati a persone reali, che hanno il grande pregio di avvicinare il poeta al lettore, in un rapporto di reciproca stima, indubbiamente lodevole; Serino non spiazza con trovate lessicali ad effetto o termini ineleganti, tutt'altro; la sua è una poesia che continua a carezzare il fruitore anche quando tratta temi scottanti o difficili, con una delicatezza che non può non essere propria della persona che scrive, perché sarebbe difficile creare ad arte quel sentimento che si stabilisce durante la lettura di un'opera. [Angela Greco AnGre]

Cieli capovolti

nel cavo del grido

deflagra rombo di tuono e

scalpitano nella testa

destrieri impazziti

egli non vede

più il corpo della madre

solo cieli capovolti e

accovacciato in un angolo

della parete che separa

vita da vita

trascorre le ore vuote suonando

l'ocarina

https://ilsassonellostagno.wordpress.com/tag/punti-di-svista/

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La poesia come atto di fede.

Recensione a Trasparenze 2019-2020 di Felice Serino (Poesiainversi.it, 2021)

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Di Mario Saccomanno

Sono diversi i punti fondanti intorno cui gravitano le poesie che compongono l'ultima raccolta di Felice Serino che porta il titolo Trasparenze 2019-2020 (Poesiainversi.it, 2021). Per questo motivo, una breve presentazione del testo come quella che si vuole offrire al lettore in queste righe risulterà inevitabilmente carente di molti aspetti. Si aggiunga che l'autore possiede una conoscenza minuziosa dei mezzi poetici, affinati con l'esperienza che traspare anche dagli altri lavori che precedono la silloge che si vuole prendere in esame. Di conseguenza, le analisi che verranno tracciate possono risultare proficue in particolare se utilizzate come spunto per avvicinarsi alla poetica dell'autore con l'intento di leggere le poesie con un piglio personale, cercando strade interpretative individuali che possono anche distaccarsi enormemente da quanto verrà proposto in questo contesto.

Dopo questa premessa indispensabile, il primo punto che occorre evidenziare è il tema della fede, filo rosso della silloge. Per capire il tipo di

fede a cui Serino si riferisce e comprendere la pervasività di questo aspetto, ci si può affidare a quanto descrisse nel libro La confessione il celebre scrittore russo Lev N. Tolstoj. A prima vista, potrebbe sembrare azzardato prendere le mosse dal testo tolstojano, eppure proprio in quelle pagine Tolstoj giunse ad affermare che l'assurdità della vita era evidente soprattutto se si guardava ai modelli di vita ostentati dalle classi agiate. I frutti di questo approccio si riscontravano nelle ultime strade percorse dalle scienze, nei modi di intendere la società e, ancor di più, nella violenza imperante. Quelli appena elencati, sono tutti temi che nella raccolta di Serino ricoprono un ruolo importantissimo e decisivo.

A Tolstoj, osservando la massa delle persone, i popoli, in contrapposizione proprio alle caratteristiche predominanti delle classi agiate, impantanate nell'ozio, risultò evidente una cosa: la vita aveva uno scopo. Quel senso ultimo di ogni gesto era garantito dal possedere una fede semplice e radicata nella quotidianità. Da questa convinzione, Tolstoj cominciò ad affinare la sua visione del mondo basata, sempre più su una fede universale riflessa in un principio, il rifiuto di utilizzare la violenza, che provocò reazioni disparate, sia di disprezzo, sia di profonda ammirazione, come avvenne nel celebre caso di Gandhi.

Il libro di Felice Serino parte da un assunto, che è l'assunto tolstojano: il bisogno di credere. È questa fede che smuove il ristagnare della vita. Senza la fede non si può giungere oltre gli angusti confini materiali di ogni esistenza. Del resto, sin dalle prime righe della Prefazione, Donatella Pezzino presenta egregiamente quest'aspetto al lettore affermando: «In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l'esatta ubicazione, aprirla, e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell'amore, nelle energie della natura, in sé stessi».

Dunque, nel testo di Serino questo bisogno di fede assume, come appena avuto modo di notare, tratti differenti in base al contesto precipuo e al bagaglio culturale ed esperienziale del singolo. Di sicuro, è un aspetto sotteso in ogni verso dell'autore incluso nella raccolta che si sta prendendo in esame. Di più: sembra possibile affermare che senza l'assunto della fede non potrebbe mai prendere forma l'illogico e indispensabile gioco poetico presentato dal poeta.

Il riflesso più grande di questo approccio poetico-comunicativo basato su un atto di fede è lo sgretolarsi di ogni barriera che intercorre in chi è impantanato costantemente nel divenire, costretto a una continua peregrinazione, a un eterno calpestare le strade del suo ultimo presente. Nella raccolta, Serino si occupa con vigoria proprio di questa condizione, con un linguaggio che acclude diversi registri, intrecciati sempre con sapienza al punto che risultano essere in grado di soddisfare le esigenze che sottendono la costruzione di ogni singolo verso.

È tramite questo approccio che nel testo risulta evidente come ogni mancanza che segna irreversibilmente il singolo venga prontamente colmata da un ricordo, da una continua presenza, viva e penetrante, che risulta essere in grado di indicare i modi adeguati che conducono a sciogliere i nodi di ogni nuovo inevitabile inciampo esistenziale.

Così, la poesia è il riflesso di questa condizione di insicurezza e fragilità. Diventa tonico per l'esistenza, specchio di una continua ricerca. In effetti, a ben vedere, i versi di Serino sono l'unico modo attraverso cui l'autore può comunicare al lettore tutte quelle condizioni che il linguaggio ordinario non può contenere nella forma usuale. Appellarsi alla poesia e alle sue regole perennemente in bilico, che necessitano di una compartecipazione costante e duratura del lettore, significa abbracciare la possibilità di cogliere gli aspetti che – sembra affermare l'autore in conclusione – non solo sono ben presenti negli atteggiamenti quotidiani, ma si pongono come elementi regolatori e determinanti di tutte le esistenze.

Dunque, l'atto di fede, il credere che viene richiesto al lettore, non è un azzardo, ma viene riscontrato nella quotidianità, nell'osservazione minuziosa degli atteggiamenti mostrati dagli uomini. Per questo motivo, un altro elemento fondamentale della poetica dell'autore è il prendere costantemente le mosse dall'analisi degli avvenimenti peculiari del presente, filtrati principalmente i comportamenti e gli umori mostrati dalle persone più vicine. È in questa quotidianità che si annida sempre il bisogno della fede, della speranza. Proprio in questo contesto il linguaggio canonico perde il suo significato. Ecco perché solo la poesia sembra indicare un modo attraverso cui indicare al lettore la possibilità di percorrere una strada, solo apparentemente impervia, che possa far cogliere i tratti distintivi di una quotidianità che spesso si vive senza partecipazione attiva.

Serino rassicura in più luoghi del testo come, al di là delle difficoltà di fare i conti con un nuovo alfabeto che regoli la propria esperienza vitale, il modo attraverso cui scardinare i muri che contornano il presente è un qualcosa che sembra quasi essere spontaneo una volta che si ha avuto la forza di volontà di percorrere i primi faticosi passi. Del resto, questo risultato è ben visibile non solo nelle principali religioni che hanno contraddistinto da sempre l'uomo, ma anche nelle figure di spicco d'ogni secolo. La semplicità è contrassegnata nella fede nell'amore, in un amore che da particolare si spinge, quasi ficinianamente, ad amore universale e che, in una spirale infinita, include ogni particolare in un contesto più ampio.

Questa percorso, nel testo di Serino, è un compito che spetta al singolo. Eppure, nel peregrinare continuo sulle strade spesso secondarie del presente, il bisogno dell'altro è sempre fondamentale, specialmente nei contesti più usuali, quelli intimi. Da qui, nasce anche il bisogno di riportare la propria esperienza, i ricordi, il vissuto avvalendosi dei versi quasi come forma diaristica. Da questo punto di vista, Trasparenze è una testimonianza, una sorta di confessione utile a indicare il modo attraverso cui l'autore è giunto alle sue conclusioni. Per rifarsi ancora alle parole di Donatella Pezzino: «Più che limitarsi ad essere credente, l'uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio».

È possibile analizzare i temi passati in rassegna finora facendo riferimento ad alcuni versi presenti nella raccolta. Di sicuro, sin dalle prime poesie della silloge risulta evidente come il tema dell'oltre sia l'elemento caratteristico della poetica di Serino. L'urgenza di allontanarsi in qualche modo, di liberarsi dalla «gravezza della carne» è un bisogno primario, al punto che spinge a percorrere i nuovi viaggi e finisce per assumere il tono di una richiesta, rivolta a se stesso, prima ancora che a Dio. Il bisogno di liberazione, l'andare oltre diventa necessario soprattutto nel caso in cui, utilizzando le parole del poeta, «come giunco mi piego / in arida aria».

Il bisogno del viaggio, il più delle volte interiore, capace di dare nuova linfa al ristagno in cui può versare un'esistenza è riscontrabile, ad esempio, in Musica sacra in cui si può leggere: «Il tempo si era fermato e / fu come uscire fuori da me / uno sconosciuto luogo di pace / mi accolse». Solo da questa nuova condizione si giunge all'empatia, tassello fondamentale di cui si discuteva già in precedenza, raccordo indispensabile tra l'uomo che percorre questo nuovo viaggio esistenziale di liberazione e «gli angeli e i morti». È proprio l'empatia che spinge energicamente a osservare le trame del presente con nuovo piglio. In merito si veda In questo giorno stordito di luce dove tuonano i versi «canto per la dignità dell'uomo / che fa della sua insopprimibile libertà / ali di luce // a lambire le fonti del sogno».

Non resta che sottolineare un ultimo aspetto della poetica di Serino: la musicalità delle sue composizioni. Del resto, tra i debiti mostrati e mai nascosti dall'autore spicca quello nei riguardi del celebre poeta Federico Garcia Lorca – si veda in merito Bocche di chitarre – che sulla musicalità delle sue poesie ha a lungo lavorato raggiungendo risultati indiscutibili. Le composizioni di Serino nutrono sempre il bisogno di una musicalità che deve permeare tutti i versi che, solo così facendo, possono diventare veste soddisfacente che copre i tratti dell'esistenza. Solo col ritmo impresso nella poetica, il messaggio può diventare davvero universale e spingersi oltre l'apparente staticità del vivere. Nella poetica di Serino la bonaccia quotidiana è spazzata via da un vento fatto di musica che risuona in parole ricolme di nuove possibilità che si insinuano nei meandri spesso insondati d'ogni uomo.

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Poesie scelte:

Giobbe

Signore liberami

da questa gravezza della carne

– ora mi pesano gli anni

come macigni –

ascoltami – quando

il sangue grida le ferite della luce

ed io come giunco mi piego

in arida aria

***

Dell'immaginario (del sogno)

Li vedevo salire dal mare

dal grande mare aperto

i miei morti che dispensavano sorrisi

era esplicito il loro invito

lo si leggeva negli occhi forti

di luce

ma una vocina dal di dentro

mi diceva

che non era giunto il tempo

***

Bocche di chitarre

alla sua morte per fucilazione

anche le chitarre emisero lamenti –

a un ordine dei generali

dalle loro bocche uscirono insetti

bibliofagi

a divorare pagine e pagine

di versi sparsi per il mondo

ma lo spirito del popolo è vivo

la memoria è vasta come il mare –

venne ricomposto il poema

insanguinato

fino all'ultimo rigo-respiro

si può uccidere un poeta

non la poesia

(Federico Garcia Lorca, 1898 – 1936)

***

Tra la bestia e l' angelo

tra la bestia e l' angelo

corda tesa sull' abisso

nel divario della mente dove destrieri

scalpitano inesausti

bivaccano i tuoi fantasmi

o si mimetizzano tra

la fantasiosa tappezzeria dei divani

semmai si annoiassero sai

dove trovarli: a giocare ore

e ore con le nuvole

tenendo al guinzaglio i sogni

***

Da un imperscrutabile sentire

ti attraversano come una luce sottile:

sono sempre con te i tuoi morti

mai andati svaniti -ci crederai?-

saldano le tue radici

"vivendo" con te ancora: ubiqui e

onnipresenti

da un imperscrutabile sentire

puoi percepirne al tuo fianco la presenza

sono essi a suggerirti in un soffio

semmai ti giunga

una ispirazione

sostano dentro gli specchi

si fanno tuoi consiglieri

quando non sai deciderti

sul colore di un maglione da indossare

allucinate presenze

ti accompagnano in quel mondo parallelo

ch'è la regione del sogno

***

Emarginato

quest'uomo: tristezza

d'albero nudo

avanzo di vita aperta

ferita

-occhi scavati

che perdono pezzi

di cielo

quest'uomo

puntato a dito

quest'uomo fatto

torcia

per gioco

Estratti da Afflati di Felice Serino (e-book, 2022)

Senza titolo 2

.

un'alba cadmio

apre spazi

inusitati nel cuore

.

usciti dal sogno

beccano sillabe

gli uccelli di Maeterlinck

in un cielo di vetro

.

da un luogo non- luogo

le uve dei tuoi occhi

chiamano il mio nome

genuflesso nella luce

.

.

Spleen 2

.

brusio di voci

.

galleggiare di volti

su indefiniti fiati

.

si sta come

staccati

da sé

.

golfi di mestizia

mappe segnate

dietro gli occhi

.

vi si piega

il cuore

nella sanguigna luce

.

.Vita nascosta

.

il muro d'aria che divide

luogo e non- luogo

o solo quell'esistere sognato

che torna come déjà vu

.

qui solo apparire:

l'essere è vita

parallela – nascosta

.

..

Felice Serino (Pozzuoli, 1941), autore prolifico, redattore presso molti lit-blog e riviste on line, ha all'attivo diverse sillogi poetiche; la sua poesia è tradotta in diverse lingue. Con Afflati (scaricabile cliccando QUI), il nuovo e-book creato all'inizio di questo 2022 in cui raccoglie la sua produzione poetica 2019 – 2020, rinnova il legame con i suoi lettori.

In effetti, quello che si stabilisce con questo autore è un legame di fedeltà, tra se stesso e i suoi temi e tra il poeta e il suo pubblico, il quale, ad ogni lettura, rileva una sfumatura, coglie un significato in più, in un'attesa mai delusa nei confronti di questa poesia che, col passare del tempo, si eleva, percorrendo man mano proprio quella strada auspicata dall'autore nella stesura dei propri versi.

La lettura è introdotta da una breve ed efficace Prefazione redatta da Enrico Marià, che si sofferma, a giusta ragione, sull'introspezione, che diventa patrimonio comune, esternato con sonorità lievi, mai eccessive, fuori luogo o aggressive; un balsamo anche per questi tempi che stiamo attraversando, nei quali Felice Serino si pone, con la sua voce sensibile e costante, quasi come un punto fermo al quale riferirsi.

"Afflato", per definizione, è il soffio, ma anche l'ispirazione e nella poesia che Felice Serino ha incluso in questo titolo al plurale, ben si coglie questo momento particolare occorso nella vita del poeta, il quale sembra voler gradualmente lasciare le cose terrene per involarsi verso un cielo verso il quale l'anelito non è mai stato celato o mal esternato in tutta la sua produzione poetica. Il tono delle poesie detta quasi una suddivisione in due parti: nella prima si avverte un'assenza, una mancanza, quasi il poeta stesse usando la poesia per ricordare qualcosa o, meglio, qualcuno, che era presenza e che oggi ha mutato la sua condizione; nelle poesie successive, invece, si ritrova il Serino dei precedenti lavori, la sua forza e la sua radice, in un'analisi intima degna di nota e che mai abbandona i riferimenti culturali e artistici tipici di questo poeta.

La poesia di Felice Serino si apre sempre alle domande fondamentali, alle riflessioni filosofico-religiose, che fanno bene al lettore, ma anche alla rappresentanza italiana di questa scrittura, alla Poesia nostrana degli ultimissimi tempi intendo, spesso maltrattata con il trattare argomentazioni futili, quando non parli addirittura di questioni sterili con la scusa di essere specchio dei tempi.

[Angela Greco AnGre]

Il sapore del tatto

"Orizzonti di palpiti". Ed è già qualcosa di più di un titolo. Una dichiarazione di vita. E quindi di poesia. E di visione poetica. Felice Serino muta il senso, il tatto, rendendo tattile la parola sul rigo. Rigo che non è più orizzontale ma materia plasmabile, esistente, concreta. Serino, ci porta nell'oltre corpo, regno dei regni, dove tutto può il sentire. Il limite è attraversato. Non ci sono più contorni netti se non quelli dettati dal pulsare dell'anima: " ti senti altrove e il più delle volte fuori dal coro… e sai che tutto è ancora possibile". Ecco la chiave, la chiave che l'autore ci fornisce per scardinarci e scardinare. Le parole che non vanno sprecate perché: " sillabe cadute dagli occhi/ l'ingoio di stelle a svanire". La dimensione del non – ritorno per tornare a guardare l'oggi, il presente, l'ora, l'adesso con sguardo nuovo, puro, severo d'incandescente. Introspezione e universalità. Conoscersi per conoscere: " per l'uomo e il suo specchio/ dai mille rebus irrisolti/ dove confluisce la sua storia." Il poeta che, ancora una volta lui, si muta in guida, esploratore, generatore di quesiti e conforto: " sarà un capriolare/ di dolce vertigine/ come immergerti in una pace amniotica". Il passo sempre oltre sicuro perché incerto e certo delle incertezze che ci colmano in un continuo domandarsi, interrogarsi, chiedersi : "scuotersi dall'inerzia: vegliare/ con le lampade accese /nel turbinio del mondo". Sino a divenire corpo- poesia. Un crollo di pareti. Per altre dimensioni perché: "sempre viva è la rosa di sangue/ e splende di bellezza". E il palpito diventa rumore di mille mari calmi e mossi, cicli lunari, il suono dell'inestricabile a sciogliersi "cosa saremo/ chi ci dirà?". Il fiato si forma verso inscalfibile di chi ha visto l'invisibile e per noi lo traduce. "Dietro il velario di carne /chi siamo?" chiede il poeta pacificandoci viaggio che non ha fine. E che mai finirà.

enrico marià

.

Oltre lʹesilio di Felice Serino letto da Angela Greco AnGre

Autoproduzione che raccoglie liriche del 2020, questa nuova silloge di Felice Serino è una conferma, come già sottolineato nella Prefazione, dei temi e ancor più delle presenze care a questo autore, con uno sguardo alla realtà che fa ben sperare per il lettore. Cʼè vita, cʹè sentimento e cʼè voglia di vivere ogni momento, positivo e negativo, interrogandosi, soffermandosi, riflettendo su ogni dettaglio, ogni incontro, ogni situazione, giungendo con un linguaggio preciso, mai lasciato al caso o al desiderio di mettersi in mostra, dedicato con accuratezza.

Il trascorrere del tempo avvicina il poeta a temi esistenziali inevitabili; ma Felice Serino è capace di portare al lettore gli argomenti con quella grazia che è propria di chi ha consapevolezza della grande tribolazione e sa bene che la Poesia è onestà e che con essa non si può barare.

Nello scorrere delle pagine s´incontra il quotidiano, nel quale anche un percorso in autobus diviene occasione per riflettere materialmente sulla poesia, su questa compagna che custodiamo e che ci custodisce e che affiora nei momenti più inattesi per svelarci qualcosa che era sfuggito. E in questo fluire di versi affiorano i maestri, le passioni, le curiosità che hanno alimentato la fucina della scrittura e ai quali lʹAutore non manca mai di tributare componimenti; un personale pantheon reale-sentito nel quale il poeta vaga e raccoglie frutti da donare a profusione, perché "lʼuomo / è per la meraviglia".

[Angela Greco AnGre]

*

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino. Copiosa la sua produzione letteraria (22 volumi di poesia e numerosi e-book); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in otto lingue. Intensa anche la sua attività redazionale. Gestisce vari blog e siti.

*

Estratti da Oltre l'esilio di Felice Serino

Nella prima luce

.

ci accorgemmo che non siamo

esistiti che nel pensiero

.

è la mente che crea – essa si

materializza in ciò che vuole

.

nel grembo del cielo fu l'immagine

del primo uomo che

Dio sognò nella prima luce

~

Da un altrove

.

e tu a lumeggiare le mie sere

anima di candore e di sogno

.

si fa conca il cuore

ad accogliere

dei versi dettati da un altrove

~

Il dopo

.

ci aspetta sempre

un dopo: il di là

da venire

.

aria di nuovo aleggia

negli occhi – che ci

sorprenderà – e

.

ancora non sappiamo se

croce o delizia

~

La vita scorre

la vita scorre

e quel senso

sempre del fugace

in ogni cosa

ma il mare

il mare è nel cuore di Odisseo

che si interroga

a specchio del cielo

.

l'uomo

è per la meraviglia

Felice Serino, Lo sguardo velato – 2016-2017 letto da Angela Greco

La poesia di Felice Serino è un incontro atteso, un momento di conforto, una superficie solida a cui poggiarsi nella inevitabile stanchezza del giorno dopo giorno. Serino tratta la poesia con la quotidianità di chi è a lui familiare e i suoi versi mettono in luce l'affetto per la poesia stessa, la costanza che lo ha condotto fino ad oggi e l'estraneità a quei fenomeni sempre più diffusi dei personaggi in cerca di spazio e lode, che manipolano la poesia in favore del proprio ego o dell'ego del proprio editore.

Felice Serino, scrive come dono di sé all'altro, donando i suoi versi senza attendere nulla in cambio, ma, semmai, ricompensato dal fatto che le sue esperienze possano essere in qualche modo utili ad altri.

Realizzato nel giugno 2018 per il sito poesieinversi.it, "Lo sguardo velato" raccoglie

questo ultimo anno di versi e si apre con un esergo – in seno a cieli di cui non è memoria / dove nessun grido resta / inascoltato / lì è la vita nascosta – che è fin da subito un'immersione nei temi cardini della silloge e della poetica stessa di Serino: il cielo, quindi l'aspetto oltre il visibile degli accadimenti; la ricerca-conoscenza di Sé attraverso la frequentazione-studio del sacro e l'analisi del rapporto tra umano e divino.

Nel paese interiore

nel paese interiore   

eiaculo i miei sogni –

vivo una stagione   

rubata al tempo -mimesi

icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore   

brucia il mio daimon

di febbre e di luce

§

Dell' indicibile essenza

dell' indicibile essenza     

noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo

di cielo:   

in questa vastità soli

non siamo: miriadi

di mondi-entità ognuno

in una goccia   

di luce

C'è nei versi di questa raccolta, la calma di chi osserva tutto quello che ha intorno e di chi ha attraversato tanto delle cose del mondo; una quiete, che giunge al lettore con dolcezza e fermezza nelle convinzioni, come nella costante e decisiva presenza di Dio, una presenza che nello scorrere di queste pagine e delle varie opere dello stesso autore, si fa man mano più viva e vicina e alla quale non è rivolta nessun rimprovero, nessuna parola negativa, quanto piuttosto un sommesso ringraziamento per com'è andata (perché non è andata peggio).

La poesia e l'anima-spirito divino fanno parte per Felice Serino dello stesso comparto, a tratti della stessa dimensione, e la prima sembra l'abito che veste i secondi, la forma grazie alla quale si manifestano e Serino ci presenta così la poesia: dici poesia intendi finestra / affaccio dell'anima bagnata da alfabeti di lune / è finestra su un mare aperto / poesia    /per l'orecchio del cuore-conchiglia (Poesia-finestra), come un tramite tra l'esterno e l'interno che in questo caso è anima e anima è, per questo poeta, il divino che ci abita, come in questi toccanti versi dove la traccia del tempo che trascorre è di una bellezza particolare:

Il tuo volare alto

l'anima spando sulla terra

a ricambiarmi una solitudine

ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta

e ancor più poesia ti canto   

-del mio sangue azzurra ala   

ai confini della sera in quel

farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto

come preghiera

La pluralità di temi e livelli (fisico e metafisico, onirico e reale) emerge in testi come i due che seguono, che al meglio rendono il percorso di Felice Serino, sempre in equilibrio tra umanità e visone alta, attento ai dettagli di quanto lo circonda e consapevole del fattore tempo, utilizzato al meglio nel donare al lettore un vademecum per meglio procedere nei suoi giorni; quasi un consiglio da parte di chi non si è perso in sciocchezze, ma ha perseguito con fiducia e tenacia il dono della Poesia. [Angela Greco]

Stanze   

le notti inzuppate di sogni

quando

nonsense veleggiano

sulle ondivaghe acque dell'inconscio

o ti vedi seguire   

una successione di stanze

e ti perdi e ti ritrovi

in un'altra realtà-sogno o dimensione

§

Epifanie

vita che si guarda

vivere e ci guarda

vita che si pensa ed è

-riflessa vita che   

apre la fronte del mattino

ed è esistere

nel suo ricrearsi

epifanie   

*

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino.    Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da "Il dio-boomerang" del 1978 a "Dove palpita il mio sogno" del 2018); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in otto lingue.    Intensa anche la sua attività redazionale.    Gestisce vari blog e siti.   

Recensione a "Le voci remote" di Felice Serino

di Donatella Pezzino

In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l'esatta ubicazione, aprirla e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell'amore, nelle energie della natura, in sé stessi. Credere, semplicemente. Ecco, leggere Felice Serino è un po' come riappropriarsi della consapevolezza che quello stargate esiste, e che possiamo attraversarlo in qualsiasi momento, spinti dalla forza degli eventi, da un desiderio di trascendenza o dalla riflessione sull'oltre che ci attende alla fine dei nostri giorni. In "Le voci remote", l'anima del poeta ha raggiunto la sua dimensione ideale, meta di un lungo viaggio che lo ha visto percorrere a piedi nudi i vasti deserti umani alla ricerca del sé più puro, nel quale la grandezza dell'uomo sta nella sua valenza infinitesimale e il buio è solo assenza di Dio.

tu sei l'ombra

del Sé: l'alterego o se vuoi

l'angelo che

ti vive a lato nei

paradossi della vita

La lanterna di questo instancabile Diogene non si affida al lume ma al suono: un suono interiore, fatto di silenzi costantemente modulati allo scopo di rievocare i dolori, le gioie e perfino le insipidezze della vita trascorsa. E fra i suoni che questo silenzio è in grado di intercettare ci sono, appunto, le "voci remote": appena udibili alcune, più chiare e distinte altre. Un titolo niente affatto casuale, come casuale non è, in apertura, la scelta dei versi del poeta greco Ghiorgos Seferis sulle "voci remote/ delle anime in sogno" che riassumono in un certo senso la cifra dell'intera opera. Ma cosa sono queste voci remote, e a chi appartengono?

nell'oltre

non ci son porte e chiavi

è tutto -in trasparenza-

un fondersi di sguardi

Sguardi; anime; vite. Si, perché la dimensione "altra" non è un luogo solitario; al contrario, è un humus fertile d'amore a nutrire mani, volti e profumi che dalla realtà visibile, come tutti noi, sono passati; e che ora, abbandonati i pesanti costumi teatrali della quotidianità terrena, ci guardano e ci giudicano.

eccoti un ectoplasma ovvero

un antenato

a sentenziare da un aldilà

-non sapete neppure vestirvi

-bella forza: voi con i vostri

doppiopetti

vi credevate dio in terra o guappi

noi

casual-cibernetici

della libertà siamo bandiera

grida il rosso

del nostro sangue nelle piazze

per le ginocchia aria di primavera

Ma più spesso, in queste entità ultraterrene è l'amore a vincere: una pietas che non è -come si potrebbe pensare- l'atteggiamento compassionevole di chi, già in salvo sulla riva, cerca di portare conforto ai naufraghi ancora in mare; piuttosto, il contrario. A dispetto di tutti i luoghi comuni sul paranormale, Serino ci propone l'idea di un interscambio dove le barriere tra morte e vita si annullano e dove il bisogno di contatto non è univoco:

m'invitano i miei morti

a una uscita fuori porta

amano

farmi partecipe del loro mondo

m'avvedo

dagli occhi lucenti e i sorrisi complici

ch'è molto molto gradita

indispensabile quasi la mia presenza

ché senza orfani sarebbero

e tristi forse

pur essendo estraneo al loro mondo

di luce

Ma voci remote sono anche il frutto della nostra mente: i pensieri, le riflessioni, i sogni e tutte quelle immagini che non sappiamo spiegare e che

tante volte ci sconcertano per la loro potenza, ovvero

visioni aleggianti nelle

stanze del tuo sangue

che spesso restano sepolte per anni prima di riaffiorare dal nostro sottosuolo e che conoscono tutte le nostre debolezze, perché in esse abbiamo creato l'unico specchio in grado di afferrarci quando rischiamo di perderci:

vedi: se

qualcuno è a spiarti

non sei che tu

da un altrove

E poi, ci sono i sogni. In questo labirinto di immagini che si stendono come un ponte tra il visibile e l'ultraterreno, la dimensione onirica si configura come la materia che ci plasma e dalla quale, al tempo stesso, veniamo plasmati. In questo contesto, la poesia è l'unico linguaggio che rende accessibile il mistero, consentendo all'anima di ritrovare la strada:

in questo minuscolo essere

smarritosi

nella sua realtà-sogno

vedi te stesso se lasci che la vita

ti conduca lungo

i labirinti viola della mente

Il sogno è la culla, il rifugio. E' la linea di confine che rende possibile il momentaneo distacco dell'anima dal corpo; è, in ultima analisi, quel punto di contatto tra il nostro sé terreno e "l'altro" che prefigura il passaggio da questa vita a quella che ci attende.

il sogno è proiezione? o

sei tu in veste onirica

uscito dal corpo?

sognare è un po'

essere già morti

Eccola la porta, lo stargate: il valico che, in qualsiasi momento, ci mette in comunicazione con "l'altrove" consentendo alla nostra anima di espandersi e vivere, anche solo per pochi istanti, la vita che le è congeniale.

di notte sto bene con me e l'altro

sono io l'altro che -c'hai mai

pensato?- non proietta ombra

ombra di me è il sogno

come un bambino

avvolto dal regno delle ombre

affido tutto me stesso alla notte

E su tutto, come un velo impalpabile ma sempre presente, domina il pensiero della morte, intesa non come la fine di un ciclo, ma piuttosto come l'ennesima tappa di un viaggio: un nuovo giorno che si schiude e dove il peso delle cose di questo mondo è un fardello che si abbandona volentieri. Perché la vita che abbiamo sempre voluto non è che leggerezza, e la leggerezza viene dalla libertà, e la libertà è possibile solo sciogliendo le corde che ci legano alla materia:

confidare

nelle cose che passano

è appendere la vita

al chiodo che non regge

è diminuirsi la vera ricchezza

-arrivare all'essenza

lo scheletro la trasparenza

L'essenza, lo scheletro, la trasparenza: tutto qui tende allo spoglio, al nocciolo, allo sfrondo. Perché solo togliendo le sovrastrutture con cui spesso la vita ci inganna è possibile strappare il velo che ci copre gli occhi e arrivare alla verità. Un'esigenza, questa, che emerge sempre più forte nella matura poesia di Serino e che si riflette anche nell'impianto strutturale: nei componimenti brevi, nella crudità delle riflessioni, nei versi nudi fino alla scarnificazione. "Invettive", dedicata a Padre Pio, ne è un esempio eloquente:   

una parola un fendente

minimizzi

l'orgoglio un ordigno

inesploso

carità

ti accompagnerà nella polvere

Parola che scarnifica, dunque; che si fa, come la morte, strumento di scavo, liberazione, palingenesi, dando un nuovo significato agli anni che avanzano. Vincendo, soprattutto, l'atavica paura del nulla, con un fatalismo capace, talvolta, di sconfinare nello humour nero:

ho a volte il pallino

-farneticare dell'età-

che d'improvviso qualcuno mi spari

da un'auto che rallenta e poi via

-come in una scena da gangsters

-è fantasioso ma

freddamente reale

Sorridendo: si, perché uno degli aspetti più tipici della poesia seriniana è il sorriso, declinato in tutte le sue sfumature. Dolce nel rimpianto, feroce nel dolore, sereno nel pensiero di Dio; sornione a volte, mai cinico. Il sorriso del giusto, pronto a consegnarsi nelle mani di Dio con tutta la sua miseria, le sue cicatrici, la propria inesorabile condizione di uomo.

ricorda: sei parte

dell'Indicibile – sua

infinita Essenza

pure

nato per la terra

da uno sputo nella polvere

La religiosità di Felice Serino: cristiana, ma non solo. C'è, nella sua fede, qualcosa di universale, di applicabile a qualsiasi credo: un sentimento che è soprattutto apertura, anelito. Più che limitarsi ad essere credente, l'uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio.

una farfalla è una farfalla ma

tutto un mondo nella sua essenza

la natura

riflesso del cielo è preghiera

ogni respiro ogni sangue

vòlto verso l'alto è lode

l'anima nel suo profondo

in segreto s'inginocchia e piange

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-le-voci-remote-felice-serino/

.

Recensione di Donatella Pezzino a "Lo sguardo velato" di Felice Serino

Quando ci si accosta all'opera di Felice Serino, è difficile non notare il dinamismo della dimensione interiore: nonostante sia interamente incentrata sull'anima, infatti, la sua poesia è ben lungi dal ripiegarsi in sé stessa, poiché l'essenza umana è continuo movimento. La parola "ondivago", presente in diverse composizioni seriniane, esprime in modo pieno e immediato questo anelito al volo, quest'ansia di scrollarsi di dosso un'immobilità che è congeniale solo alla materia inerte. L'anima di Serino è un agglomerato di particelle che, pur restando unite, sciamano in tutte le direzioni, nella brama di riunirsi al loro elemento naturale: il Tutto. Ma, per seguire quell'ordine che appare insito nella stessa struttura del creato, quest'anima tenta di ravvisare nell'esistenza terrena un percorso logico e coerente, in cui il dispiegamento delle forze interiori possa dipanarsi in linea retta: salvo poi rendersi conto, alla fine di questo lungo cammino, di aver sempre cercato il proprio cerchio perfetto. La vita, allora, acquista un senso in qualità di processo dialettico, in cui l'opposizione tra corpo e anima trova un suo superamento nella morte, vista non come la fine di tutto, ma come una vera e propria risurrezione, da cui scaturirà nuova linfa vitale:

dal Tutto

ritrovarsi nell'uno

a vivere il sogno della carne

il sangue che cavalca il vento dove

crescono i passi

lacerato dalle lancette

d'un orologio interiore

un Lazzaro a sollevarsi da cento morti

In questa raccolta di liriche, il poeta giunge ad una nuova tappa del suo viaggio: al termine del percorso, si apre finalmente la porta di comunicazione tra il mondo sensibile e quello trascendente. Ma ciò che appare non è ancora ben visibile: sul ciglio dell'oltre, lo sguardo è ancora velato (da qui il titolo) e non può nitidamente distinguere gli oggetti della trascendenza.

ma a te presente

il Sé -il celeste- l'esistere

specchiato: vita che si guarda

vivere

un mondo in un altro

In tale contesto, risalta la volontà di non voltarsi mai indietro: contrariamente a quanto il senso comune vorrebbe, in Serino la maturità non è tanto il momento del ricordo, delle nostalgie, dei rimpianti, quanto più un'occasione per interrogarsi su cosa lo aspetta. Questa tendenza a proiettarsi in avanti non nasce dal desiderio di negare il proprio passato: ciò che è stato vissuto, tuttavia, è ormai alle spalle e non può tornare. Questa ferma intenzione di vivere nel presente sembra annullare il tempo: e, dove la dimensione temporale non esiste, la stessa età dell'uomo si appiattisce, e il poeta può attingere a piene mani dal bambino che dorme in lui.

scoprire in me il bimbo

accoccolato nella mente

Di quando in quando, il flusso di coscienza è intervallato da riflessioni sui tanti drammi che segnano il nostro vissuto: il corpo di un migrante abbandonato su una spiaggia, le laceranti incomprensioni dei rapporti affettivi, la sofferenza dello scrivere; come a voler ricordare che morendo ci si lascia alle spalle un mondo fatto di sequenze dolorose. Da qui il tema del sogno, visto come momentaneo rifugio dalle tempeste della vita:

c'è un donnone nei miei sogni

mi perdo fra le sue grandi mammelle

piccolo piccolo mi faccio e

come scricciolo

mi c'infilo

nel suo caldo grembo

al riparo degli tsunami del mondo

Il tono dell'intera raccolta accentua quella ricerca di essenzialità già distintiva della produzione precedente: il verso è breve, asciutto, simile ad un legno prosciugato; l'anima, in procinto di distaccarsi, guarda già al corpo come ad un involucro che ha perso la sua sostanza.   

l'anima spando sulla terra

a ricambiarmi una solitudine

ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta

e ancor più poesia ti canto

-del mio sangue azzurra ala

ai confini della sera in quel

farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto

come preghiera

Tanti i quesiti che si leggono fra le righe. Una volta riassorbito dal Tutto, l'uomo conserverà una scintilla della sua individualità? Il suo bagaglio di ricordi, le sue colpe,    i suoi "scheletri" insomma: lo seguiranno o si dissolveranno?

sì onorarli

i morti che

ci perdonano con un velo di pietà

quelli che sognarono

il loro eldorado

ragazzi degli anta presto

dipartiti

ora di qualcuno

d'essi verrà detto

era un pezzo di pane

-anche se di certo avrà

portato con sé i suoi scheletri

o si saranno nell'altra

dimensione dissolti

Domande probabilmente destinate a restare senza risposta; ma, in mezzo a tanti dubbi, c'è comunque una certezza. Qualsiasi cosa saremo, siamo stati amore, ed è questo ciò che potrebbe sopravviverci. L'amore, eterno e ubiquo, ha una forza pari soltanto a quella della fede.

falesie di pensieri

tesse ragno di luce

vertigine: come

sarà senza il corpo

-serbata la vita

nella Pietà del sangue

solo espanso

pensiero saremo?

ci consoli certezza

di portare in salvo brandelli

d'amore

I due temi, l'amore e la fede, si trovano da sempre strettamente intrecciati nella poetica di Serino:    qui, tuttavia, la fede non sembrerebbe avere il ruolo preponderante che ha rivestito altrove. Ma è solo un'impressione superficiale: ad un certo punto della lettura, infatti, ci si accorge che la presenza di Dio ha in questa opera una valenza molto più forte, tanto da poterla respirare in ogni verso. Ovunque, nel libro, c'è un silenzio pieno di Dio; e questa pienezza, così tacita e così viva, incarna il desiderio quasi tormentoso di anticipare la fusione con il sommo Bene, per trovare finalmente quella felicità che sembra preclusa alla condizione umana.

tocco in sogno la fiorita

riva delle tue braccia:

è una dolce pena questo lieve

sfiorare la tua vaga essenza

a un lunare complice chiarore

Fenomeni psichici come il dormiveglia o il sogno prefigurano in tal modo il trapasso, aiutandoci a distinguere con più chiarezza ciò che i sensi ci impediscono di vedere:

si concentra ed espande

l'amore in quel vivere-morire

delle prensili braccia

sospensione apparente carne e cielo

Un "vivere-morire", appunto: una vela spiegata verso altri approdi, dove lo spirito può finalmente trovare conforto al suo perenne cercarsi.

dove ti porta il filo

dell'immaginario o del

sognare

dove

questa strana ma feconda

inquietudine

serpeggiante nel sangue

tutti i libri letti i mari

solcati – odisseo tu

nello spirito- dove

questo cuore nomade

d'amore

ti porta

Ma in fondo, la vita del poeta si è sempre svolta in una dimensione dualistica: da un lato, quel "paese interiore" dove l'anima può pienamente espandersi:

nel paese interiore

eiaculo i miei sogni –

vivo una stagione

rubata al tempo -mimesi

icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore

brucia il mio daimon

di febbre e di luce

Dall'altro, una realtà sempre più dominata dai falsi idoli, magistralmente descritta in "Un dio cibernetico?":

vita asettica: grado

zero del divino Onniforme

-ma la notte del sangue

conserva memoria di volo

vita

sovrapposta alla sfera celeste

regno d'immagini

epifaniche

emozioni

elettroniche

eclissi dell'occhio-pensiero

In questa esistenza bifronte, la morte fisica viene vista come un evento che ci strappa il velo dagli occhi, consentendoci di riappropriarci di quella dignità ormai sconosciuta alla società degli uomini. Liberi dalle pastoie del mondo sensibile, ridiventiamo ciò che avevamo dimenticato di essere: mondi di pura luce, completi nella loro unicità e, allo stesso tempo, in quanto parte del Tutto.

dell' indicibile essenza

noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo

di cielo:

in questa vastità soli

non siamo: miriadi

di mondi-entità ognuno

in una goccia

di luce

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Donatella Pezzino

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-di-donatella-pezzino-a-lo-sguardo-velato-di-felice-serino/

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L'ANIMO SOSPESO ALLE VARIE DIMENSIONI DELLA VITA: la "VITA TRASVERSALE" di FELICE SERINO (a cura di Sabrina Santamaria)

april 12, 2020 by felice serino

Guardare oltre per scrutare profondamente il riflesso dell'altro, spingersi al di là di ogni immaginazione possibile; questa profonda sensazione mi ha suscitata la lettura della raccolta poetica di Felice Serino "Vita trasversale e altri versi", un'eclissi dell'anima che conduce passo dopo passo ad un mosaico ultra mondano che il nostro poeta compone. L'ispirazione alla musa non costituisce solamente un retorico artificio letterario, ma un vero e proprio flatus vocis che accompagna il poeta per tutte le sezioni della raccolta. Il poeta, in questo capolavoro, riflette come uno specchio i sentimenti umani, gli intrinseci bisogni della natura umana, come essere che appartiene all'universo e si sposa con esso, infatti l'uomo è l'ornamento perfetto del cosmo, completamento infinitesimale che unisce

il creato a Dio, solo nell'uomo si manifesta quel punto di incontro cruciale con l'Essere Supremo. Serino conia dei neologismi, dei termini che appartengono alle volte al linguaggio della chimica e della fisica, ma che diventano patrimonio inscindibile del suo corredo linguistico. La sua sensibilità osserva la realtà in modo trasversale attraversando i componenti vitali della vita, come gli antichi greci che studiavano l'archè del mondo e la trovarono negli elementi naturali: acqua, fuoco, terra. Come se il nostro poeta vorrebbe partire all'origine primordiale del mondo per concludere con un'unione armonica e pacifica dell'uomo con il creato e Dio, in "Sogno di Cupido" ci descrive la sua visione: "Vedevo nel tempo di Veneralia in un cielo quasi dipinto splendere carnale fiamma". Soffermandoci fra i versi di Serino notiamo un forte attaccamento alla vita, ma non solamente alla vita usuale, solita che viviamo, ma ad un atomo di vita che conosciamo quando ci interroghiamo sul significato ultimo del quotidiano, come in "Ondivaghe maceri parole": "Quando ti rigiri tra le lenzuola ondivaghe maceri parole dove latita il cuore somigli al gabbiano ferito che solo in sogno ritrova il suo mare, la vita altra". Fuori dal tedio che assilla l'uomo, quel tedio leopardiano che portava il pastore errante dell'Asia a chiedersi il significato del nascere e del morire, quel solipsismo che inquietava il nostro pastore (nel caso leopardiano), in Serino troviamo, invece, la volontà sincera, quasi un'abnegazione, a voler trovare delle assonanze fra l'uomo e l'aria che respira, è presente l'intenzione di creare una sorta di panteismo con il mondo. L'idea del nostro poeta è quella di mettere a soqquadro i modi di osservazione, ecco, perché "Vita trasversale" si tratta di un'appercezione che cerca di unire i vari modi di darsi dell'uomo al mondo, un'unione delle categorie aristoteliche che diventano un'unica sostanza, oltre l'esistenziale heideggeriano. Fenomenologicamente il nostro poeta opera un lavoro coraggioso e accademicamente impegnativo; quello di unire scienza e letteratura. Cerca di agire mettendo in atto un folle volo e compie un salto nel buio. "Vita trasversale" mi ha, anche, suggerito l'idea di un desiderio inconscio verso ciò che è ignoto, come a voler toccare con la punta delle dita l'infinitesimale, l'inquantificabile. Ciò che non può essere quantificato mentalmente può essere soltanto sfiorato solleticando la punta del naso all'infinito, in "Sognarmi" esprime esattamente questa sua esigenza poetica: "Sull'otto orizzontale librarmi etereo piume d'angelo a coperta di cielo". Un altro aspetto, sicuramente da non trascurare fra le tematiche di Serino è l'onirico, l'incontro appassionato e agognato dell'essere umano col sogno, cosa ci regalano i sogni? Sono sostanza, qualcosa di palpabile? Oppure il loro carattere apparentemente inconsistente li rendono inafferrabili? Il sogno è un altro modo dell'uomo di darsi nell'esistenza, un'unione dell' in sé e il per sé che diventa fenomeno infatti in "Dove palpita il sogno" racconta al lettore questa esperienza del sé nel dispiegarsi delle sue forme: "Da una dimensione parallela il Sé in me rispecchia la sua primaria origine punto dell'eterno dove palpita il mio sogno di carne e cielo" oppure in "Espansione": "Il sogno è proiezione? o sei tu veste onirica uscito dal corpo?". La poesia di Serino esprime un modo arroccato, abbarbicato fra la vita usuale e la vita ignota, le sue poesie esprimono l'animo di chi sta appeso ad un filo sospeso facendo l'equilibrista fra i vari strati consci della vita umana, che sia

terrena o celeste questo ancora non lo sappiamo, ma l'esigenza poetica del nostro in questa silloge è quella di cogliere a braccia aperte le dimensioni eterne dell'infinito.

"L'essere si spande si sogna moltiplicato in fiore atomo stella appendice? O espansione è il sogno"

cit. tratta da "Espansione" di Felice Serino

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Sabrina Santamaria

Tutti i diritti intellettuali riservati

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Il poeta-eroe contemporaneo in "Un dove di trasparenze" di Felice Serino

(a cura di Sabrina Santamaria)

La ricerca spasmodica della luce è una costante di Felice Serino; il panteismo è un afflato che lo rende originale come se la seconda variabile (panteismo) fosse direttamente proporzionale alla variabile indipendente (la luce). L'effabile "volo di Ulisse" tra gli amabili versi di Serino solleticano il desiderio di evasione di ogni comune mortale che percepisce dentro di sé un macigno piuttosto del cuore, infatti affrontando le problematiche quotidiane un uomo o una donna si trasforma in un eroe/eroina della contemporaneità. Il nostro poeta si esprime in modo chiaro, non si avvale di uno stile ricercato, questa credo sia una sua caratteristica poetica infatti questa è una delle motivazioni del titolo di questa raccolta poetica. Un aggeggio trasparente ci dà la possibilità di guardare il mondo esistente al di là della trasparenza, ma ciò costituisce un punto di forza o debolezza? Forse un orpello trasparente non è appunto inutile? Oppure ciò che traspare suggerisce anche una certa idea di limpidezza che un medium troppo artefatto non può fornire in quanto illusorio? I testi poetici del nostro autore mettono insieme l'utopia della chiarezza; i sentimenti e le emozioni pullulano fra le sue riflessioni, a volte tristi, a volte malinconiche o ironiche. Le espressioni racchiuse in "Un dove di trasparenze" si accordano con tonalità pacate che donano ai lettori sensazioni serafiche di estasi mistiche, l'attaccamento di Serino alla vita è a dir poco profondo giacché l'amore per la luce si estrinseca nell'imprescindibile culto divino in nome delle istanze vitali che il nostro autore venera al canto delle sue Muse ispiratrici: "La morte ti cerca? /Uscito dal guscio tu sarai altro", << mi "nascondo" nel corpo/ da me emergono alfabeti afflati/ enunciate sillabe>> questi versi costituiscono un lodevole canto alla speranza di una rinascita, badi bene il lettore che sperare un'alba non equivale a illudersi come un prigioniero che agogna la sua libertà, in guisa della tempra coraggiosa del nostro autore possiamo sostenere che egli è un Ulisse dei nostri tempi perché sa, nonostante tutto, ben sperare quindi la sua armatura è composta da una spada, uno scudo e un elmo ossia metaforicamente: la speranza, il coraggio e la poesia. Gioviali canti sono accostati a inni malinconici però Felice Serino non si abbandona mai a sproloqui laconici ovviamente chi si appresta a leggere le sue poetiche riflessioni potrà schiettamente valutare che egli non è un letterato spartano dai toni rudi o aspri altresì il suo stile poetico non può definirsi del tutto classico o classicista; i suoi versi hanno un patrimonio lessicale colto, ma, allo stesso tempo, il nostro autore serba nell'animo la lodevole premura di farsi comprendere da un target di lettori ampio e questo impegno che il poeta manifesta dovrebbe essere inteso come un potenziale intrinseco che nel corso delle sue pubblicazioni l'autore ha certamente concretizzato con grandi risultati e apportando un profitto umano e di notevole spessore culturale. Felice Serino è un eroe del nostro periodo storico perché si protende verso sentieri che altri intellettuali, per pigrizia o per inerzia, non attraversano più, forse per timore di essere incompresi dalla massa uniformante che dirige l'uomo verso un'unica dimensione (vedi "L'uomo a una dimensione" di Marcuse) tanto è vero che l'umanità contemporanea è plasmata in un'amorfa intelligenza emotiva che la disorienta fossilizzandola in un'esistenza sempre più reietta; "Un dove di trasparenze" è il topos in versi in cui le insufficienze umane divengono palesi suggerendo l'idea di una libertà di espressione ancora oggi carente cioè la possibilità di poter raccontare i drammi, i dubbi, le angosce e le perplessità che pesano come carichi insormontabili nella mente umana soprattutto se non impariamo a saper comunicare e a saper dialogare condividendo con l'altro le nostre paure e anche in questa nuova chiave interpretativa l'eroe-poeta(in questo caso il nostro Felice Serino) assume connotati di una persona che tenta di elevarsi con l'ausilio della forza del grafema-fonema che rende liberi. L'eroe contemporaneo non rimane scevro dalle problematiche quotidiane, ma è colui che le vive metabolizzandole e affrontando le paure di ogni giorno quindi attraverso la presa di coscienza delle proprie debolezze ogni uomo può fortificarsi rigettando l'idea pietistica che causerebbe il nichilismo dell'Io purtroppo già reso vulnerabile da alcuni contemporanei fattori etico-sociali. L'Ulisse dell'Odissea di "Un dove di trasparenze" vuole tornare a un'Itaca interiore, senza confini, ecco la ragion per cui il "dove" del nostro poeta è utopia e allo stesso tempo ucronia perché il naufrago interiore cerca la regione o il porto (definizione di Kurt Lewin) sicuro nelle sfere più recondite di un Io che troppo spesso si smarrisce e brancola nell'oscurità; per venir fuori da questo tunnel la poetica di Felice Serino verseggia fra i fotoni di una luce ontologica e teleologica che ha un grande impatto in ogni lettore assetato di una via che possa donare le coordinate per un'isola ancora da scoprire, individuare i significati nascosti in "Un dove di trasparenze" ci farà valutare la sua fatica letteraria come un' opera molto attuale e giammai obsoleta.

Sabrina Santamaria

Recensione di Renzo Montagnoli a DALLE STANZE DEL CUORE E DELLA MENTE

july 22, 2020 by felice serino

Dalle stanze del cuore e della mente

(Poesie 2018)

di Felice Serino

Libreria Editrice Urso

Poesia

Pagg. 56

ISBN 9788869542893

Prezzo Euro 10,00

Sublimare la parola

Felice Serino, più che un poeta, è un artista che vive per la poesia ed è tanto più vero qualora ci si lasci coinvolgere dalla sua consistente produzione che lo vede sulla breccia da molti anni. Con Dalle stanze del cuore e della mente, raccolta di poesie del 2018, l'autore, pur nell'ermetismo che la caratterizza, lascia prorompere una creatività sognante, un'ispirazione profonda che tende a sublimare la parola. In effetti, come nella famosa poesia di Luzi intitolata Vola alta parola, anche in questa raccolta i versi si fanno eteree immagini, spiccano il volo, liberi da qualsiasi legame terreno (da Fonemi – nella bocca della notte / -la luna sopra il petto / il letto è un mare dove sillabe / perdono sangue /…) e, in aggiunta ( Ricordi – confondersi del sangue col colore / dei papaveri nel sole / ampie distese a perdersi / mentre all'orecchio del cuore / a far capolino una / melodia nel tempo andata / ricordi / ci si appiattiva scalzi col fiatone / nell'erba alta / dopo una volata e / in levità d'angeli / quasi non si toccava terra). Quella delicatezza di esposizione, che da sempre lo contraddistingue, trova conferma anche in questa raccolta, è sempre più un segno distintivo del suo stile ed è frutto di come si accosta alla poesia, non con timore, ma con profondo rispetto. Chissà perché credo che questa sua caratteristica sia un che di originario, sia frutto di un sentimento nato in lui le prime volte che scriveva in versi, così che la poesia, la sua creatura, fosse, e probabilmente lo è ancora, avulsa dalla sua volontà, come se lui risultasse solo il semplice braccio di un disegno più ampio da cui inconsapevolmente scaturisce il risultato finale, ed è questo il rispetto per qualcosa di superiore che si compone sotto i suoi occhi. E ancor oggi che l'età non è più quella dei verdi sogni, l'aspetto sognante, l'emotività che si innesta riga dopo riga offre l'impressione di trovarsi di fronte allo stupore e alla serena innocenza di un bambino, come, per esempio, in La passera (memore della bella accoglienza / me la trovo sul davanzale ogni mattina / per "condividere" la colazione / è d'un piumaggio lucido e vellutato / l'ho chiamata "nerina" / …) e probabilmente ancor più con Primavera (capita che il bosco mi parli / ogni volta che abbraccio il "mio" albero / -risale / a un rito atavico / l'abbraccio: patto di luce-amore / mi parla -il bosco / tendendo le mille sue braccia / nell'espandersi in canti che allargano il cielo / ….). La straordinarietà di queste poesie è nella loro semplicità, non disgiunta tuttavia dallo svolgimento di tematiche che inducono più a riflessioni che a interpretazioni perché l'ermetismo dell'autore non esclude mai la facile comprensibilità, circostanza che, in un'epoca in cui spesso mi tocca leggere componimenti che risultano del tutto incomprensibili perché chi li ha scritti non ha idee chiare, conferisce un plus di valore alle stesse. Non credo debba aggiungere altro, se non il mio augurio di buona lettura.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino. Autodidatta.

Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da "Il dio-boomerang" del 1978 a "Dalle stanze del cuore e della mente" del 2020); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in nove lingue.

Intensa anche la sua attività redazionale.

Gestisce vari blog e tre siti.

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https://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=21559

https://www.poetare.it/recensioni.html

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Recensione di Guglielmo Peralta a ORIZZONTI DI PALPITI

july 8, 2020 by felice serino

Felice Serino

ORIZZONTI DI PALPITI

Questa silloge di Felice Serino si apre con la grande speranza rivolta all'Impossibile, a ciò che sta nel cuore di ogni poeta o artista in genere e che si può solo immaginare e tradurre in parole, in opere, nella piena coscienza, alla fine di ogni creazione, di avere prodotto qualcosa d'incompiuto, infinitamente distante da quell'orizzonte dal quale scaturiscono le idee e che non si concede allo sguardo orfico, sognatore e innamorato del volto inguardabile: non per espresso divieto ma perché ineffabile e perdutamente consegnato alla notte, in un altrove che il nostro poeta s'illude di cogliere e dove spera di "abitare" attraverso la parola, quella poetica, sottratta alla quotidianità, all'"ordito della vita" e "fuori dal coro", non soggetta al sistema arbitrario e convenzionale dei segni linguistici. In virtù di questa parola egli ha la vaga sensazione di ri-trovarsi in qualcosa di perduto e che sente "palpitare" dentro di sé, nell'intimità, dove gli è data la possibilitàd'intuirsi, di guardarsi dentro e venire fuori, aprendosi a sé stesso e in questa apertura sentirsi prossimo a una verità che gli riveli la sua appartenenza a un altrove, a un mondo distante e diverso da questo in cui siamo gettati e che, al di là dell'«esser-ci» heideggeriano, gli dia la coscienza della vita autentica indipendentemente dall'«essere-per-la-morte». Perché è nell'intimità, dove accade il miracolo della creazione, che sorge la possibilità di agire attivamente contro l'irrazionalità e il vuoto, contro l'insensatezza e la nullità dell'esistenza, di distaccarsi dalle cose materiali e lottare per costruire un mondo migliore sulla Bellezza, su quel qualcosa di sublime che si manifesta restando nascosto e che ha il nome di Poesia. Di fronte al Meraviglioso, che si annuncia nella parola creatrice come orizzonte perduto, "tutto è ancora possibile" per Felice Serino, perché questa parola, a differenza di quella che si spezza contro la quotidianità e la realtà contingente, ha il potere di legare il suo mondo interiore all'oltre, sì che egli si sente rovesciato "come un guanto"; perché essa allontana e disperde ciò che, divenendo, è destinato a perire e mostra la vera natura delle cose, la loro essenza immutabile ed eterna.

"ti senti altrove e il più / delle volte fuori dal coro / ti chiedi se – nell'ordito della vita dove / si spezza la parola – ti sei perso / qualcosa – vorresti allora / rovesciarti come un guanto / riconoscerti come il / fuori del tuo dentro / aprirti a un'alba che / diradi questa / corolla di tenebre/ e sai che tutto / è ancora possibile"

Essere nel mondo, allora, significa per Serino opporre alle difficoltà contingenti della vita, all'angoscia esistenziale per la crisi profonda della società mondiale che sembra segnare il tramonto dell'umanità, il sentimento per ciò che è duraturo e, in quanto tale, portatore di una verità eterna in grado di aprire in interiore e in virtù della poesia quegli «orizzonti di palpiti» che sono espressione del suo stato d'animo particolare nell'atto della creazione, in cui lo sguardo e il cuore si cor-rispondono e si coniuganonella visione sinestetica, che è insieme immaginazione e sentimento, da cui sorge la parola poetica come l'alba, la quale è il pallido riflesso della sorgente, la possibilità e l'illusione di cogliere l'Impossibile negli "orizzonti" che essa apre al nostro poeta, suo sognatore fedele e innamorato. E quest'amore per la Poesia, per la Bellezza, che è ricerca della Verità trascendente e che si traduce nella scrittura, nel bisogno di dare forma a ciò che gli "palpita" dentro, è per Serino, ancora, un modo necessario di essere nel mondo, di dare significato al relativo/immanente, di valorizzare la dimensione umana rapportandola a quell'orizzonte assoluto di senso che è l'Essere divino.

"Tutto è possibile" nel sogno creativo e tutto è illusione, "stato d'incantesimo" e "delirio / che sanguina luce", "breve estasi-amara / al risveglio", quando le parole, "sillabe cadute dagli occhi", lasciano il buio nell'anima e nuda la vista, ingannata dalle belle figure di suono e di significato: gli «allucinogeni» che catturano gli occhi, il cuore e la mente, protèsi e uniti nel vagheggiamento di un "cielo inventato". La caduta dal sogno nella realtà non scoraggia il nostro poeta, non blocca i suoi tentativi di oltrepassare la "siepe". In sostanza, la possibilità di giungere "nell'Oltre" non viene mai meno perché essa è il connubio di fedeltà e amore; è l'espressione del legame tra l'immanente e il trascendente, tra l'umano e il divino, tra l'interiorità e l'alterità, tra il «sé» e l'altro da «sé», tra l'«esser-ci» e l'oltreità, tra gli "orizzonti di palpiti" e l'impalpabile «oltre», il quale è principio e fondamento della nostra vita che un giorno ci farà "colmi / di lucente meraviglia noi resi/ impalpabili / essenze e vieppiù reali / tanto che ci parrà un sogno / l'aver attraversato / nella carne la morte", e tuttavia "nel circolo del sangue / noi in bilico / un piede nel mistero".

«Si può» in virtù della poesia "trasumanar per verba". Perché essa ci fa beati essendo grazia divina, per cui basta l'"erba miracolosa" della sua parola a proiettarci oltre la condizione umana e dare significato alla nostra esistenza. Perché essenziale è questa parola "nutrita del sangue degli dei" e perciò vitale, sempre pronta ad aprire gli "orizzonti palpitanti" contro i "chiusi orizzonti" del "progresso / dio-boomerang", nonché in grado di contrastare, di contenere tutto ciò che deturpa la bellezza, di farci ritrovare "nel bailamme di giorni a perdere", dove vacilla la certezza di esistere, di essere reali, e col dubbio sorge la domanda se siamo "quasi finzione o sogno", consegnati e dis-persi nel "virtuale".

"Tutto è possibile", "tutto / può ancora accadere", perfino di scoprire, al di là delle evidenze, delle assodate certezze, "quell'essere consanguineo / con lo spirito delle cose" e comprendere che apparteniamo alla totalitàche non lascia nulla fuori di sé, che siamo tutt'uno in virtù dello Spirito unificatore. Allora "l'impossibile si fa / possibile" se non restiamo inerti e confidiamo nell'energia della parola poetica; possiamo tornare a stupirci di fronte a "ciò che sembra / umanamente assurdo", perché anche le cose hanno la loro epifania e rivelano la loro vera natura al poeta nel suo stato di grazia. "Tutto è possibile"; solo resta il mistero dell'oltre, della verità ultima, irraggiungibile, preclusa allo sguardo e perfino al linguaggio poetico, perché la Poesia stessa è mistero e Parola ineffabile. La conoscenza dell'origine non è di questa vita; solo nel mondo celeste la verità impenetrabile ci sarà rivelata; l'oscurità sarà dissolta e saremo assorbiti "nel mistero lucente" del Tutto, avvolti nella "bolla / di un tempo non-tempo / come nella prima luce" e, dunque, non vedremo più "per speculum / in aenigmate". Qui, nel riprendere le parole di S. Paolo1, la fede di Serino e la sua visione religiosa sono ampiamente dichiarate. Religiosità e misticismo sono tutt'uno col suo pensiero poetante, volto alla visio beatifica di Dio, del quale la poesia rivela la presenza nella profondità del mistero. E Dio si fa "presente" nelle parole che il Poeta Gli fa pronunciare e che testimoniano ancora la sua fede, la certezza di riuscire a sopportare, a dimenticare i mali terreni, nonché la speranza nella salvezza dell'uomo, al quale il Signore non farà mancare la sua misericordia e carità.

"(…) e come può non accoglierti la luce / se tu da questa hai origine? (…) dimentica / i bianchi deliri della solitudine / i voltafaccia dei giorni perduti / dimentica / come io ho dimenticato / sulla croce" ("Dimentica")

"(…) Dio non è stanco / mai dell'uomo" ("La rosa di sangue")

Le virtù teologali, che troviamo qui implicitamente espresse, assicurano al Nostro di essere accolto nella luce, la quale è la loro emanazione e il frutto della contemplazione mistico-religiosa e poetica al tempo stesso. Perché la Poesia è per Serino conoscenza 'visionaria' superiore a quella empirica. Gli "orizzonti di palpiti" sono mondi spirituali, stati di coscienza, "squarci / di vite trasversali / realtà sfumanti / nel mistero" che si aprono a una più completa conoscenza in virtù del legame tra l'interiorità e la suprema realtà spirituale. Attraverso la poesia il Poeta partecipa della divina visione, distoglie il pensiero dalla morte e lo rivolge dove "c'è del buono che ci salva", dove è ancora possibile incontrare un sorriso e godere della natura. Ma è nella Verità oltre la morte la vita autentica; nella sparizione, che è il ritorno nella luce, dove siamo già stati, si compie il destino dell'uomo, si dissolve il mistero, e allora «vedremo faccia a faccia», sapremo chi siamo stati, chi veramente siamo. Di ciò è convinto il Nostro, perché la fede, sostenuta, suffragata dalla poesia e dall'amore, quello che "si scrive col cuore", vince su ogni dubbio. Ed è in forza di questa certezza che egli può asserire ancora con S. Paolo2: "sapremo non per speculum / in aenigmate (…) allora / conoscerò / come sono conosciuto". Solo allora la domanda sull'«essere» sarà soddisfatta. Oltre lo specchio del sogno la Verità mostrerà il suo volto, e il Nostro, come Raffaello rapito "davanti agli ultimi ritocchi" della "Mater dolorosa et Admirabilis", contemplerà la sua Vergine: la Poesia che qui, in questo mondo, gli è concesso solo di sognare.

Guglielmo Peralta

1Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem (I Cor. 13, 12),

2(…) nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum (I Cor. 13, 12)

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Dell'indicibile – Recensione di Raffaele Piazza

Felice Serino, nato a Pozzuoli nel 1941 e residente a Torino, autodidatta, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia da dio boomerang del 1978 a Quell'onda che ti tiene lieve, 2019.

Dell'indicibile, la raccolta del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, è preceduta da una presentazione di Giuseppe Vetromile esauriente e ricca di acribia.

Già a partire dal titolo del volume ci rendiamo conto che Serino è ben conscio dell'importanza della poesia come fatto in sé salvifico e utile per una vera redenzione del poeta che può essere redenzione anche per il lettore.

Se la poesia è sempre metafisica attraverso l'ipersegno qui il poeta si rende conto che la forza portante del poiein di ogni autore e in primo caso del suo lavoro, il suo fare poesia, consiste nel dire l'indicibile e a questo proposito vengono in mente l'estasi e il sogno stesso, elemento che per molti artisti non solo poeti è fonte d'ispirazione profonda se è vero come affermava Maria Luisa Spaziani che la poesia è il genere letterario più alto.

Indicibile significa grandissimo, eccezionale, indescrivibile, straordinario e insolitamente grave e profondo e sembra che Felice, poeta mistico ed esistenziale, con questa raccolta raggiunga la più alta maturità espressiva senza mutare la forma in modo notevole ma mantenendosi in continuum con le precedenti prove.

Il senso del mistero perdura in questo libro quando sono detti gli angeli e i morti con i quali il poeta dice di avere un rapporto empatico in una bellissima composizione e si percepisce il senso del sacro anche quando Serino non nomina cose religiose ma si mantiene in una dimensione di quotidianità nella quale ritrovare costantemente il vero senso della vita, un filo che tenga per sopravvivere anche nel tempo della pandemia.

E anche il tema sociale – politico è affrontato nell'invettiva contro gli scafisti che speculano sui migranti, tematica attualissima.

Serino è conscio che la poesia sia, per usare una metafora, il negativo fotografico della fotografia che è la vita stessa, il precipitato chimico delle nostre esistenze, quindi la poesia è fondante nella vita per arrivare ad un'eterna adolescenza della parola stessa per un ringiovanimento che non è solo della mente ma anche del corpo.

Versi scabri non definibili neo lirici tout-court anche se ci sono a volte accensioni e spegnimenti che s'inverano nella linearità dell'incanto.

La raccolta non è scandita e può essere considerata vagamente un poemetto e la dizione è luminosa, ben cesellata e raffinata, elementi costanti nelle prove del Nostro che a volte raggiunge toni neo orfici.

Se la vita è questa non è tanto l'uscita religiosa l'ancora di salvezza (pur essendoci una splendida composizione sul Cristo), quanto proprio l'indicibilità stessa che diviene categoria fondante per uscire dalle angustie e dalle frustrazioni del tran – tran quotidiano e da quello di un'esistenza che metterebbe in scacco.

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Trasparenze – Recensione di Giovanni Perri

Poeta prolifico e di lungo corso, Felice Serino compone per accensioni. La sua è una poesia che non dà risposte ma interroga, e chiedendo, sigilla un piccolo mistero musicale. Ecco: per Serino il canto è ciò che di sacro ci accompagna nell'Oltre da cui veniamo, il mezzo per accedere all'inconoscibile che ci sovrasta, il punto azzurro nel cerchio che fa alta la vita.

C'è sempre una luce, un soffio di parole, l'anelito di un angelo guida; e poi c'è un uomo chiuso nella sua carne, e già sollevato oltre sé stesso, nella misericordia del giorno, liberato da ogni gravezza, da ogni impurità.

Per Serino il canto è comunione dei vivi e dei morti, perché questo è il posto dove lui vuole stare, questo il suo interminabile nostos, ed è questo, mi piace aggiungere, il crocevia dell'eterna poesia.

Ma la poesia è guardare con occhi anche l'attimo che accade, anche il male che vi declina, pungerne l'anima oppure tirargli il succo di una più intima verità.

Con un continuo affiorare di lampi onirici egli però intercetta sempre una speranza, rivolta il disincanto in gesto di preghiera, ci proietta in un comune desiderio di salvezza che è anche attraversamento del mistero, un mistero tutto da decifrare per una vita colma di senso.

Nel verso che nasce da una oscura cagione, e per questo si trattiene nella più piccola scaglia di luce, egli ripone il seme più prezioso che ha: la sua parola, il suo terzo occhio.

Con "Trasparenze" 2020/2021 (www.poesieinversi.it), Serino ci accompagna in un cammino di conoscenza, fatto di svelamenti meditati o improvvisi, in cui ognuno è chiamato in causa, perché parte di un tutto. Nel verso quasi imprendibile eppure molto lucido, si tirano le somme di un percorso lirico autentico e degno di ancora molta considerazione per chi lo legge oggi e per chi lo leggerà nel tempo a venire.

Giovanni Perri

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RECENSIONE DI RENZO MONTAGNOLI A "SOPRA IL SENSO DELLE COSE"

Sopra il senso delle cose

di Felice Serino

Libreria Editrice Urso

Poesia

Pagg. 56

ISBN 9788869543463

Prezzo Euro 10,00

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Esperienza e creatività

Sopra il senso delle cose è un'altra silloge che si aggiunge alla già corposa produzione poetica di Felice Serino a cui di certo non mancano né l'esperienza né la creatività che con il passare degli anni si sono fatte più mature, pur restando la tipicità dell'autore di trasporre la realtà in una visione onirica, che ben si presta a essere espressa in versi, come nel caso di Sopra il senso delle cose, poesia che dà il titolo all'intera raccolta ( chi può conoscere / meglio della terra i morti / l'inverno col suo bianco manto / il silenzio copre e il loro cuore / oltre orizzonti di palpiti / vegliando aleggia / il mistero / sopra il respiro dei vivi / sopra il senso delle cose / come un sole freddo ).

Come sempre Serino tende a sublimare la parola, così che la stessa non è solo parte di un discorso, ma diventa autonomamente mezzo di espressione, frutto di una ricerca per nulla semplice, ma dai risultati di notevole effetto, e ciò nonostante predomini un certo ermetismo, peraltro di non difficile interpretazione ( di sguardi è il sogno o polvere / della nostra creazione noi polvere / del sogno noi sogno di Dio / tra intermittenze / di fòsfeni veleggia / l' "occhio" per inesplorati lidi ).

Ogni tanto il tema ripercorre il passato, sempre più presente mano a mano che aumenta l'età, ma non c'è rimpianto, se non la semplice constatazione che ogni epoca ha le sue caratteristiche e che la vecchiaia è fatta di ricordi che appaiono luminosi nella nebbia del tempo trascorso ( Mare d'erba – con l' avanzare degli anni / riduci sempre più il percorso / delle tue camminate / giungerà il momento / di affacciarti solo sull' uscio / o dalla finestra vedere l' immensa / distesa di verde e nello / stravedere la scambierai per quel mare / che ti vide nascere / -ti brilleranno gli occhi andando / col pensiero alla fanciullezza gaia / ora quella luce è fuggita / lascerai / impregnato quel mare d'erba / di amori e pene ed eterei voli ).

Sarà per la mia non più verde età ma resta il fatto che sono in sintonia con quanto esprime Felice Serino e quindi il mio giudizio ampiamente positivo ne è influenzato; tuttavia, anche leggendo e analizzando asetticamente le poesie che compongono questa raccolta non si può fare a meno di rilevare le felici scelte espressive, lo svolgimento armonico delle tematiche e l'indubbio piacere che si ritrae, tutti elementi altamente qualificanti che se sono una caratteristica comune a tutta la produzione dell'autore non sono però scontate nel caso di altri poeti.

Aggiungo inoltre che la semplicità che caratterizza le composizioni è da sempre una meritoria caratteristica di Serino, il cui ermetismo, mi preme ribadirlo, è tale da non rendere problematica l'interpretazione dei suoi versi, a tutto vantaggio della gradevolezza che si accompagna alla lettura.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino. Autodidatta.

Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da "Il dio-boomerang" del 1978 a "Dalle stanze del cuore e della mente" del 2020); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in nove lingue.

Intensa anche la sua attività redazionale.

Gestisce vari blog e tre siti.

Renzo Montagnoli

https://www.amazon.it/review/R3PGQC6IH0OHN9/ref=pe_1640261_66412381_cm_rv_eml_rv0_rvhttps://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=22694

https://www.ibs.it/sopra-senso-delle-cose-libro-felice-serino/e/9788869543463

https://kultunderground.org/art/39835/

https://www.poetare.it/recensioni.html

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Fra sogno e realtà

Quell'onda che ti tiene lieve – Felice Serino – Urso – Pagg. 56 – ISBN 978-88-

6954-242-8 – Euro 10,00

E tre, verrebbe da dire, perché con questa sono tre le raccolte di poesie di Felice Serino che ho avuto l'opportunità di leggere. La prima, che mi ha fatto incontrare l'autore, è stata Dalle stanze del cuore e della mente, una sublimazione della parola, la seconda è invece stata Sopra il senso delle cose, una silloge che, recensendola, ho ritenuto di definire frutto dell'esperienza e della creatività. Del resto il poeta, di origini napoletane, ma dimorante a Torino, è un artista di lungo corso che via via negli anni ha affinato il proprio modo di verseggiare, e ciò è facilmente riscontrabile leggendo le sue composizioni in ordine temporale. Questa che ora ci occupa si inserisce cronologicamente, almeno come epoca di pubblicazione, in posizione intermedia, senza segnare una marcata evoluzione e fermo restando quella ricerca introspettiva che è materia propria dell'autore uso ad approfondire con progressività.

Nel contesto di ricerca di ciò che può rivelare il proprio Io si nota particolarmente, apprezzando, una visione evanescente che dona particolare fascino, ammantando il verbo di magia, all'intero corpo come in Angelo della luce: adagiati creatura del sogno / sulla curva del nostro abbandono / la lontananza è ferita insanabile / un cielo d'astri divelti / e tu balsamo sei / -tu orifiamma tu altezza / sognato stargate – /dove voce insanguinata c'inchioda / dalla caduta. Sono versi che tendono a volare, a superare confini naturali per congiungersi a un mondo di fantasia, la cui porta, lo stargate, è in attesa di essere valicata. In questo universo che si potrebbe definire poetico Serino s'invola, novello Ulisse verso un'Itaca che è la propria dimensione interiore, un'avventura senza fine in cui conta di più la conoscenza che si incontra nel percorso che il raggiungimento della meta (da Sull'acqua: sul grande mare del sogno / veleggiano i miei morti / gli occhi forti di luce / con un cenno m'invitano / al loro banchetto sull'acqua / d'argento striata / m'accorgo di non avere / l'abito adatto / cambiarmi rivoltarmi / devo / vestire l'altro da sé .). E tutto procede in una sorta di limbo, un sogno che porta ad altra dimensione, e in cui con maggior chiarezza è possibile leggere dentro di sé, in una visione che continua a essere evanescente, una sorte di ectoplasma che avvince e respinge (da L'elemento celeste: tornerò ad essere pensiero espanso / quando dalla scena / sarò sparito / dove si curva all'orizzonte il mare / sarò forse atomo / fiore o stella e / in estasi / mi unificherò all'elemento che da sempre / mi appartiene). Si resta attoniti, anche sgomenti spettatori di una metamorfosi, di una trasformazione che è un'implosione della persona stessa, e,

comunque, il tutto si riassume, si comprende con chiarezza in questi versi, con cui vorrei chiudere la recensione di un'opera complessa, ma dall'indubbio fascino: da In vaghezza di sogno " ti rigiri e vedi -in vaghezza di sogno / un te estraneo vagare / per strade buie e vuote / come un san sebastiano a trafiggerti / gli strali della notte – senti / recalcitrare / in te l'uomo vecchio – ah convivere / con gli umori di un corpozavorra / ti avvedi d'aver perso le chiavi / di casa mentre un gallo / canta / in lontananza ed è l'alba ".

Renzo Montagnoli

https://www.lin.it/scheda-libro/felice-serino/quellonda-che-ti-tiene-lieve-9788869542428-2779864.html

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Dietro il velario di Felice Serino letto da Angela Greco AnGre

24 settembre 2024 ~ Angela Greco - AnGre

Il collage posto in copertina (composto dallo stesso autore e pubblicato in catalogo) è immagine che al meglio non poteva aprire-presentare Dietro il velario, e-book del 2024, prodotto in proprio con prefazione di Mario Sacomanno: una visione estesa sugli accadimenti del mondo e intensamente vissuti dal poeta. Una collettanea di scritti del 2021 e di esperienze nella quale Serino (in questo blog) torna a fare esatta mostra della sua ormai consolidata capacità di visone e scrittura, procedendo in quell´avanzamento tecnico-stilistico, quella "maturità" a volerla chiamare in altro modo, che già si era mostrato in precedenti lavori.

Le produzioni di Felice Serino sono passi segnati, punti fermi, soste di consapevolezza, riflessioni estese sul lavoro compiuto e sempre offerto in maniera gratuita al lettore che ne segue il cammino, passo dopo passo.

Dietro il velario, fin dal titolo, ha il pregio di restituire al lettore una situazione che spesso sfugge, ossia quella di domandarsi a riguardo di cosa ci sia o possa esserci al di là di quello che si vede e si sente. Un susseguirsi di componimenti che conducono il lettore a interrogarsi su quel qualcosa che ormai è sempre più nascosto da tanto, da troppo. Ed ecco, allora, che la poesia si fa introspezione, domanda, ricerca meticolosa del protagonista nascosto da quel velario-mondo: l´Uomo. Uomo, che avverte nitida dentro sé la coesistenza dei differenti dualismi che lo distinguono dagli altri esseri viventi e con i quali costantemente deve imparare a vivere e, ancor più, convivere.

In te l´immenso

quest'allumare d'anima che

senti come vastità

di rifiorite rive

questo accogliere in te

l'immenso

oltre l'esilio di carne

franta

Il poeta, quindi, riducendosi alla essenzialità della parola e indagando su quello che è nascosto, cerca l´ appartenenza alla sua essenza e contestualmente cerca di ritrovarsi per poter, successivamente, ritrovare tutto il perduto che compone l´intera esistenza non soltanto propria. E qui entrano in gioco i vari aspetti di cui si compone l´Uomo e che Felice Serino riporta nella sua scrittura poetica: il quotidiano, il sacro, l´ attualità, la circostanza particolare, l´arte e la filosofia, compagni di domande e riflessioni che completano la poesia stessa.

Non si è mai scesi dal grande palcoscenico della Vita, nemmeno a fine stagione o per l´intervallo tra due atti, e Felice Serino ha intuito che occorre ricondurre tutto alla verità che sempre più si fatica a seguire, perché richiede sacrificio, scelte precise e conoscenza prima di tutto di se stessi. Il poeta, allora, nei versi di Serino, divine il mezzo per approdare alla nuova riva di una terra ferma tutta da ricostruire e ancora assolutamente necessaria per il prosieguo di questa favolosa avventura a cui tutti siamo chiamati. [Angela Greco AnGre]

Dietro il velario

che siamo –

un fremito – come quello che avvertì

il primo uomo – in questo volteggiare

d'anime erranti

maschere in una

pantomima –

dietro il velario

dove s'apre il grido

della bellezza ferita

riconoscersi

https://ilsassonellostagno.wordpress.com/2024/09/24/dietro-il-velario-di-felice-serino-letto-da-angela-greco-angre/

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RIFLESSIONI SULLA RACCOLTA "LA DIFFICILE LUCE" , 2005

di Felice Serino

Nostalgia immemore

Io penso che le nostalgie che trapelano dai tuoi scritti non sono nostalgie terrene.

Si tratta unicamente di una nostalgia che sfugge alla memoria, infatti non possiamo avere flash visivi, odori, suoni, gusti, sensazioni tattili se non in questo mondo. Non c'è un ricordo che inchioda il tempo, che languisce, che rimpiange e che rende amaro il quotidiano. Non c'è un ricordo bello e non c'è un ricordo brutto che infantilizza o rende immaturo il nostro vivere. Non c'è… non c'è, non c'è. Non ci sono regole nel mondo assoluto dell'amore da cui proveniamo, non ci sono schemi, non ci sono segni di riconoscimento, Dio si riconosce in tutto e in tutti e noi ci riconosciamo in lui. Nei cieli, per intenderci, non ci sono paletti che delimitano spazi né orologi che scandiscono tempi, l'eternità è fatta di ben altra pasta e noi non sappiamo quale. Avvertiamo solo un senso di appartenenza, un afflato, un desiderio d'infinito di quando siamo stati intessuti nel seno materno di Dio dalla Sapienza e dalla Parola che, nell'atto del creare, han separato Creatore e creatura. E' questo distacco – a me sembra – che porta, causa in te il pathos nostalgico, immenso, senza paragoni.

E' facile e naturale che un immigrato senta il richiamo delle sue radici; tutti noi siamo immigrati e mandiamo smisurate lettere al cielo:

preghiere o imprecazioni in attesa dell'immancabile ritorno.

Proveniamo da una dimensione celeste e quello che ce lo fa riconoscere è che Dio non ha mai tolto il suo amore da noi.

Siamo concittadini dei Santi e familiari di Dio catapultati su questo globo di creta per riconquistarci, nella prova, la Gerusalemme liberata, la Gerusalemme celeste e il volto di nostro Padre che bramiamo di vedere per poterci rispecchiare in lui. Già il Paradiso ce l'ha conquistato Gesù ma noi dobbiamo metterci del nostro e un giorno comprenderemo pienamente chi siamo. Per ora, nell'estasi, possiamo fare solo piccoli assaggi dell'Eden, come una goccia d'acqua che evaporando sale ma che presto ridiscende rientrando nel suo corpo.

Andrea Crostelli [lettera privata]

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RIFLESSIONI SULLA RACCOLTA "FUOCO DIPINTO"

di Felice Serino

[edizione dell'autore, 2002]

Corpo di vetro

Ci sono poeti legati alla terra (e questi forse sono la maggioranza, nonostante la poesia venga dai luoghi più reconditi e inspiegabili) e ci sono poeti propendenti al cielo; sicuramente Felice Serino è di questa seconda fascia.

A volte il cielo parla con il sangue delle tue vene

più che con l'indaco delle tue arterie,

comunque sia vuole sentirsi uomo

forse solo per avvicinarsi a chi lo guarda

perché costui ci si rispecchi perché l'umanità nel mondo

è ciò che prevale e pervade il mondo

finché ci sarà mondo,

allora il cielo non può far altro

che ripiegarsi nel gesto d'amore iniziale

e improntare continuamente la sua somiglianza

col fiato sospeso di chi attende

la perfezione finale del ricongiungersi.

E' pure vero che il cielo può rapirti o che tu contemplandolo favorisca la sua "presa", e in quel momento d'estasi che non t'appartieni sei finalmente libero. Cosa strana, libero di essere preso, libero di appartenere a qualcos' altro che ti ama e ti sovrasta d'amore.

In questo tipo di situazione puoi sentire il tuo corpo leggero, di vetro, accessorio superfluo, e quindi… "ride la tua immagine d'aria".

E' la fusione del tuo corpo nell'immenso corpo cosmico.Diventa una fatica sottrarsi alla luce per tornare indietro sui passi che la terra chiama a percorrere.

Quella "carne attraversa un incendio", un incendio piacevole, pienezza per l'anima la fusione col tutto, difficile accettare che si tratti di un momento, di un solo momento dal quale però ricevi carica per affrontare il quotidiano imperniato di materia. E affrontare il quotidiano significa mettersi a servizio, soffrire per chi fa uso di L S D, del fumo, del bere e delle donne come strumento di piacere, soffrire per chi naviga nel male e non si lascia investire dalla luce, soffrire di chi abusa del potere e che, quindi, è nemico della luce.

Felice Serino denuncia la violenza, la guerra con le armi potenti della poesia, e sa cosa potrebbe aspettargli: "di certo m'imbavaglieranno / non sopportano di guardarmi negli occhi". Non scorda poeti assassinati (Dalton, Heraud, Urondo) per strada o nei manicomi (Campana) ma non può e non vuole trattenere la forza della parola che gli esce dal di dentro.

Dichiara che la morte è sconfitta dalla luce [vedi: "Frammento (lettera di un malato terminale)"], lui, infiammato da una luce, che va oltre i suoi interessi per l'astrologia.

Puntuali, brevi, atossiche e con lampi intuitivi niente male le poesie di Felice Serino ridanno fiducia all'uomo che vuole incontrare animi trasparenti per procedere incoraggiato e sollevato nel cammino dell'esistenza.

* * *

Clessidra in polvere

Il tempo è un'argomentazione che preme al poeta; Serino dice: "nel sangue un tempo tuo – rotondo". Una continuità di pienezza a cui aspira, tende, come si tende alla perfezione. A me lancia l'immagine del ciclista, quello bravo dalla "pedalata rotonda", costante, mai scomposto e bello da vedere.

Costui elimina i vuoti e va spedito verso il traguardo. Infiammare il sangue d'amore è benzina che brucia il l'acido lattico alle tue gambe che vorrebbe bloccare la tua corsa. Senza ostacoli nell' immaterialità delle cose avanzi con l'aiuto dell'angelo che "da dietro il velo / del tempo è luce al tuo passo".

Il tempo frequentemente è l'accusatore e l'accusato delle nostre irrealizzazioni. Perché allora non velarlo d'irreale? Perché non portarlo in un altro contesto dove non sia lui a dirigere le danze bensì noi "cosmonauti di spazi / sovramentali"?! Perché non ipnotizzarlo o sognare di ipnotizzarlo?! Perché non condurlo nel nostro sogno per poterci camminare a braccetto?!

"Nel paese interiore" – aggiunge il poeta – "vivo una stagione rubata al tempo".

Ma forse, o molto probabilmente, il tempo ideale di Felice Serino non esiste, perché egli ama guardare "all'indietro nell'imbuto fuori del tempo" e avanti "per volare fra le braccia della luce", proiezione anch'essa d'eternità.

Andrea Crostelli

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VA OLTRE IL SEMPLICE VERSO O LA PURA PAROLA

Felice Serino, poeta campano e residente nel capoluogo piemontese, ha pensato bene di pubblicare le sue poesie più riuscite, tratte da quattro volumi ("Il dio-boomerang" 1978; "Frammenti dell'immagine spezzata" 1981; "Di nuovo l'utopia" 1984; "Delta & grido" 1988, in un'opera unica inserendo anche la sua ultima silloge "Idolatria di un'assenza".

Ed è proprio questo il titolo che Pino Tona in apertura così sintetizza: "Le poesie della presente raccolta non hanno metrica e non godono della musicalità della rima: ubbidiscono solo all'estrosità della penna matura dell'autore che ha avuto il pregio di far scandire senso e doppio senso senza mai stancare la sensibilità del lettore".

Giustamente, è la maturità dell'autore che si erge a vele spiegate in una forma soprattutto particolare e suggestiva: il ritmo incessante, le frequenti parentesi, l'ambiguità, l'importanza del significante, di ciò che va oltre il semplice verso o la pura parola.

Ma Serino è anche poeta di "fondo", sa stare in superficie ed è agile nel penetrare dentro, sino alla radice delle cose: "la vita: unghiata sulla carne / del cielo: un grido / rosso come il cuore"; il suo grido si alza, là dove necessita, nell'universale stordimento degli eventi: "ma sarò ancora la denuncia la voce / di chi non ha voce sarò il suo sangue che urla / la storia attraverso i miei squarci".

Bravo è il poeta nella costruzione delle frasi, le quali condite anche da opportuni enjambements invitano a lunghi respiri. Un gioco suggestivo che sottolinea il forte impegno tecnico: "gli anni che il volto grida l'amore / cristallizzato le notti che si spaccano alla volta / del cuore absidi-di-nuvole le ipotesi / di vita o voli della memoria oltre l'urlo" oppure: "tua anima di uomo-di-carta / fino a farla sanguinare nel grido / dell'inchiostro guardarti dal di fuori tra idoli / famelici che ti fanno / a brani mentre bagliori d'insegne scheggiano la / coscienza lampeggiando".

Continuando nel mondo seriniano, si nota la penna del nostro autore affilarsi come lama e accendersi come fuoco: "da albe incancrenite si alzano babeli / che imbavagliano il grido / di coscienze impiccate / a capestri di profitti" per poi subentrare una voce pacata, quasi melanconica: "detrito / dei delta ove tendi senza / foce le braccia rotte / di solitudine e sei come / giuda col tuo peso / di terra".

Il rammarico di Felice Serino, in quanto troppo premurosamente "lasciamo il posto alle macchine", nell'insensatezza di certi giorni, di una vita che forse è legata a troppe regole (lo stesso Blaise Pascal a suo tempo disse che "le leggi sono leggi non perché sono giuste ma perché sono leggi"): "al trillo della sveglia c'è chi si fa / il segno della croce mentre al piano / di sopra un altro forse apre il giorno con una / bestemmia c'è chi sventola una bandiera / di carne e chi miete denaro di / sangue uno chiude l'anno con un volo / dall'impalcatura mentre la donna del magnate fa il bagno / in 200 litri di latte vedendo distratta / i cristi del terzomondo in tivù".

Il quadro poetico di questo autore, sfogliando il suo "Idolatria di un'assenza" è una continua scoperta di immagini vive viste anche al microscopio e, forse più suggestive, da un' altezza e un'angolatura sempre differenti: "li inghiottirà una fuga / di luci la città verticale / allucinata: la sua bava / di ragno che tesse latitanze" là dove l'uomo si aliena da se stesso anziché dal resto del mondo: "recita la propria morte e finge / di fingere per essere autentico".

Ed è poeta colui che piange e ride (riprendendo il caro concetto pascoliano) come un fanciullo; ma è anche colui che fra le mani si nasconde il volto nella tenera paura di riuscire a capire: "lancerà l'orso il suo / anatema / sugli uomini e la loro cecità / per non aver posto un albero tra / sé e la sua fine".

Fabio Greco

["reportage" – n. 21/'94]
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Critica al libro "In una goccia di luce"

di Felice Serino.

A cura di Luca Rossi.

Febbraio 2009.

Incentrato sulla psicologia dell' Io, tra interiorità-esteriorità, tra morfologia del corpo (il

pre-essere che si fa uomo, il quale si relaziona successivamente col mondo), il biennio 2007-2008 vede il poeta dare alla luce queste nuove liriche, riaffermando

il suo indagare su ciò che è temporalità e realtà.

Già la prefazione di W. Blake anticipa quello che sarà il corpus poetico che vede la "bellezza dell'essere" risiedere nel mistero ancestrale del creato. Quell'essere che non porta al suo interno il mistero stesso, è un individuo che acquista scarso valore. E' questo che pare voglia affermare Serino ribadendo le parole di A. Crostelli nella lirica che apre la silloge. Un mistero dentro il quale si racchiude il bello e il brutto di ciò che è umano e non trascendente, per chi volesse pensare ai versi del poeta solamente alla luce dei lumi del cristianesimo. Un mistero che è regione spazio-tempo indeterminata, in cui anche i sogni hanno un loro ruolo (vedi: "In sogno ritornano"): "amari i momenti del vissuto/ che non vorresti mai fossero stati…//si affaccia nel tuo sogno bagnato/ quel senso di perdizione…".

Riflettori da cui diparte una luce "insostanziale", che ci permette di vedere il "non-vissuto" o ciò che non si vorrebbe scrutare perché figlio della paura "…luce verde della memoria/ scuote la morte", come afferma in "Insostanziale la luce".

Una luce che diviene il punto di partenza incentrando il discorso antropologico intrinseco nel vissuto di ognuno: "…sostanza di luce e silenzio/ sapore dell'origine…", da "Lacera trasparenza".

Entrare nel mistero vuole dire entrare nella luce: "…camminare nel mistero a volte/ con passi non tuoi…", da "Entrare nella luce". Mistero come sinonimo di fragilità dell'essere e brevità del tempo, o fortezza di entrambi.

Il concetto viene mirabilmente espresso in quelli che potrebbero ritenersi i versi centrali di tutta l'opera, riportati in "Se ci pensi": "capisci quanto provvisoria/ è questa casa di pietra e di sangue/ dove tra i marosi il tempo/ trama il tuo destino di piccolo uomo?…//…mentre ti ripugna/ il disfacelo lo scandalo/ della morte il salto nel vuoto".

Come non riandare ai versi della Dickinson scritti per la morte del nipotino Gilbert?

Incostante, poco convincente la chiusura della poesia "Mondo", dove colui che scrive sembra smentire tutta una filosofia etico-morale appartenente al suo modo di concepire l'immagine dell'essere che detesta il mondo. Eppure è proprio in "quel" mondo che nasce l'uomo descritto da Serino, anche se proveniente da bagliori indefiniti. E' proprio lì che il mistero di un amore-odio ha valore solo se entrambi coesistono. Non ci potrebbe essere amore se non esistesse odio. Non ci potrebbe essere odio se non esistesse amore. Binomio indissolubile senza il quale tutto sarebbe utopia, anarchia del pensiero collettivo, sempre che non si varcassero le porte del trascendente. Che il suo dichiararsi contro la guerra sia la ragione che sublima il pensiero umano è cosa scontata, ma non reale nella sua pienezza, perché è in quello stesso uomo che il bene e il male convivono.

Così come in "Sic transit…". Ma questa è la realtà dell'uomo contemporaneo. Aggrapparsi all'effimero o costruire il suo dominio sulla roccia. Probabilmente l'abile penna del poeta vuole portarci a fare un salto di qualità nell'apprendere il suo professare.

Un salto di qualità che è didattica. Perché questo è il fine ultimo della poesia, anche se talvolta difficile da concepire.

Una poesia fine a se stessa, con un costrutto essenzialmente "vuoto", è infruttuosa. Deve sussistere una poesia invece in grado di farci volgere lo sguardo alle "coordinate dei sogni -e/ l'insaziato stupirsi della vita/ da respirare su mari aperti// – che tenga lontano la morte", da "Nel segreto del cuore".

La morte, la morte…Altra descrizione di un paesaggio tanto forte quanto quello della vita. Il passaggio dalle tenebre alla luce può essere violento, ma è in questo che si risveglia la coscienza di chi vive tra il bene e il male operando attraverso strumenti di discernimento, quelli dettati dalla poesia, appunto: "e tu di nuovo ostaggio della notte/ l'invito/ l'abbraccio del vuoto// parola neo-nata/ la chiami nel buio/ l'innervi in parole// la plasmi a scalpelli di luce", da "L'invito".

La morfologia della poesia di Serino differisce da ogni altra per il suo concatenare i puri elementi dell'anatomia umana (sangue, nervi, fonemi, ecc.) con quelli del logos, perché la parola diventi carne ed entrambi, così terreni, così tangibili, generati da una forza a cui fare ritorno e in cui rispecchiarsi.

Non serve riportare nelle note biografiche la breve descrizione di chi sia il poeta, di quando sia nato o di ciò che abbia scritto. Le poesie da lui scritte sono un biglietto di presentazione, il biglietto da visita dell'uomo-poeta.

Egli è l'Hermes, colui che nella mitologia greca è il dio dei confini e dei viaggiatori, di tutti noi insomma, di quella geografia che ci appartiene, corporea e del pensiero.

Dio degli oratori e dei poeti, dei pesi e delle misure. E' apportatore di sogni, osservatore notturno, interprete.

Mercurio, nella mitologia romana.

Serino ci trasporta così dal buio alla luce, dal non-essere alla forma dell'essere.

Scruta le ombre per capire dove sia la fonte di luce che le genera, perché senza luce, non esisterebbe ombra. Ladro e bugiardo solo apparentemente in certe strofe da lui scritte al fine di riscattarci a valori assoluti a cui il nostro "uomo di domani" deve rivalutarsi dal passato.

Proveniente dalla luce, attraversando le tenebre, si (ci) indirizza verso il mistero, oltre lo stesso.

Mi permetto solo di rubare alcune parole all'amico prof. D. Pezzini, direttore della cattedra di lingua inglese e letteratura medioevale inglese presso l'università di Verona, che nel descrivere la figura del poeta gallese Ronald Stuart Thomas, scrisse in un suo libro per gli studenti universitari: "Thomas ha infatti della poesia una visione che diremmo severa e impegnata, nella quale egli traduce un percorso di scoperta personale che passa attraverso la lettura del mondo in cui vive (…) e di indagine ostinata del proprio io alla ricerca del senso ultimo delle cose."

Questo, a mio modesto avviso, vale anche per F. Serino.

"La Ricerca di Felice Serino": Un'Odissea Introspettiva. Recensione di Alessandria today
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La Ricerca, poesia di Felice Serino, è un'esplorazione profonda dell'animo umano e della sua incessante ricerca di significato. La poesia ci porta in un viaggio introspettivo, attraverso i dubbi, le paure e le speranze che caratterizzano la nostra esistenza.

Serino utilizza un linguaggio ricco e suggestivo per creare immagini vivide nella mente del lettore. Le sue parole ci trasportano in un mondo interiore di riflessioni e domande esistenziali.

La poesia è ricca di metafore, come la vita paragonata ad un "mare in tempesta" e la ricerca di significato ad una "stella polare". Queste immagini rafforzano l'idea della vita come un viaggio incerto e pieno di sfide.

Il tono generale della poesia è riflessivo e malinconico. Serino riconosce la difficoltà di trovare risposte alle domande più profonde della vita, ma non si arrende. La poesia ci ricorda che la ricerca di significato è un viaggio che vale la pena intraprendere, anche se non sappiamo dove ci porterà.

In sintesi, "La Ricerca" è una poesia profonda e toccante che esplora il tema universale della ricerca di significato nella vita. La poesia ci invita a riflettere su noi stessi e sul nostro posto nel mondo.

Pier Carlo Lava

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La ricerca

uscire
dal porto -il cuore in mano-
issare la vela della
passione
dietro lo stridulo
urlo dei gabbiani
tra le vene bluastre del cielo
foriero di tempesta
squarciare
nel giorno stretto
il grande ventre del mare
che geloso nasconde
negli abissi
i suoi figli

Considerazioni sulle poesie di Felice Serino:

Spiove luce – Immersi nell'Assoluto – Infanzia

*

Spiove luce

spiove luce

di stelle gonfie di vento

col tuo peso

greve di limiti

ti pare quasi vita sognata

il vissuto già divenuto memoria

siamo frecce

scagliate nel futuro

o il tempo che ci è dato è maya

e si è immersi in un eterno presente?

Da In una goccia di luce, 2008

*

Immersi nell'Assoluto

come in una bolla d'aria o goccia

di luce

si ha vita

nel fiato del Sogno infinito

Da In una goccia di luce, 2008

*

Infanzia

la tenerezza dei giorni verdi

sparpagliati

nell'oro del sole appesi

alla luna

il papà dalle spalle

larghe come la volta

del cielo

quel sentirsi dèi – quasi

alati senza peso – e

non sapere la vita

Innocenza nostalgia del paradiso

* * *

ALATI SENZA PESO

Il nostro vivere non si concretizza, non si materializza malgrado le attese.

Siamo disciolti nell'aria come "frecce scagliate nel futuro", ciò che conta si chiama anima. Il tendere. La concentrazione nel volo per non cambiare direzione, per non deragliare. Il tendere come dapprima le corde dell'arco. O come una bolla che il "fiato del Sogno infinito " ti ha spinto.

Continuare il viaggio rilucendo dei colori del sole fino a dissolversi in esso.

"Sentirsi dei " è la leggerezza della grazia, è comunque l'abbandono al Supremo, come bambini che ritornano agli affetti e si lasciano guidare fiduciosi nell'ignoto che li attende.

Andrea Crostelli

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Note per Flavio

Si è detto che il poeta viva dentro un perpetuo stupore. (1) A maggior ragione possiamo affermarlo parlando di Flavio Ballerini. Un poeta straordinario, personalissimo nel singolare modo di esporre i suoi versi, spezzati o dal ritmo musicale sincopato, espressi al tempo stesso con la forza di una continua novità (2); la novità e il candore propri del bambino che si agita dentro il suo essere diviso, che si lascia sorprendere dalla meraviglia della vita, dal suo miracolo.

Questo è il poeta Ballerini, un alchimista, "ballerino" della parola.

– – –

"come protezione si custodisce / la luce viva del sognare…"; "la vita se non è un miracolo muore" (pagg. 48 e 62 di "Emozioni maldestre").

Si vedano ad esempio i pochi versi folgoranti ispirati dalla mia poesia L'ombra.

Felice Serino

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Insostanziale la Luce

insostanziale la Luce

nella carne si oscura

(energia fatta densa)

luce verde della memoria

scuote la morte:

il nocciolo del tempo

nel buio delle vene è universo

presto deperibile

– da La bellezza dell'essere, 2007 –

Felice Serino

*

La luce ha bisogno di arrivare, come nel tunnel di una galleria ha sempre fame d'aria, di libertà, dispazi aperti, di correre fluentemente a gran velocità.

Non appartiene a nessuna sostanza (insostanziale) la luce: nella carne, nella materia, si oscura, perde di forza, di energia, si appesantisce… La sostanza del tempo / nel buio delle vene è universo /presto deperibile, ma la memoria salva dalla morte, riesce a rendere vivi avvenimenti passati (luci)di gioie irripetibili che sembravano perse. Si tratta di una memoria spirituale che non è cancellabile, bensì eterna.

La poesia di Felice Serino è di una brevità lessicale e concentrazione di significati unica. Se dovessimo catalogarla tra terra cielo e mare, diremmo senza dubbio che è una poesia di cielo.

Andrea Crostelli

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ACCOSTAMENTI A "CREATURA" DI FELICE SERINO

(riflessioni, riferimenti personali ed altro)

CREATURA

mi godo la luce

come farfalla

sul palmo della tua mano

Signore non posso

che offrirti il mio niente –

fragile creatura

ti devo una morte

Da Il sentire celeste, 2006

Quante morti, per non pensare a quella ultima, abbiamo reso a Dio?!… e, quindi, quante resurrezioni!

C'è un'intuizione strabiliante in questa poesia. Ovvero la figura della farfalla abbinata alla morte.

Qualche anno fa ho avuto il privilegio di seguire da vicino un ragazzino dodicenne malato di tumore (uno dei cancri più rari e tremendi). L'ultima volta che l' ho potuto portare davanti casa, semi-seduto su una sdraio, ho assistito a questa scena. Aveva una piaga sul ginocchio sinistro e, mentre si stava meditando il rientro, un nuvolo di farfalle bianche (le cavolaie) andò a posarsi su di lui e a baciare quella ferita.

Era coperto di farfalle, stettero in quel posto sacro, su quell'altare umano per minuti che sembravano eterni, prima di allontanarsi come uno sciame d'api venuto dal nulla. Era il segno che stava per essere accolto, dopo la morte, da quella luce straripante che in quegli istanti particolari ci aveva invaso. I giorni seguenti videro Samuele (così si chiamava) in coma. Un pomeriggio pensai che era il caso di portargli la comunione e pregare un po' insieme. In effetti si svegliò dal coma e pregò profondamente insieme a tutti i presenti (familiari e amici). Il mattino dopo sullo stradello che porta a casa sua trovai una cavolaia morta. Piombò dentro me il dolore della perdita assieme alla certezza consolante di avere un santo, ora presente, "solo" in maniera spirituale.

Le morti interiori a causa del male commesso sono l'offerta del nostro niente a Dio. Offerta per il rifacimento totale del nostro essere che cerca la vita nuova nella grazia.

La morte può essere intesa pure come liberazione dai pesi terreni, la zavorra che si stacca dal nostro corpo che acquista leggerezza e sale nel cielo pari a una farfalla e, delicatamente, va a cercare la mano che l' ha generato e vi si posa [per sempre].

C'è un altro significato che mi preme venga messo in luce. Quello che sta a dire: la mano del Signore mi ha salvato ora gli devo la vita (o meglio, quella gliela dovevo anche prima, ora gli "devo una morte".

Andrea Costelli

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Commento a Il mondo le cose del mondo, di Felice Serino

a Padre Pio

il mondo le cose del mondo

ci devono scivolare addosso

come acqua – dicevi

mentre era un sorriso

interiore a illuminarti –

guaglio':

la casa del Padre è in fondo al tuo cuore

ma è il cuore

un campo di battaglia: a ogni giorno basta

la sua pena –

Da Il sentire celeste, 2006

*

Padre Pio parlava con semplicità di cose spirituali, ma c'è da lavorare, da togliere squame per andare all'essenzialità, per trovare sotto la carne tenera del cuore.

Ed il cuore è un campo di battaglia che gioca suo malgrado con le nostre falsità (falsifica il male per poi trovargli posto la mente/volontà distorta).

A ogni giorno basterebbe la sua pena e credo sarebbe perfetta letizia, ma si aggiunge un fardello troppo pesante sopra al cuore (il nostro orgoglio-egoismo) che soffoca i suoi veri battiti con un riverbero non più chiaro. La difficoltà del Dottore è quella di non poterti dire come stai, avendo tu interrotto il sistema di comunicazione via cuore che arriva come un segnale telegrafico non decifrabile. Bisogna cogliere allora il "suono allarmante" che indica il pericolo, la strada senza sbocco. Bisogna cogliere il lamento e risalire all'incrocio in cui abbiamo preso la via sbagliata.

Il cuore, in realtà, lo dobbiamo sentire da noi stessi – l'eco scandito dal suo battito, il pulsare dolce, soave, leggiadro che è lo stato di grazia al quale dobbiamo tendere. Il sorriso che esce dal cuore.

Andrea Costelli

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Nel segreto del cuore

tenere in serbo scomparti

colore del vento che oblìa

memorie: rossi

come il sangue della passione

verdi come le prime primavere

azzurri come il manto di madonne

custodirvi gocce di poesia

cavalli di nuvole ed arco

baleni –

le coordinate dei sogni – e

l'insaziato stupirsi della vita

da respirare su mari aperti

– che tenga lontano la morte

Felice Serino

* * *

Nota a cura di Andrea Crostelli

luglio 2008

"Nel segreto del cuore" enumera ogni attaccamento dell'anima alle cose che ritiene essenziali.

L'impronta che ci caratterizza che vorremmo avere sempre davanti agli occhi per non perdere gli stimoli, gli entusiasmi.

Chi siamo e da dove veniamo… domande alle quali c'è bisogno di avere sempre una risposta pronta per non smarrirsi.

La morte, infatti, è la motivazione che viene a mancare, è l'assenza fatta di vuoto (non l'assenza dello "stupirsi" che è contemplazione, estasi, massima presenza).

Il "respiro su mari aperti" è laddove riusciamo ad essere liberi. Ad essere spettatori, a volte, di noi stessi. In quei frangenti possiamo meravigliarci della nostra persona come se venissimo a conoscerla improvvisamente, come il bambino che fa esperimenti e si compiace delle sue capacità e allora parla ad alta voce, parla a se stesso.

Raccontarsi con la poesia, progredire nel presente dello spirito che muove le cose, le inventa, le materializza, le valorizza, le sublima.

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CIELO INDACO

confondersi del sangue con l'indaco

cielo della memoria dove l'altrodi-

me preesiste – sogno

infinito di un atto d'amore

*

Commento critico di Luca Rossi

Ottobre 1999

E' l'attesa l'elemento fondamentale che si evidenzia in questo scritto.

Un'attesa-sogno che va a rivelarsi in ciò che già comunque in un certo modo sussiste: ". . .di me preesistente".

Si chiude con la poesia l'inizio della vita, quell'atto d'amore che ci ha generati per essere attesi là dove già era collocato il nostro posto.

E non c'è dubbio sulla nostra nascita perché la memoria è un cielo color indaco che aspetta solo il confondersi del nostro sangue con esso, perché tutto si possa realizzare come predestinato, come preesistente.

E oltre l'attesa, anche il desiderio.

E' un sogno potere credere che un giorno qualcuno verrà, farà parte di questo cielo dove memoria è uguale a realtà vissuta ma allo stesso tempo che deve ancora venire (l'altro di me ed io futuro).

Quattro versi per descrivere un'attesa così lunga.

Quattro versi per descrivere un desiderio che sembra non avere mai fine. Quattro semplici versi per ricordarci che non più lunga deve essere l'intensità che si prova riflettendo su di essi.

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I FUOCHI DELLA LUNA

(a cura di Luca Rossi)

coi fuochi della luna bivaccanti nel sangue

baluginare d'albe e notti che s'inseguono

dentro il mio perduto nome

per le ancestrali stanze un aleggiare di

creatura celeste che a lato mi vive

nella luce pugnalata

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

Dire se i fuochi della luna siano cosa reale o meno, non possiamo affermarlo con certezza.

Ma se per un momento, come fa il poeta, cerchiamo rifugio nella notte, allora potremmo vedere anche noi questi fuochi prima di oltrepassare la sottile linea che ci divide dal razionale, per inseguire un delirio che ci faccia sentire diversi da ciò che eravamo, fino al mezzogiorno di un incubo che prende il nome dalla vita di tutti i giorni dalla quale fuggire per un istante.

Ordinaria follia di un giorno che si vorrebbe esorcizzare, per superare il confine in cui la mente si libera da opprimenti istanze, dove fiumi di sangue scorrono davanti ai nostri occhi per avere accoltellato la luce tra un inseguirsi rapido di albe e di notti (come dice il poeta) in cui vivere o lasciarsi morire.

Già, perché non c'è modo di liberarsi del giorno che uguale ritorna ogni volta per vederci protagonisti di un tempo che ci tiene prigionieri.

Notte senza maschere quella in cui viviamo per scendere dal palcoscenico e restituire i soldi del biglietto allo spettatore seduto, ora che le parti si invertono, adesso che la vita ha cambiato il suo gioco.

Vaghiamo da una stanza all'altra aprendo porte chiuse alla luce e spalanchiamo finestre che danno ancora sulla notte dell'Io, dove il calcolo dei giorni scaduti è di gran lunga superiore a quello dei traguardi che si sarebbero voluti raggiungere.

Una figura mi è sempre accanto. Conosce il mio nome: ultimo tentativo tra coscienza e oblio di recuperare ciò che restava del mio corpo ucciso, lasciato nel sangue tra gli ultimi fuochi di una luna ancora malata.

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Canto per Nkosi

(In memoriam)

– A Nkosi Johnson, morto a 12 anni, il I° giugno 2001, a Johannesburg. Nato sieropositivo, fu scelto come testimonial contro il morbo dell'AIDS.-

colei che ti diede vita

la sai madre di cielo

bambino che hai corteggiato la morte –

tu messo in un angolo come vergogna

(lo sguardo orfano rapito

in vastità di cieli) presto non più

che mucchietto d'ossa – Nkosi

sei la nostra Coscienza:

e violentaci dunque nel profondo – tu

con la purezza di un breve mattino

mentre questa morte – vedi –

già s'ingemma di sole

Felice Serino

Da Fuoco dipinto, 2002 –

Commento di Luca Rossi

Pensare che quella di Felice Serino sia un'opera che mira solamente all'esaltazione isolata e semplicistica di un sentimento è cosa da poco; il poeta infatti cerca di attrarre il lettore verso il nucleo del dramma e della sua autenticità, mettendo in risalto la sofferenza che deriva da una presa di coscienza non tanto del vuoto lasciato da chi ora non c'è più, ma di chi ha fatto da spettatore a quanto andava accadendo.

Nella poesia il vero morto non è Nkosi, ma colui che rimane indifferente davanti alla denuncia di chi scrive, nel proprio "non-voler-fare" perché ciò possa "non-accadere". A quali persone si rivolga in particolare il poeta non è dato saperlo. Forse ai potenti della terra che manipolano i commerci, in unione con le grosse multinazionali, come quelle farmaceutiche, per evitare morti precoci, o forse più semplicemente, a tutti noi (lo dice lui stesso: "Nkosi, sei la nostra Coscienza…").

E' la coscienza di chi non ha mai visitato, almeno una volta nella sua vita, le piazze delle grandi città, nelle quali ogni anno vengono distese al suolo le coperte con incisi i nomi dei figli, degli amici, dei compagni e delle compagne morti a causa dell'AIDS. E' la coscienza di chi non ha mai stretto tra le mani, nelle stesse piazze, una candela accesa per ricordare gli uomini e le donne scomparse mentre viene letto il loro nome; persone magari sconosciute, verso la cui morte però non ci si può dimostrare non solidali. E' la coscienza di quelli che non hanno mai voluto possedere un simbolo (come il fiocco di stoffa rossa a forma di "A") il cui significato testimonia quella solidarietà umana verso coloro che saranno o sono già stati falciati dalla malattia. E' anche la coscienza di colui che pensa di ritenersi immune per sempre da essa, o di chi addita le ragioni di quest'inferno terreno riconoscendone nella devianza una delle cause.

La morte di Nkosi per il poeta resta quindi un pretesto per indicare i veri morti, perché chi vive la malattia è colui che riscopre nella sua predestinazione a scomparire il senso vero ed estremo del vivere.

Così il poeta confonde il tutto facendoci notare quella "purezza di un breve mattino" al quale dobbiamo volgere lo sguardo per ritrovare l'innocenza e la verità perdute o dimenticate: quelle certe di Nkosi che non sono venute mai meno, ma anche, come nel primo caso, le nostre. Lui (Nkosi) ci fa da guida.

Apposta il poeta confonde, perché desidera lasciarci scoprire se continuare ad essere dei morti tra coloro che continuano a vivere o persone vive che prendono coscienza di quella morte che ci renderà tutti uguali.

E' un monito duro ma schietto, che non bada a mediazioni di sorta, perché deve risvegliare la voglia di comprendere il dolore ed il perdono verso chi sta all'origine di tale dramma, come in questo caso lo furono i genitori che, da datori di vita, hanno implicitamente segnato la condanna del proprio figlio.

Anche noi così forse riusciremo un giorno a vedere, se saremo in grado di farlo, quel sole che, nei versi con i quali si chiude l'opera, risplende sulle tenebre della morte che presto o tardi ci raggiungerà, rivolgendo i nostri occhi alla resurrezione di Johnson: l'unico vero sole che resterà anche quando l'astro che ci illumina estinguerà per sempre la sua luce.

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"Angeli caduti" di Felice Serino

a cura di Luca Rossi.

Novembre 2004.

ANGELI CADUTI

fuori dal cielo

bevvero l'acqua del Lete

ora non sanno più chi sono

presi nella ruota del tempo

mendicano avanzi di luce – curano

le ali spezzate

per risalire nell'azzurro

Da La difficile luce, 2005

Questa volta Serino ha voluto pericolosamente avventurarsi in un campo dove la tematica è riservata a chi ha fatto della vita tutta un campo d'azione nel mondo del Mistero, di quel mistero dove regnano angeli[1] e demoni, dèi e anti-Cristo, portatori di pace e dittatori della guerra, che sia poi guerra fatta di armi o di lotte interiori, dove il nemico siamo "noi-stessi contro noi-stessi" poco importa.

In questa moltitudine di figure indefinite, egli identifica la figura di un angelo che di soprannaturale, nel proprio profondo, ha ben poco, ma si definisce come un'immagine più di umanizzata, dove è il peccato a renderlo prigioniero del mondo.

Se lo diverrà (cioè essere slegato dalla terra) lo sarà solo poi, dopo che avrà superato la soglia del reale, in cui si allineano istanze nascoste, sogni criptati, dinamiche ancestrali di eventi remoti; la linea che demarca la purezza dal peccato, la tentazione … dal sacrum).

Angeli che prima erano ragazzi, esseri innocenti (perché mai la giovinezza dovrebbe essere immune dal peccato?) che ora cercano di riscattarsi dai propri errori, di lavarsi le proprie ali per potere risalire verso l'alto, verso l'Assoluto. Ma le ali intrise rendono difficile il volo verso un cielo sempre più alto. Resta comunque la speranza che il cielo tocchi la terra per rendere più breve la risalita e così disperdersi nell'Infinito.

Il paradiso perduto sta al di là del Lete[2], ci dice il poeta, fuori dal cielo, al di là del quale ognuno perde la propria identità: non è più massa, non è più omologazione, non è più l'Io specifico definito.

Definitivamente persi e pronti a bere un'acqua che faccia dimenticare chi fossero stati o, a giudizio del lettore, seguire la via dantesca.

Poveri divenuti tali a causa di una Grazia perduta che nello scorrere dell'eternità, dove stanno gli immortali e coloro che ancora sono nella prova, vanno alla ricerca della luce, della visione di Colui che è sempre pronto a tornare sui suoi passi perché nessuno sia un nuovo Lucifero, ma la manifestazione di quanto grande possa essere il perdono.

Curano le ali spezzate, dice l'autore, come a volere testimoniare che dopo l'errore c'è la presa di coscienza di ciò che di negativo si è compiuto.

E' tempo ora di riparare al danno, è momento di stasi, momento in cui non si può fare altro che starsene fermi dove ci si trova a mendicare avanzi di luce.

Che sia dato loro (non potevamo essere forse noi quegli angeli?) un nuovo tempo è cosa certa: all'interno di questi cureranno le ferite delle loro ali pensando al passato e utilizzando la ragione come medicina che risana.

Ma ragione e tempo non basteranno per guarire, se l'Amore di Dio non si riverserà su tutto e tutti.

Serino, nella sua solo apparente distanza da una poesia in cui il cristianesimo non si riflette in una civiltà moderna, dove egli ha costruito la sua poetica fin dagli anni delle grandi lotte per i diritti dei lavoratori nelle fabbriche, nasconde invece, attraverso i personaggi da lui descritti, un forte e saldo legame nei confronti dell'Assoluto. In talune opere sembra quasi essere una necessità, per risalire quell'azzurro che rimane pur sempre, nel pensiero collettivo, il colore della purezza e dell'innocenza.

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[1] Vedi E. Dickinson nella sezione poetica dedicata agli angeli. Mi permetto di riportare qui di seguito una delle più belle poesie, a mio giudizio, della Dickinson sul tema, la quale dice:"Sola non posso stare – / Perché mi vengono a far visita – / Ospiti al di là della memoria – / Ospiti che ignorano la chiave di casa. // Non usano abiti o nomi – / calendari – o climi – / ma abitano case comuni / come fanno gli gnomi – // A volte corrieri interiori / ne annunciano l'arrivo – / Ma mai la partenza – / perché non se ne vanno mai più."

[2] Nella mitologia classica, fiume dell'Ade (il mondo dei trapassati); i morti dovevano berne l'acqua che faceva loro dimenticare la vita terrena. Dante ne fece un fiume del paradiso terrestre; le anime ne bevono le acque prima di salire in cielo per dimenticare le colpe commesse.

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SULLE RIVE DEL MISTERO

ciò che non appare mistero

neppure è bello *

fragile come i sogni

spaesa il cuore

di là del mare

tutta

una vita –

… finché lo spaesare

non si adagia

sulle rive del mistero

* frase presa in prestito dal mio amico

pittore-poeta-critico Andrea Costelli

Da Dentro una sospensione, 2007

*

… "Tutta una vita", e sì, l'anima è in cammino su acque tormentose-calme-fredde-calde, acque d'ogni specie, e non può smettere di camminare, di evolversi, di maturare e crescere per tutto l'arco del tempo donatogli.

"Lo spaesare" per paesi di mare, per mondi interiori è la sua natura. E quello che è mistero diventa scoperta, sicurezza, quando l'onda finale accompagnerà il nostro corpo sulla battigia. Sicurezza perché saranno le braccia di nostro PADRE-MADRE a raccoglierci e risollevarci per sempre.

Scoperta e sicurezza perché il tuffo completo nell'Amore ruberà al mistero i suoi punti sconosciuti, e quell'ansia continua mista di paura per l'ignoto e tensione per il desiderio evaderà dal nostro essere come lo sporco dopo una bella doccia.

Andrea Crostelli



Breve commento sulla poesia di Felice Serino dedicata a Sandro Penna

La vita…è ricordarsi di un risveglio



"La vita… è ricordarsi di un risveglio"

[leggendo Sandro Penna: una cheta follia, di Elio Pecora]

sotto un mutevole cielo chiuso

nel tuo grido di diverso

cresce la luce a cui vòlti

le spalle: voglia di sparire

dentro un sogno o restare

nell'ora dolce dei vivi

– mosca impigliata nel miele

*

La difficoltà di accogliere la luce – quella non imprigionata dal sogno – la luce del tempo presente che mette in risalto il tuo aspetto di diverso. Sì, perché la luce fora la pelle, le ossa e giunge facilmente all'anima e illumina il tuo aspetto interiore di diverso.

C'è quasi una paura di mostrarsi e una paura di vedersi e non accogliersi.

Scrivo a te Sandro, te che amavi tanto la vita e ti sei "impigliato come mosca nel miele", come uno che si butta e non sa frenare le sue passioni, come uno che trae dolcezza infinita anche dalle sue pene, dalla sensibilità che è dono e si riversa in poesia.

Andrea Costelli

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Distacco

giungere dove ogni linea s'annulla

un brivido bianco… e sei altro

fiume che perde nel mare il suo nome *

* da un verso di Billy Collins

da In una goccia di luce, 2008

_ _ _

Le tue poesie seguono sempre una linea ascetica spirituale, sono una proiezione per inquadrare l'al di là. Potrebbero essere racchiuse quasi tutte in un unico libro.

Mi è piaciuto assai il verso: un brivido bianco… e sei altro.Il riferimento alla trasformazione che riceveremo sia nella carne che nello spirito alla fine dei giorni terreni è in risalto e ben trasposto.

Chiaramente ti raggiunge anche il pensiero che già da adesso la vita si trasforma per chi tende a giungere dove ogni linea s'annulla.Tra le braccia del Padre come il fiume tra il seno del mare.

Andrea Costelli [stralcio da lettera privata]

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DOPPIO CELESTE

entrare nello specchio: esserne

l'altra faccia:

uscire dal sogno di te stesso

apparenza di carne tornata pneuma:

ri-unificarti col tuo doppio

celeste: il-già-esistente di là

dal vetro: tua sostanza e pienezza

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

Sono il modo del verbo, quello infinito, ed il significato dello stesso, cioè quello di "accedere a un luogo", che vengono sottolineati fin dall'inizio della poesia, che già ci portano a considerare l'aspetto introspettivo che i versi diranno di seguito.

E si è subito sul luogo della scena, senza premesse, in medias res. Si è subito sul luogo del delitto (del proprio suicidio): in riva allo stagno, dove, tra breve,superato il primo verbo che apre la poesia, l'immagine di Narciso si specchierà chiara nell'acqua ("esserne l'altra faccia").

Non si arriva neppure a mettere in dubbio l'impronta fortemente narcisistica dello scritto ("uscire dal sogno di te stesso").

O forse, superato il primo verso, può essere che le parti non siano le stesse che la mitologia vorrebbe riproporre.

Può essere che l'oggetto (lo stagno, lo specchio, l'altra faccia) e la persona (Narciso e il sogno che lo rappresenta) si confondano, proprio come talvolta avviene nei sogni, dove ogni cosa può occupare posti e ruoli diversi, differenti:

Quando Narciso morì, lo stagno del suo piacere si mutò da una tazza di dolci acque in una tazza di lacrime salse e le Oreadi vennero piangendo attraverso i boschi per cantare allo stagno e confortarlo. E quando videro che lo stagno s'era mutato da una tazza di dolci acque in una tazza di lacrime salse, sciolsero le verdi trecce dei loro capelli e gridarono verso lo stagno dicendo: "Noi non ci meravigliamo che tu pianga tanto Narciso, perché era davvero bellissimo".

"Ma era bello Narciso?", disse lo stagno."Chi potrebbe saperlo meglio di te?", risposero le Oreadi." Ci passava sempre davanti, ma cercava te e si stendeva sulle tue rive e guardava dentro di te e nello specchio delle tue acque specchiava la propria bellezza".

Allora lo stagno rispose: "Ma io amavo Narciso perché, mentre egli se ne stava disteso sulle mie rive e mi guardava, nello specchio dei suoi occhi io vedevo sempre specchiata la mia bellezza".

(Oscar Wilde – Il discepolo, 1893).

Lo stagno e Narciso erano la stessa persona, la stessa cosa: ognuno di essi non vedeva l'altro.

In "Doppio celeste" si esce invece dal sogno per accorgersi che esiste una realtà, che è quella che lo specchio riflette, che poi è la stessa che, vista specularmente, completa la parte spirituale mancante nell'uomo, finché questa non viene raggiunta.

Solo passando attraverso lo specchio ci si addentra nell'anima e si vedono con distacco le cose che stanno oltre il sembiante, quando anima e corpo, corpo e anima si trovano già in uno stato etereo.

Nella lettura della poesia, prima di entrare nello specchio, si percepisce quanto l'autore voglia trasmettere che questa ricerca non sia stata del tutto casuale, ma che anzitempo vi era stato un percorso alla ricerca, appunto, del complementare; che vi era stata tutta una vita di riflessione a riguardo.

Ce lo sottolinea il modo in cui la poesia inizia, con quell' "entrare" scritto con la lettera minuscola, abitudine certa di chi scrive nell'aprire i suoi lavori, ma non in questo caso, come si potrebbe interpretare; un modo d'iniziare portato quasi a testimonianza che prima c'era dell'altro.

Ne seguono poi, nella costruzione delle strofe, un utilizzo dell'interpunzione rappresentata dai due punti ben evidente e ripetuta. Si tratta di spiegare ciò che il discorso iniziato, continuato, ora vuole dire.

Scelta oculata, originale, non casuale della punteggiatura unita al senso della poesia.

Dopo essere entrati nello specchio, al di là della sua superficie, al di là della superficie dello stagno, c'è la distanza, la profondità dello stesso, che aumenta quanto più eravamo distanti da quel "doppio celeste" già presente.

Narciso conoscerà la sua essenza solo quando lo specchio d'acqua lo attirerà a sé tramite il gioco perverso della propria immagine.

Noi lo faremo quando l'immagine dello specchio rifletterà un azzurro che si aprirà al di sopra dell'unico colore, quello nero, della morte.

Ma che la morte sia il vero senso con cui si chiude questa poesia è in dubbio.

Ciò che lascia questo dubbio è l'utilizzo dei verbi usati all'infinito (entrare – essere – uscire dal sogno): all'infinito cerchiamo la nostra complementarietà all'interno della vita e moriamo così tutte le volte che portiamo a termine questa nostra ricerca, e rinasciamo subito dopo.

Sembra che in questa poesia non ci sia vita, non ci sia morte, perché la ricerca dell'anima supera i confini del tempo e della storia.

Commento di Luca Rossi

6 dicembre 1998

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LA FORZA GENTILE

Dio è paziente: ha sogni

per l'uomo infiniti – frutti

immarcescibili

(centro del cosmo: non è

il suo un giocare a dadi)

egli visita le nostre

piaghe – manda angeli

a spazzare gli angoli del cuore

(suo disegno è

la Bellezza)

la sua forza è gentile

Felice Serino

Da La difficile luce, 2005

*

COMMENTO ALLA POESIA "LA FORZA GENTILE"

Di Luca Rossi. Dicembre 2002

Un'estrema tranquillità nel descrivere ciò che Dio rappresenta per noi percorre questa poesia dal suo inizio fino al termine. Ogni aggettivo che viene attribuito a Colui che del tempo detiene le sorti ci insegna che la calma e la pace dei sentimenti appartengono solo a chi è eterno e non all'uomo frenetico dell'era moderna.

Nella sua "continuità" egli progetta per noi "oltre la morte" (il sogno infinito rivolto all'uomo senza tirare a sorte il destino di ognuno, ma predefinendolo per renderlo sicuro, certo, oltretempo, oltrememoria che si dilegua).

Un Dio che si fa uomo nella sofferenza essendoci accanto quando le piaghe del fisico e dell'anima si aprono, squarciano la notte che sta dentro di noi,e solitudine ed abbandono ci circondano; quando l'ultimo amico segna la distanza da dietro una porta che chiude i suoi battenti.

Un Dio che non si mostra, ma che si rivela attraverso messaggeri per ripulire il cuore da ciò che non è eterno (l'incomprensione del mistero che fa da linea di divisione fra il sentimento umano e quello dell'Assoluto). Solamente un cuore sgombro dal filo rigoroso della logica e del dubbio può prepararsi ad accettare il perché delle cose; un perché che il poeta vede come soluzione finale facendo riferimento alla bellezza, disegno infinito dell'amore di chi sa fare della forza un'arma gentile per combattere la paura esistenziale che ci appartiene.

Poesia a mio giudizio di elevato livello spirituale e morale, nonché compositivo; lezione certo di stile e di richiamo per tutti noi ancora una volta a volgere lo sguardo verso chi ci chiede di essere riconosciuto come architetto ristrutturatore di anime.

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Frasi sulla poesia "IL PECULIO DI LUCE" (a Simone Weil) di Felice Serino

IL PECULIO DI LUCE

(a Simone Weil)

1.

(occhi come laghi

a eco fremiti di vita)

ha mani che sfondano muri

di solitudine – amore

2.

germoglia grido di luce

da nuovo dolore

Felice Serino

Da Il sentire celeste, 2006

*

Tornano a te, come in un lago al centro della sua valle, gli echi della tua voce-dolore-di-tempo, di quando pronunciasti frasi o pensieri appena ieri, o tornano a te gli echi di chi, in un tempo più remoto, ti assomigliava nel suo "sentire". Perché l'eco è un sentire che può arrivare dalle orecchie al cuore.

Queste sono le "mani che sfondano muri" (e anni), mani prolungate in gesti d'amore e alzate in inni di lode.

L'eco della "luce" sorge come un grido potente di vittoria che abbatte mura di Gerico (la preghiera "funziona" quando uno non dubita che otterrà quel che chiede, anzi sa già di averlo ottenuto prima che questo accada), che stronca le resistenze nemiche più volitive, che smaschera la "notte" con le sue abissali contrapposizioni del bene e con l'offerta lieta delle proprie pene.

E' così che Felice Serino si specchia negli occhi di Simone Weil (intravede il suo sorriso come una mano tesa), è così che Felice Serino si specchia nella vita piena.

Andrea Crostelli

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LA VITA NELLE MANI DEL VENTO

palpebre d'aria

chiuse sulla disfatta del giorno

(depistate tracce

rotte smarrite

a insanguinare il vento:

ruotare del tempo

nella sua vuota occhiaia)

anse d'ombre

annegano il grido

dell'anima giocata a testa e croce

Felice Serino

Da Fuoco dipinto, 2002

*

Commento critico di Luca Rossi

Settembre 2000

Occorre tirare le somme e vedere la realtà per quella che è o per quella che è stata. La nostra anima, il nostro passato, non li possiamo cambiare.

Li abbiamo giocati al gioco del destino, apparso sempre così mutevole, come il vento che ora soffia in una direzione e subito dopo nella direzione opposta.

Un vento che corre lontano prima che il giorno finisce.

E ora che si fa sera si devono fare le proprie considerazioni, come palpebre che si chiudono alla disfatta del giorno.

Ma il giorno – la vita – è stato pieno di tante cose, di tanti avvenimenti, di un destino falsato, di una scelta che non si è trasformata in realtà (rotte smarrite, dice il poeta), che ha cambiato le sorti della

stessa e ha macchiato quel vento che porta oltre.

Restano le ombre, con le loro pieghe, con i loro risvolti che si accompagnano al grido di quella che è ora la realtà dell'anima che vuole tornare a essere se stessa, vita nelle mani del vento.

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NEL ROVESCIAMENTO

(a cura di Luca Rossi)

(non vedi al di là del tuo naso scientifico):

è come leggessi sull'acqua

lettere storte: poiché noi siamo

nel rovesciamento afferma

la weil – e negazione

ci appare la grazia

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

Riscattare la propria condizione esistenziale è il fondamento di questa poesia.

Il nostro Io interiore e quello esteriore sono legati da un qualche cosa che li determina, che li unisce per essere insieme un tutt'uno, a costruire un significato.

Vediamo da un lato, mentre perdiamo visione dell'insieme dall'altro (non vedi al di là del tuo naso scientifico), perché i parametri di giudizio sono quelli di sempre, basati su una visione del cosmo troppo mediata dalla ragione e poco dai sentimenti; dalla rigida regola di catalogare il tutto per dare una risposta a ciò che avviene e poco dalla capacità di comprendere l'impossibilità di penetrare i progetti della natura che sfuggono a ogni capacità di previsione.

La realtà può essere quella che vediamo riflessa in uno specchio d'acqua, ma può anche essere quella che lo specchio d'acqua riflette quando la stessa viene mossa e confonde l'immagine.

Eppure è sempre la medesima realtà vista in due modi differenti.

Poiché noi siamo l'una e l'altra: lettere ordinate, ben composte, ma anche lettere storte che descrivono un racconto di vita diverso.

Leggiamo nell'acqua un volto, leggiamo un pezzo di cielo che la sovrasta, leggiamo un desiderio precluso (quello di Narciso che non seppe vedere il proprio rovesciamento) e ci appare distinto un progetto dove la luce colpisce, dove la luce rende tutto più chiaro.

La grazia fa da tramite per vedere le due realtà in cui vivere; tempo speso perché la vita resti quella di sempre scombinata nei suoi opposti.

Dicembre 2000

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RIFLESSIONE PERSONALE DI GIANCARLA RAFFAELI

SULLA POESIA "MONDO" DI FELICE SERINO

Mondo

(contro le guerre)

freddo incanaglito la tua iniquità

è specchio che deforma

la bellezza del creato

tu esperienza della ferita

col poco amore che ispiri

ci lascerai incastrati

tra questa e un'altra dimensione?

mondo: piaga e grido

dell'uomo incompiuto

vòlto al cielo

io ti detesto – mondo

*

Mi soffermo sui versi più "inediti", su questo sguardo improvvisamente catturato, quasi sorpreso, dall'iniquità del mondo.

Pesa sul cuore del Poeta l'angoscia che l'uomo possa rimanere "incastrato" tra le due dimensioni (quella della innocenza e della colpa?) senza il riscatto della scelta. Nessuna lacerazione ha risparmiato il corpo del mondo, eppure il dolore non ne riscatta la colpa e il grido (senz'anima) non raggiunge il cielo.

Gian Carla Raffaeli

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COMMENTO ALLA POESIA DI FELICE SERINO

ANGELO DELLA POESIA

librarsi della tua ala azzurra nel mio sangue

io-non-io: in me ti trascendi e sei

d'ineffabili alfabeti s'imbeve il nascere delle mie aurore

Da La difficile luce, 2005

*

E' una poesia ermetica sublime, da analizzare e scoprire; io la interpreto così:

librarsi della tua ala azzurra nel mio sangue

è il momento in cui l'ispirazione, come musica celestiale, fa sentire al poeta la sua voce e gli rimescola il sangue

io-non-io:

il poeta non è più se stesso, entra in trance trascinato dall'irresistibile richiamo dell'ispirazione

in me ti trascendi e sei

è il momento in cui l'ispirazione "si serve" del poeta ed elevandosi al di sopra di esso, diventa presenza reale, è, esiste; il poeta diventa strumento della musa

d'ineffabili alfabeti s'imbeve il nascere delle mie aurore

il momento in cui avviene il "parto" delle poesie (il nascere delle mie aurore) è una sensazione di liberazione tanto profonda e sublime, così ricca di vita e di gioia da non potersi descrivere a parole

(d'ineffabili alfabeti s'imbeve).

Antonino Magrì

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FLASH SCATURITO DALLA LETTURA DEI VERSI DI POESIA

DI FELICE SERINO

POESIA

ti avviti

con lucido delirio

nella folla

di parole

(tra sprazzi di

di coscienza e sogno

insegui

gibigiane echi:

ecco sfrondarti

forbici di luce:

la pagina è tuo lenzuolo

quando in amplessi

cerebrali

muori rinasci)

la tua anima di carta

ricrea armonie

in seno a spirali

più alte

***

Le parole che si ammassano e si spingono tra la folla per mettersi in luce e voler rispondere a tutti.

Le parole che s'incasellano velocemente sul foglio come automatismi di una stampante a un tuo semplice cenno d'avvio.

O le parole che viaggiano lente su di un carretto guidato da un mulo che conduce te, padrone che dormi, a completare il percorso del tuo sogno fisico/verbale.

Tranquillo, c'è sempre chi conosce la strada!

Le parole infine ridotte all'essenziale e in quell'essenziale moltiplicate per 144.000 modi di interpretarle che le rendono costantemente vive.

Parole parole parole, magia della lingua che comunica con il suo bacio-poesia.

L'eccitazione spirituale che si fa carne.

E' il "delirio" "in seno a spirali più alte".

Una molla nel cervello che si genuflette al mistero per poi sobbalzare gioiosa e fuoriuscire da questo come canto di lode che si esterna.

Andrea Crostelli

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AION

1.

chi ti ha fatto sapere ch'eri nudo?

l'entrare della morte nel morso

della mela

(si erano creduti il Sole

scordando di essere riflessi)

1.a

il serpente mi diede dell'albero e…

eva la porta

di sangue

per dove passa la storia

2.

nell'incrocio dei legni

la conciliazione degli

opposti (lo scheletro del mondo)

2.a

è il Figlio che pende

dai chiodi

la risposta a giobbe

3.

ancora l'assordare dei martelli ancora

un giuda che fa il cappio abbraccia un albero di morte

-sulle labbra il fuoco del bacio

Felice Serino

Da La difficile luce, 2005

*

Critica di Luca Rossi. Luglio 2002

L' identità, la conoscenza della morte, il riscatto tramite il dolore altrui, la scoperta di Dio, il ricordo: ecco gli elementi principali, i titoli attraverso i quali si snoda il componimento di Serino.

La presa di coscienza del peccato apre la prima strofa, dove la mela (simbolo del divieto divino, del non andare oltre, del sapere che la libertà offerta avrebbe potuto avere un limite per la salvezza stessa dell'essere) ora è stata consumata e ha riempito l'uomo di ogni tempo compreso quello del terzo millennio, della stessa onnipotenza di Adamo.

E' forse cambiata la storia? No; Qohelet, il sapientissimo, ci dice che non c'è nulla di diverso sotto il sole che ancora oggi non accada.

L'uomo che è, già è stato.

L'umiltà è l'arma attraverso la quale riprendere coscienza del ricordo del Padre, della memoria della morte e dell'immagine di quella polvere che alla fine, se racchiusa nelle mani di Dio, per essere trasfigurata, riplasmata, tornerà ad essere semplicemente terra che alimenterà nuovamente le radici di quell'albero sul quale è maturata la mela, se non ci si lascerà trapassare da un Sole da cui piovono raggi di luce, che sono verità di un universo che non si espande secondo le leggi della fisica, ma dell'amore; di quell'amore che viene tentato dal serpente che scese dall'albero per allontanare da noi l' idea della fine, la lontananza della morte attraverso l'inganno di una bellezza che ognuno vorrebbe possedere a qualsiasi costo.

Eva apre la via ad una libertà secondo la quale il valore dell'estetica e della provocazione nasconde il suo doppio senso, la perversione di volere fagocitare ogni cosa perché ogni cosa debba essere nostra, debba necessariamente appartenerci, coinvolgendoci in un delirio che oscura la vista per distogliere lo sguardo da ciò che risiede oltre le nebbie.

Da qui passa la storia che il poeta descrive, passa l'azione dell'uomo che cade prigioniero per non avere saputo riconoscere all'angolo delle vie quegli angeli perduti e mai redenti, che offrono immagini fantasmagoriche di un finto benessere e di una strada che non sembra avere alcuna via d'uscita.

Ma il poeta, dopo avere dichiarato con forza che l'idea della morte eterna è propria di chi sa di non svegliarsi dalla notte che ci investe, suggerisce attraverso le ultime righe un percorso che potrebbe essere il più giusto: quello della conciliazione con Dio, del sapere del dolore di chi si fece trafiggere perché l'uomo capisse che da solo non si sarebbe mai potuto salvare e del riconoscersi ancora una volta in fuga da quell'Eden che ogni epoca ripropone, perché la benevolenza di Dio è sempre presente, sempre attuale, sempre nuova.

Un Eden che mette in evidenza le regioni sconfinate del bene e dell'amore da cui, chi è ancora in grado di ascoltare, dopo i fragori del giorno, sente il battere del martello sul chiodo che penetra la carne ed il legno.

Davanti a noi sta la morte di sempre.

Più in là una morte che detiene invece un senso più ampio: l'uomo che prende coscienza dell'Eterno.

E la poesia di Serino vuole essere un monito, forse l'ultimo, di un uomo che ancora ascolta e ci induce a riflettere su quanto la storia ha avuto da dirci.

.

Visione

imbevuto del sangue della passione un cielo

di angeli folgora l'attesa vertiginosa

nella cattedrale del Sole dove ruotano

i mondi

è palpito bianco la colomba sacrificale

*

Lirica intensa, pregna di suggestione e pathos. In pochissimi versi ben ponderati ed equilibrati hai saputo farci rivivere con vigore e sapienza poetica l'attimo magico e sacrale dell'eucarestia.

Complimenti vivissimi e un grande benvenuto tra noi!

Antonino Magrì

***

Quel sorriso

a R.

oltre lei forse fra le stelle

dura quel sorriso che nell'aria

ti appare ora sospeso come fumo

lucido incanto il tuo

sperdutamente altrove –

l'ha disperso il vento

Pur nella sua semplicità, questa lirica è dolcissima e struggente. In essa si racchiude la consapevolezza dell' oltre, la serenità della fede e la malinconia del distacco terreno. La chiusa è veramente poetica; ma devo ammettere che ogni singolo verso racchiude piena densità di immagini e sapiente musicalità. Tu sai dimostrare che nella poesia non è la lunghezza che conta, ma, anzi, è la capacità di condensare un pensiero in pochi artistici versi.

Complimenti, sei un poeta vero!

Antonino Magrì

https://www.artevizzari.italianoforum.it/

***

E' in te nell'aria

è in te nell'aria

sottile la senti la mancanza

di vita piena

come applaudire con una mano sola

ma è regale regalo

questo rapido frullo

d'ali

atto d'amore

non affidarlo nelle mani del vento

sii àncora

gettata nel cielo

*

Felice, sono veramente incantato, la tua poesia è magica e, tecnicamente, risponde a tutti i canoni della poesia libera, dalla metafora all'allitterazione, dall'onomatopea a quello che oggi è il più raro: la musicalità del verso. Ha una forza lirica straordinaria che esplode dirompente nella splendida chiusa:

sii àncora

gettata nel cielo

Antonino Magrì

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Commento alla poesia "Maya", di Felice Serino

Luca Rossi.

Marzo 2007-03-10

Mi riferisco a Maya. Stupende l'apertura e la chiusura che tendono a concentrare il significato dei versi in un indefinibile "status" dell'uomo. La figura geometrica, poliedrica, prismatica, antica, definisce il mondo riflesso che solamente l'asceta è in grado di distinguere. Siamo della terra, ma solo ora: non lo eravamo prima della nostra nascita, non lo saremo più dopo la nostra morte. Ma abbiamo vissuto l'azzurro, nel suo senso simbolico e "nell'azzurro", nel suo senso materiale, come luogo di sogni e realtà. Di decadente esiste il corpo, effimero, ma non lo spirito racchiuso in esso: sottile fiamma.

Interessante aggettivo che apre a una visione pluridimensionale di significati.

Ognuno cercherà al proprio interno quello che più gli si addice quando dovrà ricercare il contrario di "sottile".

Forse pochi lo troveranno, ma non sui dizionari.

Lo sapranno i Santi, lo diranno i Martiri. Lo diranno le vittime della guerra, della violenza senza senso, la gente che muore di fame, coloro che avevano una possibilità ed è stata loro negata.

Il poeta si fa interprete dell'asceta. Diviene per un momento esso stesso spirito comune di questi, per poi distaccarsene e ridiventare uomo comune. Per un momento entrambi racchiusi in quel prisma dove la luce si espande in ogni direzione fino a dove l'occhio riesce a distinguere orizzonti di esteriorità cosmica per poi penetrare e scaldarsi a lato di quell'anima che arde, dignità esistenziale dell'uomo vero.

*

Maya

il di qua dice l'asceta

non è che proiezione

nel prisma azzurro del giorno

sentenzia

che perfezione

è la carne che si fa spirito

non si terrà conto

del corpo che si nutre

che è già della terra

si è dunque

del cielo o anelito

d'infinito ancor prima

del primo respiro?

– certa è la fiamma che dentro

ci arde – sottile –

*

Considerazioni sulla poesia "Maya"

"Perfezione è la carne che si fa spirito" è qualcosa che 'parla' (e bene) solo in poesia, in quanto la carne è carne e lo spirito è spirito, e nessuno dei due può diventare l'altro. Possibile invece vivere più che si può di cose spirituali e "abbandonare" (a tratti) la carne. Cioè, essere così leggeri (elevati) di (in) spirito che l'anima fuoriesce dal corpo lasciandolo come un fantoccio fino al suo ritorno in esso, ovvero quando si è esaurita quell'energia soprannaturale.Il centro della poesia, che è la centralità in cui essa ruota, secondo me detta i dettami della riflessione (non a caso si trova in quel posto): "non si terrà conto / del corpo che si nutre / che è già della terra". Cibarsi di ciò che offre la natura, tingersi della terra, della sabbia, dell'erba rotolandoci sopra per poi un giorno lasciarci le nostre spoglie [non come il cestino del computer nel quale puoi ripescare le cose vecchie, ma come un programma nel quale non puoi più accedere (solo Dio può farlo)]. Il corpo è la scatola, è la custodia temporanea del regalo che c'è dentro: il nostro spirito che a sua volta si rifà regalo al mittente.

Quella "fiamma che dentro ci arde sottile" e sale verso l'Alto, l'Altissimo.

Andrea Crostelli

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Nota su -Paesi di mare-

Le ali, i pesci, il seno azzurro del mare, il mare come una madre: ecco la profondità trasognata che scaturisce dal mondo immaginativo di Crostelli, il quale ci invia messaggi dalla sua "dimora", il mare, appunto.

Un "visionario" ma con il cuore che sempre spazia tra terra e cielo, abitato da una intensità di colori e luce, e da una ricchezza di felici intuizioni: *

"Gabbiano dalle ali spiegate / il libro mio che vola (pag. 18);

"Ali d'uccello che s'intrecciano / nel cielo mio affollato di sogni" (pag. 32);

"Lasciala scrivere al vento la tua poesia" (pag. 40).

Andrea, come già lo dimostra, e con maestria, la sua bellissima opera Nei Mari di Melville, è un amante del mare, nato per lasciarsi affascinare e rapire con un animo di fanciullo dalle sue creature e dai suoi abissi. Il mare, che nelle sue profondità insondabili custodisce il mistero della vita.

* Andrea Costelli, Paesi di mare (fine del viaggio), 2008.

Felice Serino

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NELLA VALIGIA (NOTE DI VIAGGIO)

(a cura di Luca Rossi)

(il chi-siamo-dove-andiamo:

dove la mente

s'inlabirinta)

l'io

vestito di nebbia

promesso alla morte –

(nella valigia pronta la perdita

originaria la vita a

metà)

risucchiato come da un tunnel…

attraversato

da flutti di luce

destinazione: il Sé

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

E' proprio un lungo viaggio quello che viene descritto nella poesia; un viaggio che dura tutta una vita.

Un viaggio la cui destinazione ci viene rivelata solamente al termine dei versi: ultima stazione di un percorso obbligato che chi scrive sembra avere intrapreso da tempo.

Un interrogativo espresso in forma indiretta apre quest'opera, chiedendoci chi siamo e il motivo del nostro andare.

Ma è difficile credere che possa essere la ragione a guidare questo percorso che si rivelerà esplorazione, perché in una sorta di labirinto si perdono la nostra mente e i nostri pensieri.

Metaforicamente chi scrive ci dice che è la mente stessa il mezzo sul quale "dovremo salire" per potere viaggiare, come un treno che dobbiamo prendere, e ci saliremo già vestiti con il nostro Io ricoperto da una nebbia che non ci permette di guardare oltre, perché oltre c'è solo la morte quale limite di tutto ciò che siamo e a cui ognuno di noi, fin dall'inizio, è stato promesso.

La nostra valigia è pronta delle cose che perderemo, tra cui la vita stessa, ma che verranno meno solamente a metà, perché il resto sarà tutto da venire, risucchiato in quel tunnel che ora andremo ad attraversare, pieno di una luce chiarificatrice, che segna l'altra metà della vita, quella che rimane appunto, e l'altra metà del viaggio.

Solo giungendo a destinazione scopriremo la verità che ci avvolge.

Mentre scenderemo da questa specie di treno e ci guarderemo intorno, vedremo che sul marciapiede della stazione ci sarà solo il tempo ad attenderci, mentre lasceremo la nostra valigia nel deposito bagagli piena delle cose che sono oramai passate e che qualcuno sicuramente un giorno aprirà: coloro che ancora attendono di iniziare questo lungo viaggio.

Destinazione: il Sé.

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TRA ONIRICI LAMPI

(a cura di Luca Rossi)

tra onirici lampi

ride la tua immagine d'aria

intagliata nell'ombra del cuore

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

C'è un luogo che la poesia propone come rifugio quando la notte porta con sé, attraverso i sogni, le luci abbaglianti di una vita vissuta a cavallo tra il ricordo e l'attimo presente: è un luogo ideale il cuore quando diviene riparo per conservare un'immagine, per trattenere un volto… un desiderio.

L'aria di cui è fatta la materia del ricordo ride, quasi a burlarsi di ciò che crediamo realtà, e vi passa attraverso come per ossigenare gli anfratti che la malattia del vivere riserva a chi è dimentico del tempo e che i lampi illuminano partendo dalle regioni remote di quegli anni che non esistono più.

C'è una zona d'ombra creata dalla luce del lampo dove nulla è visibile a chi sta fuori dai confini del cuore.

Il cuore come una casa, dove solo parte della luce vi penetra, per lasciare delle zone in penombra in cui riposare i ricordi, lontani dal domandare continuo del giorno, che bussa con insistenza alle finestre per richiamarci ad una realtà che talvolta non vogliamo.

La luce dei ricordi è luce che non proviene da alcuna stella, ma da un sogno.

Un sogno che scaturisce da una notte che neppure il sole riesce a illuminare, quando la mente pensa a tutte quelle cose che ancora sarebbero state.

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NEL PERDURARE LA LUCE

(a cura di Luca Rossi)

le ore arroventate: erano

estati lunghe a morire

le corse pazze le ginocchia

sbucciate nel perdurare la luce:

ancora un mordere

la sanguigna polpa del giorno – ricordi? –

Poesia del ricordo, forse di una nostalgia che non è mai trascorsa e mai passerà; una luce simbolo di una memoria che ha lasciato un segno doloroso (le lesioni provocate ogni qual volta si cadeva) ma tangibile, reale, sperimentato talvolta nell'incertezza stessa del momento, anche nell'incoscienza di una corsa dal fine rischioso (come la vita del resto).

Tutto è luce (come potrebbe non esserlo la giovinezza che vede con gli occhi trasparenti del giorno verso l'estate che non cessa di esistere?

E quelle ore che sanno di calore estremo che scotta la pelle se non si riescono a dominare le proprie passioni?).

"Ricordi?", dice il poeta all'amico che gli fu accanto a quel tempo: immagine riflessa in uno specchio della propria persona, del proprio essere, in un soliloquio dove anche i compagni di allora più non esistono, se non nel vago di una mente che cerca solo il ricordo.

Ma tutto è luce, grido di liberazione di presente che si fa passato per volervi rimanere.

E intorno il vuoto dell'esistenza, forte, penetrante, palpabile, di cui ci si accorge solo quando si vede la notte che sta per venire; il mistero delle cose che non abbiamo mai capito, dei momenti che non siamo riusciti a imprigionare, ma che ritroviamo ogni qual volta uno spiraglio generato da uno spettro di luce attraversa il tempo e fa breccia nel cuore, terra dove abbiamo sepolto per sempre i ricordi, sommato il presente al passato.

Marzo 2003

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UN DIO CIBERNETICO ?

(a cura di Luca Rossi)

vita asettica: grado

zero del divino Onniforme

(ma la notte del sangue

conserva memoria di volo)

vita sovrapposta alla sfera

celeste regno d'immagini

epifaniche / emozioni

elettroniche

eclissi dell'occhio-pensiero

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

In un mondo che è immagine, in un mondo dove l'uomo si è innalzato sopra tutto e tutti, come giudice che dà la vita o la toglie, come persona in grado di decidere se fare nascere o meno altri esseri, dove l'attesa del Redentore è diventata solo un lontano ricordo perché già vissuta e non più ripetibile, ecco definirsi l'immagine di un nuovo dio (questa volta con la lettera minuscola – lo dice il poeta) creato dall'uomo per l'uomo, forse senza saperlo, non appena il tempo è divenuto maturo, mentre tutto riparte da zero, a grado zero; dove zero è l'origine di un nuovo universo, di nuove emozioni perdute che devono essere ricostruite o recuperate, di immagini nuove che devono essere fissate nella memoria perché le vecchie appartengono a un mondo che non c'è più, che è andato distrutto.

Eppure, il nuovo dio cibernetico, figlio di un uomo che ha la sua stessa essenza, incontaminato dal passato, sembra conservare sotto le sue spoglie il ricordo di una notte di sangue e di volo, segno di un sacrificio e di una manifestazione di essenza divina di un dio che era Tutto, che era ogni cosa e in ogni cosa.

L'occhio è lo specchio di ciò che è la realtà:ultima terra di conquista di un mondo senza emozioni che hanno dell'umano, di una nascita che contiene nuovi semi di futuro solo cibernetico, di un dio-macchina.

L'occhio-pensiero così si chiude e smette di vedere con i sentimenti della storia e di pensare con l'identità della fede.

Niente più resurrezione della carne, niente più perdono di nuovi peccati verso quelli che commettono crimini di pirateria informatica, niente più reincarnazione in altre caste, ma solamente immagini costruite per un dio su misura in grado di fermare il tempo e i sogni non appena ci si sconnette dalla "rete".

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NOTE DI ANDREA CROSTELLI A 3 POESIE

L' INDICIBILE PARTE DI CIELO

indicibile la parte di cielo

ch'è in te e ignori – dice steiner

l'uomo in sé cela un altro

uomo: testimone che ti osserva e

sperimenti ogni ora:

basta che solo

un verso o poche note ti richiamino

a una strana forza interiore:

e cessi

di sentirti mortale

*

RIEMPIRE I VUOTI

riempire i tuoi vuoti di cielo

e un angelo che ti corre nelle vene

come sangue e il bianco grido

del vento che sfiora

i contorni del cuore a smussarne

gli angoli vivi il dono

di una parola (cara

e rara non di circostanza)

corredata dalla luce di un

sorriso ad hoc

*

AUNG SAN SUU KYI

(scritta il 22.5.09)

non violentate la primavera

del suo giovane sangue

non pugnalate la colomba

del suo cuore aperto

alla compassione

non schernite la disarmante

verità che proclama

aizzandole contro

i mastini della notte

dal suo sangue si leva alto

il grido d'innocenza

a confondere intrighi di potenti

Felice Serino

*

E' vero, basta che qualcosa "svegli" l'animo – come un verso, qualche nota, una pittura – che improvvisamente saltiamo il guado che fa sentire il pensiero atemporale.

*

"L'angelo corre nelle vene" mi fa pensare a quando faccio difficoltà a gestire quello scoppio d'amore che m' investe di tanto in tanto.

*

"I mastini della notte" non soffrono la sobrietà, il pacifico equilibrio che dà sapore alle cose, per questo vorrebbero azzannarti ma sbattono il muso con lo specchio che li fa vedere deformati al confronto.

Andrea Costelli

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ONNIAMORE

accettare di farsi

trasparenza (libro aperto)

lasciarsi attraversare

dalla vita – da morte-vita (rosa

e croce) –

da Colui-che-è: l' Onniamorevole

di fronte all'Assoluto

…immersi

nell'Assoluto –

quando il R a g g i o

assorbirà le ombre

Felice Serino

*

Commento di Luca Rossi. Maggio 2002

La vita come apertura all'Assoluto, a ciò che è disciolto dalle cose terrene, per confessare fin da subito la propria sincerità,quella sincerità che si fa trasparenza dell'anima, ma anche del corpo: libro aperto che può essere sfogliato da chiunque abbia volontà di leggerlo.

Ecco il senso dell'opera di chi scrive: rimettere la propria esistenza, il suo senso, la sua durata, nelle mani di chi ci lascia liberi di chiuderci in noi stessi senza confrontarci con il Mistero o di rapportarci con ciò che potrebbe dare senso a quello che siamo.

Periodo di transizione difficile da vivere è la riflessione, soprattutto quando si mette in gioco tutta una filosofia di vita, una morale che sentiamo appartenerci, ma che è, lì, subito pronta a sfuggirci di mano.

"Onniamore" è una poesia a carattere fortemente religioso, interessante nella forma, viva nel contenuto. "Viva" in senso di "sentita", di portare cioè chi legge a porsi degli interrogativi, perché la fede in fondo non è che una continua domanda che non trova risposta, se non nell'accettazione, come dice il poeta, di lasciarci attraversare dalla vita e, subito dopo, dal ricordo inestinguibile della morte.

Di forte impatto è la chiusura con il riferimento a quel "Raggio che assorbirà le ombre": noi, nient'altro che esseri inconsistenti che per un attimo proiettiamo la nostra figura sul suolo, quando il nostro corpo si interpone tra l'astro che brilla e la terra sulla quale viene a definirsi l'immagine sempre distorta di ciò che siamo.

Inconsistenti fino a quando ci libereremo del peso della nostra esistenza per essere attraversati dalla Verità che libererà l'ombra dal suo oscuro colore per essere luce, per essere consistenza di ciò che prima era solo labile fede.

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QUALE AMORE

(a cura di Luca Rossi)

nell'amore sai non c'è ricetta

che tenga: è buona regola giocare di

rimessa / vuoi

possedere l'oggetto d'amore e

resistere all'amore Quello-che-si

dona

tu cuore diviso tra cielo e

terra carne/amore non più che sparso

seme

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

Il nostro incurabile istinto di possedere, di assimilare nel senso più crudo del termine, è il mezzo attraverso cui passa gran parte della nostra esperienza estetica.

Noi ci abbracciamo premendo un corpo contro l'altro, e così riduciamo a zero quella bellezza umana che è fisica solo nel senso che la superficie del corpo è animata da uno spirito che il nostro tatto in quanto senso non può raggiungere.

(Dag Hammerskjold – da DIARIO – Vagmarken: Piste)

*

La poesia sonda un territorio così vasto e profondo che potrebbe essere considerato la prima e l'ultima sfida dell'esistenza prima di giungere ai confini di una verità che renderà l'uomo finalmente libero dalle proprie passioni.

L'amore è confronto perché ci porta non solo a relazionarci con gli altri, ma anche a conoscere noi stessi, a metterci in gioco.

Quali comportamenti siano più indicati quando vogliamo che l'altra persona divenga per noi nessuno ce lo può dire, perché il cuore detta legge a un uomo nuovo che porta dentro di sé un sentimento forse mai sperimentato prima.

"Non c'è ricetta che tenga", dice chi scrive.

Eppure ci può essere una sorta di "educazione", capire che l'oggetto del nostro amore è dunque per noi e non nostro nel senso possessivo del termine.

C'è chi vorrebbe fagocitare, ingoiare questo amore perché non si dilegui e c'è invece chi mantiene le distanze per la paura di non essere corrisposti. Entrambi comportamenti sbagliati che la poesia non cerca di correggere ma solamente di sottolineare (vuoi / possedere l'oggetto d'amore e / resistere all'amore Quello-che-si- / dona).

Bisogna imparare a gestire le proprie passioni cercando una nuova linea d'orizzonte dove il cuore rimane libero di decidere (tu cuore diviso tra cielo e / terra carne/amore) sapendo che l'amore che vuole possedere è un amore che rende prigionieri, che soffoca, che non permette alcuna realizzazione, nessuna crescita.

Nutrire poi la terra con il proprio seme perché produca frutto, perché dia senso a questo bisogno di donarsi.

Liberi dall'incertezza che il cuore non sia una prigione dove rinchiudersi e dove rinchiudere, ma una terza terra di frontiera da esplorare in due, in ogni istante.

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CRITICA ALLA POESIA DI FELICE SERINO: "PARUSIA"

Di Luca Rossi

Settembre 2003

PARUSIA

(nell'ultimo giorno: scaduto il tempo osceno)

sporgersi sull'oltretempo ai bordi

della luce

presenze

evanescenti in chiarità

di cielo: farsi

corpi di luce

Da La difficile luce, 2005

*

Il tema di ciò che sarà dopo, di ciò che noi saremo dopo, e di come il tutto accadrà, sembra essere uno tra gli aspetti più ricorrenti e forse ossessivi del Poeta.

Serino intraprende ancora una volta, attraverso questi versi, un viaggio al centro della fede in modo del tutto impersonale (o forse a lato, per paura di fare troppo rumore con il suo raccontarsi).

"Perché?", mi domando.

Probabilmente perché la fede pur legando le masse lascia comunque gli individui vincolati ad una propria identità, quella stessa che non è omologazione, ma che trova il suo spazio in una terra comune "sull'oltretempo", come dice il Poeta, dove la luce rimane come unico elemento quale comune denominatore che confonde le anime, ma non le riduce ad un unico sistema di contatto.

Ai bordi della luce queste presenze evanescenti si rendono visibili solamente dove comincia il cielo mentre, come corpi, definiti, delimitati da un proprio involucro apparente, l'ultima luce riveste l'individuo di una nuova essenza prima dell'ultimo giorno, dove scaduto sarà il tempo osceno, dove scaduto sarà il tempo vissuto.

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Commento alla poesia Sospensione, di Felice Serino

Sospensione

un camminare nella morte dicevi

come su vetri non conti le ferite

aspettare di nascere uscire

da una vita-a-rovescio

riconoscersi enigma dicevi

di un Eterno nel suo pensarsi

*

In Sospensione vedo un saltimbanco che cammina ad occhi chiusi su un filo.

Cammina senza sapere quando il filo terminerà all'altro capo, al capo opposto da cui è partito. Sa che l'attende il vuoto, ma non ha paura. D'altronde camminare sulla terra ha provocato in lui tante ferite, ferite che lo tagliuzzano fino a spezzargli la vita.

Prima il saltimbanco faceva sul suo filo (per lo spettacolo) un breve tragitto e poi tornava all'ovile iniziale. Aveva provato ad aumentare le distanze di un pochino, mantenendosi però a misure di sicurezza, con occhi aperti che potevano inquadrare la scala che lo aveva fatto salire e l'avrebbe fatto scendere. Ora, invece, non cerca più gli applausi ma la libertà, e viaggia ad occhi chiusi senza più fermarsi affidandosi, affidandosi a uno sguardo eterno che non si distoglie da lui e lo rassicura.

Più va avanti e più in quello sguardo sente di riconoscersi e di confondersi fino a che non farà alcuna differenza tra i due e quell'unisono sarà l'eterno.

Secondo l'occhio dell'uomo la vita non materiale è una vita-a-rovescio, solo così può chiamarsi per lui una vita che inquadra come piena di privazioni; tutt'altro è per l'uomo spirituale: il rovescio è spendere la vita nelle cose che finiscono.

Riconoscersi enigma, mistero, eleva la nostra natura. L'indecifrabile, il non ancora decifrabile pienamente, in noi e in quello sguardo, è la vera attrattiva.

Il vero scopo di questa traversata è la caduta nel vuoto per affondare tra le mani del Pensiero eterno nel pensarsi in noi (così a Lui piace, anche).

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COMMENTO ALLA POESIA DI FELICE SERINO "RICORDA"

Ricorda

[ispirandomi a David Maria Turoldo]

sei granello di clessidra

grumo di sogni

peccato che cammina

ma

s e i a m a t o

immergiti

nella luminosa scia di chi

ti usa misericordia

ritorna a volare:

ti attende la madre al suo

nido

ricorda: sei parte

della sua infinita

Essenza

nato

per la terra

da uno sputo nella polvere

da La bellezza dell'essere, 2007

*

"Ricorda", ispirata a David Maria Turoldo, alla sua schiettezza, alla sua decisione di dire le cose senza addolcirle (con tutta la loro drammaticità).

"Ricorda" ripercorre il cammino dell'uomo su questa terra nelle sue fasi essenziali (meno seccamente di Turoldo), fasi che confluiscono nella visione futura dell'Eternità.

Il peccatore, il sognatore non sa quanto sia stretto il buco nella clessidra che lo proietterà dall'altra parte, oltre il tempo, oltre quel tempo che non può calcolare perché è all'oscuro della fattezza di quel buco… Quel buco è la mano di Dio che dopo aver soffiato la vita e con la saliva impastato la terra per la nostra natura, decide che sia giunta l'ora che ritorni secca; come sabbia scivoli dal suo pugno. "Ma sei amato" e quindi ti riprenderà trasformato a sua immagine e questa volta senza parentesi.

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Considerazione sulla poesia "Lacera trasparenza"

Lacera trasparenza

insaziata parte

di cielo

vertigine della prima

immagine

e somiglianza

vita

lacera trasparenza

sostanza di luce e silenzio

sapore dell'origine

fuoco e sangue del nascere

da La bellezza dell'essere

*

"Lacera trasparenza" la vita. Quanto fa pensare da solo questo verso. La vita sporca le vesti pulite (trasparenti) del bambino che viene al mondo…

Andrea Crostelli

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Commento alla poesia di Felice Serino "La tua poesia"

Di Luca Rossi. Giugno 2003

LA TUA POESIA

quando un capriolare nel mare prenatale

ti avrà fatto ripercorrere a ritroso

la vita (tutta d'un fiato) azzerando l'Io spaziotempo –

allora leggerai la vera sola poesia aprendo

gli occhi sul Sogno infinito: la tua

Poesia cavalcherà in un' albazzurra i marosi

del sangue fiorirà negli occhi di un'eterna giovinezza

Da La difficile luce, 2005

*

La poesia scritta da Serino è tutta un inno alla giovinezza, ma non alla giovinezza in generale, bensì a quella dell'anima, la quale non si consuma ma resta sempre uguale, e che il tempo non dissipa con il suo correre inarrestabile; è un'indicazione sul modo di come fare per riappropriarsene, quando ormai i giorni sembrano non averne più memoria ed è pure un canto alla verità su cui si basa l'esistenza.

Aprendo la prima strofa con un verbo "montaliano"*, il poeta immerge fin da subito il lettore nelle acque di un mare che è origine, inizio, ora zero, epifania della vita, cioè quello del grembo materno, in cui la madre è ricordata, in modo traslato, un po' come la madre Terra, da cui tutto è generato. E non potrebbe essere altrimenti.

Per un attimo sembra che a un punto esatto dell'esistenza, facendo capriole, come è tipico dell'età infantile, colui che legge faccia ritorno a quel tempo originario, primordiale. E la vita rapidamente inverte il conteggio delle sue ore, dei suoi giorni, dei suoi anni fino a pochi istanti prima del suo nascere; un ritorno che è segnato dalla corsa rapida del pensiero che si fa viaggio, perché il "pensiero" è sinonimo per eccellenza di velocità che brucia lo "spaziotempo", come lo definisce Serino, in cui l'essere vi si trova immerso.

Ed è in questo preciso punto che il poeta ci fornisce la chiave di lettura del testo; nel momento in cui dice (con parole che hanno un che di sapienziale e dal fascino indiscutibilmente bello, nel senso più ampio del termine) che solo allora "leggerai la sola vera poesia aprendo gli occhi sul Sogno infinito".

Eleganza del verso e simbolismo indiscusso di tutta una rappresentazione di segni e concetti. E non è un caso se la parola poesia riportata nel procedere della lettura è scritta in carattere minuscolo la prima volta ed in maiuscolo la seconda; non si tratta di un errore, non è una distrazione di chi scrive e neppure una "licenza poetica", in quanto la prima raccoglie la vita nel suo significato generale, quella sociale, magari vissuta superficialmente, banalmente, senza prestare attenzione ai segni criptati che ci provengono da un destino già scritto, mentre nel secondo si vuole fare esplicitamente riferimento alla vita del singolo, quella del lettore che diviene il vero protagonista del messaggio a cui il poeta vuole indirizzare il suo pensiero.

Meriterebbero questi primi due aggettivi e il sostantivo che ne segue alcuni approfondimenti, percepire il pensiero di chi scrive.

Il primo, vera, in quanto autentica, coerente con il proprio Io, con il proprio credo, che forse è andato perduto con l'avanzare degli anni. Ma è solo una percezione, un'intuizione a cui il poeta ci dice di porre attenzione.

Dopo tutta una vita spesa per "farci notare", per non essere esclusi dal progresso nel quale se non si lascia un segno non si è nessuno, la riflessione stessa a cui siamo stati chiamati ci porta a fare un'analisi storica del nostro vissuto, interrogandoci sul fatto che sia stata proprio quella la via che volevamo percorrere,e che siamo stati costretti a calpestare, per fare "sentire" la nostra voce in mezzo alle voci di coloro che hanno voluto gridare di più per apparire, per sembrare, per affermarsi.

Ed è in quel momento che la verità si fa strada e si rivela per quella che è, nuda, scarna, senz'ombra, gettando quasi un alone di colpevolezza sulla propria coscienza che ci portava a credere di essere nella verità.

Sola, perché non ne esiste un'altra. Non esiste un'altra verità che può essere uguale alla nostra, confrontabile, similare, un io uguale all'altro col quale porre limiti e infiniti orizzonti da cui trascendono i progetti.

Non è confrontabile un vissuto con l'altro, per quanti errori o cose positive abbiamo compiuto all'interno della nostra vita.

Portiamo con noi una serie di prove da superare che forse non riusciremo a portare a termine, un'infinità di progetti che vedremo fallire, ma anche la speranza che forse qualcuno un giorno, fosse anche il fratello che proviene da lontano, il pellegrino per eccellenza (inteso in senso cosmopolita) possa comprenderle (nel senso etimologico del termine, prendere-con-sé).

Portiamo con noi anche le cose belle, compiute, quelle positive, costruttive, dalle quali però il più delle volte ci aspettiamo riconoscenza, e non dovremmo, perché la vera Poesia, e qui il sostantivo inevitabilmente viene riportato in caratteri maiuscoli, deve rimanere anonimo, noto solo agli occhi di Colui che tutto vede e di cui noi abbiamo conoscenza per fede e testimonianza teologica.

Qui il sostantivo acquista il suo vero significato, insindacabile, indiscutibile della creazione.

Difficoltà estrema quest'ultima (indicata dal poeta con riferimento ai marosi) dell'uomo, di cui la parola sangue ne rievoca chiaramente l'immagine e ne sottolinea l'unicità, quasi fosse una carta d'identità, e con la quale è chiamato a vivere senza mai perdere la sua vera bellezza, che il poeta recupera prima della chiusura, in direzione di un azzurro verso il quale cavalcare; colore di una giovinezza che fu, che continuò a essere e che sarà, ogni qual volta l'eternità ci chiamerà a volgere lo sguardo verso un mondo che adesso non è più, ma nel quale fino a un attimo prima eravamo vissuti.

* Capriolare.

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un pò ti cerchi un pò ti butti via…

GIOVINEZZA

Prati teneri, intenso verde,

caviglie agili, snelle

dal venticello gaio frustate…

palpiti e sussurri, risa;

acqua di ruscello

fresca, tersa

come i miei pensieri:

una tenera ansia da consumare.

Un altro Io era quello…

Lasciai lì le mie ceneri

sparse al vento.

_ _ _

Questa mia poesia è dell'anno 1967 e chiude una breve raccolta pubblicata sotto pseudonimo (da me ripudiata). Delle altre, è quella non da salvare ma che mi fa meno 'sorridere'…

Ma devo confessare che della mia giovinezza ho poco da sorridere: rivedo un ragazzo piegato sulla solitudine, forse un pò voluta (una vita incolore, un pò ti cerchi un pò ti butti via), preso nella spirale di una mania depressiva che mi spinse a un tentativo di suicidio.

Sono gli anni più belli? Dicono. Mah!; difficile la maturazione in quel periodo acerbo, età definita 'ingrata', quando non si hanno punti precisi di riferimento e manca l' affetto familiare, manca l'amore, un amore vero e pulito per cui ti alzi la mattina e ringrazi Dio di essere vivo… Un'età avvolta di fragilità esistenziale mascherata di aggressività; – tiri fuori le unghie anche se spesso te le rivolti ad affondarle nell'anima…

Pensare di morire a quell'età! Sta di fatto che il mio pensiero fisso sulla morte si rispecchiava in quelle poesie giovanili.

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Sono un mistero a me stesso

da me una distanza mi separa:

attraversa un incendio

la carne: per farla d'aria – vitreo

sperimento

mistero a me stesso

e il mondo m'è fuoco dipinto ¹

Da Fuoco dipinto, 2002

¹ verso da Maria Luisa Spaziani

Felice Serino

*

Felice Serino con la sua sintetica poesia merita, certamente, una particolare attenzione perché con voce profonda sa esprimere le sue visioni, fatte e approfondite anche scientificamente. L'essere mistero a se stesso è una genuina necessità del recupero di tensioni interiori, che il poeta con i suoi versi brevi pare voglia esprimere sentimenti di fuoco per distruggere e disperdere nell'aria il suo essere. La poesia di Serino è esaltante proprio per le osservazioni attente che coinvolgono ogni lettore nel mistero.

[giudizio critico dalla pagina web "Poeta e pittori del terzo millennio"]

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AZZURRE PROFONDITA'

(a cura di Luca Rossi)

la testa affondata nel cielo (azzurre

profondità rivelano ombre

essere i corpi) – il foglio la mano un

vuoto –

mi levo dal sogno bagnato

di luce

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

Felice Serino

*

Non c'è indugio nel chiederci se sia vero o meno ciò che questa poesia vuole esprimere.

Viviamo a lato di noi stessi senza conoscere la realtà che ci accompagna perché siamo solo ombre che non si levano al di sopra dell'oggetto di cui disegniamo l'immagine e non possediamo nulla che ci consenta di separarci da ciò da cui dipendiamo senza perdere la nostra identità, la nostra capacità di potere distinguere, di potere testimoniare una verità che è tutta un'esistenza, che ci consente di oggettivare il senso e la distanza che ci coinvolgono – senso come significato delle cose che il sogno racchiude e distanza come confine tra desiderio e realtà.

Ci leviamo dai sogni in cui siamo caduti bagnati ancora dai bagliori del giorno perché la notte ci creda solo figli della luce quando il sole rischiara l'oggetto da cui prendiamo forma.

Poi siamo pronti a scomparire per essere forse solo allora dei corpi la cui realtà non è altro che la notte in cui trovare rifugio.

Siamo il foglio sopra il quale scrivere una storia; siamo la mano che la descrive, ma siamo anche il vuoto, quel vuoto che ne seguirà non appena la nostra condizione muterà per rivelare quella diversità che ci portiamo dentro.

Siamo ombre che credono ai sogni da un lato (il corpo che vorremmo essere) e corpi che forse vivono solamente di illusioni dall'altro (l'ombra quale giustificazione dell'esistenza del corpo).

Corpi e ombre, ombre e corpi: due realtà per un'unica condizione che non chiede altro che di essere considerata per continuare a esistere.

Giorno di Pasqua 2001

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A RISALIRE VORTICI

(a cura di Luca Rossi)

a specchio di cielo

cuore

a risalire vortici

di vita dispersa

(d'ore

ubriache)

vorresti tuffarti

nell'azzurro fonderti

con la luce

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

C'è un tempo durante il quale si svolge tutta l'azione che corre lungo i versi di questa poesia.

E' un momento ben preciso che corrisponde a una parentesi (forse della vita, ma nello scritto a un chiarimento del contesto) che l'autore pone esattamente a metà del suo scritto.

Sono le "ore ubriache" che dividono l'azione faticosa della risalita tra vortici di vita e la probabile e rapida discesa del tuffo.

Tra la salita e la discesa una pausa, un momento in cui riflettere per decidere.

Una vita dispersa che passa rapida, vorticosamente, dove il cielo è solo specchio di una realtà che forse, pur ritmando i tempi del cuore, è troppo veloce.

Cuore: parola isolata, posta in risalto, dello stesso colore del cielo in cui si riflette e in cui trova il suo complemento.

Restano le ore ubriache come momento in cui rimanere.

Trovare, all'interno di queste, il coraggio del tuffo per gettarsi definitivamente nell'azzurro che è passato, che è presente, che sarà futuro.

Posizione di stallo per rivivere senza rimpianti la luce, unico scopo dell'esistenza e dell'azione.

Unico motivo per il quale vale la pena tentare.

Storditi dal tempo e confusi; lasciare la fatica della salita per cadere in un qualche cosa che si è sempre voluto.

Dicembre 2000

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Riflessioni sulla poesia di Felice Serino

SPAESANO LE ORE DEL CUORE

i primi turbamenti i morsi

dell'amore – luce

d'infanzia come sogno scolora

dove l'orizzonte taglia il cielo

spaesano le ore del cuore

nel giorno alto

Quando t'innamori le budella sembrano contorcersi o un vuoto pieno ti sorprende con i suoi prendi e lascia. Sono "i morsi dell'amore" quelli che mangiano al posto tuo e ti tolgono l'appetito.

Ricordi dell'infanzia, luci che a tratti ritornano. C'è ora però una consapevolezza del mondo, uno sguardo maturo che si staglia all'orizzonte dove il vissuto va ad abbracciare la linea immaginaria dell'infinito.

La chiarità delle distanze non può che farci pensare che un giorno quella linea che ci separa dal cielo (l'orizzonte) si cancellerà.

E andremo verso la consapevolezza piena. In questo mondo che si allarga a dismisura "nel giorno alto", in questo mondo che i nostri occhi perplessi a volte non riconoscono – come se la sua creazione avvenisse in quell'istante che lo si fissa – sperduti ci troviamo: agnellini che belano timidamente in un campo con le sue ampie vallate, gli strapiombi e le vallate ancora, dimentichi di noi stessi, rimpiccioliti fino all'estremo e rimessi nelle mani di Qualcun Altro dall'umiltà che ci salva.

Oh l'amore, quello che ci fa provare l'amore, è un bocciolo profumato di rosa che (per quanto duri poco) torna sempre fresco. Torna, con la sua magnificente indistruttibile novità.

Andrea Costelli

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Breve commento alla poesia di Felice Serino

Se questo mondo

se questo mondo ti ha forse

deluso è perché ho lasciato

che ti perdessi e dal tuo

vuoto mi tendessi le mani

su me che sono Altro

roveto che arde e non consuma

scommetti pure la tua vita

non vergognarti di me che sono il giorno

ho offerto il mio Essere

carne e dio

al supplizio del legno

mia rivincita d'amore

sono il mattino che ti coglie

-cuore di madre

Dio è ben diverso da noi, è ALTRO.

Si può scommettere pure la vita su di lui ché mai ci farà vergognare di averlo sposato. La notte ci disorienta, IL GIORNO parla con la luce e la chiarezza. La notte ti uccide, IL MATTINO ti coglie vivo.

Questo mi fa pensare a un fiore che strappato dalla terra continua a vivere.

Andrea Costelli

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TEMPO MALATO / DOLORE DI TEMPO

Frasi sulla poesia "IL PECULIO DI LUCE" (a Simone Weil) di Felice Serino

IL PECULIO DI LUCE

(a Simone Weil)

1.

(occhi come laghi

abbracciano da eco

a eco fremiti di vita)

ha mani che sfondano muri

di solitudine – amore

2.

germoglia grido di luce

da nuovo dolore

Tornano a te, come in un lago al centro della sua valle, gli echi della tua voce-dolore-di-tempo, di quando pronunciasti frasi o pensieri appena ieri, o tornano a te gli echi di chi, in un tempo più remoto, ti assomigliava nel suo "sentire". Perché l'eco è un sentire che può arrivare dalle orecchie al cuore. Queste sono le "mani che sfondano muri" (e anni), mani prolungate in gesti d'amore e alzate in inni di lode.

L'eco della "luce" sorge come un grido potente di vittoria che abbatte mura di Gerico (la preghiera "funziona" quando uno non dubita che otterrà quel che chiede, anzi sa già di averlo ottenuto prima che questo accada), che stronca le resistenze nemiche più volitive, che smaschera la "notte" con le sue abissali contrapposizioni del bene e con l'offerta lieta delle proprie pene.

E' così che Felice Serino si specchia negli occhi di Simone Weil (intravede il suo sorriso come una mano tesa), è così che Felice Serino si specchia nella vita piena.

Andrea Costelli

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ACCOSTAMENTI A "CREATURA" DI FELICE SERINO

(riflessioni, riferimenti personali ed altro)

CREATURA

mi godo la luce

come farfalla

sul palmo della tua mano

Signore non posso

che offrirti il mio niente –

fragile creatura

ti devo una morte

Quante morti, per non pensare a quella ultima, abbiamo reso a Dio?!… e, quindi, quante resurrezioni!

C'è un'intuizione strabiliante in questa poesia.

Ovvero la figura della farfalla abbinata alla morte.

Qualche anno fa ho avuto il privilegio di seguire da vicino un ragazzino dodicenne malato di tumore (uno dei cancri più rari e tremendi).

L'ultima volta che l' ho potuto portare davanti casa, semi-seduto su una sdraio, ho assistito a questa scena. Aveva una piaga sul ginocchio sinistro e, mentre si stava meditando il rientro, un nuvolo di farfalle bianche (le cavolaie) andò a posarsi su di lui e a baciare quella ferita. Era coperto di farfalle, stettero in quel posto sacro, su quell'altare umano per minuti che sembravano eterni, prima di allontanarsi come uno sciame d'api venuto dal nulla.

Era il segno che stava per essere accolto, dopo la morte, da quella luce straripante che in quegli istanti particolari ci aveva invaso.

I giorni seguenti videro Samuele (così si chiamava) in coma. Un pomeriggio pensai che era il caso di portargli la comunione e pregare un po' insieme. In effetti si svegliò dal coma e pregò profondamente insieme a tutti i presenti (familiari e amici). Il mattino dopo sullo stradello che porta a casa sua trovai una cavolaia morta. Piombò dentro me il dolore della perdita assieme alla certezza consolante di avere un santo, ora presente, "solo" in maniera spirituale.

Le morti interiori a causa del male commesso sono l'offerta del nostro niente a Dio. Offerta per il rifacimento totale del nostro essere che cerca la vita nuova nella grazia.

La morte può essere intesa pure come liberazione dai pesi terreni, la zavorra che si stacca dal nostro corpo che acquista leggerezza e sale nel cielo pari a una farfalla e, delicatamente, va a cercare la mano che l'ha generato e vi si posa [per sempre].

C'è un altro significato che mi preme venga messo in luce. Quello che sta a dire: la mano del Signore mi ha salvato ora gli devo la vita (o meglio, quella gliela dovevo anche prima, ora gli "devo una morte".

Andrea Costelli

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Commento alla poesia Stanze di Felice Serino

STANZE

[ispirata leggendo Il corponauta – appunti di viaggio di uno spirito libero, di Flavio Emer]

io pensiero dilatato

a spolverare le stanze dell'oblio

sulle pareti la memoria

ancestrale

metteva in luce emozioni dipinte

su volti che furono me

rifluiva dai bui corridoi

degli anni il vissuto

a imbuto

mi perdevo come in sogno

nell'abbraccio di quelle figure che

accendevano il mio sangue

STANZE DAI SOFFITTI ALTI

Ombre cinesi sulle pareti della stanza, sui piani alti del cielo sui nembi delle nubi: profili di un volto nelle dormite del tempo, il volto di Felice Serino ora ragazzino ora maturo, ora bambino ora maggiorenne.

La vita si stampa nei cieli e noi aguzziamo l'occhio per vederla e lasciamo crescere le penne per afferrarla nel volo.

Non ci si possiede e allora la nostra anima trasborda, si libera delle staffe, si fa risucchiare dai cieli come spirale nell'imbuto. La carne non ha più debolezze se quell'istinto cattivo lo muove l'anima che non c'è. Se la testa e il cuore se ne sono andati insieme…

E' amaro e faticoso tornare da viaggio e rioccupare la cella del corpo, sappiamo però che sarà per poco perché il nostro indirizzo è andato oltre, il nostro sogno non è fermarsi mai.

Saper convivere, accettare e magari sorridere quando si pensa alla nostra "carne", al nostro essere limite, devianza, beh, non è semplice. Ci vuole un allenamento costante, un equilibrio notevole.

Un'elasticità che passa la misura del nostro orgoglio, della nostra presunzione.

D'altronde è Dio che deve salvarci e non noi con le armi che non abbiamo. La volontà (unica arma) da abbinare alla fede, o il desiderio, chiamiamolo come ci pare, sono le nostre braccia tese che solo

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IMPULSI CREATI DALLA LETTURA DELLA POESIA "L'OMBRA"

L'OMBRA

negativo di me mio vuoto

in proiezione mi copia con inediti

profili tagliati nella luce – se dal

di fuori la spiassi mi direi sono

io quello?

pulviscolare ha i contorni

del sogno e i suoi fòsfeni

si spezzetta se riflessa inafferrabile

fantoccio mi diventa

pure mio vuoto mia metà

che estinta con l'ultima luce

rientrerà nel corpo-contenitore

unificata con la terra – senza un grido

tutt'uno con la morte –

senza perché – solo ombra

Felice Serino

Da Il sentire celeste, 2006

*

Pure come invisibile radice

sorprende ai varchi un puro domandare

ove l'alieno allea forma che muta

oltre il noto che si infissa vorace

cibo a perpetuare la stessa fine

l'uguale fuggire il Logos vivace

(a Felice Serino su "L'ombra" – 11 luglio 2005)

Flavio Ballerini (Pesaro, 1951-2006)

*

L'ombra "morde" il corpo, i piedi dell'anima, si avvinghia e diventa viva come qualcosa di te in catalessi. L'ombra ti permette di guardarti in proiezione.

L'ombra è un dissolvente che a sua volta si dissolve con la morte. L'ombra è uguale alla fisicità dell'estasi, quando si stacca da terra. L'ombra è ciò che si camuffa, come il vino che scivola per le strade può essere confuso con il sangue della tua brocca rotta.

L'ombra è una stretta di mano a chi conosci già, una prolungata presentazione…

L'ombra è il silenzio che parla delle tue pene, le prolunga…ma non le stacca mai da te.

L'ombra è un giocattolo serio che ha la tua stessa meccanica, solo che non puoi prenderlo fra le mani se non quando saluterai il mondo con una "garbata prostrazione".

L'ombra è un gemello senza peso che ha un suo peso, una sua energia (come quella elettrica) che scarica a terra.

Andrea Crostelli

*

[Segnalata al Premio "Paesepoesia", Belvedere Ostrense (AN),2005.

Nella motivazione il Presidente della Giuria, nonché Presidente del Circolo "La Gioconda" di Ostra, Giancarla Raffaeli, così si esprime:

"L'ombra è un testo originale e personalissimo che, attraverso un ritmo spezzato e drammatico, evoca l'atmosfera contratta della sospensione della coscienza di sé e del proprio corpo, proiettati nell'inconsistenza estranea e divisa dell'ombra".]

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Fragile foglia

e nel momento del distacco

l'io si farà fragile foglia

appoggiata ad una spalliera di vento

Felice Serino

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Perfetta. Nella sua fragilità di foglia c'è la perfezione: quando l'io, abbandonandosi, si afferra al vento e si lascia danzare.

Riyueren

21 aprile, 2008

* * *

o forse ' "l'io" è la radice che si spoglia

di quella foglia al vento,

ma non si asciuga la vita tra i rami

e a primavera

nuovo verde vedrà la luce.

Bellissima davvero.

ParolaBuia

commenti rilevati su:

https://rossovenexiano.splinder.com/

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IN SOGNO RITORNANO

[ispirata nella notte del 25.3.07]

in sogno sovente ritornano

amari i momenti del vissuto

che non vorresti mai fossero stati

per cui accorato in segreto piangi

si affaccia nel tuo sogno bagnato

quel senso di perdizione

incarnato nel figlio

prodigo che fosti

emerge dai fondali

dell'inconscio dove naviga

il sangue e tu

disfartene non puoi

Felice Serino

*

BREVI CONSIDERAZIONI SULLA POESIA DI FELICE SERINO

"IN SOGNO RITORNANO"

Pure nei sogni ci può essere tormento perché la fatica dell' uomo sta nella mente oltre che nel corpo.

E i ricordi e le cose brutte possono tornare ad "inquinare" il cervello inavvertitamente, a sorpresa, senza che noi ci mettiamo del nostro per provocarle. Ma anche su queste lo spirito ha il sopravvento, combatte, ed ha il sopravvento.

In questa dimensione si sta dentro una sospensione come un palloncino che si perde, fluttua nel cielo, fino a scomparire, fino a diventarne parte.

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IO-UN ALTRO

questo sentirmi diviso: e

non riconoscermi come

il fuori del mio dentro:

convivere con gli umori

di un corpo di morte

Felice Serino

*

CONSIDERAZIONI SULLA POESIA DI FELICE SERINO

"IO-UN ALTRO"

"Convivere con gli umori di un corpo di morte", anche per un tempo breve – "dentro una sospensione" – non è cosa facile, è la prova a cui siamo sottoposti.

La salvezza è sorprenderci, continuare a sorprenderci in positivo pure quando attorno a te c'è più di un sole velato, magari uno strato addensante di nuvole nere che pesano come una crosta su un corpo ferito. Quella crosta sappiamo cadrà e lascerà una pelle nuova. Così le nostre situazioni di vita, superate le difficoltà si rinfresca, si riaccende un mondo da scoprire, creato per essere tastato, visitato, scoperto. Quel nero cielo che dà buio interiore, farà cadere una scrosciante pioggia e dopo il temporale porterà un fresco risveglio delle membra e con esse il riequilibrio della mente nella sua positività.

Lo spirito a volte è costretto a "convivere con gli umori di un corpo di morte" ma ha un alleato nella speranza che gli crea le situazioni per il sopravvento, per la rinascita continua, con una forza che scavalca ogni avversità che colpisce il fisico.

Andrea Crostelli

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Libro sacro

leggerne una pagina al giorno

perché la fede non sia acqua

Colui che te la dona

fallo uscire dal libro sacro

le righe nere diventino il tuo sangue

fa che sia pane

non polvere nel vento la Parola

da In una goccia di luce, 2008

_ _ _

Del Libro sacro il verso pungente, stimolante, rivelatore, e altamente poetico è: "fallo uscire dal libro sacro". Contiene un imperativo, un'urgenza profetica alla quale non puoi voltare la faccia.

Andrea Crostelli

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IQBAL MASIH: STORIA DI UN' INFANZIA RAPITA

A cura di Luca Rossi.

Novembre 2006

"Nessun bambino dovrebbe mai impugnare uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite"

I.M.,Stoccolma 1994

Il film di Cinzia Th. Torrini[1] (1998), inerente la vita di Iqbal Masih, non è altro che la storia di una vita riscattata da violenze e omertà su uno degli aspetti più inquietanti che legano le società ricche dell'occidente a quelle più povere, in un'asimmetria abissale dove all'interno delle prime i bambini portano con sé la dignità loro attribuita da leggi consapevoli del valore della vita, mentre le seconde utilizzano con il termine di "piccoli lavoratori" un eufemismo per celare un sostantivo ben più pesante, quello dell'essere schiavo.

Già, perché Iqbal Masih, insieme ai milioni di bambini schiavi sparsi per il mondo, concentrati soprattutto nelle zone del Bangladesh, del Pakistan, dell'India, del Nepal rappresenta la sofferenza di un'infanzia che segna i cuori di tutti coloro che si battono contro lo sfruttamento dei più deboli, in qualsiasi senso.

Venduto all'età di quattro anni dal padre, la regista ci narra la storia vera di un ragazzo pakistano, ceduto ad un fabbricante di tappeti senza scrupoli, al fine di pagare un debito contratto per il matrimonio della figlia. Mani distrutte per avere intessuto per dodici ore al giorno per sei lunghi anni tappeti raffinati, pronti per essere rivenduti nei paesi occidentali a prezzi elevatissimi. Piedi incatenati a un telaio per fare sì che nessuno dei piccoli lavoratori si allontanasse dal posto di lavoro, o rinchiusi da Hussain Kahn, titolare dell'azienda (se così la si potrebbe definire), nella "Tomba", un pozzo privo di aria e di luce quando qualcuno disubbidiva o cercava la fuga. Le regole erano semplici, come ricorda uno dei ragazzi a Iqbal appena giunto alla fabbrica: 1) non è permesso parlare altrimenti verrai punito; 2) puoi fare una pausa di mezz'ora per mangiare ogni giorno. Se ci metti di più verrai punito; 3) se ti addormenti sul telaio verrai punito; 4) se sporchi la tua panca o perdi gli attrezzi di lavoro verrai punito; 5) se ti lamenti o parli con sconosciuti fuori dalla fabbrica verrai punito.

Iqbal fu l'esempio vivente, ispirato da ideali di libertà, per tutti i bambini del mondo, ridotti in schiavitù, più che inserirsi nel lavoro nero. E più che di un film, quello della Torrini, è un vero e proprio reportage filmato che non ha fine, che non avrà mai fine, poiché lo sfruttamento minorile non è cessato di esistere.

Venduto per pochi dollari, Iqbal riuscirà con l'aiuto di un sindacalista, Eshan Kahn, presidente della lega contro il lavoro dei bambini -BLLF- (unica persona di cui fidarsi a dispetto della famiglia dove non avrebbe più trovato rifugio, perché sarebbe subito stato riportato al proprio aguzzino o della polizia locale corrotta essa stessa), a diffondere il suo pensiero e la sua voglia di vivere e difendere quanti hanno vissuto il suo dramma partecipando a varie manifestazioni, portandovi la voce di coloro che non avevano voce, in Svezia, negli Stati Uniti d'America, dove riceverà onorificenze e contributi, nonché una borsa di studio dalla Brandeis University, che gli consentiranno di progettare un sogno: quello di diventare un giorno avvocato per difendere i soprusi verso i minori, mentre nello scorrere delle immagini della Torrini, le telecamere inquadrano striscioni e cartelli di marce di bambini liberi inneggianti la scritta "Children are innocent!".

Iqbal regalerà alla nonna non vedente, ma in grado di distinguere i colori dal calore che essi emanano, quasi un'energia vitale che attraversa l'anima, una semplice bambola di pezza che le aveva promesso anni prima, fino al giorno in cui, la domenica di Pasqua del 1995, all'età di tredici anni, il martirio segnò per sempre la sua vita.

Ucciso da un sicario che gli sparò in pieno petto (perché accusato con le sue pubbliche affermazioni di ridurre gli introiti attraverso lo sfruttamento minorile dell'economia illegale del Pakistan), sarà ritrovato su di una spiaggia, sulle lande di Chapa Kana Mill, nei pressi di Lahore, con legato ad una mano il filo di un aquilone volteggiante alto nel cielo, segno di quella fanciullezza che non poggia i propri piedi su di una terra corrotta, ma che si libera come ala nel blu del cosmo, tra nuvole bianche riflesse nel sole. Ma quel giorno il sole non doveva avere colore.

Mentre l'aquilone sale alto, la polizia scriverà a verbale: "L'assassinio è scaturito da una discussione tra un contadino ed Iqbal."

Prima di essere ucciso, il piccolo uomo scrisse: "Non ho paura del mio padrone; ora è lui ad avere paura di me."

Quello della Torrini lo si vorrebbe un film che appartenesse alla storia, come quelli girati nei campi di concentramento, ma non è così: resterà sempre attuale.

Accanto alle immagini della regista vi è però da aggiungere a mio giudizio ciò che ha da dirci la poesia in merito. Il poeta, come il cineasta, grida anch'egli il suo sdegno. Tra le figure contemporanee di poeti che hanno dato voce al dolore di Iqbal ne ricordiamo una per tutte: quella del poeta torinese Felice Serino[2], di cui riporto il suo dire in merito attraverso una delle più belle poesie di cui la prima stesura fu quella pubblicata su "Il Tizzone"[3]: "tuo padre ti vendette/ per pagare un debito/ inestinguibile// violarono la tua infanzia/ insieme all'innocenza di bambine/ costrette a prostituirsi// tra trame di tappeti e catene/ il tuo sangue ancora grida nei piccoli/ fratelli – sotto ogni latitudine// ma la tua ribellione ha creato/ un precedente: una forza/ dirompente a svegliare coscienze// per un più umano domani."

Ripresa e rielaborata in chiave diversa la poesia apparve poi premiata in vari concorsi nel seguente modo:"come un bosco devastato/ intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni// tra trame di tappeti e catene/ ancora grida il tuo sangue nei piccoli/ fratelli – il tuo sangue che lavò la terra// quel mattino che nascesti in cielo – dimmi -/ chi fu a cogliere il tuo dolore adulto/ per appenderlo ad una stella?"

Entrambe le espressioni d'arte esprimono, ciascuna a modo loro, il pensiero cosmopolita di chi ha voluto testimoniare con i suoi verdi anni una fede universale.

[1] Cinzia Th. Torrini nasce a Firenze nel 1954 e si trasferirà a Monaco dove si diplomerà alla scuola di cinematografia. Dopo avere girato alcuni documentari e cortometraggi, esordirà con la pellicola "Giocare d'azzardo", riscuotendo a Venezia nel 1982 un notevole successo da parte della critica. Seguirà nel 1986 la produzione del film "Hotel Colonial", mentre nel 1996 parteciperà con altri quattordici registi alla produzione di "Esercizi di stile".

Per la televisione Cinzia Th. Torrini ha partecipato alla realizzazione di "L'ombra della sera" (1984), "Dalla notte all'alba" (1991), "L'aquila della notte" (1993), "Morte di una strega" (1996), "Iqbal Masih" (1998) e "Ombre" (1999).

[2] Nato a Pozzuoli (NA), F. Serino vive a Torino da operaio metalmeccanico, oggi in pensione. Ha pubblicato i seguenti volumi: "Il Dio-Boomerang"; "Frammenti dell'immagine spezzata"; "Fuoco dipinto"; "La difficile luce"; "Di nuovo l'utopia". In proprio ha editato: "Delta & Grido" e "Idolatria di un'assenza". Ha collaborato in vario modo con il periodico "Il Tizzone", "Omero" ed altri. Maurizio Cucchi dice di lui: "F. Serino dimostra notevole esperienza, destrezza e buone letture, non solo poetiche. Conserva residui avanguardistici ma cita anche Bartolo Cattafi e si ispira qua e là ad Andrea Zanzotto."

[3] Poesia apparsa sulla rivista letteraria "Il Tizzone"; editore Alfio Arcifa – Rieti 1999.

LA SCHIZOFRENIA DELLA FABBRICA
Antonio Catalfamo


Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai

[numero monografico n. 730, maggio 2008]

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Dopo vari impieghi nel settore alberghiero e come benzinaio, ha lavorato per ben trentuno anni alla micidiale catena di montaggio della Fiat Mirafiori, a Torino.

Poeta autodidatta, "mail artista" e studioso di astrologia, vive tuttora nella capitale italiana dell'automobile. Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: Il dio-boomerang (1978); Frammenti dell'immagine spezzata (1981); Di nuovo l'utopia (1984); Delta & grido (1988); Idolatria di un'assenza (1994); Fuoco dipinto (2002); La difficile luce (2005); Il sentire celeste (in e-book, 2006); Dentro una sospensione (2007).

I versi di Serino sono costruiti, non a caso, attraverso la tecnica del monologo interiore, che, spinto all'estremo, sconfina nel flusso di coscienza: i pensieri vengono riprodotti su carta così come affluiscono alla mente, saltando i nessi grammaticali, logici e cronologici.

Il poeta vuole rappresentarli in presa diretta, senza mediazione alcuna, per rendere palpabile al lettore la condizione psicologica alienata dell'operaio.

Così salta anche la punteggiatura, i piani narrativi si intrecciano, il "prima" si fonde col "poi".

Non esiste un "tempo di fabbrica" e un "tempo di libertà", separati l'uno dall'altro. Anche quando l'operaio è a casa con la famiglia, a letto con la moglie, nell'intimità dell'amplesso, nella dimensione ludica del rapporto affettivo con la figlioletta, la fabbrica è sempre presente, nel pensiero, con i suoi rumori, i suoi ritmi, le sue ansie ed i suoi pericoli.

Pure il verso prende un ritmo incessante, come quello della catena di montaggio. Solo qualche enjambement consente una pausa, poi il macchinario continua a girare, costringendo l'operaio ad inseguirlo, ad adeguare i propri tempi a quelli del mostro tecnologico.

E' questa la "qualità totale" di cui tanto si parla. L'impresa impone la propria centralità, precludendo ogni spazio esistenziale privato all'operaio, assumendo una funzione totalizzante.

Si noti, inoltre, il clima di angoscia incessante, che domina i versi di Serino.

Le immagini degli omicidi bianchi, le morti violente, che si susseguono in fabbrica, come lampi al magnesio, esplodono nella sua mente, impedendogli una vita "normale"; rimangono impigliati nei meccanismi della macchina e ossessionano il poeta in ogni momento del suo ciclo vitale, che ne risulta irrimediabilmente alterato.

Su tutto (sentimenti, valori) domina il plusvalore, che Taylor diceva furbescamente di voler ridurre in un cantuccio. La produzione, secondo lui, avrebbe raggiunto vette così alte che il problema della distribuzione del plusvalore sarebbe diventato marginale.

Ma nei decenni il Pil (Prodotto interno lordo) è aumentato progressivamente, senza che ciò contribuisse ad eliminare l'alienazione del lavoratore.

Come osserva giustamente Serino, l'operaio, anzi, resta impigliato in un nuovo ciclo alienante, "produci-consuma-produci", diventa vittima sacrificale per un nuovo "dio-mammona", "pedina in massacri calcolati".

Traspare dalle poesie del Nostro (sin dai titolo delle raccolte: Il dio-boomerang; e poi nelle immagini bibliche ricorrenti: l'operaio come Cristo crocifisso, le presenze diaboliche che affiorano qua e là) una religiosità violata, tradita da un ordine sociale cinico, che calpesta persino le leggi di natura, i principi evangelici.

Antonio Catalfamo

Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai

[numero monografico n. 730, maggio 2008]

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PROLETARI

1

distinzioni di classi

niente di nuovo la storia si ripete

noi pendolari voi vampiri

dell'industria che evadete il fisco

(imboscando capitali sindona insegna)

ed esponete le chiappe al solleone

sulla costa azzurra o smeralda

(lontani dal nostro morire –

in città-vortice sangue solare

innalziamo piramidi umane

per l'alba di mammona)

dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo

(burattinai per vocazione

di questa babele tecnocratica)

averci diseredati crocifissi

con bulloni a catene di montaggio

2

cieche corse cronometriche

cottimi barattati con la salute

pensieri accartocciati desideri

condannati a morte

uccidi la tua anima per otto ore

sventola la tua bandiera-di-carne

produci-consuma-produci

per il dio-mammona per il benessere (di chi?!)

sei bestia per il giogo del potere

pedina in massacri calcolati

SPIRALE

metti la caffettiera sul gas

il tempo di fare l'amore

la casa un'isola nella nebbia

di ieri nella testa il grido dell'officina

non ti avanza tempo per buttare su carta

quattro versi che ti frullano nel cervello

la bimba vuol passare nel lettone sorridi

per il polistirolo ritrovatosi in bocca

con la torta ieri il suo compleanno

trepiderai ancora una volta al ritorno

davanti alla cassetta delle lettere

e la moglie a dire qui facciamo i salti

mortali per quadrare il bilancio

il borbottìo del caffè ti alzi

esci e penetri il muro di nebbia

nella testa il grido stridulo d'officina

a cui impigliati restano brandelli

d'anima e carne

d'un'altra settimana di passione

stasera deporrai la croce

LINEA DI MONTAGGIO

lo hanno visto inginocchiarsi

davanti alla centoventesima vettura: come se

volesse specchiarvisi o adorare

il dio-macchina:

46 anni: infarto – parole

di circostanza chi deve informare la

famiglia – l'attimo

di sconcerto poi li risucchia il ritmo

vorticante: come se nulla

sia accaduto: la produzione

innanzitutto

MORTE BIANCA

al paese (le donne avvolte

in scialli si segnano ai lampi)

hanno saputo di stefano volato

dall'impalcatura come angelo senz'ali

– non venire a mettere radici – scriveva al fratello

minore – qui anche tu nella

città di ciminiere e acciaio: qui dove

mangio pane e rabbia: dove si vive

in mano a volontà cieche

UOMO TECNOLOGICO

parabole di carne convertite in

plusvalore – l'anima canta nell'acciaio – pensieri

decapitati al dileguarsi di essenze: vuota

occhiaia del giorno dilatato:

coscienza che si lacera all'infinito

L'ANIMA TESA SUL GRIDO

l'anima tesa sul grido

dopo otto ore alla catena

neanche la voglia di parlare

davanti alla tivù-caminetto

e morfeo ti apre le braccia

(impigliàti nello stridìo

della macchina

brandelli di coscienza)

domani ancora una pena

l'anima tesa sul grido

del giorno

in spirali di alienazione

OLOCAUSTO

immolato al moloch del consumo

deponi la croce delle otto ore lasciando

brandelli di anima lungo la catena

biascichi parole di fumo prima del sonno e sogni

strappare alla vita il sorriso ammanettato

dal giorno tieni in vita la tua morte tra vortici

dell'essere e trucioli d'acciaio rovente ti farà

fuori una overdose di nevrosi-solitudine

cuore-senza-paese immolato al moloch

dei consumi il sangue vorticante nella babele di

pacifici massacri offerta quotidiana


[Le poesie di quegli anni 80, sono servite se non altro alla mia crescita.]

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Nota di lettura di Sospensioni di Felice Serino

Enrico Cerquiglini

Sospensioni di Felice Serino è una raccolta che affronta le grandi domande dell’esistenza, muovendosi tra i confini dell’umano e il mistero del trascendente. Fin dal titolo, emerge una poetica sospesa, tesa a cogliere quel momento in cui il pensiero si arresta e l’intuizione si fa parola. La scrittura di Serino si caratterizza per una tensione costante verso l’oltre, verso una dimensione che supera il quotidiano, ma che del quotidiano si nutre, in una continua dialettica tra ciò che è evidente e ciò che rimane insondabile. Il tema della fede, come nota magistralmente Mario Saccomanno nella Prefazione, attraversa molti dei testi come ricerca incessante di un senso nell’apparente caos dell’esistenza. La figura divina è un’eco lontana, mai definita con certezza, ma presente come tensione, come bisogno di risposta a un universo che sembra spesso muto. Questo slancio si intreccia con una profonda consapevolezza della fragilità umana, della caducità del corpo e della precarietà dell’anima, che combatte per trovare il suo posto in un mondo in continua trasformazione.

La raccolta è intrisa di simbolismo, con immagini che spaziano dalla natura (ulivi, girasoli, cieli plumbei) a frammenti di memoria personale. La natura diventa così un tramite per esprimere sentimenti universali: la luce e l’ombra, il radicamento e il movimento, la vita e la morte. Questo dualismo è reso con un linguaggio che unisce concretezza e astrazione, in un equilibrio che a volte raggiunge vertici di lirismo e altre volte si fa volutamente spigoloso, quasi a voler sottolineare l’impossibilità di afferrare del tutto il significato profondo dell’esistere.

Serino opta per dei versi liberi e talvolta frammentati, con una preferenza per frammenti brevi, che richiamano intuizione o visioni oniriche. Questo approccio stilistico amplifica la sensazione di sospensione, lasciando al lettore il compito di ricucire i fili tra un’immagine e l’altra, tra un pensiero e l’altro. Serino sembra voler catturare il movimento stesso del pensiero, il suo fluttuare tra i confini della materia e dello spirito.

Tra i temi ricorrenti si trovano la memoria e la colpa, elementi che legano il vissuto personale a un contesto universale. I ricordi, spesso evocati in modo frammentario, assumono una dimensione archetipica, diventando non solo testimonianza del passato, ma anche monito per il presente. Questo intreccio tra individuale e collettivo è una delle caratteristiche salienti della poetica di Serino, che riesce a parlare di sé senza mai chiudersi in un’autoreferenzialità sterile, ma anzi aprendo i suoi versi a una dimensione corale.

Non tutti i testi sono di immediata comprensione: l’autore non teme di sfidare il lettore, spingendolo a confrontarsi con immagini e concetti che non offrono risposte facili. In alcuni momenti, questa complessità può risultare spiazzante, ma è proprio in questa sfida che risiede la forza del libro. Serino ci invita a fermarci, a sospendere il giudizio, e a immergerci in un viaggio che non ha necessariamente una meta, ma che è intriso di significato in ogni passo.

Con Sospensioni, Felice Serino ci conduce lungo un percorso che è tanto spirituale quanto esistenziale, restituendo al lettore un senso di appartenenza a quel mistero che chiamiamo vita.

*


Felice Serino / Caffè Letterario

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Sprazzi di pace


spiove dal cielo una luce

di stelle gonfie di vento – quasi

provenisse dall’oltre


nel cuore un aprirsi

di sprazzi di pace: vedermi

in tutto col mio sognare –


il vissuto la vita

sognata


*


Creatura


mi godo la luce

come farfalla

sul palmo della tua mano


Signore non posso

che offrirti il mio niente –

fragile creatura

ti devo una morte


*


Ha memoria il mare


1.

la forma del vento disegnano

rami contorti

voli


di gabbiani ubriachi di luce

a pelo d’acqua decifrano tra

auree increspature le vene del mare


2.

interroghi sortilegi nella

vastità di te solo

ti aspetti giungano da un dove

messaggi in bottiglia un nome un grido

ha memoria il mare

scatole nere sepolte nel cuore

dove la storia

ha un sangue e una voce


*


Rosa d’amore


letificato d’amore angelicato fiore


si schiude la rosa

fra cristalli dell’inverno


*


Per speculum in aenigmate


chi sei: quale il tuo nome nel registro

della Luce quale la tua figura

inespressa


questo non aversi

come morire sognarsi

in seno a cieli di cui non è memoria


…caduto

il velo il tuo Sé faccia a faccia


un ri-trovarsi:

moltiplicato


*


A risalire le ore


non resteranno tracce

dei giorni solo parole

scritte sull’acqua


a risalire le ore

del sangue

il vortice del vuoto: solo le stimmate

parleranno


dell’amore che hai dato


*


Appoggiata ad una spalliera di vento


e nel momento del distacco

l’io si farà fragile foglia

appoggiata ad una spalliera di vento


(da Il sentire celeste, Poetilandia, 2006.)

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Felice Serino nasce a Pozzuoli nel 1941. Già negli anni Settanta i suoi versi sono presenti in rubriche e riviste letterarie. La raccolta poetica “Il Dio boomerang” (1978) inaugura una nutrita serie di pubblicazioni che gli attirano l’attenzione e il plauso della critica, fruttando alla sua opera premi e riconoscimenti.

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Fin dall’inizio, la poesia di Felice Serino si fa notare per l’originalità con cui riesce a rendere un mondo interiore quanto mai ricco e variegato che, pur nella sua ricerca – ora serena ora tormentata – dell’Essere-Uno-Dio, non cede alla tentazione di ripiegarsi in sé, ma si lascia toccare dagli echi del suo tempo, dalle forze della natura e dalla struggente inafferrabilità degli affetti.

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Caratterizzata da uno stile asciutto e al tempo stesso di grandissima intensità, nonché dal singolare incontro fra esistenzialismo e trascendenza, la poetica di Serino è la voce tutta umana di un’anima che si sa scintilla di Luce immutabile, e che perciò cerca, instancabilmente e talvolta dolorosamente, il divino che è dentro alla caducità della vita.

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La parola, monade finita ma dalle inesauribili possibilità: Serino la tratta come uno strumento musicale, la sceglie con cura, la fa vibrare, riversa all’esterno quell’armonia che può nascere solo dal lasciarsi risuonare.

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Nella sua lunga e proficua stagione letteraria, Felice Serino ha dato alle stampe (e negli ultimi decenni anche al web e al digitale) raccolte poetiche, articoli di storia e critica letteraria, poesie sciolte su blog, social e siti di associazioni culturali. Multiforme è la sua attività redazionale: gestisce personalmente diversi blog (come Assonanze) ed è presente su siti e piattaforme quali Academia.edu, La Recherche, Scrivere e Alessandria Today. E’ stato recensito da nomi celebri del panorama intellettuale italiano e tradotto in varie lingue. Da anni vive e scrive a Torino.

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Tra i suoi scritti poetici si ricordano ancora le raccolte Frammenti dell’immagine spezzata (1981), Di nuovo l’utopia (1984), Idolatria di un’assenza (1994), Fuoco dipinto (2002), La difficile luce (2005), Ad altezze segrete (2017), La vita nascosta (2017), Vita trasversale e altri versi (2019), Sospensioni (2024).

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Donatella Pezzino

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https://poesiaurbana.altervista.org/felice-serino-caffe-letterario/?fbclid=IwY2xjawIKyOtleHRuA2FlbQIxMQABHSdtCtcvwj10WEwV32v-5cycmIo2g7Px82HGOl3JI_nDfsoVjlVumyOE5w_aem_kaloRYvf1rgNmoffGOZx-A


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Saggi brevi



Profili
Questi Profili (opera segnalata al Concorso Il Convivio 2018), di personaggi noti e meno noti bagnati dal crisma della bellezza, hanno un filo spirituale che li lega, ed è l'amore nel campo della poesia e dell'arte.

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DINO CAMPANA, IL DEMONE CREATIVO E LA NOTTE

A Dino Campana

Ritorna, che cantar canzone di voto

dentro l'acqua del Naviglio io voglio

perché tu sia riesumato dal vento.

Ritorna a splendere selvaggio

e giusto ed equo come una campana,

riscuoti questa mente innamorata

dal suo dolore, seme della gioia,

mia apertura di vento e mio devoto

ragazzo

che amasti la maestra poesia.

Alda Merini

La voce poetica che si apre verso le esperienze liriche che caratterizzano il dopoguerra è, senza dubbio, quella di Dino Campana. Egli rappresenta un caso a sé in tutta la letteratura italiana. Giudizi e accuse hanno accompagnato questo "alchimista" di versi del primo Novecento anche dopo la morte. "Alzai la testa e ricercai la stella / Avvelenata sotto cui sono nato": questi due versi rivelatori sono la terribile sentenza che suggellò il suo destino. La vicenda stessa di quest'uomo appare come una lunghissima stagione di follia indomabile. Lo stesso Campana può riassumere la sua biografia in poche righe, in una nota trovata tra le sue carte dopo la morte: "Dino Campana nacque il 20 agosto 1885 in Marradi […].All'età di 15 anni, colpito da confusione di spirito, commise in seguito ogni sorta di errori ciascuno dei quali egli dovette scontare con grandi sofferenze". Il padre era maestro elementare; la madre, Fanny, casalinga. Il fratello di Fanny, affetto da pazzia, viveva sotto lo stesso tetto quando già era nato Dino. Tutto il paese darà valore alla "ereditarietà", stabilendo una connessione tra zio e nipote. Nel 1888 nasce il fratellino Manlio. A seguito di tale evento Fanny, per evitare ulteriori gravidanze, rifiuta ogni rapporto coniugale. Il marito, nel giro di qualche mese cade in depressione e deve essere temporaneamente internato nel manicomio di Imola. Fanny riversa tutte le sue cure al neonato, ignorando deliberatamente Dino. Il ragazzo si chiude in se stesso, scoprendo la gelosia fraterna e un odio aperto per la madre. Segue i corsi ginnasiali a Faenza, presso il Convitto Salesiano ma con scarso profitto.Nel 1897 si iscrive al Ginnasio-Liceo "E. Torricelli". Colto da disturbi nervosi,deve tornare a Marradi, dove continua privatamente gli studi. Ricominciano gli scontri con la madre. Oltre al disadattamento ambientale, ora è oggetto di scherno da parte dei coetanei. Dino resta fuori casa quanto più può, si apparta, si rifugia nei boschi a contatto con la natura, legge, si nasconde nei fienili per interi giorni senza toccar cibo. Ogni volta che discende in paese, lo scherniscono, e allora il ragazzo s'identifica, perversamente, nel personaggio del pazzo. Nel 1903 s'iscrive a chimica pura a Bologna, ma passa subito a chimica farmaceutica presso l'Istituto di Studi Superiori a Firenze, per poi tornare a Bologna. La difficoltà di adattamento alimenta le turbe nervose che rendono necessario, nel 1906, un primo ricovero in manicomio, ove resta però pochi mesi soltanto, per intervento del padre. A 19 anni, Dino prende il primo treno per il nord. Sarà a Milano, poi in Svizzera, infine a Parigi, ove acquisisce conoscenze di pittura moderna che affioreranno nella sua opera letteraria. I viaggi disperati sono quelli di un eterno fanciullo, rapito nell'anima dal demone della poesia: "Tutto era mistero per la mia fede, la mia vita era tutta un'ansia del segreto delle stelle, tutto un chinarsi sull'abisso. Ero bello di tormento, inquieto, pallido assetato errante dietro le larve del mistero…".

Campana conosce in terra francese i poeti "maledetti" Baudelaire, Rimbaud, Verlaine. Più volte lo fermano per vagabondaggio. Per sbarcare il lunario fa i più svariati mestieri. Infine torna a Marradi, ma per poco. Ama troppo la vita da nomade, l'aria aperta, la vastità delle valli coi suoi echi e i suoi silenzi rispecchianti i paesaggi segreti dell'anima, e che gli aprono il cuore sull'infinito. Ha compiuto 22 anni. Compone le poesie che formeranno i Canti orfici. La raccolta sarà ultimata nell'autunno 1913. Nella sua poesia visionaria sembra trasparire un rapporto spirituale con quella di Rimbaud. Si è molto insistito, all'inizio, sull'influenza del poeta francese, ma essa è stata giustamente rimessa in discussione dalla critica più recente. Nella poesia di Campana, la Notte è il suo simbolo visivo. E in essa appaiono lampeggiamenti, immagini frantumate… Egli cerca il risarcimento della sua fame di vita in una poetica dilacerata, sia come simbolo di bellezza ideale, sia come incarnazione di una condizione umana che fa di lui uno sradicato, un anarchico. Scrive Galimberti che Campana fu poeta "nel segno della poesia come vita". Emilio Cecchi parla di "un esempio di eroica fedeltà alla poesia: un esempio di poesia davvero col sangue". E il critico Angelo R. Pupino (1): "Lo stravolgimento allucinato della parola e trasformazione di questa in oggetto, avviene nel raggio di un non cospicuo numero di immagini-simboli (erotiche, soprattutto) che subiscono alcune variazioni e molte reiterazioni. Alla fine, l'impressione è di una forte componente letteraria, anzi intenzionalmente e sacerdotalmente poetica ". In Argentina, dove resta per poco, Campana svolge vari lavori per vivere. E' in Olanda, Belgio, attraversa a piedi intere regioni. Viene arrestato per vagabondaggio e trascorre due settimane nel manicomio di Tournay. Torna a Marradi ancora una volta, per poco tempo, nel 1908. Vaga ancora, spirito inquieto e tormentato. Questa sua ansia di muoversi, di cambiare luogo corrisponde a un motivo profondo della sua poesia: il viaggio (soprattutto interiore), il senso di evasione dalla condizione presente, l'inseguire qualcosa (una Chimera) che non potrà mai essere raggiunto. Dino si reca a Firenze nel dicembre 1913, con in tasca il manoscritto dei Canti Orfici, e si presenta alla redazione di "Lacerba", dove incontra Papini e Soffici che dirigono la Rivista.Frequenta intanto il gruppo di artisti e letterati che si riuniscono al caffè delle "Giubbe Rosse" e alla birreria "Paszkowski". Tempo dopo scrive a Soffici per avere indietro il manoscritto, ma l'artista lo ha perduto durante un trasloco. L'episodio penoso sconvolge Campana, il quale, prossimo al collasso nervoso, ne ricompone a memoria la seconda stesura, deciso pubblicarlo. Gli editori a cui lo invia, lo ignorano, così egli in estate si decide a stamparlo a spese proprie, presso il tipografo Bruno Ravagli. Torna a Firenze dove vende personalmente il libretto nei caffè e nei luoghi pubblici, firmando il volume o strappando qualche pagina a seconda che l'acquirente gli sia "simpatico" o "antipatico". Estimatore, con alcuni altri, della novità della poesia di Campana, è lo stesso Soffici. Silenzio, al contrario, da parte della critica. Deluso, Dino parte per la Svizzera, in cerca di lavoro. Intanto l'Italia entra in guerra (1915). Dino pensa di arruolarsi ma viene riformato. La delusione si trasforma in mania di persecuzione.

Si ammala di nefrite, reni infiammati. Mentre si trova a Genova, colto da una paralisi al lato destro. In settembre, viene curato in ospedale, a Marradi, per la nefrite e l'infezione luetica. Guarisce ma rimane preda di deliri e acute cefalee. Sviluppa un delirio persecutorio nei riguardi dei letterati fiorentini. La famiglia Campana si trasferisce intanto a Signa, presso Firenze. Dino si sente finito; il destino lo sovrasta come una spada di Damocle. Ha dato tutto al demone creativo; ora erra senza pace, l'anima lacerata… Ed ecco che quel destino ("stella avvelenata") contro il quale egli impreca, deve riservargli un'ultima esperienza consistente in una felicità effimera che però si tramuterà in struggente dolore: il fatale incontro con Sibilla Aleramo (2). E' l'estate del 1916. Nasce un amore disperato e divorante, ma anche trasfigurato in un alone di magia lirica: "Vi amai nella città dove per sole / Strade si posa il passo illanguidito / Dove una pace tenera che piove / A sera il cuor non sazio e non pentito / Volge a un'ambigua primavera in viole / Lontane sopra il cielo impallidito". Un amore passionale che lo travolge; è come un incendio dei sensi, una fiammata. Infatti dura poco, meno di un anno. Per lui è il colpo definitivo; cade in delirio, si dà al bere, va spesso in escandescenze. Durante un episodio persecutorio, è fermato in stato di etilismo e trasferito al manicomio di San Salvi di Firenze. Da lì, il 18 marzo è inviato in internamento al manicomio di Castel Pulci. Ormai in questi posti si può dire che "è di casa". E' preda di visioni e di violenti deliri.

Ma non è da escludere che a condurlo in quello stato abbiano contribuito i rudimentali elettroshock n uso allora, che portano allo sfacelo della psiche. Dino è interrogato e "tormentato", per tre anni consecutivi, dallo psichiatra Carlo Pariani (poi suo medico e futuro biografo). Finalmente nell'autunno 1930 viene ritenuto guarito.Ma ecco il cerchio si chiude: Campana muore il I° marzo 1932, per "setticemia primitiva acuta". Almeno, questa la diagnosi; ma la verità, nei suoi riguardi, sembra ancora una volta negata: si dice che in realtà egli fosse morto per una ferita procuratasi scavalcando un recinto di filo spinato. Persino le sue spoglie devono peregrinare, fino a quando, nel 1946 saranno traslate nella chiesa di Badia. Dopo la morte, 43 composizioni vengono trovate per caso, trascritte su un quaderno. Saranno poi pubblicate in Canti Orfici e altri scritti (Vallecchi 1952), a cura di Enrico Falqui.

Chiudiamo questo breve excursus sulla vita e l'opera di Campana con le parole di Carlo Bo, che nell'introduzione ai Canti Orfici scrive: "La poesia ha continuato per altre vie, ha avuto illustri pretendenti ma non ha più coinciso con il destino di un uomo, così come era accaduto con Campana. Ecco perché va ripetuto che Campana resta l'ultimo poeta, il poeta toccato e divorato dal fuoco, il poeta che è entrato per sempre nel cuore stesso della notte e non ne è più uscito".

NOTE (1) Letteratura mondiale del '900, 3 voll., Edizioni Paoline 1980. (2) Della scrittrice (18761960) s'innamorarono anche, a quanto ci risulta, Giovanni Papini, Vincenzo Cardarelli e Salvatore Quasimodo.

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DYLAN THOMAS: VIAGGIO ALLA FINE DELLA PROPRIA FERITA

Venere giace nella sua ferita,

colpita da un astro e le rovine sensuali creano

stagioni sopra il liquido universo.

Il bianco spunta nelle tenebre.

Il suo vero nome era Dylan Marlais. Dylan starebbe a significare: "Figlio marino dell'onda". Il Nostro nasce a Swansea (Galles) il 27 ottobre 1914. La sola educazione formale che Dylan riceve è alla Swansea Grammar School che frequenta tra il 1925 e il 1931. Il padre, poeta egli stesso, è insegnante presso questa scuola. Il ragazzo non s'iscriverà all'università.Durante un breve periodo lavora come cronista presso un giornale locale, il "South Wales Daily Post", e in questo stesso periodo pubblica le prime poesie. Presto si reca a Londra, ove entra a far parte di un circolo letterario che si raduna nella Charlotte Street a Bloomsbury. Tra le poesie pubblicate, e premiate, dal periodico "Sunday Referee" – a cui egli collabora – vi sono quelle della poetessa e narratrice Pamela Hamsford Johnson, con cui a partire dal 1933 Dylan inizia una fitta corrispondenza che sembra sfociare, dopo il primo incontro nel febbraio dell'anno seguente, in un legame sentimentale. Conosce in quello stesso anno il poeta gallese Vernon Watkins, che resterà uno dei più sinceri e disinteressati amici della sua vita. Già prima dei vent'anni Dylan comincia a bere smodatamente, asciandosi dominare letteralmente dall'alcool.A Penzance, in Cornovaglia, nel luglio 1937, egli sposa l'irlandese Caitlin Macnamara, modella del pittore August John, che l'ha presentata al poeta alcuni mesi prima. Dylan racconterà poi che appena dieci minuti dopo le presentazioni, sono già a letto insieme. Nell'agosto 1938, Thomas si stabilisce con la moglie a Laugharne, nel Carmarthenshire, in una casa di campagna vicino al mare, luogo denominato "Sea View" in cui sarà ambientato il "Dramma per voci" (Under Milk Wood, 1954). Dal 1941, egli lavora saltuariamente presso l'industria cinematografica e successivamente per la BBC con una serie di letture radiofoniche.Le sue opere poetiche Eighteen Poems 1934, TwentyFive Poems 1936, e alcune poesie di The Map of Love 1939, contribuiscono a dar vita al movimento denominato "The New Apocalypse". Tali poesie, molte delle quali surrealisticamente oscure, visionarie, presentano un indubbio talento nel trattamento del ritmo e nel sapiente uso delle metafore. Dove maggiore è la capacità di controllare l'impeto creativo, è tuttavia da rilevare in Deaths and Entrances, del 1946. "Nell'inevitabile contrasto di immagini", dichiara Thomas, "io cerco di ricreare quella pace che dura un attimo e che è una poesia".Detto per inciso, la pubblicazione, ultima, dei Collected Poems 19341952 ( del 1952), raggiungerà la tiratura di 10 mila copie. Egli nasce predestinato a un successo duraturo, soprattutto post-mortem. Nella primavera del 1947, Dylan Thomas si ferma per qualche settimana in Italia, a Villa Beccaro, Scandicci (Firenze), dove tuttavia non si trova a proprio agio. Qui sostituisce l'enorme quantità di birra a cui è abituato, al vino italiano, con una conseguente ebbrezza che lo coglie molto prima, e la cui causa è un immaginabile squilibrio psichico.Conosce poeti di fama come Mario Luzi, Ottone Rosai, Piero Bigongiari, Eugenio Montale. Giovanni Papini definisce la poesia di Thomas come "l'opera di un ubriaco irresponsabile". Nel marzo 1949, il Nostro torna a Laugharne, dove si trova a dover affrontare il problema di enormi rretrati di tasse da pagare. Nell'autunno 1953 riceve il premio Etna-Taormina.

In ottobre si reca per l'ultima volta in America (vi era già stato per brevi periodi negli anni 1937 e 1952), dove lo coglie la morte per delirium tremens, a New York, nel Saint Vincent Hospital, il 9 novembre. La diagnosi è: intossicazione alcolica delle cellule cerebrali. Il 24 novembre le spoglie di Dylan Thomas vengono sepolte nel cimitero di St. Martin a Laugharne. Da rilevare, che nell'anno 1982 è stata collocata una lapide in suo onore nell' Angolo dei poeti dell'Abazia di Westminster, a Londra.

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L'opera thomasiana è definita caotica e ineguale. A volte la poesia sbocca nelle forme della preghiera o dell'inno; si vedano i "canti d'innocenza" o quelli del gruppo comprendente 12 frammenti di "Visione e preghiera ", che inizia con questi versi: "Chi / Sei tu / Che nasci / Nella stanza accanto / Alla mia con tanto clamore / Che io posso udire l'aprirsi / Del ventre e il buio trascorrere / Sopra lo spirito e il tonfo del figlio / Dietro il muro sottile come un osso di scricciolo? / Nella stanza sanguinante della nascita / Ignoto al bruciare e al girare del tempo / E all'impronta del cuore dell'uomo / Nessun battesimo si curva, / Ma il buio solamente / A benedire / Il barbaro / Bimbo". (L'intero poemetto è diviso in due parti; i primi sei frammenti sono a forma di losanga, i secondi a calice). Sovente nella sua opera poetica pare che l'autore giochi sul caos e sul filo dell'ambiguo "per invogliare la critica ad arrendersi o a una condanna o a una accettazione incondizionata" (Gabriele Baldini nell'introduzione a "Poesie", 1974). Ma di tutto si può accusare questo "alchimista" della parola, tranne che di faciloneria e di improvvisazione. Il tema di fondo è quello della recherche di un tempo infantile, d'innocenza, e l'ossessione è quella dello scavare in profondità nell'alveo primordiale della nascita, come viaggio doloroso verso l'altra "nascita" che è implicita nella morte. ("Dopo la prima morte non ce ne sono altre": è l'ultimo verso di "A Refusal"). Si contano vari traduttori della sua opera poetica e in prosa che si sono cimentati nel difficile compito di interpretarla. Fra questi vogliamo citare, nel chiudere questo breve excursus, Eugenio Montale: "La forza che urgendo nel verde calamo guida il fiore, / Guida la mia verde età; quell'impeto che squassa la radice degli alberi // E' per me distruzione. / E muto non so dire alla rosa avvizzita / Che questa febbre invernale piega anche la mia giovinezza. // La forza che guida l'acqua fra le rocce, / Guida il mio rosso sangue; quella stessa che asciuga le sorgenti che gridano, // Le mie raggruma / (…). La lirica [di Thomas] non ha un linguaggio da comunicare", scrive Alfredo Giuliani, "è essa stessa il più alto e comprensivo messaggio possibile, informazione magica faticosamente raccolta dall'autore (…) la poesia sta ferma, romba dentro se stessa come una pietra cava, tutte le lacerazioni si rimarginano nel tessuto sonoro, sono soltanto figure del disegno elegiaco e celebrativo".

Nota – Per la vasta bibliografia si veda "Dylan Thomas – Poesie", Oscar Mondadori 1974, o anche "Letteratura mondiale del 900", Edizioni Paoline 1980.

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VINCENZO CARDARELLI, IL POETA DELLA SOLITUDINE

Il I° maggio 1887, a Carneto Tarquinia, zona maremmana, in provincia di Viterbo, nasceva Vincenzo Cardarelli, all'anagrafe registrato col cognome materno, Caldarelli (poi modificato) e col nome di Nazzareno. Il padre, che non appare nell'atto di nascita, teneva in casa Giovanna Caldarelli, la quale si guadagnava da vivere con la raccolta e la vendita di frutta e ortaggi. Dopo la nascita del piccolo, la donna fu messa alla porta e il figlio non venne riconosciuto. Un marchio che segnò a fuoco la vita di Vincenzo: "Io nacqui forestiero in maremma…e crebbi come un esiliato. Non ricordo la mia famiglia né la casa dove sono nato". Più tardi il padre si risposò e il ragazzo conservò negli anni un buon ricordo della matrigna.Tuttavia la sua fu un'infanzia triste e inquieta: "Io avevo un vasto tesoro di sensazioni e di sentimenti; la mia infanzia. Fu come se una libecciata furiosa l'avesse dispersa. Io vissi in arida solitudine…Nascita, indole, educazione, tutto contribuì a fare di me un uomo amato da pochi, ingiuriato dai più, e compreso veramente da nessuno". (Solitario in Arcadia, 1947). Il giovane cresce plasmando un carattere guardingo e permaloso, cinico e avvelenato. E' tuttavia dotato di una sensibilità e un'intelligenza vivissime. Si sente subito perduto quando, concluse le elementari, il padre non gli consente più di continuare gli studi. A 17 anni scappa da casa, giunge a Roma con 7 lire in tasca. "Cercai la scuola nella vita, nel mondo". Si adatta, per vivere, alle più umili occupazioni. In tali condizioni di vita, dove non v'è posto per studi regolari, la sua cultura è il frutto di un accanito impegno di autodidatta. La sua natura poetica emerge sicura. Nel frattempo conduce una vita precaria ed errabonda, di isolamento e solitudine. Nel 1908 entra, grazie ad aiuti, nella redazione dell'Avanti! come articolista. E' un periodo di fertilità ed entusiasmo; scrive anche due articoli al giorno. E' instancabile. "Le mie giornate sono / frantumi di vari universi / che non riescono a combaciare. / La mia fatica è mortale". Rimarrà in redazione fino all'ottobre 1911 allorché la sede viene trasferita a Milano. Fra gli anni 1910-1911 collabora a riviste e quotidiani quali Il Marzocco, La Voce, Il resto del Carlino, e frequenta il caffè Paszkowski insieme ad artisti e letterati emergenti. Ma il suo fisico è minato ed è necessario il ricovero al Policlinico. Soffre di turbe gastriche, dolori renali, e spesso è preda di crisi depressive con irascibilità o prostrazione. Si tuffa nelle letture di Nietzsche, Leopardi, Pascal, formandosi culturalmente nel periodo di tempo necessario per rimettersi in salute. Se si vuole cercare una presenza femminile, l' "amore" – l'unico – nella vita solitaria di Cardarelli, questa è Sibilla Aleramo. Egli se ne innamora subito, subendone tutto il fascino. Segue un periodo di convivenza con lei, a Firenze. Questa tormentosa passione amorosa che lo lascia quasi stravolto, non è altro che una fiammata: presto i due amanti si rivelano l'uno l'antitesi dell'altra: lei tutto istinto e passione, lui dalla naturale introversione che finisce per trincerarlo in difese e razionalizzazioni nevrotiche. Egli considera la "donna" come mistero adorabile, inafferrabile. "Io non crederò mai nella donna. Questa è la mia dannazione". Il problema donna per Cardarelli diviene sinonimo di nevrosi, ed egli si lascia afferrare dalla misantropia, risucchiare dal vuoto esistenziale: "queste ombre troppo lunghe / del nostro breve corpo, / questo strascico di morte / che noi lasciamo vivendo/…/; mi sono sempre alzato da una disfatta…il segreto delle mie conoscenze è l'insoddisfazione".Ha inizio un lungo vagabondare di luogo in luogo. Egli vive in camere d'affitto o ospite di amici. Dalla sua sensibilità e il suo spirito nomade, nasce una poesia autobiografica ed elegiaca: Profughi, Viaggi nel tempo, dove è rappresentato il bisogno di interrogarsi sul perché dell'esistenza. Frequente è la dedica ai suoi luoghi natali: "Qui rise l'Etrusco, un giorno, coricato, con gli occhi a fior di terra, guardando la marina. E accoglieva nelle sue pupille, il multiforme e silenzioso splendore della terra fiorente e giovane di cui aveva succhiato il mistero gaiamente, senza ribrezzo e senza paura, affondandoci le mani e il viso. Ma rimase seppellito, il solitario orgiasta, nella propria favola luminosa.

Benché la gran madre ne custodisca un ricordo così soave che, dove l'Etruria dorme, la terra non fiorisce più che asfodeli". Collabora a La Voce e a Lirica; infine torna a Roma, dove fonda la rivista La Ronda che vede la luce nell'aprile 1919 (e vivrà fino a novembre 1922). La sua vena lirica, altissima, rievoca l'infanzia, l'amore per la campagna, le figure femminili, le stagioni nel loro mutare, il senso del tempo; il suo pessimismo di matrice leopardiana si nutre del tema della morte: "lasciatemi rivedere la mia terra, lasciatemi andare una notte a dormire con i morti". Nascono le prose di Il sole a picco, premio Bagutta (1929), Il cielo sulle città, I Viaggi. Un altro tema caro alla sua sensibilità di poeta è quello del viaggio (reale o metaforico). Egli è "esule ovunque". Ha scritto giustamente Luzi: "Noi sapremmo interpretare il nomadismo e le fughe del Cardarelli se non destinate dalla qualità della sua stessa sintassi spirituale (…) la sua vita psicologica assume una rapidità ed una gravità drammatiche: ogni incontro diviene un avvenimento fatale, ogni separazione un addio per l'eternità". "Sento la poesia come sostanza, idee, concetti, situazioni poetiche, piuttosto che come puro linguaggio", scrive il Nostro in Giorni in piena (1934). "A quella sua idea di poesia", leggiamo da Alberto Frattini, "Cardarelli rimarrà sempre fedele: dalle sue più famose liriche – come Adolescente o Estiva, Liguria o Alla morte – ove nel linguaggio vigile e teso il tono pacatamente familiare trascolora e s'impenna su punte di misurata aulicità e la musica si sostiene a filo di un'acre intelligenza, di una macerata inquietudine, alle poesie d'amore – tra le più belle del nostro Novecento – ove il tessuto autobiografico è decantato e redento in rara levità di movenze, ariose e malinconiche, sino alle poesie del '47, nel cui tono medio, "pianissimo e intenso" il De Robertis indicava la vera scoperta dell'ultimo Cardarelli". Nel 1949 gli viene affidata La Fiera Letteraria, che dirige fino al 1955 (ma specialmente negli ultimi anni, solo nominalmente): una strana malattia ai centri nervosi condizionanti lo stato termico del corpo, non gli consente quasi più di lavorare. Lo si vede in piena estate, seduto al caffè Strega, in via Veneto, ancora col cappotto e cappello. E' il poeta che ha già affermato: "Ora la mia giornata non è più / che uno sterile avvicendarsi / di rovinose abitudini / e vorrei evadere dal nero cerchio…/ E sogno partenze assurde, / liberazioni impossibili…/ Io annego nel tempo". E' il 1959 e la salute gli ha voltato le spalle: isolato in una pensione romana, quasi non può più fare movimenti fisici. Il 15 giugno, dopo la degenza di un mese, assistito dalla sorella, muore al Policlinico di Roma. A testimonianza del suo animo perennemente inquieto e sradicato, ci lascia questi versi memorabili: "Non so dove i gabbiani abbiano il nido / ove trovino pace. / Io son come loro / in perpetuo volo. / La vita la sfioro / com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. / E come forse anch'essi amo la quiete, / la gran quiete marina, / ma il mio destino è vivere / balenando in burrasca"

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SIMONE WEIL, IL FUOCO DELLA VERITA'

Personalità dal carattere forte e volitivo, che per la sua fede nella verità fu spesso pietra d'inciampo e che eccelse in coerenza fino al limite dell'estremismo più radicale, Simone Weil nacque il 3 febbraio 1909 a Parigi. A 14 anni attraversa una crisi di sconforto adolescenziale ("ho seriamente pensato a morire a causa della mediocrità delle mie facoltà naturali"). A 21 le si manifestano quelle cefalee che la faranno soffrire atrocemente sino alla fine della sua vita. ("Il mio impulso, nelle crisi di mal di testa" – confessa – "è colpire qualcuno alla testa"). Un estremo sforzo di attenzione le permette di lasciar soffrire la carne " per conto suo, rannicchiata in un angolo". All'inizio degli anni '30, quando milita nei ranghi del sindacalismo rivoluzionario, la Weil professa un antimilitarismo radicale. "Il patriottismo (…) non tende ad altro che a trasformare gli uomini in carne da cannone" (1). Professoressa al liceo di Auxerre, Simone nel dicembre '34 non disdegna di sperimentare il lavoro manuale, prestando opera come manovale presso Alsthom (società di costruzioni meccaniche) a Parigi ("lavoro durissimo, calore insopportabile, fiamme che lambivano le braccia…"). L'anno seguente la Weil lavora come fresatrice alla Renault. A settembre, in Portogallo, nel villaggio Pavoa do Varzim, a 80 chilometri circa a nord di Porto, ella percepisce l'affinità tra Cristo e i più poveri, scoprendo il cristianesimo nella sua dimensione più vera e straziante. Quella data, 15 settembre, è la festa patronale di Nostra Signora dei 7 Dolori. Nell'agosto '36, Simone Weil s'impegna nella guerra civile in Spagna nelle file degli anarcosindacalisti. Partita per prendere parte a una rivoluzione, ella si rende conto di non far altro che partecipare a una guerra. L'anno seguente, Assisi è la prima delle tre tappe della sua conversione. "Fu una volta che ero intenta a recitare la poesia Love" [di George Herbert, n.d.a.] – scrive – "che Cristo stesso è disceso e mi ha presa". Da allora la poesia diventa preghiera. La sua conversione assume contorni più netti durante il soggiorno all'abbazia di Solesmes, nella settimana santa. Ha allora 29 anni. Nella primavera del '40, Simone conoscerà le Bhagavad Gìta, dalla cui lettura riceverà, per sua ammissione, un'impronta permanente. Su consiglio di René Daumal ella si avvierà allo studio del sanscrito, lingua originale del testo sacro. Dopo aver lasciato Parigi, il 13.6.1940, giorno in cui la capitale francese viene dichiarata "città aperta", Simone in settembre s'installa a Marsiglia e prende contatti con gli ambienti della Resistenza. La rete alla quale appartiene viene scoperta, e nella primavera del '41 ella viene interrogata per quattro volte dalla polizia. Ogni volta si aspetta di venir arrestata e prepara la valigia con alcuni vestiti… Resterà fino al marzo '42 alla base dell'organizzazione e della diffusione dei quaderni clandestini della Resistenza, i Cahiers du Témoignage chétien per i sei dipartimenti del Sud-Est. Nel giugno '41, Simone va a trovare padre Joseph-Marie Perrin presso il convento domenicano a Marsiglia, dietro richiesta di questi di conoscerla; lei gli chiede di voler fare l'operaia agricola, e il frate la indirizza da Gustave Thibon a Saint Marcel d'Ardeche. La Nostra si appassiona al Tao Te Ching e studia le Upanishads. Impara a memoria il Pater in greco; inoltre s'interessa molto di Platone e riconosce in lui un mistico, vero testimone di Dio. L'incontro con Lanza Del Vasto, avvenuto lo stesso anno, a Marsiglia, permetterà a Simone di percepire meglio il reale significato della "non-violenza alla Gandhi". Come la Weil, anche Del Vasto si meraviglia delle compromissioni della Chiesa col potere e con l'impero della violenza.

Egli ricorda Simone in un suo libro, e ad un certo punto aggiunge che, ascoltandola parlare, "nel giro di dieci minuti non si vedeva più il suo viso; si percepiva soltanto l'anima, in cui risplende il fuoco della giustizia" (2). Il 6 luglio '42, Simone Weil parte per New York. Qui conosce, fra gli altri, Jacques Maritain. Il 14 dicembre si stabilisce a Londra, dove viene assegnata come redattrice alla Direction de l'interieur de la France Libre (commissariat à l'action sur la France).

IL PENSIERO, L'OPERA, L'ESPERIENZA SPIRITUALE

Nel '34 Simone Weil scrisse Rèflexions sur les causes de l'oppression sociale et de la liberté, considerato dal suo maestro Alain opera di prima grandezza, e che lei non pubblicò mai soprattutto per le critiche di un amico. La Weil si ricollega volentieri alle analisi proposte da Marx sull'oppressione dei lavoratori da parte del sistema produttivo della grande industria e sull'asservimento dei cittadini da parte del sistema di governo dello stato. Ecco come si esprime in uno dei suoi pensieri dal profondo spessore filosofico: "Il padrone è schiavo dello schiavo nel senso che lo schiavo fabbrica il padrone". La Weil sarà anche tra i primi a denunciare le deviazioni della rivoluzione sovietica. Autrice di numerosi articoli su questioni sociali ( in L' Effort, La Tribune, ecc.), ebbe anche varie conversazioni con Leon Trotsky, incontrato nel '33 quando fu ospite dei suoi genitori per qualche giorno. Con lui nutriva divergenze di idee non tanto sul proletariato, quanto sulla difesa della "persona". Una prossimità spirituale e politica tra la Weil e Georges Bernanos è davvero inconcepibile. Tuttavia, Bernanos denuncia "l'impero della forza" allo stesso modo di Simone. Egli teme che ben presto i giovani facciano "della crudeltà una virtù virile", sicché la "misericordia" appaia loro segno di debolezza e stupidità. Ciò che ferisce più profondamente Bernanos è che i crimini della crociata franchista vengano commessi in nome del cristianesimo e con la benedizione della Chiesa. Il poeta Joe Bousquet, che Simone aveva conosciuto a Carcasonne nel marzo '42, riconobbe immediatamente la poetica autentica dalle poche pagine che ella gli aveva mostrato. "Si direbbe che il ritmo dei versi è per voi quello della coscienza", le scriverà in una lettera (3). (Nel 1918, a 21 anni, Bousquet era un corpo che viveva solo a metà, colpito da un proiettile alla spina dorsale). La Weil aveva scritto una decina di poesie e le aveva sottoposte al giudizio di Paul Valèry e dello stesso Bousquet. Ella compose anche Venise sauvée, tragedia in tre atti, durante l'esilio a Londra, e che rimase incompiuta. "Sono convinta", scrisse in una lettera all'amico Bousquet, "che la sventura da una parte, e dall'altra la gioia come adesione totale e pura alla perfetta bellezza, implicanti entrambe la perdita dell'esistenza personale, sono le due sole chiavi per mezzo delle quali si entra nel paese puro, il paese respirabile, il paese del reale" (4). "A me fa impressione, nella vicenda di Simone Weil, la sua situazione di apolide", scrive Giovanni Pizzutto. "In realtà Simone Weil è ebrea ma è contro il semitismo; è marxista ma rifiuta il totalitarismo; è europea ed innamorata della cultura greca e della religione indù; è vicina alla Chiesa (…) però non si sente di entrare nella Chiesa" (5). Il futuro papa Paolo VI diceva a Thibon che era cosa molto spiacevole che Simone non avesse spinto fino al battesimo la sua conversione al cristianesimo, perché meritava di essere fatta santa. Simone Weil apparteneva alla categoria dei predestinati che vivono "come se essi vedessero l'invisibile". Per lei il vertice del cristianesimo era che l'amore e la verità si uniscono soltanto sulla croce. Perché la verità è terribile. Padre Perrin precisò i limiti entro cui Simone Weil rifiutava la formula agostiniana Fuori dalla Chiesa nessuna salvezza.

Tale formulazione del mistero cristiano è diametralmente opposta alla sua apertura universale. Simone riduceva la Chiesa, istintivamente, al grande animale sociologico, secondo l'espressione usata da Platone. La prova crocifiggente dell'amicizia con Joseph M. Perrin fu proprio il rifiuto di Simone per il battesimo. Ella era trattenuta sulla soglia della Chiesa da difficoltà insormontabili, come lei asseriva, di ordine filosofico. Ma pare acquisito che Simone sia stata battezzata dalle mani di un'amica, Simone Deitz, probabilmente alla fine di giugno '43, all'epoca del soggiorno presso l'ospedale Middlesex di Londra, dove ella era stata ricoverata il 15 aprile, perché ammalata di tubercolosi. Quale significato bisogna dare a questo tardivo battesimo, sul quale ella preferì mantenere il silenzio? Riguardo il suo ineffabile desiderio di annientarsi in Dio, ecco dai Cahiers (17 quaderni di "pensieri" scritti dall'inizio del '41, a Marsiglia, alla fine del '42, in America) una breve preghiera, da far venire i brividi: "Padre, poiché tu sei il Bene e io sono il mediocre, strappa da me questo corpo e questa anima e fanne cose tue, e di me non lasciar sussistere, in eterno, altro che lo strappo stesso, oppure il nulla". Desiderare d'essere nient'altro che lo strappo: sentimento inconcepibile per un comune mortale che non sia dotato di una "mente" superiore! Trasferita al sanatorio di Ashford, nella contea di Kent, il 17 agosto, Simone Weil muore dopo una settimana, nel sonno. Viene sepolta il giorno 30 nel "New Cemetery" di Ashford. Molte delle opere della Weil sono state pubblicate postume. Alcune fra le più importanti: Attente de Dieu, La Colombe, Paris 1950; La connaissance surnaturelle, Gallimard, Paris 1950; Cahiers I, II, III, Plon, Paris, rispettivamente negli anni '51, '53, '56.

Bibliografia e fonti – (1) Simone Weil, Oeuvres complètes. Ecrits historiques et politiques, Gallimard, Paris 1960 ; (2) Lanza Del Vasto, L'arca aveva una vigna per vela, Jaka Book, Milano 1980; (3) Joe Bousquet, Cahiers du Sud, Rivage, Marseille 1981 (rèedition) ; (4) Simone Weil, Pensée sans ordre concernant l'amour de Dieu, Gallimard, Paris 1962 ; Canciani, Fiori, Gaeta, Marchetti, Simone Weil, la passione della verità, Morcelliana, Brescia 1984.

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LA POESIA DI NIL

Nedda Falzolgher, detta Nil, nasce il 26 febbraio 1906 a Trento, quando quella parte del territorio è ancora sotto il dominio austriaco. Il padre era un bancario e la madre di ricca famiglia. Primogenita, sensibile, intelligente, vive nei primi anni una vita serena e gioiosa. La bimba cresce bene fino all'età di cinque anni, quando inattesa la disgrazia viene a stravolgere il suo destino: è colpita da paralisi infantile, o più comunemente detta, poliomielite. Ella si sente attratta per vocazione naturale verso la scrittura e la poesia; vocazione che rappresenta per il suo spirito sofferto una specie di resurrezione. "Nil non poteva andare verso le cose, ma le cose venivano a lei a cimentare la sua forza e la sua gioia, e tutto la investiva e subito l'abbandonava, lasciando segni di grazia sulla sua anima con il moto dell'onda marina che scrive parole di vita su tutta la riva" (da Il libro di Nil). I genitori cercano di renderle la vita meno disagevole possibile. La mamma la incoraggia in quella sua insaziabile sete di cultura che la indirizza verso la scrittura alimentando il suo mondo interiore. Nedda apprenderà ad uscire da quel mondo circoscritto dalle pareti di casa per conoscere il mondo esterno, perseguendo il raggiungimento di un ideale superiore. Dall'età di 27 anni, ella riceve in casa amici poeti e artisti, e la sua dimora diviene presto un punto d'incontro culturale. Fra i giovani frequentatori c'è un ragazzo, Franco Bertoldi, che resterà per lei un amore impossibile.

"Non ti darò contro il petto dolore

più che il rigoglio delle fronde sciolte.

Dammi tu spazio allora per questa morte:

io non ho solco per vivere

e non ho paradiso per morire;

e sento in me stormire

quest'agonia d'amore,

bionda, contro la zolla che la ignora…".

Nella sua opera Il libro di Nil, pubblicato postumo dal padre, c'è una sezione di poesie intitolata Ritmi dell'infinito, dove si leggono versi scritti durante la guerra.

"Stasera io sono stanca

delle tue mani lontane;

stanca di grandi stelle disumane,

com'è sazia l'agnella di erbe amare…".

Il 2 settembre 1943 Trento fu bombardata e Nedda fu salvata dalle macerie, insieme ai genitori. In seguito, la ragazza inizierà una corrispondenza con Domenico, suo salvatore e amico, facente parte di un servizio di volontariato. Lo spirito altruistico e la bontà di Domenico fanno sì che Nedda si avvicini ad una dimensione spirituale personale intensa.

"Ma una luce è posata sulle cose,

come la carità senza parola;

e ogni vita attende sola

che la raccolga con gesto d'amore".

La guerra termina e la ragazza può tornare a casa. Intanto la madre da tempo malata, viene a mancare nel settembre del '50.

"T'amo, Signore, per la muta passione delle rose.

T'amo per le cose della vita leggere,

le cose che sognano i morti la sera

dentro la terra calda,

sotto il limpido brivido degli astri.

Ma più t'amo, Signore per la misericordia

delle tue grandi campane

che portano nel vento verso

l'anima della sera

la nostra povera preghiera".

Nedda ha sempre continuato a scrivere nel trascorrere degli anni. Ora, sente la vita sfuggirle e soffre per quel che non ha vissuto.

"Ora tu vedi queste mie canzoni

simili tanto alle foglie che sperdi,

amaro Iddio del silenzio.

E sai che non hanno feste di sole

perché di tutto il sole tu inondi

la Terra dove cammina l'amore".

"Ascolta ancora, Dio,

le sorgenti, e perdona,

e nella mano portaci, col seme

delle stagioni innocenti".

Nil rende lo spirito il 2 marzo '56, a 50 anni. Chiudiamo questo breve excursus con dei versi stupendi, nati da quest'anima candida:

"…Che ansia, allodola pura,

questo palpito d'angelo sommerso

che ha smarrito la vena dei venti;

sul respiro del mondo senti

ancora tutte le stelle

mutar la tua voce in chiarore…".

[Notizie liberamente tratte da: Nedda Falzolgher – la poesia, la vita, Isa Zanni, Linguaggio Astrale n. 136/04]

Bibliografia Nedda Falzolgher: poesia e spiritualità, edizione Comune di Trento 1990 Nedda Falzolgher: il cuore, la poesia, edizione Comune di Trento 1990

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DALI' GENIO E SREGOLATEZZA

Eccessivo, eccentrico, paradossale, contraddittorio. Non ci sono appellativi che non siano stati usati per esprimere le caratteristiche di questo personaggio eclettico e dissacrante, nato per eccellere e stupire agli inizi del XX secolo. Salvador Dalì è nato due volte. La prima, a Figueras, il 21 ottobre 1901, ma il bimbo morì a 21 mesi di vita. Il Nostro nascerà nove mesi e dieci giorni dopo la sua morte, l'11 maggio 1904. Egli si trascinerà dietro tutta la vita il peso di dover reincarnare il fratello maggiore di cui porta il nome: "una sorta di complesso di colpa del sosia, trasformato in fissazione paranoica, estetica" (Marco Vallora). "Tutte le mie eccentricità, tutte le mie esibizioni incoerenti sono la tragica costante della mia vita", si legge in Conversazione con Dalì (1969), di Alain Bosquet. "Devo provare a me stesso che non sono il fratello morto ma quello vivo. Come nel mito di Castore e Polluce, uccidendo mio fratello ho conquistato l'immortalità per me stesso". Come dire che la morte del primo Salvador è la molla, l'arco teso che lo lancerà molto lontano…nel firmamento della pittura. "Lo si voglia o no, sono stato chiamato a realizzare prodigi", ha dichiarato. Nella sua biografia si legge che ha una relazione ambigua col poeta Garcia Lorca, ma si dice che Dalì abbia sempre rifiutato le ripetute avances di Federico. "Canto le tue ansie d'eterno illimitato", scriverà il poeta in una sua ode dedicata all'amico.Dalì è stato uno dei maggiori esponenti del Surrealismo (nuovo spirito dell'arte battezzato da Apollinaire col nome di Superrealismo, al debutto del balletto Parade di Cocteau, 1917); costituito fra gli altri dai poeti Paul Eluard e Andrè Breton, dal cineasta Bunuel, dagli artisti figurativi Manritte, Ernst, Mirò, Man Ray; e ancora, Edward James, Hans Arp, Arpo Marx (solo per citare quelli che diverranno famosi). Sposò dopo una convivenza di molti anni, Gala Diakonoff di dieci anni più grande, moglie del poeta Eluard (da cui poi divorziò), ed ex compagna di De Chirico; una donna-manager avida di potere, la quale impostò da subito la relazione col ruolo di "protettrice", o meglio di impresario, relegando a Dalì quello di "dipendenza", e desiderosa di organizzargli la vita. In amore prediligeva il triangolo; ma grandi furono le sue sfuriate di gelosia quando nel periodo precedente la seconda guerra mondiale Dalì divenne amante di Edward James.Egli non era per lei che una semplice "macchina per far soldi". "I Dalì sono due, uno appartenente al suo mondo di vivida, geniale e avvincente paranoia, in cui vive più della metà della sua vita; l'altro è l'accorto affarista, creato dalla moglie Gala" (Edward James a Dalì, marzo 1941). (Fu Andrè Breton a coniare l'anagramma Avida Dollars dal nome Salvador Dalì – cosa che divertì molto l'interessato). Il miele è più dolce del sangue (1927) fu il suo primo dipinto surrealista. Famosa la serie dei suoi orologi molli. Molti i disegni e i dipinti raffiguranti la moglie Gala. Soggetti della sua arte, anche i ritratti di Eluard, Lenin, Freud. Dal 1927 al 1929 fu il periodo per lui più prolifico e rappresentativo. Famoso resta il suo ritratto a una vedette del cinema, Mae West.

La sua potenza espressiva, l'intensità cromatica delle forme nello spazio e nella luce, davano voce e sangue alla tela. Alcuni dei suoi quadri, unici e dalla stesura raffinata, restano l'espressione dell'inconscio collettivo del XX secolo. Egli, il genio, ne è l'archetipo. Vogliamo qui aprire una parentesi per dire che nell'immaginazione popolare il genio è sempre dotato di poteri magici; è sempre considerato come agente di una forza esterna. Questo potere può risultare misterioso anche al genio stesso. Egli obbedisce a una sorta di desiderio istintivo, a una necessità interiore. L'arte visionaria di Dalì passa alla storia anche per i titoli bizzarri e improponibili quali, per citarne qualcuno: "Burocrate medio atmosferocefalico nell'atto di mungere un'arpa cranica", "Teschio atmosferico che sodomizza un pianoforte a coda", "Autoritratto molle con pancetta fritta", "Lo svezzamento del nutrimento dei mobili", "Acido Galacidalacide sossiribonucleico (Omaggio a Crick e Watson)". Nella storia dell'arte, in modo specifico egli è il Surrealismo, in una rappresentazione personalissima, spesso dal contenuto delirante, definita "metodo paranoicocritico".La sua opera apre le porte verso universi paralleli, in una visione allucinatoria; ma Dalì è ben consapevole del confine che separa il mondo reale dall'immaginario. Nel 1944 Alfred Hitchcock lo volle per la realizzazione delle sequenze oniriche per il film Io ti salverò, con Gregory Peck e Ingrid Bergman. Si trattava di illustrare i sogni del protagonista in preda ad amnesia. Egli era originale ad ogni costo e viveva di un protagonismo insaziabile. Sempre in equilibrio sulla corda tesa delle sue assurde trovate, ad una conferenza alla Sorbona del 1955, si presentò in una RollsRoyce bianca, stipata di cavolfiori. Nelle sue performances, ogni cosa che toccava si trasformava in oro. Scrive nel suo Diario di un genio: "in uno stato di permanente erezione intellettuale ogni mio desiderio è esaudito". Un sempre crescente numero di psichiatri vedevano in lui un caso allettante dal punto di vista di uno studio ravvicinato. Egli è noto agli studiosi della psiche come un "perverso polimorfo". Nell'opera daliniana gli istinti sessuali appaiono cerebralizzati e sublimati dall'arte. Dalì era sempre eccessivo e le sue manie grandiose e strampalate spesso infastidivano. Fu molto criticato dalla stampa e dall'opinione pubblica, e anche minacciato, per aver dichiarato di simpatizzare per il generale Franco. Fino alla fine, ebbe il culto paradossale della propria immagine. Negli ultimi tempi, fra gli alti e bassi della malattia che lo aveva colpito (morbo di Parkinson), si lamentava dicendo com'era difficile morire. (Gli era già mancata Gala da alcuni anni). Fantasma di se stesso, morì a 87 anni, il 23 gennaio 1989, nella clinica dove era stato ricoverato per collasso cardiaco.

Fonte: Meredith Etherington-Smith, Dalì, Garzanti 1994.

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MAETERLINCK, CUSTODE DEI SOGNI

Poeta e drammaturgo dal talento molto versatile, nacque a Gand, nella Fiandra, il 29 agosto 1862. Nel 1911 gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Già fin dal 1903 come candidato al Nobel il nome di Maeterlinck era stato fatto da Anatole France, al terzo posto dopo Tolstoi e Brandes. Secondo Maurice Maeterlinck, la scienza non ci insegna nulla, per il momento, sull'origine e sul fine della vita, e non è in fondo che "una espressione rassicurante e conciliante della nostra ignoranza". Tuttavia, l'inconoscibile ci avvolge, e si manifesta a noi con presentimenti, sogni. "Lascerò senza rimpianto questo mondo assurdo del quale non ho capito nulla", egli scriverà pochi giorni prima della morte, avvenuta il 7 maggio 1949. Maeterlinck è sempre vissuto vicino alla morte allo stesso modo in cui si piegava sui misteri della vita, senza separare l'una dall'altra: "Sarebbe mostruoso e inesplicabile che fossimo soltanto ciò che sembriamo essere", affermava. Tra le sue opere memorabili molti drammi, tra cui si ricordano: La Princesse Maleine,1890; Pelléas et Mélisande, 1892; Aglavaine et Sélysette, 1896; Monna Vanna, 1902. Nella fiaba teatrale L'Oisseau Bleu (1909), ciò che rappresenta l'Uccello Azzurro è il segreto delle cose e della felicità. Vi si legge: "l'Uccellino Azzurro, il vero, il solo che possa vivere alla luce del giorno, si nasconde qua, fra gli uccelli azzurri del sogno che si nutrono di raggi di luna e muoiono appena sorge il sole…". In essa sono rappresentati sotto forma di creature di sogno vari elementi o simboli archetipici quali La Notte, Le Stelle, La Luce, Il Fuoco, L'Acqua, Il Pane, Lo Zucchero, Il Latte, Il Cane, La Gatta, gli Alberi e gli Animali della foresta, L'Amor Materno, I Bambini Azzurri (che aspettano l'ora della nascita), Il Tempo. La fiaba è intessuta di immagini sognanti, di rara poesia: "I bambini fuggono dai giardini, le mani piene di uccelli che si dibattono, attraverso la sala tra svolìo di ali azzurrine…". La morale che si legge tra le righe è lampante: quelli che hanno il cuore puro non cercheranno mai invano l'uccello azzurro anche se non esiste che al di là dei limiti del mondo. In Aglavaine et Sélysette, puro gioiello della letteratura, egli fa dire ad Aglavaine parole molto significative : "Se qualcuno deve soffrire, questi dobbiamo essere noi. Ci sono mille doveri, ma io credo che ci si sbagli raramente quando si cerca prima di tutto di togliere una sofferenza al più debole per addossarsela". Per Maurice Maeterlinck ogni realtà porta sempre un velo di mistero e di sogno. Sotto questo velo, come bene asserisce in chiusura del discorso in occasione del conferimento del Premio Nobel C. D. Af Wirsen, "si nasconde la verità profonda dell'esistenza e, quando un giorno il velo sarà sollevato, si scoprirà l'essenza delle cose".

Fonte: Francois Albert Buisson, La vita e l'opera di Maurice Maeterlinck, 1965, Milano

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LA "STELLA" KAHLIL GIBRAN

Si può a buon diritto ritenere che Kahlil Gibran sia stato uno dei fondatori della New Age. Era nato a Bisharri (Libano) il 6 gennaio 1883. Diceva all'amico Nu'ayma che egli era un "falso allarme"; perché chiunque ignora la propria vera natura è destinato a restare un falso allarme. Gibran sentiva di non avere il diritto di impersonare il ruolo che si era scelto. Questo perché si rendeva conto di non mettere in pratica ciò che andava predicando. Era il 1921 quando stava lavorando alla stesura di The Prophet, e in seguito a letture pubbliche cominciava a essere identificato con quel ruolo. Nel 1895 la famiglia emigra a Boston, nel periodo in cui vi è un'emigrazione di massa di siriani in America. Gibran frequenta un gruppo di giovani poeti e artisti decadenti il cui leader è Fred Holland Day, fotografo ritrattista. Lo stesso Day favorisce la trasformazione di Kahlil in una sorta di rivoluzionario. Gibran ebbe rapporti di amicizia con famosi e influenti personaggi di Boston e New York, eppure si sentì sempre fratello dei poveri del mondo. Ai versetti della Bibbia e ai versi di Walt Whitman si ispirò per trasmettere il suo messaggio alle future generazioni – per le quali resta un punto di riferimento quale stella che rifulge per sempre. Dal giornale Al-Muhàgar su cui egli scriveva regolarmente, vogliamo citare un breve estratto, riguardante una sua monografia sulla musica:"Oh tu, vino del cuore, che sollevi colui che beve alle vette del mondo dell'immaginazione; onde eteree che sostenete i fantasmi dell'anima; mare di sensibilità e tenerezza; alle tue onde prestiamo le nostre anime e alle tue insondabili profondità affidiamo i nostri cuori. Conduci quei cuori oltre il mondo della natura e mostraci ciò che si cela negli abissi del regno dell'ignoto". Gibran scrisse opere di poesia e narrativa (Le ali spezzate, Le ninfee della valle, Spirito ribelle). Fra i suoi autori preferiti si possono citare Whitman e Blake, Tolstoi e D'Annunzio, Ibsen, Strindberg, Nietzsche. Già a 19 anni i suoi scritti erano stati paragonati a quelli di D'Annunzio, ma egli stesso si rendeva conto che il paragone era esagerato. Per completare la sua istruzione, nel 1898 i suoi lo mandarono a Beirut. Da una dichiarazione rilasciata a Mary Haskell, sua corrispondente, si viene a conoscenza che "il ragazzo senza alcun motivo apparente rinuncia all'imbarco prenotato e cambia il biglietto con un altro sul piroscafo successivo. Quello sul quale sarebbe dovuto partire affonda con tutte le 800 persone circa che sono a bordo, poche ore dopo aver lasciato New York". Gibran aveva carisma. Intorno alla sua straordinaria figura ruotano molti episodi, esposti dai suoi biografi, per la maggior parte da ritenersi fantasiosi o leggendari perché privi di verifiche. Ebbe una fitta corrispondenza epistolare con Josephine Peabody, affermata poetessa. La relazionasi approfondì a partire dal compimento del 20° anno di età di Kahlil. Lei aveva otto anni più di lui e il suo sentimento si può tradurre in un desiderio di dare protezione. Lo riteneva un "genio", un "angelo" e un "profeta". (Egli lascia una vasta produzione di disegni e dipinti; le immagini sono imperniate su una dimensione soprannaturale e di regni trascendentali, chiaramente ispirati a William Blake). Alla lunga, la sua relazione con Josephine finì per incrinarsi; a seguito di un litigio lei strappò tutte le lettere. Kahlil la riteneva la "donna fatale", e forse questa fu la sua vera colpa. Nell'estate del 1904, a una mostra di suoi lavori, egli conobbe Mary Haskell, che avrebbe avuto una duratura influenza nella sua vita. Aveva 30 anni ed era attivista nel movimento operaio femminile. (Varie altre presenze femminili giocarono un ruolo importante nella vita di Gibran, alcune esclusivamente di natura erotica. Esse spesso posavano per i suoi ritratti). Nel 1908, dopo un breve periodo trascorso a Parigi, egli riprese la relazione con Mary, anche se lei gli fece chiaramente capire che non l'amava ma che voleva restarle amico. Aggiunse che l'accettare la richiesta di lui di sposarlo si sarebbe rivelato un grossolano errore. Nel 1911 Gibran, sempre più convinto che il suo futuro era New York, vi si trasferì. Infatti se non fosse stato così, egli non sarebbe mai arrivato all'attenzione del grande pubblico. Fu un periodo felice; la vita a New York gli faceva bene. Le sue lettere a Mary traboccavano di entusiasmo: "osservo con mille occhi e ascolto con mille orecchie per tutto il giorno". Iniziò a tenere delle conferenze. Il suo mondo ora si stava rapidamente allargando e la sua stella cominciava a rifulgere. Può sembrare assurdo che un giovane di 28 anni faccia testamento, eppure Kahlil ne redasse uno a favore di Mary, lasciandole tutti i suoi quadri e le sue sostanze in denaro, poiché sentiva che sarebbe vissuto – profezia che doveva rivelarsi esatta – ancora per altri 15 o 20 anni. Negli anni successivi il rapporto di Kahlil con Mary si consolidava sempre di più. Lei nelle lettere aveva per lui espressioni di idolatria e venerazione. Lo andava a trovare spesso a New York. Non si rendeva ancora conto di venir usata. L'adorazione che nutriva per lui le impediva di vedere i difetti del suo carattere. Oltretutto, lei era per lui anche un grosso aiuto economico. Da parte sua Kahlil, affetto da narcisismo, sentiva di avere le stimmate del messia e viveva momenti di autentica esaltazione. Sosteneva di avere una "capacità di introspezione superiore a quella di Buddha e di aver fuso la sua consapevolezza con quella del pianeta e dell'universo". Nonostante lo desiderasse ardentemente, la coppia rinunciò ai rapporti sessuali ritenendo di avere già un'unione perfetta, una specie di sesso spirituale; o forse la ragione stava anche nel fatto che i due "amanti" erano consapevoli che il sesso "spicciolo", temporaneo, avrebbe finito per abbreviare la loro relazione, sopravvenendo la sazietà della ripetitività. Kahlil – si legge nei quaderni di Mary afferma di aver lottato per questo obiettivo e di esserci riuscito, per conservare "altri centri di energia superiore". Nei 10 anni che seguirono essi si scrissero regolarmente ma i loro contatti andavano man mano diradandosi. Nell'aprile del 1920 fu costituita l'Associazione della Penna. Gibran fu eletto presidente e Nu'ayma segretario. L'associazione ebbe vita fino al 1931, anno della morte di Gibran. Ormai Kahlil non scriveva più in arabo ma in inglese. In un poemetto intitolato Il poeta (dall'antologia The Vision), egli scriveva: Un anello tra questo mondo e l'aldilà; una fonte di limpida acqua per gli assetati; un albero cresciuto sulle rive del fiume della bellezza, carico di frutti maturi per i cuori affamati… Un angelo mandato dagli dèi per insegnare agli uomini le vie degli dèi. Una lampada risplendente che il buio non vince poiché non sta sotto il moggio. Ad aggiornare l'immagine che avevamo di Gibran, ecco venirci presentata l'altra faccia, quella che non s'immaginava: la diagnosi (siamo nel 1929) parlava di ingrossamento del fegato, causa della sua dipendenza dall'alcool risalente presumibilmente ad almeno tre anni addietro. Nel novembre 1930 iniziava il processo degenerativo che doveva portarlo alla morte. Forse – è un'ipotesi – la difficoltà d'identificarsi col suo ruolo può essere stata la molla scatenante… Il suo capolavoro Il Profeta fu pubblicato da Knopf nel settembre del 1923 (ma era rimasto in gestazione per almeno 4 o 5 anni per essere perfezionato, sebbene l'idea del suo libro risalisse già al 1912, quando alcuni frammenti cominciavano ad apparire sui suoi quaderni o diari). Negli anni della depressione se ne vendevano in media 13 mila copie all'anno. Nel 1957 era stato superato il milione di copie. Attualmente solo nel Nord America le copie vendute raggiungono la strabiliante cifra di 9 milioni. Oggi The Prophet è anche disponibile su Internet. Da molti critici il libro venne sottovalutato perché ritenuto monotono; al contrario, l'Evening Post di Chicago lo ritiene tuttora una "piccola Bibbia". "E' il mio primo vero libro" – dice Gibran della sua creatura – "il mio frutto maturo". Negli anni 60 correva voce che ogni hippy avesse nello zaino una copia del Profeta. Andando a sbirciare nei quaderni di Mary, si possono trovare molte descrizioni di sogni fatti da Gibran su Cristo – più che sogni vere apparizioni, rivelatrici del fascino che la figura di Gesù esercitava su di lui. "Visse come un capo" si legge in Il Crocifisso – "morì con un eroismo che spaventò i suoi assassini e i suoi torturatori […] ". Il suo libro 'Gesù, figlio dell'uomo' può essere letto quasi come un nuovo Vangelo apocrifo. Riguardo il successo di vendita, esso è secondo dopo Il Profeta. Gli dèi della terra, l'ultima sua opera, fu pubblicato appena dopo la sua morte. Gibran non seppe mai chi fosse veramente. Diviso tra oriente e occidente, simile a un crocifisso le cui braccia sono distese tra queste due polarità; immagine che richiama un fatto avvenuto quando egli aveva dieci anni: si dice che a causa di una spalla fratturata in una caduta, fosse rimasto per 40 giorni legato ad una croce. Kahlil Gibran morì di cirrosi epatica, dopo uno stato comatoso, il venerdì 10 aprile 1931, alle ore 22.55. Boston lo ricorda con una statua in marmo rosa, all'ingresso della Public Library. La targa con l'incisione: " Kahlil Gibran 1883 – 1931, poeta, pittore", è opera di Kahlil Gibran il Giovane, scultore di Boston. Chiudiamo questo breve lavoro con alcuni suoi versi, tratti da La processione:

E sulla terra la morte, per il figlio della terra,

è finale, ma per colui che

è etereo, è solo l'inizio

del trionfo che egli sente già suo.

Fonte: Robin Waterfield, Profeta – vita di Kahlil Gibran, Guanda 2000.

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RIMBAUD, IL MITO

Angelo o demone? Di Arthur Rimbaud si è detto tutto e il contrario di tutto. La sua vita nasconde misteri che il tempo moltiplica. Anima randagia, da poeta "maudit" muore quasi del tutto sconosciuto – prima che la sua fama si convertisse in mito attingendo alla immortalità. Un'infanzia la sua, triste e infelice – caratteristica che distingue molte grandi anime passate alla storia. La violenza dei gesti, gli oggetti branditi accompagnati da urla sono le immagini che Arthur conserva dell'unione tra i genitori. Lui, Frédéric Rimbaud, capitano del 47° reggimento di fanteria, per il ragazzo rimasto come genitore un'ombra inafferrabile; lei, Marie Catherine, figlia di agrari, legata al figlio da complice pietà. Nel 1864 il padre abbandona definitivamente la famiglia. Arthur ha 10 anni. Frequenta la scuola presso il collegio di Charleville, suo luogo natale (egli vi nasce il 20 ottobre 1854), si dimostra un allievo modello, è il più delle volte premiato, e la sua precocità si rivela anche nei risultati poetici. Ma il ragazzo è anche ruvido, maleducato, insofferente soprattutto nei confronti dell'ambiente familiare e della madre, con la sua rigidità cattolica e l'inflessibilità degli atteggiamenti. La tendenza a scandalizzare è la sua maniera di comunicare; accompagna con "merde, merde" la lettura pubblica di versi. E' anticonformista ed eccentrico ed ha un magnetismo ambiguo, un fascino particolare,oscuro. Tra i 16 e i 18 anni ha una relazione burrascosa con Paul Verlaine; i due vivono insieme, da bohémiens. La relazione, che si vocifera abbia un indirizzo omosessuale, balza agli onori della cronaca quando Paul un giorno,e precisamente il 10 luglio 1873,al colmo di una violentissima lite ferisce l'amico al polso con una pistola. Nello stesso anno, a Bruxelles, Rimbaud ritira le prime copie di Une saison en enfer.Nel 1884, ad Harar, in Abissinia, organizza spedizioni commerciali nell'Ogaden, ma lascia presto questa attività per dedicarsi in proprio al traffico di armi per conto di Menelik. Mentre Rimbaud si trova in Cairo compaiono dolori lancinanti alla coscia e al ginocchio, primi sintomi del male che lo porterà alla tomba. Nel 1890 viene rintracciato in Abissinia da un gruppo di letterati parigini; in una lettera gli viene annunciato il suo nascente mito poetico. L'anno seguente il male si aggrava ed egli s'imbarca per Marsiglia, dove subisce l'amputazione della gamba; operazione alla quale la madre presta una fredda e frettolosa assistenza. Il cancro presto gli divorerà le altre parti del corpo, paralizzandolo. Tra allucinazioni e grandi sofferenze, la morte lo coglie il 10 novembre 1891 a Marsiglia. La vera vita è altrove"; "Io è un altro": enigmatiche e memorabili queste sue "sentenze". Suo compito è distruggere ogni tipo di convenzione sociale cercando la rivelazione dell'ignoto e dell'inconscio e adeguando i propri mezzi espressivi al carattere innovatore di tale operazione. Scrisse Verlaine nel 1872: "E noi l'abbiamo nel ricordo e lui viaggia. Sappiamo, sotto le maree e al sommo dei deserti di neve, seguire il suo sguardo, il suo alito, il suo corpo, la sua luce". "Me ne andavo" – dicono alcuni versi di Rimbaud – "coi pugni nelle tasche sfondate, / anche il mio paltò diventava ideale: / andavo sotto il cielo, Musa, ed ero il tuo fedele; / perbacco! Quanti amori splendidi ho sognato". Solo e trasognato, con un amore ideale a invadergli lo spirito, si sentirà felice andando "loin, bien loin, comme un bohémien par la nature".

"Non può essere che la fine del mondo, più in là": è il divorante desiderio di conoscenza, di infinito; esplorare l'inconnu. E' l'Ideale del suo spirito a cui fanno da cornice l'immensità e il silenzio del deserto, il vento, il sole rutilante, un tempo senza tempo… Il deserto: "luogo ideale dell'esilio ma anche del regno, poiché l'esilio interiore permette di riconquistare il regno di sé" (1). Innumerevoli quanto inverosimili risultano gli amori attribuitigli. Si dice che durante il soggiorno in Africa, ad Harar, una notte di passione nel tentativo di possedere una fanciulla abissina infibulata, egli abbia usato un coltello… (il sangue, le urla, i parenti accorsi per vendicare l'oltraggio subito). Ebbe amori in vari altri paesi, Inghilterra, Italia (Milano, Napoli). "E' il nostro sole nero", scrive Renato Minore, "con disagio si entra in sintonia con l'intransigenza netta, ombrosa, irripetibile di quell'età. Quel prendere di petto il mondo per una sfida senza superstiti. E oggi siamo tutti superstiti: della rabbia come della pietà. Siamo ossessionati dalla leggenda di Rimbaud, dal suo fantasma e dalle sue scorribande di confine".

Nota (1) Majid El Houssi, dall'introduzione a Moha il folle Moha il saggio, di Tahar Ben Jelloun, Edizioni Lavoro 1988. Bibliografia – Renato Minore, Rimbaud, Mondatori Editore 1991 Arthur Rimbaud, Poesie, Garzanti 1977.

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PIER GIORGIO, IL BEATO DEI GIOVANI

Il 20 maggio del 1990 Giovanni Paolo II lo ha beatificato. Il suo esempio di carità è vivo in tutto il mondo. Sconosciuto in vita, egli ha acquistato fama dopo la morte. Due giorni dopo la sua "trasfigurazione" – come ebbe a definirla don Antonio Cojazzi – apparve sulla Rivista dei Giovani un articolo dello stesso Cojazzi, dove fu profetizzato: "Pier Giorgio Frassati imprimerà un nuovo giro al sangue della gioventù, e non solo torinese". La sua figura affascina soprattutto i giovani: moderno, allegro, sportivo, pieno di gioia di vivere e amante della montagna – Mario Soldati ricorda "l'occhio nero ma scintillante, luminosissimo, le labbra aperte sempre al sorriso" -, esibiva la sua normalità con una fanciullesca gioia di scherzare. Suo padre, Alfredo, era proprietario e direttore della Stampa, senatore del regno e ambasciatore d'Italia a Berlino. Pier Giorgio nasce il 6 aprile 1901. Giovane liceale, frequenta l'Istituto sociale dei gesuiti dopo essere stato bocciato due volte al D'Azeglio. In seguito entra al Politecnico per diventare ingegnere minerario. Si iscrive alla "Fuci", la federazione degli universitari cattolici. E' tesserato al partito popolare di Luigi Sturzo. L'avvento del fascismo segna l'inizio di un trauma storico di cui anche Pier Giorgio è il cosciente testimone. Ha un amore segreto, Laura Hidalgo, segretaria della goliardica "Società dei Tipi Loschi", l'allegra compagnia dei suoi amici di cordata, di cui egli è cofondatore; (si firma col nome di Robespierre). Dovrà in seguito rinunciare a questo amore a causa della necessità della sua presenza presso i genitori; una prova crudele, dolorosissima, a cui egli non si sottrae. La sua adesione al Vangelo si traduce in attenzione verso i bisognosi. Per il volontariato egli offre se stesso disdegnando il suo stato di agiatezza; di più, tutta la sua giovane e breve vita è offerta ai poveri e ai malati; vive vicino agli umili, ai dimenticati, vero "imitatore di Cristo", come lo definisce Papini. Con i soldi che risparmia in segreto, acquista medicine per chi non può comprarne, dà una mano ai derelitti che va a trovare nelle soffitte o sotto i ponti; appena libero si reca al Cottolengo, quasi una corsa verso l'umanità miserabile. Uno spirito molto speciale, di una santità concreta, che si offre fino a giungere ad un abuso delle proprie forze. Pier Giorgio visse intensamente i suoi 24 anni prima che lo colpisse una poliomielite fulminante, il 4 luglio del '25. Gli mancavano due esami per la laurea.Fino alla vigilia dell'agonia, fu quasi per tutti un segreto la sua malattia repentina e inesorabile. Morì in sei giorni, solo; soltanto Mariscia, la domestica tedesca, gli fu vicina fin dall'inizio. La madre (la pittrice Ametis) era al capezzale di sua madre morente; la sorella Luciana, sposata da poco, era appena tornata; gli amici – s'era d'estate – erano fuori Torino. Gli ultimi giorni Pier Giorgio stava sempre peggio, ma nessuno, fino all'ultimo, sembrava rendersene conto. D'altra parte, durante il calvario, egli non pensava nemmeno ad accusare la loro indifferenza, quasi fosse naturale. E poi lui, fino all'ultimo, cercava di minimizzare il suo male di una gravità sempre più evidente. Il giornalista Luigi Ambrosini, due ore dopo la sua morte, scrisse un articolo per La Stampa in cui, tra l'altro, diceva: "Le sue mani non erano fatte per raccogliere, ma per distribuire". Il giornale uscì listato a lutto. Non era mai accaduto prima. Alle ore 19 del 4 luglio, di sabato, Pier Giorgio rese lo spirito. Fu sepolto a Pollone, in provincia di Vercelli – gli scorreva nelle vene sangue biellese. Pier Giorgio amava la vita: era innamorato della montagna, sciava, andava a cavallo, in bici, a nuoto, aveva una vera passione per Dante.

In un passo del suo diario si legge: "Ho lasciato il mio cuore tra questi monti con la speranza di ritrovarlo quando ritornerò". L'alpinismo era per lui una scuola di coraggio, ma anche un mezzo per avvicinarsi a Dio. Raggiunta la vetta, recitava il Magnificat. "Io" diceva estasiato, "ho questo desiderio di sole, ho questa voglia di salire in alto, di andare a trovare Dio in vetta". Aderì a vari gruppi cattolici, fra cui la conferenza di San Vincenzo. Spesso si raccoglieva per ore in preghiera. Era innato in lui il ferreo impegno di piacere a Dio, rinunciando alle agiatezze del mondo e a se stesso. Per rafforzare lo spirito contro le tentazioni, si concentrava per lunghe ore nella lettura di Sant'Agostino, di San Paolo, di San Tommaso, di Santa Caterina. A chi gli chiedeva se si sentisse chiamato al sacerdozio, rispondeva con la grande coerenza che lo distingueva: "Io voglio in ogni modo aiutare la mia gente e questo posso farlo meglio da laico che da prete". "Gesù mi visita con la comunione ogni mattina", confidò ad un amico, "e io gliela restituisco nel modo misero che posso: Visitando i suoi poveri". Dice il filosofo Gianni Vattimo: "A rendere preziosa e simpatica la sua figura è la costante capacità di 'abitare il tempo'. E poi i giovani hanno bisogno di incontrare testimoni, non solo maestri".

Desideriamo chiudere questo breve lavoro (anche quale omaggio alla sua alta figura carismatica) con dei versi dell'autore, quasi un'epigrafe: Indiafanata da un vento di luce / -verso l'alto!- / ride la tua immagine d'aria

* Verso l'alto: una frase annotata da Pier Giorgio sulla foto che lo ritrae mentre s'inerpica sulle Lunelle, nelle valli di Lanzo, il 7 giugno 1925.

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RUDOLF STEINER E LA SCIENZA DELLO SPIRITO

Le anime umane vivono come nel fango, come nella palude, finché non sono iniziate nei sacri misteri. Platone, Fedone, cap. XIII

Uomo di profonda cultura spirituale, Rudolf Steiner è un personaggio ancora in buona misura da scoprire. Forse il più difficile da afferrare di tutti i pensatori del XX secolo. Antimaterialista convinto, il suo stile è esageratamente astratto. Con i suoi racconti sorprendenti su continenti scomparsi come Mu, Lemuria e Atlantide, a volte si è portati a sospettare che si tratti di un imbroglio spudorato. Ma Steiner non era di sicuro un ciarlatano. Figlio di un capostazione austriaco, era nato a Kraljevec (impero austro-ungarico) il 25 febbraio 1861. Per Steiner, la lotta per ottenere credito riguardo la sua concezione spirituale in un ambiente dichiaratamente non spiritualistico, è durissima. Egli parte chiaramente sfavorito. Ma il fuoco interiore che lo anima, il suo daimon, gli destina una luminosa carriera riservandogli alte cariche in cui si evidenziano proprietà di linguaggio e grande generosità. Steiner fin da piccolo divenne consapevole dell'esistenza di un mondo parallelo a quello terreno. Nella geometria egli trovava la giustificazione alla sua fede nel "mondo che non si vede". "Devo aggiungere", si legge nella sua autobiografia non ultimata, "che in quel mondo vivevo volentieri, perché avrei sentito come tenebra tutto il mondo sensibile circostante se questo non avesse ricevuto la luce da quello". E in una sua conferenza possiamo leggere: "Tutti i patimenti che vengono sofferti al presente sul piano fisico, nel complessivo progresso dell' umanità, sono solo un lato di un insieme il cui altro lato è soprasensibile". Steiner fece le prime esperienze pedagogiche riuscendo a recuperare un ragazzo idrocefalo e a inserirlo poi all'università, dove divenne medico.Studiando le idee scientifiche di Goethe sotto la guida di Shrorer, egli inziò a sviluppare la propria filosofia spirituale. La figura di Cristo vi gioca un ruolo centrale. E' importante non confondere la "percezione extrasensoriale" di Steiner con lo spiritismo. Egli era estremamente sospettoso verso quest'ultimo. Viaggiando in treno, conobbe un contadino di mezza età, Felix Koguzki, che esprimeva le sue profonde convinzioni religiose con un linguaggio oscuro.Steiner poté parlare apertamente delle sue esperienze (tra cui i contatti con i trapassati) senza timore del ridicolo.Il suo amico Schuré parlò più tardi di quest'uomo misterioso, Koguzki, come del "maestro", e disse che era "una delle forti personalità che sono sulla terra per compiere una missione sotto la maschera di un'occupazione modesta", cioè di un "Iniziato".Koguzki indicò a Steiner certi passaggi di Fichte che lo aiutarono a vedere chiaramente il modo di confutare il materialismo scientifico dilagante. Le sottigliezze argomentative saranno un'arma per vincere i suoi antagonisti e gli scettici. Steiner frequentò il circolo di teosofia, dottrina che gli pareva essere concorde con il suo spirito. Conobbe ed entro lo stesso anno 1899, sposò Anna Ennincke, vedova con cinque figli, di otto anni più grande. Ma il matrimonio durò poco.

L'incontro con Maria Von Sivers segnò la fine definitiva del suo breve matrimonio e l'inizio della sua carriera di personalità pubblica. Steiner iniziò a tenere conferenze, e la gente, ora, cominciava a esserne affascinata. La sua prima opera fondamentale, "La filosofia della libertà", indica il suo concetto base: l'uomo è in grado attraverso il proprio pensiero puro, di conoscere le leggi che governano l'Universo. Riconoscendo ed accettando queste leggi, egli diviene libero interiormente, e agendo in armonia con esse, è libero anche nel proprio agire. Nel 1902 Rudolf Steiner e Maria Von Siver fondarono la rivista "Lucifer-Gnosis". Qui Steiner pubblicò le sue numerosissime conferenze, che furono in seguito raccolte in libri. Lo stesso anno egli ebbe la nomina a segretario generale della sezione tedesca della Società Teosofica, con approvazione di Annie Besant, succeduta a Madame Blavatsky. Ma quando la Besant giunse a parlare del quattordicenne Jiddu Krishnamurti, futuro maestro spirituale, come del nuovo Messia, la cosa suscitò sconcerto e non fu accolta bene neppure da Steiner, che diede le dimissioni da segretario. Era il 1913. (Si ricorda, en passant, che Krishnamurti rifiutò da adulto il ruolo messianico). Bisogna chiarire che mentre la Società Teosofica si richiama all'Oriente, Steiner si sentiva intimamente legato alle tradizioni occidentali, ai Rosacroce, a Goethe e soprattutto alla figura di Cristo. Nello stesso anno fu fondata da Steiner la Società Antroposofica. Antroposofia: dal greco anthropos (uomo) e sophia (saggezza) = scienza dell'uomo. Fra il 1913 e il 1915 fu costruito tutto in legno il primo tempio, il Goetheanum, a Dornach, presso Basilea. Era un centro di attività scientifiche e artistiche fondate sulla scienza antroposofica e capace di attirare le folle. Rudolf Steiner aveva grande magnetismo ed era suscettibile alle adulazioni. Sapeva esprimersi con un'autorevolezza e un'efficacia che impressionavano. Egli preparò migliaia di conferenze, in gran parte pubblicate. Molte di esse furono tenute anche in altri paesi. Steiner era instancabile e, soggetto a surmenage, recuperava facilmente. L'antroposofia ha trovato applicazione in molteplici campi: pedagogia, medicina, sociologia, architettura, agricoltura, biodinamica, arte, recitazione, danza (euritmia), e altro ancora. Tra le sue numerose opere, Steiner ha lasciato quattro libri fondamentali: La filosofia della libertà,1894,Teosofia,1904, L'iniziazione, 1904-1905, La scienza occulta, 1910. Maeterlinck ha detto di Steiner che i suoi metodi intuitivi sono una specie di psicometria trascendentale, per ricostruire la storia degli Atlanti e rivelarci quello che succede in altri mondi. Che egli fosse un profeta non ci sono dubbi. Maeterlinck lo aveva descritto come "uno dei più eruditi, ma anche dei più confusionari tra gli occultisti contemporanei".Un biografo parla delle code di persone che aspettavano fuori della porta dello studio di Steiner da mattina a sera, per sottoporgli i propri problemi. Steiner soffrì anche un'altra delle conseguenze della celebrità: la maldicenza. La notte di San Silvestro 1922-23 avvenne un incendio e il Goetheanum fu distrutto. Fu per Steiner una prova dolorosa, che mostrò come l'Antroposofia avesse dei nemici. La rappresentazione del dramma inprogramma ebbe luogo ugualmente. Rudolf Steiner lasciò le sue spoglie mortali il 30 marzo 1925, a Dornach, a 64 anni da poco compiuti, mentre gli operai stavano costruendo, già da oltre un anno, il nuovo Goetheanum, interamente in cemento armato. Esso sarebbe stato inaugurato nel 1927. La malattia che avrebbe portato Steiner alla morte si era manifestata il Capodanno del 1924. Nonostante il progressivo indebolimento, egli tenne in vari paesi quasi 400 conferenze, organizzò convegni, ricevette centinaia di persone.

Infine il 28 settembre, privo di energie, dovette mettersi a letto. Steiner inviava i capitoli della sua autobiografia in tipografia man mano che li scriveva, con la scritta "segue". L'ultimo inviato a fine marzo, non riportava la solita scritta. "La grande avventura è quella interiore"; "L'uomo è una creatura della mente": questo il messaggio che egli ci lascia. "Il vero domicilio dell'uomo è il mondo dentro di sé. Basta solo che un odore o un sapore, un verso o poche note musicali ci richiamano verso il mondo interiore, per provare uno strano flusso di calore e di forza dentro di noi, quella sensazione che faceva scrivere a Proust: Ho cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale". Ci limitiamo a riportare un breve stralcio tra i più significativi, da una sua conferenza tenuta nel 1916 a Liestal, in Svizzera: "Nella nostra volontà vive qualcosa che interiormente di continuo ci osserva. Attraverso questo spettatore interno, si penetra in un mondo spirituale che si può sperimentare come si sperimenta con i sensi il mondo sensibile. In tal modo si trova nell'uomo un altro uomo. Quando si arriva a conoscere questa entità dentro l'uomo, si conosce ciò che dell'uomo sussiste oltre la morte. Quella entità che non opera per mezzo del corpo fisico, che è spiritualeanimica, sussisterà dopo la morte e già esisteva prima della nascita". Attualmente la Germania conta una sessantina di scuole steineriane. Inoltre, la medicina steineriana è oggi coltivata da medici di tutto il mondo. Le opere di Steiner constano di ben 354 volumi, pubblicati dalla casa editrice tedesca Rudolf Steiner Verlag. Vi sono ancora inediti.In italiano, tra le varie case editrici che hanno pubblicato le sue opere, è da menzionare la Editrice Antroposofica di Milano. I "Misteri" drammatici di Steiner (La porta dell'Iniziazione 1910, La prova dell'anima 1911, Il guardiano della soglia 1912, Il risveglio delle anime 1913), vengono rappresentati al Goetheanum ogni anno inseme al Faust di Goethe. Nelle rappresentazioni è compresa anche l'euritmia, un'arte nuova, danza e movimento armonioso insieme, definita "parole e canto visibili", la quale ebbe applicazioni pedagogiche e terapeutiche, oltre che artistiche.

Bibliografia – Paola Giovetti, La vita e l'opera,Edizioni Mediterranee, Roma 1922; Colin Wilson, Rudolf Steiner, Longanesi, Milano 1986.

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JAKOB LORBER, LO SCRIVANO DI DIO (1800 – 1864)

Per 29 anni scrisse ciò che la voce di Dio gli dettava. In casa aveva solo la Bibbia, eppure stupiva che scrivesse con tanta acutezza di materie di cui non s'era mai occupato (la sua preparazione scolastica era modesta). Secondo i suoi scritti, la materia nel senso materiale del termine, non esiste. Tutto è energia, ovvero forza spirituale e divina suddivisa in particelle infinitesimali (scintille di vita primigenia): affermazioni che concordano con le più recenti scoperte della fisica nucleare! L'intero universo è costituito da queste particelle originarie (elettroni o quanti), che altro non sono che "pensieri divini resi autonomi". Lo spirito divino emana da una sorta di sole spirituale, e ad esso ritorna. Vediamo ora un brano fondamentale da Il grande Vangelo di Giovanni: la storia di Lucifero e della sua caduta, da cui dipese tutta la creazione materiale, che liberamente e volontariamente deve ritrovare la strada verso Dio. "Soltanto nelle opere la Divinità può conoscere la propria potenza e se ne rallegra, proprio come ogni artista capisce soltanto delle proprie creazioni ciò che è dentro di lui e ne trae gran gioia. Provvisto della Mia piena potenza, Lucifero, primo spirito creato, chiamò in vita altri esseri, in tutto simili a lui; essi furono parimenti autocreativi. Lucifero, sapendo di dover rappresentare il polo opposto di Dio, credette di essere in grado di assorbire in sé la Divinità. Credette nella sua follia di poter tenere prigioniera la Divinità. Ma il finito non potrà mai comprendere l'infinito. In questo modo si allontanò dal centro del Mio cuore e fu preso sempre più dal desiderio di riunire intorno a sé le creature sorte da Me per opera sua. Sorse una separazione delle parti, che fece sì che il potere da Me conferito a Lucifero fosse ritirato, ed egli rimase coi suoi seguaci privo di potenza e forza creativa. C'erano due vie: annientare Lucifero col suo seguito, per crearne un secondo, che però avrebbe compiuto lo stesso errore. Ma la via della libertà, seguita fino ad allora, era l'unica. Dove sarebbe il Mio amore, se esso non avesse rinunciato alla distruzione, trovando anzi nella saggezza un mezzo per ricondurre gli esseri perduti alla luce della conoscenza? Non restava che la seconda via, quella realizzata nella creazione materiale. Nell'uomo, a seconda del grado di malvagità, gli spiriti furono rivestiti di materia, esposti a lotte e dolori e tentazioni, per condurli gradualmente alla comprensione dei loro errori, e per dar luogo anche al loro volontario ritorno. Tutta la creazione visibile consiste soltanto di particole del grande spirito di Lucifero e del suo seguito caduto e bandito nella materia… Vedete dunque che cosa Io faccio a causa di un unico angelo superbo? Pensate che praticamente tutta l'umanità non è costituita da altro che da membra di quest'unico "figlio perduto", e più esattamente degli uomini derivanti dalla sventurata discendenza di Adamo. Con il "figlio perduto" si intende dunque ogni singolo uomo in sé, e in ogni uomo che vive secondo la Mia parola, Io ritrovo il figlio perduto (cioè una parte essenziale di lui), che ritorna alla grande casa paterna… Per amore di un solo figlio Io sono pronto a sacrificare miliardi di mondi di ogni genere, se egli non potesse in altro modo ritornare di nuovo a Me. Se fosse necessario, Io preferirei privarmi di quest'unica eterna vita, piuttosto che perdere uno solo dei Miei figli. Comprendi tu questo amore? Con le sofferenze Io rendo miti i popoli. Li strappo alla follia di credere che i desideri mondani siano la prima cosa che l'uomo deve cercare. A tutti mostro che sopra di loro c'è Qualcuno che lascia sì fare loro quello che vogliono, ma che svolgere al bene ogni cosa – anche la più cattiva – che l'uomo compie…"

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UN SOLE SOTTERRANEO

Nel 1918 Joe Bosquet, ventun anni, viene colpito da un proiettile che gli spezza la spina dorsale; da allora fino alla morte, è un corpo che vive solo a metà. Bousquet si riferisce all'incidente come a una seconda data di nascita. Per lui, affondare nel buio vuol dire "attendere l'altra faccia del giorno". Il sole sotterraneo è il sole mitico che, scomparso dallo sguardo oltre l'orizzonte, continua in segreto il suo corso fino alle "Radici della notte". Bousquet riconosce in se stesso un essere sotterraneo, quell'abitatore del sottosuolo di dostoevkijana memoria. ("Scrivo le vene del buio", 1967). "Proprio nei momenti in cui si sentirebbe maggiormente di odiare la vita tutto l'amore si china per poterci raccogliere"."Porto in me un essere irrivelato. Mi conosce, ma non so nulla di lui, tranne che la mia persona è la sua ombra con i suoi appetiti inconfessabili e il suo bisogno di segreto" (1982). "Trascina intorno alla vita il tuo grido, il tuo immenso grido di bestia ferita. Spingi nella notte il lamento immenso in cui tutto il tuo spirito si ottenebra. Questo accecamento verità. […] L'anima non si sveglia che a pezzi" (ibid.). (L'anima sorgerà, ma come un sole sotterraneo). "Vorrei squarciare, come lo potrebbe un vomere, la profondità della mia anima per forzare ad entrarvi questa bellezza troppo pura per abitare in me. Vedo chiaramente in che modo la sua nudità, luminosa come un frutto, entrerebbe, a vele spiegate, nelle tenebre del mio essere, vi mescolerà il sogno della mia carne con quello della mia anima, espanderà in me i flutti della sua luce anonima come un cammino di luna dove la mia carne segreta si risveglierà alla sua presenza". Bousquet deve partorire una verità più alta del suo dolore. Egli riuscirà, attraverso il potere della visione interiore, a creare un mondo trasversale che, pur non coincidendo con la realtà cruda, ne sarà il soffio vitale.

Tratto da I sotterranei dell'anima, Aldo Carotenuto, Bompiani 1993. Opere di Joe Bousquet: 1941, Tradotto dal silenzio; 1980, Papillon de neige; 1982, Da uno sguardo un altro; 1988, Lettere della guerra (J. Bousquet – S. Weil); 1989, Le cahier noir.

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ODISSEA DI UN INTELLETTUALE

"Rivoluzionario" non violento in perenne conflitto col potere e le istituzioni, potremmo definirlo uno spirito ginsberghiano, nonché di majakovskiana memoria. Teresio Zaninetti, che con Pier Paolo Pasolini ebbe una corrispondenza epistolare (vedi: Pasolini, Lettere 1955-1975, Einaudi 1988), è autore di un gesto clamoroso e provocatorio – come d'altronde nel suo stile anticonvenzionale. Ha chiesto al sindaco di Gozzano (Novara), 300 miliardi di risarcimento danni, morali e materiali, per l'assassinio del grande poeta, ritenendo lo Stato italiano e (quale suo rappresentante) il sindaco, responsabile della morte di Pier Paolo (!?). Dalla scomparsa di Pasolini, Zaninetti lamenta – come tanti – la disperazione di non poter più dialogare con una persona disinteressata come Pier Paolo. Teresio è un convinto marxista e un anticonsumista; non possiede un'auto né un televisore. Ha diretto tra gli anni 1982-'90 la rivista Logos, il cui percorso gli è stato reso irto e tormentato. Ha scritto, ultimo in ordine di tempo, il romanzo-testimonianza Le lacrime di Sisifo, Rosso & Nero Edizioni '95; è critico teatrale e cinematografico e autore e regista di film. Scrive e dipinge anche con vari nomi d'arte, è poeta pluripremiato (ma più che poeta egli si reputa un giornalista serio e un intellettuale militante). Nato a Gozzano nel 1947, Zaninetti è stato uno degli organizzatori dei "percorsi" multimediali Aspettando Pasolini, con performances in varie città. Lasciamo che a presentarlo siano alcuni dei suoi versi: "Mi aprirò in due / come guscio di ramarro alla frontiera / nel rigonfio del vento, parentesi graffiata / nel prepuzio dei miei sogni rapaci / che già morte pregustano indolore / Mi aprirò in due e sarò in un libro nudo / (…)". E da La finestra si apre: "La finestra si apre su uno specchio nato / sotto le menzogne di un calvario e dunque / di tanto più umano è l'orizzonte / e siamo qui per questo, / perché si veda, / perché si dica / perché sia orizzonte per altri orizzonti / e nessuno rimanga nella culla troppo a lungo / senza incontrare spazi concimati / dal lungo morire quotidiano / dei piccoli uomini che furono midollo e seme". Versi, questi ultimi, che – insieme a quelli di tanti altri poeti – dovevano apparire incisi nella pietra lungo la strada che da Badolato marina porta a Badolato superiore, splendido paese medioevale lungo la costa jonica (ma gli amministratori che avevano garantito il finanziamento della Regione per permettere il lavoro, hanno finora risposto col silenzio). Luigi Bianco, che dirige il foglio I Medicanti, nel primo numero del '96 definisce Zaninetti "un grande poeta e un grande pensatore ingombrante, che tutte le istituzioni stanno lasciando morire di fame e di disperazione". Zaninetti conta fino ad ora ben cinque tentativi di suicidio; ultimo il 10 gennaio '97. Ogni volta si è fatto i suoi venti giorni d'ospedale ed è tornato nella sua casa-carcere a Gozzano. Ha inoltre subito due infarti. "Ho visto lo strazio", scrive Bianco, "di un uomo costretto a prendere una ventina di pastiglie al giorno per sopravvivere n qualche modo. Oggi non può fare nulla. Nemmeno vedere le sue bambine: alle quali è nocivo per le sue nevrosi e per le implacabili leggi dello Stato". Teresio è separato dal '79 – anno del suo primo tentativo anticonservativo. Riceve la ridicola somma di 300 mila lire al mese quale sussidio per il suo "stato psichico". Ha scritto Marcel Camus: "Non avviene molto spesso che un uomo si senta il cuore puro. Ma almeno in quel momento, suo dovere è di chiamare verità ciò che l'ha singolarmente purificato, anche se questa verità può ad altri sembrare bestemmia…". Evidente il candore d'animo del Nostro, nonché il suo amore sviscerato per la verità, appunto. Sentite con quale spirito e veemenza di sentimenti si esprime in una pagina di Logos: "Ci vogliono armi, fucilate di verità. Questo è soprattutto amore. L'amore che spinge anche quella 'barca' infranta di Majakovskij che, nonostante tutto, continua a navigare attraverso oceani e bufere portando, indistruttibile, la propria luce che perfora i secoli. Un amore che, sì, è anche violenza (…). Scrive di lui Roberto Roversi: "(…) con la scrittura Zaninetti gioca duro. Ma aggiungerei, che con intera la sua vita, di cui la scrittura è il mezzo estremo di comunicare con gli altri, Zaninetti è inesorabile, costante; irretito in una implacabilità tanto generosa quanto, direi, disarmata". La sua poesia, è scritto da qualche parte, è materia incandescente; strappa un velo della mistificata realtà. La Rusconi Editore, presso la cui Redazione Teresio ha prestato la sua opera dal 1973 all'85, lo invitò a sottoporsi – in seguito al tentato suicidio del novembre '79 – a una "visita di idoneità" presso la Clinica del Lavoro G. Devoto di Milano; l'esame psicodiagnostico diede il seguente risultato: "Nevrosi d'ansia da cattivo inserimento in ambiente lavorativo". La risposta della Rusconi fu quella di costringerlo a triplicare, quadruplicare le dosi di tensiolitici, antidepressivi e ipnoinduttori del sonno…Il secondo tentativo di suicidio (1984) avvenne in concomitanza con una situazione di contrasto, avente per oggetto il periodico Logos, fra lui e l'azienda. La Rusconi gli revocava l'autorizzazione a "collaborare" (?) a Logos, attendendo una risposta di adempimento dei suoi impegni contrattuali; al che Zaninetti li richiamava all'art. 8 del contratto di lavoro giornalistico, là dove si afferma che il giornalista potrà manifestare le proprie opinioni attraverso pubblicazioni di carattere culturale, religioso, politico o sindacale, e facendo presente che nel "suo" periodico non erano ravvisabili lesioni degli "interessi morali e materiali" dell'azienda. Oggetto del dissenso era appunto un articolo apparso su Logos a loro parere "lesivo".A seguito di una ulteriore missiva di Zaninetti – non avendo ottenuto riscontro alla prima – si faceva vivo per telefono un rappresentante del Comitato di Redazione della Rusconi, il quale, incavolatissimo, gli riferiva che dopo che il C. di R. aveva ottenuto dall'azienda di "mettere una pietra sopra" alla sua "licenza poetica", egli aveva riattizzato il fuoco nel vespaio…Si giunge così fino al periodo di calvario di Teresio, consistente nell'essere messo "in prova", dopo 11 anni di lavoro, presso la redazione di Eva-Express. "E' preferibile morire di fame piuttosto che mangiare merda",scrisse Teresio dando le dimissioni. Per lui, come per Sartre (uno tra i suoi "maestri") nella vita "vince chi perde"; o per dirla con F. Scott Fitzgerald: "il vincitore appartiene ai vinti". Nell'esporre su Logos le sue amare vicissitudini, Zaninetti ha preso spunto da un celebre verso di Luis Aragon: "Io non sono di quelli che barano con l'universo". E c'è da concedergli piena fiducia. All'inizio del '97 si istituisce un Comitato di solidarietà per Teresio, ed esce, ciclostilato, il fascicolo "Perché Zaninetti viva"; sottotitolo: "Se questo non è un lager – Una legge Bacchelli per T. Z.", che consta in una "raccolta di frammenti di un vivere quotidiano incuneato tra coerenza visionaria e miseria reale". Vi sono riprodotte lettere di Teresio che danno i brividi (ripetuti appelli ora di aiuto, ora di feroce accusa), sempre senza risposta, inviate a giornali quale Tribuna Stampa, al sindaco di Gozzano, al Consiglio Comunale e all'Assistente Sociale, in cui si rinfaccia ripetutamente l'impossibilità per un uomo di cultura di vivere con l'elemosina di 300 mila lire al mese.

Teresio scrive duro con frasi sputate, elencando provocatoriamente, i "debiti" a lui dovuti da parte delle Istituzioni. "Il Vs. neghittoso comportamento non fa che acuire la mia disperazione e la mia angoscia, che viene definita 'depressione'(molto impropriamente)". "Il Vs. silenzio continua a rappresentare la Vs. totale colpevolezza ed era, è e rimane tuttora un prolungato tentativo di omicidio da parte Vs. nei miei confronti". E in un'altra lettera, indirizzata al sindaco e chiaramente provocatoria: "Chiedo a Lei e al Consiglio Comunale e allo Stato Italiano di concedermi l'eutanasia, perché io non desidero più 'vivere' in una società amorfa, inetta, assassina". Gli veniva sanzionato da parte delle Istituzioni e dell'indifferenza sociale una condanna a morte civile, senz'alcun processo. Scrive Luigi Bianco: "Teresio sembra sempre più elevarsi a pedagogo 'pasoliniano': un educatore senza stipendi e interessi, finalizzato soltanto alla causa universale della 'liberazione dell'uomo' ". E Maria Grazia Lenisa, nella recensione a Le lacrime di Sisifo (Pomezia-Notizie, dicembre '95): "Teresio Zaninetti è poeta di tutte le rivoluzioni, è l'uomo che dividerebbe il suo pane con gli altri, che vive fino in fondo il suo amore-dolore, fino alla risposta dell'odio più cocente contro ogni forma di potere oppressivo, prima di tutto in se stesso onde assassina (Sisifo non rassegnato) in sé Tiresia che gli consegna inerme l'ultima perla della verità".

Dunque, vogliamo ribadirlo: un uomo che non sa "barare con l'universo". Anche lo scrivente, che ha conosciuto Zaninetti nell'aprile '97, ha firmato ben volentieri insieme a molti altri uomini di cultura, per fargli ottenere i benefici della legge Bacchelli. Una volta tanto si riuscirà ad alleviare la pena di un poeta senza dover ricorrere all'elemosina e respingendo la soluzione estrema del suicidio?

[Nota: Teresio Zaninetti morirà il 21 gennaio 2007]

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In un primo momento, il saggio era stato pubblicato col titolo "Vince chi perde".

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Felice Serino

Edito in proprio

2018

Tutti i diritti riservati

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COME IN UNO SPECCHIO

La sua vicenda presenta sorprendenti analogie con la storia di John Nash, resa nota dal film A Beautiful Mind, interpretato da Russell Crowe.

Davide è nato a Genova il 16 agosto 1970. All'età di 18 anni inizia a manifestare segni di disequilibrio.

La convinzione di non essere accettato dagli altri, i comportamenti strani, l'odio-amore per il computer (è diplomato in informatica), il tentativo di incendio in casa per distruggere i programmi da lui creati nel timore che glieli potessero rubare, le frequenti allucinazioni: evidenti manifestazioni della sua dichiarata schizofrenia.

Un punto di non ritorno? Pare di sì, anche se ci sono sprazzi di lucidità che fanno sperare che la malattia possa regredire.

Persone simili, tipiche border line, vivono in una sorta di sogno immenso che domina tutta la loro vita. Anche se, nella maggior parte dei casi, la realtà ha il sopravvento.

Due storie che, per certi versi presentano molte analogie: quella di Davide e di John Nash. Con le loro formule matematiche si sentono vittime di un complotto organizzato da uno psichiatra che in realtà sarebbe una spia che vuole rubare le formule. Senza distinguere la realtà dall'immaginazione.

Fa ben supporre, in ogni caso, che il professor Nash sia stato insignito del Premio Nobel nel 1994.

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SULL' "EFFETTO PLACEBO" E LO STATO DI "CRISALIDE"
Quando il discepolo è pronto, il Maestro appare.

Buddismo Zen

Non voltarti a guardare il passato: non serve a nulla. Pensa che non appena il tuo presente e il tuo futuro diventeranno gioiosi, anch'esso cambierà significato, come una strada sassosa a chi è giunto attraverso essa ad uno stupendo luogo di villeggiatura. Noi vediamo la bottiglia "mezza piena" o "mezza vuota": ma se la chiameremo nel primo modo, contribuiremo a renderla tale; se la chiameremo "mezza vuota", contribuiremo a svuotarla sempre di più. E' un discorso in realtà semplice ma apparentemente complesso (è complesso perché ci siamo messi in mente un sacco di idee strane e ci crediamo perché "lo dicono gli altri").

Come si può trovare spiegato nel libro Visualizzazione (Edizioni Xenia), ognuno ha due emisferi cerebrali attraverso cui operano la mente e l'anima: il sinistro che è logico-razionale-matematico-cosciente (su di esso è modellato il computer), il destro visivo-musicale-inconscio-immaginativo (è il "cervello dell'artista", che opera durante l'attività creativa, la fantasia, il sogno). Quest'ultimo – sul quale si fonda in realtà la pratica dell'ipnosi e dell'autoipnosi – ha poteri straordinari, nel bene e nel male, nel predisporre corpo e psiche. Una prova? L' "effetto placebo", che consiste nell'efficacia di farmaci in realtà inefficaci per malati convinti dell'efficacia del farmaco e che si "immaginano"(cioè si "vedono nella mente") guariti.

Tale "effetto placebo" e il suo opposto, che chiamiamo "effetto delebo", "funzionano" in realtà in ogni ambito della vita: in altre parole, "immaginarci" negativamente facilita l'autoprovocarci malattie psichiche e somatiche; "immaginarci" positivamente aiuta l'autoguarigione e lo star sempre meglio. Il segreto dei poteri "miracolosi" del "pensiero positivo" è tutto qui.

E' possibile proprio come per un "listato" di computer riprogrammarci a piacere (vedi Visualizzazione).

Volendo sfiorare il discorso sulla fede, si può dire che chi ha perduto una persona cara può riacquistare "pensiero positivo" se riesce a credere che tale perdita corrisponde a una "nuova nascita in un'altra vita: la persona cara "trapassata" ad altra vita ci è vicina anche se non la vediamo con occhi di carne e, se ciò è avvenuto prematuramente, la "fiducia" (fede) in Dio ci fa capire che tale mistero ha un significato positivo e che un giorno esso ci verrà reso manifesto.

Apriamo qui una parentesi per affermare che un riferimento alla "crisalide" è quanto mai opportuno: per motivi religiosi (stato di "crisalide" è quello del Cristo fra la crocifissione e la Resurrezione; stato di "crisalide" sarà il nostro nel passaggio da questa all'altra vita); per motivi personali ("chi non è morto e rinato almeno una volta nella vita non sa cosa significa veramente vivere", scrive Bassani); per motivi storici (sono convinto che alla soglia del terzo millennio dell'era cristiana l'umanità abbia intrapreso – ancora spesso inconsapevolmente – una svolta epocale preparata da uno stadio di crisalide: "ma non sapete voi che noi siamo vermi / nati a formar l'angelica farfalla?", scrive Dante.

[Notizie raccolte dallo scambio epistolare avuto con l'amico prof. Giordano Genghini negli anni 1994-95.]

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LA PIU' STRAORDINARIA AVVENTURA

Paracelo scrisse: "Il Cielo è l'Uomo e l'Uomo il Cielo e tutti gli uomini sono un Cielo e tutti i Cieli non sono che un Uomo".

La più straordinaria avventura è quella dello spirito; l'incontro col Sé, con l'indicibile, nel momento in cui, scaduti i giorni terreni (il tempo osceno), egli consegnerà alla terra la sua veste di carne corruttibile. Per lui così intimamente naturale e congenito (e che ha gestito quale strumento concessogli per una vita in prestito), ora il "suo" corpo non è che una "cosa" da abbandonare. La vita fisica (la vita "offesa", come qualcuno l'ha definita, o la morte-vita, come dicono in molti letterati e poeti), non è che una parentesi, un lampo. Un destino ben più alto che non l'umano transeunte, col suo carico di sofferenze, desideri ed esperienze lo attende, nel riunificarsi al cosmo con la sua controparte dalla quale egli si staccò nel momento in cui scelse di incarnarsi in un grembo, scendendo sulla Terra.Creatura di Cielo, ha vissuto una breve parentesi fuori dal cielo come creatura di terra (trovandosi lacerato dai due poli tra un intrinseco sentirsi appartenente all'infinito e un vivere una realtà contingente, tra ombra e luce, corpi e cose caduche); per poi tornare alle origini angelo tra gli angeli.

Cosa c'è di più straordinario e meraviglioso? Mistero indicibile, l'uomo, "piccolo sgorbio disegnato fra certe grandezze a noi ignote" (Sinjavskij), ma destinato a grandi cose nei disegni di Dio – questo frammento dell'Universo eppure infinito, compreso nella Mente infinita del Tutto.

"La vera alchimia interiore", afferma Silvia Pedri nel suo articolo Indicatori del destino, "comprende anche la sfera del nostro io spirituale"; e aggiunge: "L'opera alchemica di esternazione del proprio destino ha il contenuto della forza angelica del corpo mentale, la modalità e l'azione di quella del corpo astrale e il luogo di esecuzione indicato dall'angelo del corpo fisico".

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LILITH E IL SUO SIGNIFICATO MITOLOGICO

Moses de Leòn nel Sèpher ha-Zohàr (XIII secolo), definisce Lilith come seduttrice di uomini e strangolatrice di neonati. Lo scrittore riporta una credenza che identifica Lilith con la regina di Saba. Nella tradizione kabbalistica Lilith è rappresentata come una donna nuda il cui corpo termina con una coda di serpente. Presso gli ebrei esiste l'usanza di appendere amuleti sopra il letto delle partorienti. In La kabbalah e il suo simbolismo (1960), Scholem riporta una credenza narrata nel 1717: "Credono [gli ebrei] che quando un uomo perde il seme con l'aiuto di Mahlat e di Lilith, ne nascano spiriti cattivi". In letteratura si ricorda che Victor Hugo dedica a Lilith una lunga poesia, in La leggenda dei secoli (1883). In La figlia di Lilith (1889), A. France la presenta quasi come una femminista. Un'altra poesia dedicata a Lilith la troviamo nell'opera di A. Crowley Lo scarabeo alato (1910). Citiamo ancora Primo Levi col suo Lilith e altri racconti (1981) e Anais Nin con Venus erotica. Infine, uno sguardo al mondo della celluloide: il regista R. Rossen gira nel 1964 il film terrore Lilith, mentre si fa notare in modo particolarmente incisivo nel 1970 il film di K. Anger Lucifer rising.

Si ricorda che Lilith in astrologia è considerata la Luna Nera; dallo studio dei transiti nei vari segni, e Case, si possono verificare gli aspetti più nascosti della sessualità. Nella Luna Nera è racchiusa una sensualità priva però del potere creativo proprio di Plutone. Essa sembra essere un punto focale legato al nostro passato, alla nostra "matrice karmica". Secondo lo studioso Max Duval, essa è "il secondo fuoco dell'orbita lunare". Pare che questo presunto secondo satellite terrestre fosse noto al tempo della civiltà egizia col nome di Nephtys. Si narra che il diluvio di Atlantide sarebbe stato provocato da un satellite di materia oscura avvicinatosi troppo alla Terra; questo corpo diventerà appunto Lilith.La Luna Nera e Lilith hanno gli stessi significati simbolici: esse simbolizzano il potere inconscio femminile in veste moderna, la forza della sua emancipazione; il che ci porta a considerare giustamente i rapporti tra uomo e donna sostanzialmente modificati. (E' chiaro che Lilith spaventi il maschio tradizionale, che subito vede sorgere "complessi" di castrazione). Secondo la tradizione ebraica Lilith sarebbe stata la prima sposa di Adamo, la quale non volle sottomettersi al suo padrone, perché ella esprimeva l'uguaglianza dei sessi. La leggenda c'informa che Lilith, in seguito al rifiuto nei confronti di Adamo, fu allontanata da potenze superiori e sostituita da Eva.

Fonte: notizie liberamente tratte da I mondi ultraterreni, G. Berti, Mondadori 1998, e da Luna Nera-Lilith, F. Capone, Edizioni Capone 1978.

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ONEIROS
Il mondo apparente potremmo paragonarlo a una serie innumerevole di macchie o incrostazioni che,sovrapposte al Disegno originario della Bellezza infinita, rendono quest'ultimo invisibile a occhi di carne.

Tuttavia, il numinoso si lascia a volte "visitare" con lampi fugaci in veste onirica, tramite "presenze" costituite da archetipi.

Il sogno in se stesso possiede un evidente carattere numinoso. Esso è una seconda vita.

Più d'uno ha scritto che il sonno è il fratello minore della morte, e che il sogno sarebbe il cordone ombelicale con l'aldilà.

Il sogno, via regia per l'inconscio e sua autorappresentazione, si esprime col linguaggio dei simboli.Un sogno può essere concepito come un dramma in cui noi recitiamo tutti i ruoli, quello di attore, regista, autore, suggeritore, e anche quello di spettatore.

I sogni sono la voce della nostra natura istintiva e animale; la voce della sostanza cosmica che c'è in noi. Per Roger Callois i sogni hanno lo stesso senso della forma delle nuvole e dei disegni delle ali di farfalla. Filosofi come Platone, Aristotele, Pitagora, espressero la loro credenza nel carattere profetico dei sogni. Famoso fu il sogno del presidente Lincoln il quale "vide" la propria morte; impressionanti furono i sogni profetici di Edgar Cayce, uno tra i maggiori sensitivi del suo tempo.

Secondo gli antichi oniromanti, i sogni veritieri uscivano da una porta d'avorio, quelli falsi da una porta di corno.

Poiché tutto soggiace a errore, sostenne Cartesio, le immagini che vediamo a occhi aperti varranno quanto quelle che scorgiamo in sogno. Dice Guglielmo Marra: "Il sogno è lo specchio dove la veglia si riflette e si incontra con la sua immagine negativa"; e ancora: "Il sogno avrebbe la funzione di valvola, attraverso la quale si scaricano le tensioni accumulate durante la veglia" (Il mistero dei sogni, Meb Editrice).

Il doppio dell'io che vediamo in sogno è come l'immagine di Narciso riflesso nello stagno. Nei sogni sul "doppio", nella letteratura cinese, si avrebbe un io che sogna un altro io che incontra un altro io.

Possiamo dire che il sognare presenta una qualche somiglianza con la creazione artistica; esso "è matrice dell'arte" (Proust).

Dice Schopenhauer che il sogno è una breve pazzia e che la pazzia è un lungo sogno. Abercrombie afferma che vi è una notevole analogia tra i fenomeni mentali nella follia e nel sogno.

Potremmo paradossalmente paragonare questa esistenza materiale a un sogno rispetto alla vita eterna o Realtà del Sé (totalità interiore dell'anima), allo stesso modo in cui il sogno stesso è tale rispetto alla vita mortale (un sogno nel "sogno").

In definitiva, siamo noi il sogno del Sé, o è il Sé il nostro sogno?

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SIMBOLOGIA DELLE VOCALI
In una sua poesia Rimbaud assegna un colore diverso a ogni vocale. Secondo il poeta, il senso delle vocali si può riassumere così: A, nero; E, bianco; I, rosso; U, verde; O, azzurro. Egli usa poi questa tabella con paralleli basati sull'esperienza sensoriale. A tale proposito, Ernst Junger nel suo saggio L'elogio delle vocali * fa questa considerazione: "Poiché Rimbaud possiede uno sguardo che sa spingersi anche al di là della pura sfera artistica abbiamo qui un sintomo della profonda diversità fra le lingue. In ogni caso, ci sentiamo piuttosto inclini ad associare la A e la O al rosso e al giallo, colori di luce, mentre la I e la U sono più vicini ai colori della terra". E ancora: "Nella sua Filosofia della composizione Poe definisce la O la più sonora delle vocali. La A è l'aquila, la O è il falco dell'universo sonoro". "Noi usiamo per la O un ideogramma che riproduce la forma dell'occhio". Secondo Junger, infine, la A significa verticalità e ampiezza, la O altezza e profondità, la E il vuoto e il sublime, la I la vita e la putrefazione, la U la generazione e la morte. Nella A invochiamo la potenza, nella O la luce, nella E l'intelletto, nella I la carne e nella U la terra materna, i sepolcri, l'età remota di Saturno.

Concludiamo questo breve excursus con la bella frase di Jacob Grimm, secondo cui "alle vocali nel loro insieme va attribuito un carattere femminile, alle consonanti un carattere maschile".

* Ernst Junger, Foglie e pietre, Adelphi 1997

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SULL'ESSENZA DEL REALE
Amo ciò che non si vede. Soltanto nell'Idea, risiede il Reale; il tangibile e ciò che si percepisce coi sensi, è apparire, riflesso, velo esterno di una realtà invisibile. Sussulti di gioia mi dà il contemplare qualcosa di bello, di artistico, che aspira alla perfezione – si tratti di opera di Dio o dell'uomo -; mi emoziona non la cosa in sé (corruttibile), ma ciò che sta dietro, che vive dietro la cosa. Il cuore della "cosa". Dove l'anima trova in se stessa la propria luce.

Il visibile, il contingente, non è che manifestazione, rappresentazione. Riflesso. (L'emanato = il relativo, lo speculare). La vera essenza è nel non-manifesto. Nell'Idea, nell'Indicibile.

Afferma Ida Magli (La Madonna, Rizzoli '87): "Il nome è l'essenza. Le cose che esistono sulla terra sono copie dell'Idea che esiste in cielo".

Sono cosciente che esiste un universo sottile, non manifesto, appunto, pur vivendo calato in un mondo più denso, dotato di una struttura concreta e di aspetti materiali. Pur sentendomi parte di questa realtà superiore, che mi unifica col Tutto, nella mia dimensione attuale non posso percepirla se non confusamente, come se leggessi una "visione" di Swedenborg. Di questa "realtà" posso possedere soltanto le apparenze, mai la sostanza.

Sentiamo, in proposito come si esprime Elémire Zolla nel suo volume Uscite dal mondo (Adelphi, '92), citando il pensatore Arturo Reghini: "Reghini delinea l'esperienza centrale, l'estasi filosofica,cui più volte si dedicò, in alcuni articoli, specie uno a firma di Pietro Negri, sulla rivista "Ur" nel 1928: rievoca l'esperienza dell'immaterialità per cui ci si accorge che non si corporei,o meglio che il corpo è in noi, con tutte le altre cose, e tutto fa capo a un nostro centro profondo, abissale e oscuro […]. In questo stato la coscienza appare come una variabile e il corpo come una funzione. Si coglie spingendosi come in alto mare, anagogizzando, giungendola punto che in sanscrito ridirebbe di sandhya, contatto o interfaccia tra sonno profondo e morte: si diventa come pianta o pietra; come angeli si vede l'essenza del reale".

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SOTTO UNA "CATTIVA STELLA"


"Quanti ebbero occasione di conoscerne la personalità sono concordi, nel dire di lui, che fu un essere umano con un "cuore alto come il cielo", ma il destino sottile come carta. Di solito, quando una persona non rintraccia una propria luce ad oriente, finisce per possederla in una balsamica strada di ponente.

Ma per l'autore di questo "diario" nessuna luce risultò recuperabile: né a oriente né a ponente.


Così ha inizio l'autobiografia di Pietro Valassina, autore di un pamplet dal titolo Solo i cani hanno un cuore (supplemento al periodico Logos n. 35, nov.-dic. 1988).

Il i° ottobre del 1915 in una clinica di Milano una sconosciuta diede alla luce un bimbo, e poi subito si eclissò. Il piccolo, a cui venne dato il nome di Pietro, venne accolto nel brefotrofio provinciale e sottoposto a cure perché risultava colpito da paralisi infantile. Dall'età di 4 anni iniziò il suo calvario, sballottato tra istituti e famiglie sempre diverse, cosa che gli fece rimpiangere sempre una struttura familiare tradizionale. A 8 anni gli morì il padre adottivo e la prima "madre" si risposò. Fu per lui una ferita che sarebbe rimasta sempre aperta.

Un giorno Pietro si sentì chiamare "bastardo" e fu per lui un marchio impresso a fuoco. A 10 anni era già scappato di casa più d'una volta, Durante una di queste fughe ebbe l'incontro più tenero e"umano" della sua vita: un cane molto grosso e molto mansueto, con cui fece amicizia. In compagnia di Bill – così lo battezzò il ragazzo – trascorse 18 giorni. Grande fu il suo dispiacere quando dovette separarsene, poiché lo rintracciarono e ricondussero in seno alla famiglia, per essere destinato (fino a successiva fuga) a lavoro durissimo e a maltrattamenti, che sovente giungevano fino alle sevizie gratuite.

Verso i 15 anni fu rinchiuso in un istituto di Arese, dove si trovò subito a disagio per la disciplina ferrea. Era sempre triste, piangeva e il suo chiodo fisso era la mamma.

Il suo animo s'inaspriva sempre di più. Ma finalmente parve che il direttore dimostrasse verso di lui un volto un po' più umano: s'interessò a far rintracciare la madre di Pietro e gliela fece incontrare. La donna però subito si mostrò fredda e distaccata. Pietro restò all'Istituto fino a 21 anni. Fece il "premilitare", poi fu accolto in casa della mamma. Ma la sua infelicità non lo abbandonò! In casa risultava di troppo; la madre aveva un amante e per lui era peggio di un'estranea. Un giorno Pietro fu ricoverato d'urgenza per appendicite acuta. Una volta dimesso, tornò a casa, ma nel frattempo la mamma aveva cambiato residenza. Si recò alla nuova abitazione ma si vide respingere con la motivazione che non c'era posto per ospitarlo!
Non trovava pace da nessuna parte.

Fu in seguito rinchiuso presso la Sacra Famiglia, perché risultava "deficiente e bisognoso di cure". Ma vi restò poco perché si fece cacciare via.

Trascorse un periodo nero: faceva la fame e desiderava morire. Infine, riuscì a trovare lavoro come fattorino; lavorò fino all'età di 25 anni, quando avvenne la chiamata alle armi: il ritardo al servizio militare era dipeso da riforma per bassa statura. Dato lo stato di guerra fu fatto idoneo e assegnato al 3° Genio di Pavia. Dopo sette mesi fu destinato al fronte di Grecia.

Tempo dopo, in seguito a un attacco aereo in cui fece da scudo a dei bambini, veniva rimpatriato con una nave-ospedale. Aveva subito lesioni al cervello.

Si succedevano continui attacchi epilettici; fu ricoverato all'ospedale di Arezzo. Gli riconobbero le infermità per causa di servizio. Richiamato, fu aggregato all'8° Fanteria di Monza. Nel raggiungere il Corpo, fu assalito da un attacco epilettico fortissimo. Si riprese, ma per strada lo sorprese un attacco aereo e proprio davanti all'entrata del rifugio cadde una grossa bomba che procurò danni e feriti. Malgrado ferito, Pietro si caricò in spalla una G. di F. ferita gravemente e si trascinò fino a Porta Venezia, dove trovò militi che li soccorsero. Fu ricoverato in gravi condizioni.

Qualche tempo dopo, essendosi ripetuti gli attacchi epilettici, Pietro fu ricoverato all'ospedale di Baggio. Qui da una ispezione di un generale tedesco fu deciso che i militari guariti dovevano essere trasportati in campi di concentramento. Avvenne che un giuda, suo "compagno", per un compenso di 70 mila lire, lo fece catturare. Fu caricato su un carro bestiame e avviato al Campo di concentramento di Walsrode. Da qui, fu trasferito al Campo di Sant'Antonin a Bitterfeld (Sassonia), dove fu costretto a lavorare duramente. Non resistendo alle sofferenze, tentò di fuggire, senza riuscirvi; dopo essere stato ferocemente torturato, fu inviato al campo di sterminio di Buchenwald, e dopo una ventina di giorni trasferito a Osendorf, dove rimase per otto mesi, condannato ai lavori forzati; dopo di che (pesava soltanto 38 chili!) tornò a Sant'Antonin.

Pietro fu liberato dagli americani. Rimpatriò nel '46 e venne ricoverato in pietose condizioni, all'ospedale Bristol di Merano. Fu sottoposto a visita psichiatrica e internato nel Manicomio di Pergine.

Infine fu dimesso. La guerra era finita. Terminata la prigionia, ma i guai continuavano. Pietro si sentiva solo e abbandonato; l'unico amico restava Bill, un bastardo, come lui. Riuscì a trovare lavori saltuari, ma invariabilmente veniva licenziato o per mancanza di lavoro o a causa della sua malattia. Si trovò una complice-amante, e rubava oggetti d'oro che lei riusciva a piazzare bene.

Poi tutto finì, quando lei gli scrisse che s'era fidanzata. Dimesso dal carcere dov'era intanto finito, la trovò che s'era sposata. Dopo essersi ingrassati a sue spese, i due invitarono Pietro a
sparire.


Conobbe un'altra donna, Celestina. Godeva allora di una pensione di invalidità di guerra. Ma presto tutto finì con il trasferimento di lei in Francia, e fu meglio così perché aveva un carattere impossibile. Dopo qualche mese, Pietro si legò a un'altra donna, Gaetana Palermo, che pensò di legare al suo assetato affetto con un regolare matrimonio. Non l'avesse mai fatto! Era cattiva, bugiarda, dedita all'alcool; sovente veniva arrestata dalla Squadra del Buon Costume. Dopo cinque mesi dal matrimonio, Pietro un giorno si ammalò e fu lasciato solo in casa. Lei ritornò il giorno dopo, per cui egli non poté trattenersi dallo schiaffeggiarla. Lei, ubriaca, sporse denuncia per maltrattamenti, sfruttamento e altro. Pietro venne arrestato immediatamente.

La moglie si premurava di fargli delle visite, ma al solo scopo di strappargli una delega per la riscossione della pensione. Mentre a lui assicurava aiuto in occasione del processo, fuori complottava con Celestina, ritornata intanto dalla Francia, sua amica di marciapiede, che, anche perché gelosa, approfittò dell'occasione per contribuire alla sua totale rovina.

Il complotto gli valse una condanna di 5 anni, 9 mesi e 5 giorni di reclusione, più sei mesi di Casa di cura, lire 80 mila di spese processuali, interdetto dai Pubblici Uffici per sei anni, decaduto dalla patria potestà, dall'autorità maritale, risarcimento danni alla parte lesa, eccetera. Dopo oltre un anno di detenzione, si aggiunse la sorpresa che la moglie dava alla luce un "figlio", frutto delle sue scorribande. Pietro presentò denuncia di adulterio e misconoscimento di paternità, ma poco più tardi ritirò le denunce, non volendo per il piccino la sua stessa sorte disastrosa. La moglie cominciò a inviargli una fitta corrispondenza, fatta di strane dimostrazioni di affetto, però non dimenticando di far richiesta in ogni scritto dei libretti delle sue due pensioni di invalidità (quella di guerra e quella di lavoro). Nel contempo anche il padre della moglie entrò in scena per strappargli la delega della riscossione delle pensioni, poiché, asseriva, era lui che provvedeva ai bisogni del bambino. Quest'ultima precisazione veniva però smentita dalla figlia della moglie, che assicurava che le spese erano sostenute dall'Opera Maternità e Infanzia, e diffidava dall'inviare deleghe o denaro.

Pietro si limitò a farsi soffiare 15 mila lire. Da allora non si hanno più notizie di entrambi. Per il fatto che la condanna superava i 5 anni di reclusione, anche le pensioni gli vennero sospese.

Per le tragiche situazioni morali, giuridiche e materiali, le condizioni psichiche di Pietro tendono ad aggravarsi. A causa della semi-infermità mentale fattagli beneficiare nella sentenza di condanna, l'espiazione avviene presso una sezione per minorati psichici, presso il Manicomio Giudiziario.
"Dalla cella che occupo qui in Napoli, guardo ora mestamente volare i passeri e i colombi. E invidio la loro libertà. I miei pensieri si accavallano e fra questi penso sovente al mio presente e al mio domani. L'avvenire è buio. Avvilentemente buio. Buio. Buio. Anche qui ho la compagnia delle bestie. E' quando scendo in cortile. Sono due cagne".

"Conto di farmi ancora vivo per dire se la mia sorte è cambiata; o se essa si è accanita con la consueta ferocia contro di me".

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GRIDANDO L'AURORA


Edito da Feltrinelli, nell'aprile del 1980 usciva Nero di Puglia, una dura testimonianza di Antonio Campobasso, nato da una pugliese e da un padre africano mai conosciuto. Più che un'autobiografia essa è una singolare cantata meridionale-africana avente come leit motiv la schiavitù e il dolore, come precisa Alfonso di Nola nella prefazione, dove aggiunge: "Campobasso nulla ha commesso, molto ha pagato"; "il suo urlo è diventato il tam-tam di una negritudine occasionale".Antonio nacque a Bari mentre l'Italia partoriva la Repubblica, il 2 giugno 1946. Campobasso è uno scrittore nuovo, e la sua prosa spesso cede il passo all'andamento impetuoso dei versi. Egli ci racconta la sua vita "con un vigore e un ritmo tali da superare la barriera del fatto privato per diventare segno dell'emarginato". Lasciamo che sia lui stesso a presentarsi: "Ed eccomi ora qui, Antonio Campobasso, devo gridare la mia cronaca e cerco un giudice per un processo che non si farà mai". E ancora: "Non sapevo che un colore e un odore umano diversi ti pesano addosso. Ero nato, così per caso, in un paese mio/non mio, in mezzo alla guerra…".A tre anni e mezzo la figura di sua madre svanì ed egli fu sempre privato del suo affetto. Antonio visse insieme alla nonna, a Triggiano, conoscendo povertà e fame. Verso i nove anni già cominciava a essere preso a schiaffi dalla vita quando i coetanei gli facevano pesare la sua diversità coprendolo di farina e di insulti.Nel giugno 1955 Antonio passò all'orfanotrofio di Giovinazzo, dove tutto era regolato sotto l'insegna della carità cristiana. Il presidente era un magnate della dc. Dopo quindici giorni Antonio ricevette la prima punizione: digiuno completo per non essersi presentato per la Messa. E da allora, altre punizioni, a catena… Infine passò al reparto dei grandi, e il direttore gli consentì l'iscrizione alla scuola d'arte. La professoressa di disegno fu il suo primo amore, e nel desiderio di possederla, l'immagine femminile si confondeva con quella della madre (la quale intanto viveva in Inghilterra).Poi il sogno si spezzò: la donna desiderata si sposava. Seguì un periodo di crisi in cui Antonio a scuola si dimostrò un buono a nulla. Era l'ottobre del '62, sette anni trascorsi in orfanotrofio, quando il direttore decise che per il ragazzo era giunta l'ora di lavorare. Lo mandò presso suo fratello che gestiva una trattoria, asserendo che quella era "una porca fortuna che gli cadeva addosso"…La giornata per il ragazzo non aveva respiro, il tempo lo inseguiva tra pulire e lavare e servire. Usciva dalla nuova "prigione" soltanto una volta alla settimana. Alla fine ne ebbe abbastanza di quella schiavitù e fuggì. Fu subito ripescato e picchiato essendo anche accusato ingiustamente diaver rubato mille lire dalla cassa. Antonio gridò in faccia al padrone che non intendeva più servirlo; alla fine questi gli consegnò 500 lire e gli disse di sparire per sempre. Era il marzo del '63.Il Nostro iniziò la vita di vagabondo e per sopravvivere cominciò a rubare. Una notte fu pescato da due poliziotti e condotto in questura. Da qui al riformatorio il passo fu breve. Destinazione il Nicola Fiorelli di Bari. Antonio Campobasso fu schedato e incasellato.Un giorno per accorrere in difesa di un ragazzo scoperto a fumare, afferrò l'agente e lo scaraventò a terra. Lo ricoprirono di botte e di sangue, e poi su in infermeria, dove lo attendevano non cure ma altre botte. Interrogato, sputò in faccia a un agente che faceva apprezzamenti nei riguardi di sua madre che se l'era intesa con un negro. E giù altre botte con più ottusa ferocia, fino a massacrarlo, usando anche un tubo di gomma tolto al rubinetto dell'ambulatorio. Per una settimana Antonio non riuscì a muoversi dal letto.Da Bari, egli passò al riformatorio di Delicato, e poi a Urbino. Il desiderio di libertà si faceva irresistibile, e un giorno scappò saltando il muro del cortile nell'ora della Messa, ma fu subito ripescato e rinchiuso in cella di isolamento. Ben altre cinque volte scappò da Urbino insieme ad altri compagni, rubando auto per allontanarsi, ma ogni volta lo riacciuffavano, isolandolo e pestandolo. Il riformatorio lo aveva strutturato: gli aveva indurito quella sua scorza di aggressività e ribellione. In seguito a un'ordinanza verbalizzata nei suoi riguardi, Antonio fu dimesso per "irrecuperabilità sociale". Ottobre '65.Alla questura gli presero le impronte digitali. Era un delinquente.Vagava di città in città riprendendo la vita del vagabondo, rubava auto usando le chiavette delle scatole di Simmenthal, per correre lungo ignote vie… Il 7 settembre '66 a Napoli, ruba una macchina e si lancia a folle velocità verso Lìcola. I carabinieri lo fermano perché ha i fari alti, e lo portano in caserma. Lo interrogano a forza di schiaffi, gli impongono di confessare furti mai commessi e infine lo consegnano al carcere di Poggioreale. Antonio lo chiama "tomba di vivi". Quanto alle violenze subite, scrive: "questi ceffoni mi pesano addosso da sempre, non li cancello, sono la barriera tra l'essere e il non essere, fra il negro che porta in sé gravi odori di lontane foreste e il mondo distante ed ignoto dei bianchi profumati degli aromi di lievi profumi…". E ancora: "Questi ceffoni mi danno il diritto di rifarmi il selvaggio di antichi abissi, mi chiamano a danzare la danza del fuoco, la danza della morte…".A Poggioreale tutto è ritmato, giorno e notte, da pestaggi e da celle d'isolamento. "Le guardie hanno fini gusti sanguigni…", scrive Campobasso.Giornate e minuti pesano come secoli. Oltre all'ora d'aria e l'ora della minestra, tutto il resto si immerge in un vuoto sconfinato e allucinante.L'11 luglio 1968 a Poggioreale si crepa per l'afa e manca l'acqua. I detenuti sganciano lo scarico della tubatura. Non si riesce più a sopravvivere. Il 12 luglio, dopo una protesta, alcuni detenuti vengono prelevati, pestati e reclusi in isolamento. Gli altri, durante il passeggio, decidono di non tornare nelle celle se prima non siano stati liberati i loro compagni. Il direttore acconsente a farli risalire, ma il maresciallo dichiara che "nelle condizioni in cui si trovano non possono risalire". I detenuti fingono di rientrare, salgono al padiglione "Salerno", vi sirinchiudono, spaccano tutto, scendono al reparto isolamento e liberano i loro compagni."Questa è la rivolta di Poggioreale che la stampa del potere borghese ha gonfiato e trasformato in un attentato contro la sicurezza dello Stato…Questa rivolta, piccola cronaca legata ad acqua che manca, a cessi che non funzionano…"; così scrive Campobasso riguardo alla rivolta che lo faceva uno dei trenta protagonisti. Accusato di sequestro di persona, violenza, resistenza, devastazione, lo spedirono a Messina dove restò due mesi e mezzo. Da quel momento ebbe inizio un lungo periodo in cui Antonio venne sballottato da un luogo all'altro, lungo lo stivale – itinerario che egli chiama "atlante dei tormenti". Il periodo più lungo fu di cinque mesi, al Manicomio di Aversa.Dopodiché egli riprese il suo transito infernale attraverso gli istituti carcerari. Da Benevento a Volterra, a Spoleto, a Porto Azzurro… Ad Alghero per due volte ingoia chiodi; relativa cura di patate bollite… Il 21 giugno '74, Bari gli apre le sbarre.La storia di Antonio Campobasso non è ancora conclusa. A Roma lo pescano nuovamente perché deve scontare una condanna aggiuntiva."Ho pagato il mio colore con il mio sangue": questa è la forte affermazione di Campobasso. Ed essa dice tutto.Dopo vario girovagare, Antonio per vie traverse finisce in una scuola di recitazione dove ha l'opportunità di affinare la sua naturale vocazione di attore.Così termina la sua narrazione: "Non so se domani sarà per me un'aurora o una morte. Attendo gridando l'aurora". Quell' "aurora" da lui tanto invocata dopo tanto buio.

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